Nelle ultime settimane è stato compiuto ogni sforzo per ridurre al minimo le differenze all’interno dell’alleanza NATO, però importanti differenze ci sono e riflettono non solo diverse valutazioni a breve termine sull’intelligence, ma una profonda frattura che risale a decenni fa riguardo a quello che Germania e Francia, al contrario dell’Anglosfera (USA e UK), considerano il modo migliore per gestire le relazioni con la Russia. Stati Uniti e Regno Unito stanno provocando la Russia e la Russia sta provocando gli Stati Uniti, mentre nel mezzo ci sono sia l’Ucraina sia l’Unione Europea, entrambi preoccupati per la minaccia alla pace che questa escalation di provocazioni comporta.
Nonostante tutto, si sono aperte le trattative
Come abbiamo visto nell’articolo della scorsa settimana, in dicembre la Russia ha chiesto alla NATO uno stop all’espansione ad est, di rifiutare di piazzare sistemi missilistici ai confini della Russia, di ritirare truppe e armi dall’Europa orientale e di impedire all’Ucraina (Georgia e Moldavia) di aderire all’alleanza1. Il 26 gennaio gli Stati Uniti e la NATO hanno rifiutato per scritto una parte fondamentale – il veto su una potenziale adesione dell’Ucraina alla NATO, affermando che l’Ucraina ha il diritto di scegliere i propri alleati – del nuovo ordine proposto dalla Russia per la sicurezza post-guerra fredda in Europa, ma si sono detti pronti a discutere altri argomenti come il controllo degli armamenti e misure che possano rafforzare la fiducia tra le parti per i negoziati sulle misure di rafforzamento della fiducia (definire i limiti al dispiegamento di missili e alle esercitazioni militari). La Russia ha affermato di essere disposta a continuare i colloqui con gli Stati Uniti sulla sicurezza europea, ma non è ottimista sulle loro prospettive. Putin ha rotto il suo silenzio che durava da dicembre, con una conferenza stampa con il primo ministro ungherese Viktor Orbàn il 1 febbraio in cui ha accusato gli Stati Uniti di ignorare le proposte di sicurezza della Russia e di usare l’Ucraina per creare uno scenario teso a “spingere la Russia in guerra” come pretesto per emanare dure sanzioni.
Il Cremlino sta preparando delle risposte alle dichiarazioni formali delle posizioni di Stati Uniti e NATO, che dovrebbero essere approvate da Putin prima di essere consegnate al Dipartimento di Stato USA e al Segretario Generale della NATO. Nonostante che tutte le principali richieste della Russia siano state categoricamente respinte da USA e NATO, dal punto di vista diplomatico la Russia ha già ottenuto due piccoli successi.
Il primo è la riapertura dei colloqui diretti ad alto livello tra USA e Mosca, che implicitamente riconoscono la posizione chiave della Russia, secondo cui non può esserci stabile architettura della sicurezza in Europa che non includa un ruolo per la Russia. Bloomberg News ha riferito martedì che una delle offerte degli Stati Uniti è quella di consentire ai russi di verificare che non ci siano missili offensivi come i Tomahawk nelle basi di difesa missilistica della NATO in Polonia e Romania. È preoccupazione di lunga data di Mosca che il sistema di difesa missilistica, inteso come protezione contro i missili iraniani, possa essere utilizzato per lanciare un attacco a sorpresa contro la Russia.
Il secondo è la riapertura dei colloqui “Formato Normandia” tra Francia, Germania, Russia e Ucraina su una soluzione di pace per il conflitto nell’Ucraina orientale2. Questo è incentrato sull’accordo Minsk 2 del 2015, che stabilisce una soluzione basata sulla piena autonomia per un Donbass smilitarizzato all’interno dell’Ucraina con garanzie internazionali. Da quando hanno firmato questo accordo, i governi e i parlamenti ucraini hanno tuttavia ripetutamente omesso di approvare una legge che concedesse al Donbass un’autonomia permanente e l’Occidente non ha esercitato pressioni su di loro per farlo3.
Durante gli anni ’90, gli Stati Uniti e i loro alleati europei (la NATO e l’UE) hanno progettato un’architettura di sicurezza euro-atlantica in cui la Russia non aveva alcun chiaro impegno o interesse, e da quando il presidente russo Vladimir Putin è salito al potere (1999/2000), la Russia ha sfidato quel sistema. Putin ambisce ad invertire le conseguenze del crollo sovietico, dividere l’alleanza transatlantica4 e rinegoziare l’insediamento geografico che ha posto fine alla Guerra Fredda. Putin si è regolarmente lamentato del fatto che l’ordine globale ignora i problemi di sicurezza della Russia e ha chiesto che l’Occidente riconosca il diritto di Mosca a una sfera di interessi privilegiati nello spazio post-sovietico. Ha organizzato incursioni negli stati vicini, come la Georgia, che sono usciti dall’orbita della Russia per impedire loro di riorientarsi completamente.
Da questo punto di vista, Putin starebbe compiendo un ulteriore passo avanti in questo approccio, dopo che nel 2014 ha annesso la Crimea e appoggiato le ribellioni delle popolazioni russofone nel Donbass (12 milioni di russi si sono trovati nel nuovo stato ucraino nato nel 1991). Un’invasione minerebbe l’attuale ordine e potenzialmente riaffermerebbe la preminenza della Russia in quello che Putin insiste essere il suo posto “legittimo” sul continente europeo e negli affari mondiali. Vede questo come un buon momento per agire. A suo avviso, gli Stati Uniti sono deboli, divisi e meno in grado di perseguire una politica estera coerente. Il nuovo governo tedesco deve ancora definire le sue politiche, l’Europa nel complesso è concentrata sulle sfide interne e il mercato energetico in tensione offre alla Russia una maggiore influenza sul continente. Il Cremlino crede di poter contare sul sostegno di Pechino, proprio come la Cina ha sostenuto la Russia dopo che l’Occidente ha cercato di isolarla nel 2014. Anche se Mosca è stata espulsa dal G-8 dopo l’annessione della Crimea, il suo veto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e il ruolo di superpotenza energetica, nucleare e geografica assicurano che il resto del mondo debba tener conto delle sue opinioni. Negli ultimi anni, la Russia ha rafforzato le sue forze armate e ora è la principale potenza militare regionale, con la capacità di proiettare potere a livello globale. La capacità di Mosca di minacciare i suoi vicini le consente di costringere l’Occidente al tavolo dei negoziati, come è stato evidente nelle ultime settimane.
