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L’Unione Europea sospesa tra “vassallaggio” agli USA e “autonomia strategica”

di Alessandro
Scassellati

A 14 mesi dall’avvio dell’”operazione speciale militare” della Russia in Ucraina, lo scenario geopolitico globale sembra essere caratterizzato da una rapida evoluzione. Nelle scorse settimane abbiamo cercato di analizzare la politica estera statunitense nel contesto del ventesimo anniversario della guerra in Iraq (ma di questo tema avevamo parlato anche qui, qui, qui, qui, e qui) e le proposte della Cina per un ordine internazionale multilaterale e alternativo a quello occidentale (un tema di cui avevamo già parlato qui). In questo articolo proviamo ad analizzare le posizioni dell’Unione Europea (si veda anche qui).

Preliminarmente proviamo a definire schematicamente i principali effetti del conflitto ucraino che investe assai da vicino l’Unione Europea, al punto da essere diventata de facto una parte direttamente coinvolta nel conflitto al fianco dell’Ucraina (invio di armi e aiuti finanziari; imposizioni di sanzioni economiche contro la Russia1 ecc.). Di questo conflitto, delle sue cause e dei suoi effetti abbiamo parlato in diversi articoli (qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui e qui) e oggi possiamo dire che le sue origini risiedono nelle ambizioni dei neoconservatori statunitensi. Tali ambizioni minacciavano la sicurezza nazionale russa alimentando l’espansione verso est della NATO (dopo che a Gorbaciov e ad Eltsin era stato detto che la NATO non sarebbe avanzata ad est di un centimetro) e il cambio di regime anti-russo nelle Repubbliche dell’ex Unione Sovietica.

Dal 24 febbraio 2022 il conflitto ucraino è diventato una guerra per procura. Gli Stati Uniti, con il pieno supporto dell’Unione Europea, sotto le bandiere del neo-euroatlantismo e della contrapposizione ideologica del “conflitto di civiltàtra ”liberaldemocrazie e autocrazie, stanno usando l’Ucraina per attaccare e indebolire la Russia. La Russia combatte una guerra di “attrito”, con un’enorme potenza di fuoco di missili, cannoni e droni, e appare sempre più difficile che Kiev possa prevalere, rischiando la progressiva distruzione di un paese che senza il costante aiuto militare e finanziario del blocco occidentale, nonostante gli evidenti errori politici e militari russi, sarebbe già capitolato da tempo.

Una volta che la Russia avrà imposto la sua volontà (qualunque questa sia realmente), gli Stati Uniti saranno costretti a fare un passo indietro (già adesso cominciano ad emergere i primi ripensamenti in vista delle prossime elezioni del 2024 con la crescente irrequietezza nel Partito Repubblicano per le massicce spese in Ucraina e con le lotte interne all’amministrazione americana sulla linea da seguire2), ma avranno raggiunto il loro obiettivo strategico di indebolire la Russia e separare l’Unione Europea – in particolare la Germania (si pensi alla distruzione dei gasdotti Nord Stream, costringendo così la Germania e mezza Unione Europea ad acquistare il gas statunitense benché di gran lunga più inquinante e costoso di quello russo) – dalla Russia, trasformata in poco tempo da essere un partner economico affidabile (fornitore di gas e altre materie prime a basso prezzo) nel nemico assoluto. L’Ucraina sarà uno “Stato fallito” e materialmente distrutto, con un costo per la sua ricostruzione che viene ora stimato intorno al miliardo di euro. Sarà per metà occupata dalla Russia; centinaia di migliaia di ucraini saranno morti; milioni saranno fuggiti (almeno 8 milioni sono attualmente rifugiati nei paesi UE); e l’attuale regime si occuperà di ciò che resta.

Il più grande perdente è la popolazione dell’Ucraina che, grazie all’intransigenza dei neoconservatori statunitensi, ha visto negata la possibilità di arrivare ad un accordo pacifico con la Russia. Ma tutto il mondo ha perso, specialmente l’Unione Europea, da alcuni vista come un “agnello sacrificale”, (all’interno della quale si è prodotta una decisa discontinuità rispetto alle politiche di coesione europee che, sia pure tra contraddizioni e resistenze, avevano animato la risposta alla pandemia3): inflazione e prezzi di energia e cibo più elevati; opportunità economiche future perdute; una prospettiva peggiorata per il cambiamento climatico; una prospettiva di sicurezza globale pericolosamente deteriorata che include il rischio di una guerra nucleare; e un rinnovato militarismo che sfigurerà le società occidentali per decenni a venire.

Le élite politiche dell’Unione Europea sono profondamente colpevoli della loro capitolazione alle pressioni neocon degli Stati Uniti in nome della “alleanza atlantica”. Inoltre, il conflitto ucraino ha avuto l’effetto di approfondire la spaccatura politica all’interno del blocco tra la “vecchia Europa” (l’asse Francia e Germania, indebolito dalle conseguenze economiche interne negative della guerra e dalle proteste sociali antigovernative riguardo a temi come la riforma delle pensioni, l’aumento del costo della vita, le richieste di aumenti salariali e la violenza della polizia contro i manifestanti) e la “nuova Europa” (tanto lodata in passato dal Segretario della Difesa USA Donald Rumsfeld), i paesi del Nord e centro-orientali ora saldamente guidati da forze politiche conservatrici neoliberiste e nazionaliste che hanno il loro nucleo più duro nelle “democrazie illiberali” del tanto vituperato (in passato) Gruppo di Visegràd, l’Ungheria e la Polonia (su questi due paesi si vedano i nostri articoli qui, qui, qui e qui), quest’ultima il vero fedele alleato statunitense all’interno dell’Unione Europea (al punto che in un articolo di Foreign Policy si arriva a promuovere la ricostituzione di una “grande Polonia” ottenuta attraverso l’assorbimento della Lituania).

Una spaccatura che sta anche spostando a destra gli assi politici interni nei paesi europei, ormai a stragrande maggioranza guidati da governi di centro-destra o destra-centro (come in Italia e in Finlandia, diventata il 31° membro della NATO, impensabile prima dell’invasione russa in Ucraina). La verifica di questo spostamento saranno le prossime elezioni per il parlamento europeo nel 2024, con la possibilità che la “maggioranza Ursula” (Partito Popolare, Socialisti & Democratici, Liberali e macroniani) venga soppiantata da una nuova maggioranza neoconservatrice di destra-centro (Conservatori Riformisti e Partito Popolare) all’interno della quale Meloni e i suoi alleati interni ed europei di destra e reazionari – considerati impresentabili nel 2019 – avrebbero un peso decisivo4. Un fronte politico che considera la guerra (contro la Russia, la Cina e il Sud del mondo) come un fattore fondamentale per il riordino degli assetti interni, per l’irrigidimento dei confini esterni della “Fortezza Europa”, in previsione delle nuove ondate migratorie, e per una possibile riaffermazione del dominio economico-politico dell’Occidente bianco e dei suoi alleati asiatici (Giappone e Corea del Sud) sul resto del mondo “colorato5.

L’asse USA-UE si incrina sul rapporto con la Cina e sulle politiche industriali?

L’unica novità degli ultimi giorni rispetto al quadro “atlantista” esposto in precedenza sono le dichiarazioni di Emmanuel Macron fatte sul suo aereo di ritorno dalla visita di Stato di tre giorni in Cina (insieme alla Von der Leyen), dove ha ricevuto il benvenuto sul tappeto rosso dal presidente cinese, Xi Jinping, con le grandi aziende francesi che hanno firmato contratti miliardari con le controparti cinesi, e con la stampa ufficiale cinese che ha commentato positivamente la visita (vedi qui, qui, qui e qui) a differenza di quella americana. Macron ha affermato che l’Unione Europea non dovrebbe diventare un “vassallo” degli Stati Uniti e che deve evitare di essere coinvolta in qualsiasi conflitto tra Stati Uniti e Cina su Taiwan. Macron anche detto a Xi (6 aprile) che “So di poter contare su di te per riportare la Russia alla ragione e riportare tutti al tavolo dei negoziati“, questo mentre l’Occidente ritiene ancora che la Cina favorisca le posizioni russe.