Le forze militari russe ammassate ai confini sono sufficienti per un’invasione dell’Ucraina?
Alti funzionari ed esperti ucraini ed occidentali continuano ad affermare che, nonostante i recenti movimenti di truppe, mancano diversi elementi per una invasione su vasta scala5. In sostanza, attualmente al confine con l’Ucraina la Russia non ha truppe sufficienti per effettuare un’invasione e un’occupazione militare su vasta scala del Paese. Gli americani stimano che servirebbero minimo almeno 100 battaglioni (ma altri esperti occidentali sostengono che ce ne vorrebbero il doppio per controllare il territorio e fronteggiare una controinsurrezione e una popolazione ostile6), mentre i russi per ora ne schierano solo 66-67, inclusi gli 11 in Bielarussia, dove fra due settimane si terranno delle importanti esercitazioni militari7. Inoltre, un attacco su grande scala estenderebbe la logistica russa al limite con possibili questioni critiche riguardo ai rifornimenti e alle munizioni.
Di fronte a tali ostacoli, fonti militari occidentali ritengono che ci siano maggiori probabilità che il Cremlino possa lanciare un attacco più mirato nell’est dell’Ucraina e nella regione del Donbass. Ciò potrebbe essere abbinato a misure “ibride” progettate per demoralizzare la popolazione ucraina, come blocchi informatici e attacchi a infrastrutture critiche. Gli Stati Uniti sostengono che la Russia starebbe preparando un’operazione “falsa bandiera” all’interno del territorio separatista, che potrebbe essere usata come pretesto per la guerra. Le due parti si fronteggiano lungo una “linea di contatto” di 250 km intorno alle città di Donetsk e Luhansk controllate dai ribelli russofoni nell’Ucraina orientale. L’intelligence militare ucraina ha dichiarato che dall’inizio di gennaio Mosca ha fornito ai separatisti carri armati aggiuntivi, artiglieria semovente, mortai e oltre 7 mila tonnellate di carburante. Il loro numero è stimato approssimativamente in 34 mila uomini, ma tutti riconoscono che è difficile indicare cifre affidabili. Secondo gli ucraini, il Cremlino ha reclutato attivamente mercenari all’interno della Federazione Russa, i quali seguono “corsi di addestramento intensivi” prima di essere introdotti clandestinamente attraverso il confine russo verso Donetsk e Luhansk.
Gli Stati Uniti hanno fornito assistenza militare all’Ucraina per 650 milioni di dollari nel 20218. Lungo la linea del fronte esistente, l’Ucraina ha schierato sistemi missilistici terra-aria e una gamma di armi anticarro, inclusi i Javelins americani portatili, con una portata di 2,5 km, gli Stugna di fabbricazione ucraina e migliaia di MBT-NLAW (armi anticarro leggere di nuova generazione9), consegnate a Kiev nelle scorse due settimane dal Regno Unito. La scorsa settimana, Lettonia e Lituania, con l’avallo degli Stati Uniti, hanno inviato anche missili antiaerei Stinger. La Polonia ha annunciato che fornirà proiettili, mortai e missili terra-aria. La Germania, tuttavia, ha finora rifiutato di rifornire di armi l’Ucraina, nonostante le pressioni degli alleati, ostacolando la potenziale riesportazione dell’artiglieria di fabbricazione tedesca dagli Stati baltici10. Agli ucraini ha solo offerto di inviare 5 mila elmetti militari e una unità medica11.
Se l’anglosfera va all’attacco…
Nel corso di questa settimana sono diventate più evidenti le tante difficoltà di tenere insieme l’alleanza occidentale contro la Russia, con i timori che la Germania e, in misura minore, la Francia si vadano a differenziare dagli Stati Uniti e dal Regno Unito, non solo su come rispondere a qualsiasi futura aggressione russa in Ucraina, ma anche nella valutazione dell’imminenza della minaccia. La sensazione è che gli Stati Uniti (e il Regno Unito12) stiano provocando la Russia e la Russia stia provocando gli Stati Uniti, mentre nel mezzo ci sono sia l’Ucraina sia l’Unione Europea preoccupati per la minaccia alla pace che questa escalation di provocazioni comporta. Mentre il presidente dell’Ucraina si è lamentato della drammatizzazione della situazione da parte di Washington, il Pentagono sostiene che la Russia ha già accumulato abbastanza truppe per invadere il suo intero paese (citando come prova il fatto sul terreno sarebbero presenti sacche di sangue per eventuali feriti). Appare dunque paradossale che mentre l’amministrazione Biden crede che un’invasione russa potrebbe arrivare entro febbraio13, Zelensky, il presidente del Paese che dovrebbe essere invaso, sostiene che è tutt’altro che chiaro e che la minaccia russa è “pericolosa, ma ambigua“14. I governi europei (almeno quelli dell’Europa occidentale) dicono lo stesso. Borrell ha accusato Washington e Westminster di “drammatizzare” la situazione, affermando che l’UE non avrebbe evacuato la sua ambasciata “perché non conosciamo ragioni specifiche“.
Nell’ultima settimana, gli Stati Uniti hanno intensificato l’offensiva diplomatica e hanno convocato il 31 gennaio una riunione pubblica del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sul “comportamento minaccioso della Russia“, sperando di portare ad una condanna, ma Mosca ha posto il veto. Prevedibilmente, la seduta si è trasformata fin da subito in una rissa diplomatica pubblica sulla crisi ucraina, con gli americani che hanno accusato i russi di mettere in pericolo la pace ammassando truppe ai confini dell’Ucraina e i diplomatici russi che hanno respinto ciò che hanno definito teatralità farsesca, allarmismo e “diplomazia del megafono“.
È stato soprattutto sul tema delle sanzioni da applicare alla Russia in caso di conflitto armato in Ucraina che USA e Regno Unito sono passati all’offensiva rispetto ai loro alleati europei. Le consultazioni sulle sanzioni, così come sulla fornitura di armamenti aggiuntivi agli ucraini, hanno l’obiettivo di aumentare il prezzo di una potenziale aggressione russa all’Ucraina. Stati Uniti e Regno Unito promettono sanzioni economiche severissime contro la Russia e anche contro Putin personalmente, la sua famiglia e gli oligarchi. Sanzioni destinate a sconvolgere l’intera economia russa, ma anche quella di altri Paesi, a cominciare da quelli dell’Unione Europea.
Le sanzioni che sono state proposte da USA e Regno Unito includono la rimozione della Russia dal settore bancario SWIFT e il divieto delle importazioni di petrolio e gas russi, per cui avranno conseguenze drammatiche non solo in Russia, ma anche in Europa. I leader della Commissione per le relazioni estere del Senato USA hanno dichiarato domenica di essere sul punto di approvare “la madre di tutte le sanzioni” contro la Russia (con i Repubblicani ne vorrebbero un’applicazione preventiva). “Non possiamo avere di nuovo un momento Monaco“, ha detto il presidente democratico del panel, Bob Menendez (New Jersey), alla CNN, riferendosi all’accordo del 1938 con cui gli alleati avevano ceduto parti della Cecoslovacchia a Hitler, credendo che avrebbe evitato la guerra. “Putin non si fermerà se crede che l’Occidente non risponderà“, ha detto Menendez. “Abbiamo visto cosa ha fatto nel 2008 in Georgia, abbiamo visto cosa ha fatto nel 2014 alla ricerca della Crimea. Non si fermerà“. Per questo la legge includerà massicce sanzioni contro le banche russe più importanti, con l’obiettivo di paralizzare l’economia e il debito sovrano russo. Il senatore repubblicano James Risch (Wisconsin) ha ripetuto la frase pronunciata dal senatore repubblicano John McCain nel 2014 che la Russia è una “stazione di servizio mascherata da Paese“, sostenendo che le sanzioni americane paralizzeranno la Russia e soprattutto la sua produzione di petrolio, con “effetti devastanti sull’economia di tutto il mondo“.
I Paesi europei hanno posizioni differenziate riguardo alle relazioni con la Russia
Nelle ultime settimane, è stato compiuto ogni sforzo per ridurre al minimo le differenze all’interno dell’alleanza NATO, anche attraverso regolari incontri in video tra i capi Stato e di governo, però importanti differenze ci sono e riflettono non solo diverse valutazioni a breve termine sull’intelligence, ma una profonda frattura che risale a decenni fa riguardo a quello che Germania e Francia, al contrario dell’Anglosfera, considerano il modo migliore per gestire le relazioni con la Russia.
La Francia, guardando le stesse informazioni fornite dalla CIA, non vede un’invasione imminente, o una concentrazione di forze attrezzate per invadere l’Ucraina nelle prossime tre settimane, una valutazione peraltro condivisa dai migliori analisti della difesa ucraini.
In Gran Bretagna, il ministro degli Esteri, Liz Truss, è stato apertamente critico nei confronti della Germania per essere così dipendente dalla Russia per l’energia e per il rifiuto di Berlino di consentire all’Estonia di inviare armi di fabbricazione tedesca in Ucraina. L’idea che la Germania fornisca armi da usare contro la Russia per la prima volta dalla seconda guerra mondiale (in cui sono morti 26 milioni di cittadini sovietici) è un anatema per i tedeschi. Parlando a Berlino il 25 gennaio, il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha difeso la decisione, dicendo che era radicata “nell’intero sviluppo degli ultimi anni e decenni“.
Scholz si recherà in visita a Washington il 7 febbraio per discutere della crisi con il presidente Joe Biden. Negli Stati Uniti, la questione tedesca infastidisce sempre più i repubblicani, portando ad un articolo di commento sul Wall Street Journal con il titolo “La Germania è un alleato americano affidabile? Nein”.
Le tensioni riflettono due diverse interpretazioni di come, anche adesso, si possa impedire alla Russia di diventare una forza ostile all’Occidente, interpretazioni che hanno dominato la politica dopo la fine della Guerra Fredda. Le diverse valutazioni a Berlino, Washington, Parigi e Londra su come costruire qualcosa di stabile dalle macerie della Russia post-sovietica sono sempre state in mutamento, con diverse capitali che hanno punti di vista diversi in momenti diversi.
Gli Stati Uniti sotto Bill Clinton erano riluttanti, come chiunque altro, a far entrare i quattro Paesi di Visegrád – Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria e Slovacchia – nella NATO e al vertice dell’organizzazione nel gennaio 1994 hanno espresso chiaramente la loro convinzione sui rischi, affermando che la NATO non poteva “permettersi di tracciare una nuova linea tra est e ovest che creerebbe una profezia che si autoavvera di un confronto futuro“.
Tony Blair era convinto che il Regno Unito fosse in grado di attirare Putin nel campo occidentale ed era un entusiasta sostenitore dell’adesione della Russia al G-8. Boris Johnson ha visitato Mosca come ministro degli Esteri nel 2017 e, nonostante l’avvelenamento di un ex spia russa e di sua figlia a Salisbury, è stato straordinariamente permissivo riguardo al denaro russo a Londra15.