Parlando ai giornalisti di Les Echos e Politico, Macron ha affermato che l’Europa dovrebbe essere una terza potenza nell’ordine mondiale, insieme a Stati Uniti e Cina. Inoltre, ha ribadito l’obiettivo a lungo termine di una “autonomia strategica” per l’Europa, ovvero evitare dipendenze militari ed economiche sia dagli Stati Uniti sia dalla Cina6.

Secondo Les Echos, Macron ha detto: “Noi [europei] abbiamo interesse ad accelerare sulla questione di Taiwan? No. La cosa peggiore sarebbe pensare che noi europei dobbiamo essere seguaci di questo argomento e adattarci a un ritmo americano e a una reazione eccessiva cinese7. Ha aggiunto che sarebbe “una trappola per l’Europa“, ora che ha sviluppato più autonomia dopo la pandemia di CoVid-19, farsi prendere da crisi “che non sono le nostre“. Se ci fosse un’accelerazione del conflitto tra il duopolio americano e cinese “non avremo il tempo, né i mezzi per finanziare la nostra autonomia strategica e diventeremo vassalli, mentre potremmo diventare il terzo polo [nell’ordine mondiale] se abbiamo qualche anno per svilupparlo”. Per questo Macron durante la visita in Cina ha cercato di delineare a Pechino una differenza nelle relazioni rispetto all’approccio più duro degli Stati Uniti. L’Unione Europea deve cercare di trovare un equilibrio impegnandosi con la Cina in materia di commercio e investimenti, chiedendo il rispetto dei diritti umani e della sovranità territoriale per l’Ucraina, tra le altre cose. Ha anche sottolineato che l’Europa non vuole “entrare in una logica blocco contro blocco“.

Macron ha affermato che la necessità di “autonomia strategica” dell’Europa è ormai ampiamente accettata e non c’è mai stata “una tale accelerazione del potere europeo” come negli ultimi anni. Ha anche sottolineato i rischi per l’Europa dell’Inflation Reduction Act (IRA) degli Stati Uniti, un piano di sussidi verdi da 369 miliardi di dollari e l’eccessiva dipendenza dal dollaro. Tuttavia, ha affermato che l’Europa ha reagito con grande rapidità per proporre “la nostra IRA europea“, riferendosi ai piani per promuovere la tecnologia verde locale e la produzione di materie prime critiche (su questa questione si veda il nostro articolo qui; sul protezionismo statunitense verso la UE qui)8. Inoltre, Macron ha messo in guardia contro quella che ha definito “extraterritorialità” del dollaro USA, che può costringere le aziende europee a rinunciare agli affari con paesi terzi o rischiare violazioni delle sanzioni.

Macron ha anche suggerito che i suoi colloqui con Xi sono stati utili per affrontare “l’autocompiacimento da parte della Cina nei confronti della Russia“. L’obiettivo del dialogo con la Cina era stato quello di “consolidare approcci comuni” sulla guerra in Ucraina, ha affermato.

Secondo Politico, i funzionari dell’Eliseo hanno controllato le citazioni di Macron prima della pubblicazione come condizione per concedere l’intervista e hanno insistito sulla rimozione delle righe in cui Macron aveva parlato “ancora più francamente” di Taiwan e dell’autonomia strategica dell’Europa.

Ovviamente, le osservazioni di Macron su Taiwan e sull’autonomia strategica della UE sono state accolte favorevolmente dalla stampa cinese, mentre hanno lasciato i politici di Taiwan sconcertati (si sono chiesti se gli ideali fondanti della Francia di libertà, uguaglianza e fraternità siano ormai fuori moda) e, soprattutto, hanno causato una tempesta di critiche, alimentando rabbia e allarme su entrambe le sponde dell’Atlantico.

In un post sui social media collegato all’intervista a Politico, il senatore repubblicano degli Stati Uniti Marco Rubio (un “falco” neocon ed aspirante alla nomination presidenziale repubblicana nel 2016, battuto da Trump) ha affermato che se Macron ha parlato per tutta l’Europa, allora gli Stati Uniti dovrebbero considerare di concentrare la propria politica estera sul contenimento della Cina e lasciare che l’Europa gestisca la guerra in Ucraina. Rubio ha affermato di sostenere gli aiuti statunitensi per l’Ucraina, ma se l’Europa intende prendere una posizione su Taiwan diversa da quella degli USA, sarà necessario un ripensamento: “Forse, dovremmo sostanzialmente dire che ci concentreremo su Taiwan e le minacce che la Cina rappresenta, e voi vi occupate dell’Ucraina e dell’Europa“. Cogliendo il disclaimer di Politico, Rubio ha affermato che Macron aveva detto cose “anche peggiori” prima delle modifiche dell’Eliseo.

Mike Gallagher, il presidente repubblicano del comitato ristretto della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti sul Partito comunista cinese, ha definito le dichiarazioni di Macron “imbarazzanti” e “vergognose“. Il Wall Street Journal (uno dei principali organi di stampa legato ai neocon repubblicani connessi al mondo degli affari) ha affermato in un editoriale che i “commenti inutili” del presidente francese avrebbero minato la deterrenza statunitense e giapponese contro la Cina nel Pacifico occidentale, incoraggiando al contempo i politici statunitensi che volevano ridurre gli impegni americani in Europa. “Se il presidente Biden è sveglio, dovrebbe chiamare il signor Macron e chiedere se sta cercando di rieleggere Donald Trump“, ha scritto il giornale.

Il New York Times ha titolato il suo articolo sulla vicenda: “Dal tappeto rosso alla cuccia del cane: Macron ritorna dalla Cina tra lo sgomento degli alleati”. Il giornalista Roger Cohen ha scritto acidamente: “In breve tempo in Cina, Macron è riuscito ad alienare o preoccupare gli alleati da Varsavia a Washington, con il suo abbraccio a quella che una dichiarazione sino-francese ha definito una “partenariato strategico globale con la Cina”. Ha adottato il lessico cinese di un mondo “multipolare”, liberato dai “blocchi”, liberato dalla “mentalità della guerra fredda” e meno dipendente dall'”extraterritorialità del dollaro USA”. Più preoccupante, in particolare per gli Stati Uniti, ha suggerito in un’intervista a Politico e ai giornalisti francesi sulla via del ritorno che la sicurezza di Taiwan non è il problema di un’Europa che deve resistere a diventare il “vassallo” dell’America”.

La polemica è infuriata anche in Europa, scatenando la reazione rabbiosa dei “falchi” anticinesi. Secondo quanto ha riportato il Guardian, un deputato europeo ha sottolineato che il leader francese non ha parlato per l’UE. “Macron dice: ‘L’Europa dovrebbe’ e ‘noi europei’, ma parla per la Francia, non può davvero parlare per l’Europa”. “Forse è un po’ sorprendente sottolineare l’autonomia strategica ora nell’aprile 2023, perché il mondo è cambiato negli ultimi 14 mesi“, ha detto il deputato, suggerendo che l’invasione russa dell’Ucraina abbia messo in discussione la capacità dell’Europa di diventare una terza potenza nell’ordine globale come propone Macron, rendendo le sue affermazioni velleitarie.

Norbert Röttgen, un deputato tedesco di centrodestra (CDU) che è membro ed ex presidente della commissione per gli affari esteri del Bundestag, ha affermato che Macron ha trasformato il suo viaggio in Cina in “un colpo di pubbliche relazioni per Xi e un disastro di politica estera” per l’Europa. “Con la sua idea di sovranità, che definisce in demarcazione piuttosto che in partnership con gli USA, si sta sempre più isolando in Europa, sta indebolendo l’Unione Europea, e in effetti sta contrastando ciò che il presidente della Commissione europea ha detto a Pechino“, ha detto Röttgen, riferendosi alla von der Leyen.