Dopo l’occupazione russa della Crimea nel marzo 2014, solo a seguito delle continue pressioni americane, il presidente francese François Hollande ha annullato un contratto da circa 1,5 miliardi di euro firmato dal suo predecessore per vendere alla Russia una porta elicotteri da combattimento della classe maestrale destinata ai porti annessi del Mar Nero in Crimea.
Emmanuel Macron, alla vigilia delle elezioni presidenziali di primavera e da poco presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea, sta cercando di conciliare la sua visione di “autonomia strategica” europea – essere in grado di agire indipendentemente dagli Stati Uniti sulla scena mondiale – con la realtà della continua dipendenza dalla NATO che qualche anno fa aveva definito “cerebralmente morta“. Macron ha proposto a più riprese (e nuovamente nel suo discorso rivolto al parlamento europeo il mese scorso) una “nuova architettura di sicurezza” sul continente, da negoziare con la Russia16. Nel maggio 2017 ha invitato Putin a Versailles all’inaugurazione di una mostra su Pietro il Grande. Di fronte all’isolazionismo di Trump, Macron, in un importante discorso nel 2019, ha chiesto la fine dei “conflitti congelati” con la Russia. Nel giugno dello scorso anno, insieme ad Angela Merkel, ha spiazzato gli altri leader dell’UE offrendo a Putin un vertice. Macron vuole che l’Unione Europea mantenga aperto un dialogo “franco ed esigente” con la Russia. Il 25 gennaio a Berlino, il presidente francese ha detto che aveva ancora in programma di parlare con Putin in settimana, ma solo per una riduzione dell’escalation. Putin ha ribadito a Macron che gli Stati Uniti e la NATO non hanno tenuto conto delle “preoccupazioni fondamentali” di Mosca sull’espansione della NATO e sul dispiegamento di missili d’attacco vicino al confine russo. I due si sono dichiarati d’accordo nel proseguire il dialogo sull’intera gamma delle questioni di sicurezza europee.
Tuttavia, l’attore centrale nelle relazioni dell’Europa con la Russia, sia prima e dopo la riunificazione, è la Germania. Il motivo per cui la Germania adotta un approccio indulgente o ottimista nei confronti di Putin riempie le biblioteche e il libro più recente intitolato Il problema Russia della Germania, scritto da John Lough, descrive in dettaglio l’intera portata delle relazioni – commerciali, politiche, culturali e intellettuali – tra i tedeschi e le élite russe. Spiega anche come Putin gioca sul senso di colpa tedesco per la seconda guerra mondiale e si rifiuta di ripagare il perdono tedesco. Gli esempi presentati da Lough includono come, sulla scia dell’intervento russo in Georgia nell’estate del 2008, l’allora ministro degli esteri socialdemocratico tedesco, Frank-Walter Steinmeier (oggi presidente federale), abbia messo in guardia l’Europa contro le sanzioni che, secondo lui, avrebbero chiuso porte che non si sarebbero più riaperte.
Sebbene la risposta della Merkel all’invasione dell’Ucraina nel 2014 fosse ferma, Steinmeier, sicuro che l’SPD capisse la Russia meglio della CDU della Merkel, andò a Mosca e propose una partnership economica con la Russia. Allo stesso tempo, tre ex cancellieri tedeschi – Helmut Schmidt, Gerhard Schröder e Helmut Kohl – hanno tutti avvertito la Merkel di non isolare Mosca. Entro una settimana dall’invasione, l’amministratore delegato della Siemens era a Mosca. Con il peggioramento della situazione diplomatica, un gruppo di alti funzionari e politici tedeschi ha inviato una lettera chiedendo un ritorno alla politica della distensione.
Questa relazione tedesco-russa è stata plasmata da due fattori. In primo luogo, l’Ospolitik, che si riferisce alla strategia di politica estera del “cambiamento attraverso il riavvicinamento” nei confronti dell’Unione Sovietica e dei suoi Stati satelliti perseguita negli anni ’70 dal cancelliere socialdemocratico Willy Brandt con la cosiddetta Ostpolitk, e che ha cercato di superare le linee dure concentrandosi su interessi comuni. Questa politica è ancora considerata da molti come la via da seguire.
In secondo luogo, l’accordo di dipendenza reciproca tra i due Paesi che risale agli anni ’70, quando l’Unione Sovietica e la Germania hanno deciso di scambiare gas naturale dall’URSS con tubi e acciaio tedeschi. Si basa sulla convinzione espressa da Schmidt che “coloro che commerciano tra loro non si sparano a vicenda”. Fu Schmidt che nel 1979 spinse la NATO ad adottare la cosiddetta risoluzione a doppio binario: una strategia di armamento militare e minaccia unita ad un’apertura al dialogo. Entro il 2018 la Germania rappresentava il 37% delle vendite di Gazprom e il gasdotto North Stream 2 era stato concordato. Le esportazioni tedesche verso la Russia sono quintuplicate tra il 2000 e il 2011.
Gerhard Schröder, l’ex cancelliere socialdemocratico trasformatosi in lobbista, insiste sul fatto che la Russia non ha intenzione di invadere l’Ucraina e ha accusato Kiev di “sferragliare le sciabole“. Schröder è la personificazione dell’approcio dell’SPD alla questione russa: è entrato a far parte della società di gasdotti nordeuropei del gigante russo Gazprom controllata dallo Stato, in seguito ribattezzata North Stream AG, come presidente entro pochi mesi dalla perdita delle elezioni del 2005. Alla North Stream AG, l’amministratore delegato di Schröder è Matthias Warnig, un ex ufficiale di alto rango della Stasi che un tempo spiava l’industria della Germania occidentale per conto della polizia segreta della Germania orientale con gli pseudonimi di “Ökonom” (“Economista“) e “Arthur” e ascese alla cerchia ristretta di Putin dopo la caduta del muro di Berlino.