Sono stati soprattutto i politici, diplomatici e i funzionari dell’Europa centrale e orientale che si sono infuriati per le dichiarazioni di Macron di allontanare l’Europa dagli Stati Uniti. “L’alleanza con gli Stati Uniti è il fondamento assoluto della nostra sicurezza“, ha detto Mateusz Morawiecki, primo ministro della Polonia, in un’evidente risposta a Macron, osservando che alcuni leader occidentali “sognano la cooperazione con tutti, con Russia e con alcune potenze in Estremo Oriente”. “Invece di costruire un’autonomia strategica dagli Stati Uniti, propongo una partnership strategica con gli Stati Uniti“, ha detto.

Reinhard Butiköfer, un eurodeputato verde tedesco che presiede la delegazione del Parlamento che si occupa dei rapporti con la Cina, ha descritto la visita di Macron in Cina come un “disastro totale“. L’eurodeputato, che è stato sanzionato da Pechino per la sua posizione sui diritti umani nello Xinjiang, ha anche affermato che il “sogno irrealizzabile” di Macron dell’autonomia strategica dell’UE e di diventare una “terza superpotenza” era “oltre il limite“. Ha aggiunto che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha individuato “un’alternativa migliore“.

Von der Leyen ha recentemente affermato che l’UE deve rivalutare le sue relazioni con un governo cinese che ha intensificato “le politiche di disinformazione e coercizione economica e commerciale“. In un discorso sulle relazioni Cina-UE del 30 marzo, von der Leyen aveva affermato che l’UE non si vuole “separare” (decouple) dalla Cina, ma deve bilanciare le sue relazioni con la Cina e concentrarsi sul “de-risking”, ossia sulla riduzione dei rischi delle relazioni e della dipendenza dell’UE dalla Cina. Una posizione che non è molto piaciuta alla stampa nazionalista cinese. Sulla questione Ucraina, parlando alla stampa dopo l’incontro con Xi, von der Leyen ha affermato che la Cina, in quanto membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, “ha la pesante responsabilità di usare la sua influenza nel quadro di un’amicizia che è stata costruita nel corso di decenni con la Russia”. “Contiamo che anche la Cina eserciti davvero questa responsabilità e che sia molto chiara nei suoi messaggi“, ha affermato, sostenendo anche di aver specificamente messo in guardia Xi dall’invio di armi alla Russia, poiché “danneggerebbe in modo significativo le relazioni UE-Cina”. “Noi […] contiamo sul fatto che la Cina non fornisca alcun equipaggiamento militare, direttamente o indirettamente, alla Russia, perché sappiamo tutti che armare l’aggressore sarebbe contro il diritto internazionale”, ha concluso.

Mentre Macron è stato elogiato a Bruxelles per aver invitato von der Leyen a unirsi a lui a Pechino, la realtà della visita ha evidenziato il tentativo della Cina di adottare la strategia del “divide et impera”, secondo molti analisti. Mentre la Cina ha steso il tappeto rosso per Macron con un banchetto di Stato e una parata militare, von der Leyen ha ricevuto un’accoglienza gelida ed è stata esclusa dallo sfarzo.

I sostenitori di Macron hanno affermato che l’intervista conteneva poco di nuovo sia per lui che per la politica estera francese dai tempi di Charles de Gaulle9. Gérard Araud, ex ambasciatore francese a Washington e alle Nazioni Unite, ha affermato che Macron ha avviato un dibattito importante in un momento in cui “esiste la tentazione di consolidarsi in un ‘blocco occidentale’ sotto la direzione americana, certi di essere dalla parte del ‘bene’“, aggiungendo: “Sarebbe un errore cedere“. Anche  il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire ha appoggiato le dichiarazioni di Macron. “Il presidente ha perfettamente ragione a chiedere l’indipendenza e la sovranità europea“. Solo perché siamo alleati degli Stati Uniti non significa che dovremmo essere contro la Cina. Stiamo scegliendo la via del dialogo. Non è meglio di una logica di confronto e accelerazione di qualsiasi conflitto?“, ha detto Le Maire.

La polemica attuale ricorda quelle precedenti come quando Macron dichiarò nel 2019 che la NATO stava vivendo una “morte cerebrale“, o quando l’anno scorso fece infuriare gli alleati dell’Europa centrale e orientale dicendo che la Russia avrebbe avuto bisogno di garanzie di sicurezza quando sarebbe arrivato il momento di negoziare un accordo di pace con l’Ucraina. Come per ogni replica, ci sono segni che il pubblico delle interviste bomba sulla politica estera di Macron, anche in Francia, si stia stancando. Riferendosi al contraccolpo sui suoi commenti su Taiwan, il quotidiano Le Monde ha scritto: “Quando i malintesi si verificano con tale frequenza, una certa pratica di politica estera deve essere messa in discussione“.

Quello che è certo è che il tempismo di Macron è stato discutibile, apparentemente senza misurare l’impatto politico immediato delle sue parole. Fare le sue osservazioni mentre le esercitazioni militari cinesi circondavano Taiwan come rappresaglia per la visita negli Stati Uniti della presidente taiwanese Tsai Ing-Wen e del suo incontro con il presidente della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, Kevin McCarthy, della scorsa settimana – e subito dopo la sua visita di Stato in Cina – è stato probabilmente un errore, perché interpretabile come un “appeasement” di Pechino e un possibile via libera all’aggressione cinese. Ieri il Palazzo dell’Eliseo ha ritenuto necessario chiarire quali sono le alleanze della Francia, tanto era diventata confusa l’ottica. La Francia, ha affermato, “non è equidistante tra Stati Uniti e Cina. Gli Stati Uniti sono un nostro alleato, con valori condivisi”. Anche su Taiwan l’Eliseo ha dovuto puntualizzare: “La nostra posizione su Taiwan è costante. Sosteniamo lo status quo e manteniamo i nostri scambi e la cooperazione con Taiwan, che è un sistema democratico riconosciuto”.

Mentre Macron parla di “autonomia strategica” dell’Unione Europea i suoi critici sottolineano come la Francia non sia un leader quando si tratta di sostenere l’Ucraina. Secondo i dati compilati dal Kiel Institute for the World Economy, alla fine di febbraio la Francia era al 10° posto in termini di impegni complessivi di aiuti all’Ucraina, dietro a Norvegia e Paesi Bassi, e al 23° posto quando l’aiuto era misurato come quota del PIL10 – da qui il crescente furore tra i governanti nazionalisti dell’Europa centrale e orientale per i commenti di Taiwan. Questi critici dicono a Macron: sentiti libero di renderci autonomi dagli Stati Uniti, ma la Francia estenderà le stesse garanzie di sicurezza a Estonia, Lettonia e Lituania come fa la NATO?