Il pensiero di Brandt e dei suoi successori socialdemocratici rimane dominante all’interno di alcune parti dell’SPD. L’attuale ministro dell’Economia, Robert Habeck, il cui ministero è responsabile delle sanzioni, è contrario a bloccare l’accesso russo al sistema di pagamenti Swift. Ha detto a Der Spiegel: “Dovremmo pensare a nuove aree di attività che possono aiutare a portare entrambe le parti fuori dal ruolo conflittuale“17.
Tuttavia, nelle ultime settimane i compromessi inerenti all’Ostpolitik sono stati messi in discussione da una generazione più giovane. Michael Roth, presidente socialdemocratico della commissione per gli affari esteri, ha affermato che il suo partito deve sfuggire all’ombra di Brandt, aggiungendo che “non possiamo sognare che il mondo sia migliore di quello che è“18. Altri ministri hanno insistito sul fatto che l’energia, compreso il futuro del North Stream 2, non può essere rimossa dall’elenco delle potenziali sanzioni, come lo era nel 2014.
Tutto questo lascia Scholz in una posizione diversa rispetto ai suoi interlocutori americani, non facilitata dalla sua alleanza con un ministro degli Esteri verde, Annalena Baerbock, che vuole apportare valori alla politica estera tedesca. L’SPD, per evitare una spaccatura pubblica, avrà ora un dibattito formale di partito sul suo approccio alla Russia.
Ma, ci sono anche ulteriori divisioni interne tra i Paesi europei, come tra l’attuale governo ungherese, probabilmente il più convinto sostenitore della Russia in Europa, con Viktor Orbàn che è andato a visitare Putin a Mosca il 1 febbraio19, e gli stati baltici, che sono all’estremità più critica, sempre preoccupati che leader troppo lontani dall‘“orso russo” possano fare troppe concessioni. Esistono ulteriori differenze di interessi tra gli Stati del sud (in particolare l’Italia, con Draghi che ha ricevuto assicurazioni da Putin sulla stabilità delle forniture di gas) e del nord (Finlandia e Svezia).
La Cina è seduta lungo la riva del fiume
Gli Stati Uniti hanno invitato la Cina a usare la sua influenza sulla Russia per sollecitare una soluzione diplomatica alla crisi ucraina, “perché se c’è un conflitto in Ucraina non andrà bene nemmeno per la Cina”. Ma, la Cina si muove con estrema cautela, non ha nessuna intenzione di farsi trascinare nella crisi, di prendere parte, almeno per ora, soprattutto non vuole rischiare di antagonizzare l’Unione Europea (il suo principale mercato di esportazione), come non ha alcun interesse che quest’ultima si allinei al volere degli USA. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha detto al segretario di Stato americano Blinken che vuole vedere tutte le parti coinvolte in Ucraina rimanere calme, evitare un aumento della tensione ed “astenersi dal fare cose che promuovano la crisi“. Wang, riferendosi alle obiezioni della Russia all’espansione della NATO nell’Europa orientale, ha detto a Blinken che la sicurezza di un Paese non può avvenire a scapito della sicurezza di altri e la sicurezza regionale non può essere garantita rafforzando o addirittura espandendo i blocchi militari. Il 4 febbraio Xi Jinpin incontra Putin, in visita per l’inaugurazione delle Olimpiadi invernali.
La crisi Russia-Ucraina, comunque, rimette in gioco la Cina. Le mosse di Putin hanno riportato gli Stati Uniti al centro delle problematiche della sicurezza europea, proprio quando due presidenti americani successivi (Obama e Trump) avevano cercato di orientare l’attenzione strategica di Washington verso la Cina. L’aspro confronto tra la Russia, gli Stati Uniti e la NATO rischia di avere l’effetto di “regalare” alla Cina la Russia (con il suo gas, petrolio e altre materie prime). D’altra parte, se la Russia invade l’Ucraina e provoca un conflitto prolungato con gli Stati Uniti e i suoi alleati occidentali (sebbene sia improbabile uno scontro militare diretto), la Cina ovviamente ne trarrà vantaggio. L’America dovrà dirottare risorse strategiche per affrontare la Russia e i suoi alleati europei saranno ancora più riluttanti a dare ascolto alle richieste degli Stati Uniti di unirsi alla coalizione americana anti-cinese20. Se, invece, l’amministrazione Biden riesce ad disinnescare la crisi accettando alcune delle richieste di Putin, la Cina probabilmente si indebolirà dal punto di vista strategico. Mentre Putin raccoglierà i frutti della sua diplomazia coercitiva e Biden eviterà un potenziale pantano nell’Europa orientale, mentre la Cina si ritroverà ad essere l’unico obiettivo della strategia di sicurezza nazionale americana. Peggio ancora, dopo che Putin ha abilmente sfruttato l’ossessione statunitense per la Cina per ristabilire la sfera di influenza russa, il valore strategico della sua carta cinese potrebbe svalutarsi in modo significativo.
La questione del gas
Gli Stati Uniti e i vertici della NATO hanno messo al centro della disputa con la Russia la questione del gas. Sappiamo che la Russia fornisce circa il 40% del consumo di gas dell’UE e che l’impennata dei prezzi del gas negli ultimi mesi è in larga parte dovuta a forniture inferiori al previsto da parte russa. In tutta Europa sono aumentate le bollette delle famiglie e alcune industrie dipendenti dal gas sono state costrette a frenare la produzione. Ma, la dipendenza dal gas russo varia da Paese a Paese. Gli Stati dell’Europa centrale e orientale con gasdotti progettati per importare gas dall’est, piuttosto che dall’Europa occidentale (Norvegia) e dal nord Africa, potrebbero subire gravi carenze se Mosca tagliasse l’approvvigionamento.