Alessandro Scassellati

  1. Il 3 aprile scorso, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha votato in modo schiacciante per condannare le sanzioni. Gli unici paesi che hanno espresso sostegno allo strumento della guerra economica sono stati Stati Uniti, Gran Bretagna, Stati membri dell’Unione Europea, Georgia e Ucraina. Sebbene 52 paesi che costituiscono il 15% della popolazione mondiale – l’Occidente e i suoi amici – criticano e puniscono le azioni della Russia, e solo 12 paesi si schierano con la Russia, circa 127 Stati sono classificati come fermamente in nessuno dei due campi e non applicano sanzioni contro la Russia.[]
  2. Si vedano gli ultimi documenti della Rand Corporation (qui e qui) e la “fuga” di oltre cento documenti altamente segretati dal Pentagono, dai quali si evince tra l’altro che gli statunitensi stanno costantemente spiando i loro alleati, tra cui Corea del Sud e Israele. La divulgazione del materiale rappresenta la peggiore violazione della sicurezza nazionale di Washington da molti anni e include dettagli sulla mancanza di munizioni dell’Ucraina e sui metodi di raccolta dell’intelligence statunitense usati contro la Russia.[]
  3. L’Unione Europea appare oggi puntare su una politica di lotta all’inflazione attraverso il rialzo del tasso di interesse, con il conseguente rallentamento delle previsioni di crescita e l’aumento delle difficoltà interne per i paesi più indebitati. La conferma, nella riforma del Patto Europeo di Stabilità, dei vecchi pilastri del rapporto deficit /PIL e debito/PIL e la perdurante assenza di avanzamenti verso il bilancio pubblico europeo e la mutualizzazione del debito, mostrano evidentemente un’interruzione brusca dei processi che avevano aperto, durante la pandemia, una finestra di discontinuità e di contraddizione negli imperativi delle politiche neoliberali.[]
  4. A questo proposito è paradigmatico il discorso fatto dal capo del governo polacco Mateusz Morawiecki all’Università di Heidelberg il 20 marzo 2023 sull’Europa che “si trova a una svolta storica”. Rappresenta il più compiuto manifesto d’intenti di quella che sarà la destra (Dio cristiano, patria, famiglia e ordoliberismo) europea dei prossimi anni (solo una Confederazione di Stati-nazione sovrani). «Non possiamo costruire il nostro futuro senza imparare dal nostro passato. La storia mostra che una politica non rispettosa della sovranità e del volere del popolo prima o poi si dissolve nell’utopia o nella dittatura. L’Europa ha un futuro splendente se rispetta la diversità delle sue nazioni. […] La cosa che minaccia di indebolire queste forze è la centralizzazione. La legge del più forte e l’affido arbitrario del futuro d’Europa a una burocrazia senza cuore che sta provando a “resettare i valori”. Questo “reset”, la centralizzazione burocratica sotto la maschera della “federalizzazione”, è il seme per grandi conflitti futuri e rivolte sociali. […] Nei decenni passati, molti europei si sono convinti che il consumo spolverato con richiami superficiali ai “valori europei” è la fase finale della storia. Siamo contro questo approccio. Colpire gli altri con la frusta dei “valori europei” senza concordare sulla loro definizione o comprendere quali cambiamenti devono essere adottati da paesi specifici è precisamente – nel senso indicato da Thomas Mann – autodistruttivo per l’Unione Europea».[]
  5. A questo proposito è bene ricordare che il capo della politica estera dell’Unione Europea Josep Borrell, a un vertice informale dell’UE a Praga il 7 ottobre 2022, ha detto che in Europa c’è «la migliore combinazione di libertà politica, prosperità economica e coesione sociale che l’umanità è stata in grado di costruire: tutte e tre le cose insieme», sostenendo che «l’Europa è un giardino», mentre «la maggior parte del resto del mondo è una giungla e la giungla potrebbe invadere il giardino». Borrell ha sostenuto che «il giardino» non può difendersi costruendo un muro, «perché la giungla ha una forte capacità di crescita e il muro non sarà mai abbastanza alto da proteggere il giardino». La soluzione per Borrell è che «i giardinieri devono andare nella giungla. Gli europei devono essere molto più coinvolti con il resto del mondo. Altrimenti, il resto del mondo ci invaderà, in modi e mezzi diversi». Ossia, gli europei devono farsi nuovamente carico del «fardello dell’uomo bianco» di Kipling e aiutare a civilizzare il mondo con un nuovo neocolonialismo.[]
  6. Come si scrive in un documento del Parlamento Europeo, con autonomia strategica europea si intende «la capacità dell’Unione Europea di agire in autonomia – cioè senza essere dipendente da altri paesi – in ambiti politici strategicamente importanti. Questi possono spaziare dalla difesa all’economia, alla capacità di sostenere i valori democratici». In generale, l’idea dell’autonomia strategica si basa sul fatto che in alcuni campi estremamente importanti l’Unione Europea è ancora dipendente dagli Stati Uniti o dalla Cina, e che sarebbe opportuno liberarsi da questa dipendenza. La prima menzione dell’autonomia strategica in un documento ufficiale dell’Unione Europea risale a dieci anni fa, quando fu citata nelle conclusioni di una riunione del Consiglio Europeo nel dicembre del 2013. Ma l’autonomia strategica divenne centrale nel discorso europeo nel 2016, quando l’allora Alta rappresentante per la politica estera Federica Mogherini ne fece l’elemento portante del documento sulla strategia globale dell’Unione. Al tempo si faceva riferimento all’autonomia strategica soprattutto nel campo della difesa: l’idea generale era che l’Unione dovesse diventare capace di difendere se stessa anche senza l’aiuto degli Stati Uniti. L’anno successivo, nel 2017 (in piena era Trump), Emmanuel Macron tenne un importante discorso alla Sorbona in cui estese enormemente il concetto, sostenendo che l’Unione Europea dovesse diventare autonoma non soltanto nel campo della difesa, ma anche dell’economia, della finanza e in varie scelte importanti che riguardano la politica internazionale. Macron peraltro parlò di «sovranità», e non di autonomia. I due concetti – quello di “autonomia strategica europea” e quello di “sovranità strategica europea” – sono spesso considerati sinonimi anche se a riguardo c’è un certo dibattito.[]
  7. Taiwan è comunque importante per l’Europa per ragioni economiche e politiche (è formalmente una liberaldemocrazia). Il mondo gira con chip taiwanesi. Taiwan produce oltre il 60% dei semiconduttori mondiali e circa il 90% di quelli più elaborati (sotto i 4 nanometri).[]
  8. Nel suo discorso all’Aja al Nexus Instituut, un think-tank olandese, l’11 aprile Macron ha sostenuto che la potenza dell’Unione Europea passa per un’affermazione di sovranità, che può anche diventare «un diritto per delle forme di protezionismo» quando la sicurezza economica e strategica è in pericolo. «Dobbiamo ridurre la dipendenza per rafforzare l’identità e la sovranità» europee, ha affermato Macron, invitando a «una nuova strategia», che riguarda la svolta climatica, «per ridurre la dipendenza dalle energie fossili» e la politica industriale, per «avere più autonomia» e «diversificare la nostra indipendenza». L’obiettivo è di rafforzare la competitività europea, basata su “5 pilastri”: mercato unico, politica industriale, protezione, reciprocità, cooperazione. Una «nuova dottrina economica», per il pieno impiego, per finanziare il nostro modello sociale, per lottare contro il cambiamento climatico e per una maggiore sovranità. La UE, a lungo descritta come l’erbivoro in un mondo di carnivori, deve mettere i denti e, nelle parole di Macron, mirare alla «reciprocità» non solo al suo interno ma anche con i paesi terzi, per un «commercio equo»: secondo Macron, la Ue non dovrebbe più firmare accordi di libero scambio con paesi che «non rispettano gli accordi di Parigi» sul clima.[]
  9. Dopo la seconda guerra mondiale, iniziò rapidamente la Guerra Fredda e de Gaulle sostenne con forza l’autonomia strategica francese, si ritirò dalla struttura militare integrata della NATO e stabilì relazioni diplomatiche con la Cina. Ciò ha anche reso gli Stati Uniti molto scontenti e ha causato grandi polemiche in Europa. Tuttavia, la storia ha dato ragione a de Gaulle. De Gaulle stabilì la tradizione politica indipendente della Francia e conquistò alla Francia lo status di potenza mondiale nucleare. La visione gollista di una Francia “alleata ma non allineata” con Washington è sopravvissuta a De Gaulle.[]
  10. Il Kiel Institute calcola che Parigi abbia assunto impegni militari con l’Ucraina per soli 700 milioni di euro, contro i 43,2 miliardi di euro degli Stati Uniti e i 6,6 miliardi di euro del Regno Unito. In tale contesto, il concetto di autonomia strategica di Macron non sembra andare molto oltre quello dell’immediato vicinato della Francia.[]
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