Tecnicamente, il flusso di gas da Norvegia, Nord Africa e gas naturale liquefatto (GNL) da Qatar e USA (questi ultimi forniscono il 70% del GNL dell’UE) potrebbe essere aumentato fino a quasi sostituire quello che l’Europa riceve dalla Russia, ma questi Paesi potrebbero non essere in grado di aumentare le consegne. Pertanto, l’Unione Europea potrebbe far fronte ad un arresto a breve termine di tutte le importazioni di gas russe, anche utilizzando le riserve strategiche che ogni paese ha, ma ciò avrebbe “profonde conseguenze economiche” e richiederebbe misure di emergenza per frenare la domanda, secondo l’analisi del think tank Bruegel. Se la Russia interrompesse il flusso di tutto il gas, l’UE avrebbe bisogno sia di aumentare le importazioni di GNL21, con un conseguente drastico aumento dei prezzi, sia di imporre misure di emergenza per ridurre la domanda, come la chiusura di impianti industriali, per evitare gravi carenze. Le opzioni alternative includono una maggiore produzione di energia con l’utilizzo di carbone (il cui prezzo è schizzato a livelli record nel frattempo, creando problemi di approvvigionamento in Asia) e di gasolio (con la produzione e i prezzi del petrolio ai massimi da settimane) – con conseguente aumento delle emissioni di CO2 – o la ritardata chiusura degli impianti nucleari in Germania, una decisione politicamente molto controversa.
Il Dipartimento di Stato USA ha affermato che il gasdotto North Stream 2, che collega Russia e Germania e che è stato completato lo scorso settembre, ma la cui l’approvazione normativa è ancora pendente, non entrerebbe in funzione se la Russia invadesse l’Ucraina22. Subito dopo è arrivata la dichiarazione del ministro degli esteri tedesco, Annalena Baerbock, che ha dato una forte indicazione che il gasdotto sarebbe parte del pacchetto di sanzioni se Mosca ordinasse un’invasione. “Stiamo lavorando a un forte pacchetto di sanzioni” con gli alleati occidentali e copre diversi aspetti “tra cui North Stream 2“, ha detto Baerbock al Bundestag. Il gasdotto, che la Germania ha costruito nonostante le critiche degli Stati Uniti e degli europei dell’est, dovrebbe raddoppiare le forniture di gas naturale russo alla più grande economia europea.
La questione ucraina e l’insicurezza alimentare globale
Un’invasione russa dell’Ucraina porterebbe inevitabilmente ad una interruzione delle consegne alimentari da uno dei più importanti granai del mondo – insieme alla stessa Russia – e questo farebbe aumentare notevolmente l’insicurezza alimentare globale, con possibili carestie in Paesi di Africa, Medio Oriente e Asia23.
L’Ucraina è il terzo Paese esportatore di cereali a livello mondiale, alle spalle di Stati Uniti e Argentina. Fra gennaio e novembre 2021 Kiev ha venduto oltre i propri confini quasi 45 milioni di tonnellate di cereali (-5,6% sullo stesso periodo del 2020): 19,8 tonnellate di mais (-18% rispetto allo stesso periodo del 2020, con la Cina primo Paese destinatario, col 32% delle quote di mercato, seguita dall’Unione Europea al 31%, e poi Egitto, Iran, Turchia, Regno Unito); 18,9 milioni tonnellate di frumento (+7,48% tendenziale, con Egitto, Indonesia, Turchia, Pakistan, Bangladesh e Marocco primi acquirenti); 5,4 milioni di tonnellate di orzo (+7,86% tendenziale, con la Cina che rappresenta il 53% delle quote di mercato, seguita da Turchia, Arabia Saudita, Libia, Giordania e Tunisia).
La Russia nei primi 11 mesi del 2021 ha collocato oltre i propri confini oltre 32,4 milioni di tonnellate di cereali (-19,54% rispetto allo stesso periodo del 2020), dei quali 24,5 milioni sono rappresentati dal grano (-24,8% tendenziale, con Turchia ed Egitto primi destinatari). La Russia esporta anche orzo (3,6 milioni di tonnellate, -19,89% rispetto ai primi 11 mesi del 2020, venduti nell’ordine ad Arabia Saudita, Turchia, Libia e Tunisia) e mais (2,7 milioni di tonnellate, +35% tendenziale, con la Turchia che rappresenta il 38% delle quote di mercato, davanti a Unione Europea, Corea del Sud, Georgia e Vietnam).
I numeri inquadrano in maniera chiara la portata dell’export dei due Paesi oggi contrapposti sul filo della tensione e dall’analisi delle destinazioni dell’export dei cereali emerge in modo nitido che molti dei Paesi che acquistano dall’Ucraina o dalla Russia si ritrovano in una condizione di instabilità politica, di insicurezza alimentare e, dunque, sono molto esposti anche al rischio di sommosse interne, agitazioni, rischio di carestie. Nelle ultime due settimane, la crisi Ucraina ha fatto balzare del 10% il prezzo internazionale del grano, scatenando forti tensioni sul mercato alimentare. È bene ricordare che le rivolte della Primavera Araba avvenute a partire dal 2011 hanno avuto la loro scintilla – soprattutto in Tunisia ed Egitto – dall’aumento dei prezzi dei generi alimentari.
Una situazione che va ad innescare ulteriore preoccupazione dal momento che con la pandemia da CoVid-19 si è aperto uno scenario di accaparramenti, speculazioni e incertezza per gli effetti dei cambiamenti climatici che spinge la corsa dei singoli Stati ai beni essenziali per garantire l’alimentazione delle popolazioni.
Alessandro Scassellati
- Putin ha chiarito questa richiesta nei due trattati proposti dal Cremlino il 17 dicembre, che richiedono che l’Ucraina e altri paesi post-sovietici, così come Svezia e Finlandia, si impegnino alla neutralità permanente ed evitino l’adesione alla NATO. La NATO dovrebbe anche ritirarsi alla sua posizione militare del 1997, prima del suo primo allargamento, rimuovendo tutte le truppe e gli equipaggiamenti nell’Europa centrale e orientale. Ciò ridurrebbe la presenza militare della NATO a quella che era quando l’Unione Sovietica si è disintegrata. La Russia avrebbe anche potere di veto sulle scelte di politica estera dei suoi vicini non NATO. Ciò garantirebbe che i governi filo-russi siano al potere nei Paesi confinanti con la Russia, inclusa, in primo luogo, l’Ucraina. In sostanza, le richieste di Putin equivalgono a richiedere ciò che gli analisti russi hanno effettivamente chiamato “Yalta 2“. Putin aveva già espresso con chiarezza la sua posizione in un suo sensazionale discorso alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco nel febbraio 2007, in cui aveva delineato la sua critica globale alle potenze occidentali e il rifiuto della Russia di accettare qualsiasi ulteriore espansione verso est della NATO.[↩]
- I diplomatici di Ucraina, Russia, Germania e Francia si sono incontrati per otto ore a Parigi il 26 gennaio e hanno deciso di continuare a parlare, per cui si rincontreranno a Berlino nel giro di una settimana.[↩]
- Attuare quanto previsto dai patti noti come Minsk 1 e Minsk 2 firmati rispettivamente nel 2014 e nel 2015, per porre fine alla guerra separatista dei territori russofoni nell’Ucraina orientale. Una serie di misure militari e politiche stabilite dall’accordo Minsk 2 rimangono non attuate. Questo accordo stabiliva un piano per il cessate il fuoco e la successiva reintegrazione dei territori occupati di Donetsk e Luhansk tramite elezioni, uno status speciale nella costituzione ucraina e un’amnistia per coloro che avevano partecipato alla rivolta armata. Funzionari ucraini hanno definito il documento un gesto politico e diplomatico che non è vincolante ai sensi del diritto internazionale, invece la Russia lo considera vincolante. Le autorità ucraine sono riluttanti a riconoscere uno status speciale per i territori al di fuori del loro controllo, poiché darebbe alla Russia una leva sul territorio ucraino. In precedenza, in Ucraina sono scoppiate proteste pubbliche per i timori di una capitolazione alla Russia. I nazionalisti ucraini (radicati nell’Ucraina occidentale) considerano qualsiasi passo verso l’effettiva attuazione dell’accordo Minsk in una forma accettabile per Mosca, come un atto di tradimento. Tra l’altro, la concessione di un elevato grado di autonomia alle regioni di Donetsk e Luhansk impedirebbe a Kiev di perseguire un orientamento geopolitico occidentale, rendendo irrealistica l’ipotesi di un entrata dell’Ucraina nella NATO. Più in pratica, Minsk 2 prevede che, nell’ambito della reintegrazione dei territori non controllati nel Donbass, si terranno le elezioni locali. Il governo ucraino afferma che le elezioni possono aver luogo solo dopo aver ripreso il controllo sul confine e sul territorio nell’Ucraina orientale. L’interpretazione della Russia, al contrario, si concentra sull’ordine delle fasi come stabilito nell’accordo. Il ministro degli Esteri russo, Lavrov ha detto a Blinken che “invece di intensificare la retorica aggressiva e pompare le forze armate ucraine con vari tipi di armi, di usare l’influenza degli Stati Uniti sulle autorità ucraine per costringerle ad attuare pienamente gli accordi di Minsk“.[↩]
- Di conseguenza, ha sostenuto gruppi antiamericani ed euroscettici in Europa; movimenti populisti di sinistra e di destra su entrambe le sponde dell’Atlantico; sostenuto interferenze elettorali; e generalmente ha lavorato per esacerbare la discordia all’interno delle società occidentali.[↩]
- Se i russi dovessero lanciare un’invasione, ci sono sostanzialmente tre possibili scenari, secondo il Center for Strategic and International Studies. Le forze russe potrebbero spostarsi attraverso le repubbliche separatiste e il nord-est dell’Ucraina fino al fiume Dnipro, il che probabilmente comporterebbe il tentativo di assediare Kharkiv, la seconda città più grande dell’Ucraina. Le truppe russe potrebbero anche irrompere a nord dalle loro basi esistenti nella Crimea occupata e tentare di catturare i porti del Mar Nero come Mariupol, Kherson e, soprattutto, Odessa. Ciò taglierebbe l’Ucraina fuori dal mare e minaccerebbe la sua vitalità economica come Stato. L’opzione più audace sarebbe un attacco dalla Bielorussia in un attacco di decapitazione che cattura rapidamente Kiev e rovescia il governo ucraino.[↩]
- L’esercito ucraino è composto da 145 mila soldati e ci sono da 300 a 400 mila veterani con esperienza di combattimento che offrirebbero una forte resistenza, anche se soverchiati dalle forze russe con una forza aerea e una marina superiori.[↩]
- La Russia ha sospeso il monitoraggio internazionale delle sue esercitazioni militari, come previsto da un accordo del 1990 chiamato Documento di Vienna. La sospensione, motivata dalla nuova ondata di pandemia da CoVid-19, durerà fino al 28 febbraio, quindi riguarderà le esercitazioni in Bielorussia, che hanno destato allarme perché includono unità da combattimento ben attrezzate provenienti dall’estremo oriente della Russia.[↩]
- Il flusso di armi dai Paesi occidentali avviene senza che venga fatta alcuna considerazione sulle potenziali implicazioni a lungo termine dell’inondazione di un Paese pieno di milizie neonaziste – alcuni di loro si sono integrati nelle forze armate, nelle forze dell’ordine e nella guardia nazionale (corpo sotto il comando del ministero dell’Interno), e che hanno addestrato e ispirato violenti estremisti di estrema destra in Occidente – con armi, addestramento e altro supporto. Nella conferenza stampa del 1° febbraio, Putin ha descritto la possibilità che l’Ucraina aderisca alla NATO come una minaccia esistenziale non solo per la Russia, ma anche per la pace mondiale. Ha affermato che un’Ucraina alleata occidentale rafforzata con armi della NATO potrebbe lanciare una guerra contro la Russia per riconquistare la Crimea – che la Russia ha annesso nel 2014, una mossa non riconosciuta dalla comunità internazionale – portando alla guerra tra la Russia e il blocco della NATO.[↩]
- Circa 2 mila armi britanniche note come MBT-NLAW, o armi anticarro leggere di nuova generazione per carri armati, sono state attualmente spedite a un costo finora sconosciuto. Sviluppati come un progetto congiunto svedese-britannico, gli MBT-NLAW sono prodotti da Saab e sono lanciati a spalla per l’uso contro i carri armati a una breve distanza fino a 200 metri, rendendoli una sorta di sistema di ultima istanza.[↩]
- L’Estonia è in attesa del permesso dal governo tedesco di esportare in Ucraina 9 cannoni obice originariamente prodotti nell’Unione Sovietica, di stanza nella Germania orientale, poi esportati in Finlandia dopo la riunificazione tedesca, che li ha passati all’Estonia. Kaja Kallas, il primo ministro estone, ha criticato la decisione tedesca poiché favorisce l’aggressione russa dato che le armi erano destinate all’autodifesa dell’Ucraina. La Kallas ha detto anche che la Germania deve porre fine alla sua dipendenza dall’energia russa e accettare che il gasdotto North Stream 2 non è mai stato solo un progetto commerciale.[↩]
- D’altra parte, il capo dei servizi segreti esteri della Germania, Bruno Kahl, ha dichiarato di ritenere che la Russia non ha ancora deciso se attaccare l’Ucraina, anche se è pronta a farlo.[↩]
- Ci sono degli istruttori militari inglesi in Ucraina e sono stati consegnati dei missili anti carri armati. Inoltre, il Regno Unito si è offerto di schierare forze di terra, aria e mare per rafforzare la difesa dei Paesi NATO ai loro confini settentrionali e orientali.[↩]
- Un’ipotesi basata soprattutto sulla convinzione che le condizioni meteorologiche determineranno cosa può fare la Russia. L’attuale clima invernale e il terreno ghiacciato rendono possibile un assalto corazzato, ma entro marzo il disgelo renderà palude gran parte dell’Ucraina orientale, neutralizzando il vantaggio dell’armamento della Russia e favorendo i difensori. Allora, la Russia dovrebbe aspettare fino all’estate, concedendo all’Ucraina un momento cruciale per prepararsi e rafforzarsi, oltre a portare l’opinione internazionale dalla sua parte.[↩]
- L’Ucraina sta cercando di minimizzare le notizie di un imminente attacco da parte della Russia. L'”isteria” su un possibile attacco russo sta ostacolando i tentativi di Kiev di prendere in prestito 5 miliardi di dollari sui mercati dei capitali e da governi e istituzioni internazionali (come il FMI), mentre la grivna ucraina è scesa di circa l’8% rispetto al dollaro dallo scorso novembre.[↩]
- Nel Regno Unito, l’attuale escalation della questione Russia-Ucraina è arrivata in un momento di maggiore interesse per la concentrazione di oligarchi e ricchezze sospette a Londra. Transparency International ha identificato proprietà per un valore di 1,5 miliardi di dollari appartenenti agli oligarchi russi e alla criminalità organizzata, e i parlamentari britannici hanno chiesto una maggiore trasparenza su questi beni.[↩]
- Il problema è che il progetto politico non piace ai partner europei di Parigi, che temono un piano machiavellico della Francia per indebolire la NATO, e soprattutto Putin non ha colto l’invito francese e ha voluto imporre la sua architettura utilizzando un argomento piuttosto convincente: i carri armati.[↩]
- L’SPD deve fare i conti anche con quanto viene veicolato dai media sulla crisi Russia-Ucraina che tende ad esaltare le posizioni americane e della NATO. Un ottimo esempio è l’agenzia di stampa Politico, ora di proprietà della potente società di estrema destra Axel Springer, l’equivalente tedesco di Murdock, che ha recentemente pubblicato articoli pieni di zolfo sui piani sanguinari di Putin, tutti basati su “esperti” senza nome, ma utilmente etichettati in cima: “Presentato da Lockheed Martin.” Questo è il gruppo i cui aerei da combattimento F-35 e altri prodotti militari li hanno aiutati a incassare oltre 62 miliardi di dollari di entrate nel 2020, mentre Marilyn Hewson, presidente e amministratore delegato, è stata premiato con 20,2 milioni di dollari nel 2017.[↩]
- Lo storico ed opinionista Timothy Garton Ash ritiene che la versione dell’Ostpolitik praticata attualmente dall’SPD sia un esempio “del pensiero confuso, dell’autoinganno e della totale ipocrisia” che finisce per giustificare una sorta di “Yalta vergognosa, la Yalta che non osa pronunciare il suo nome”, invece di seguire il “modello Helsinki”.[↩]
- Ma, il 29 gennaio Viktor Orbàn ha anche firmato, a Madrid, con il premier polacco, Mateusz Morawiecki, il leader di Vox, Santiago Abascal, e Marine Le Pen del Rassemblement National il documento dei sovranisti europei di denuncia contro le “azioni militari” della Russia, azioni, dice il testo, che “portano sull’orlo della guerra”.[↩]
- Questo spiega perché diversi esponenti trumpiani dell’estrema destra americana, tra cui il conduttore di Fox News Tucker Carlson e il deputato del Kentucky Thomas Massie, si siano chiesti perché gli Stati Uniti stiano appoggiando l’Ucraina e si oppongano alla Russia. Carlson ha detto che “ha senso” che Putin “voglia solo mantenere sicuro il suo confine occidentale” opponendosi alle mosse dell’Ucraina di unirsi alla NATO. Le posizioni di Carlson sono state respinte dai vertici del Partito Repubblicano.[↩]
- In una dichiarazione congiunta, Biden e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, hanno affermato che stanno lavorando insieme per “una fornitura continua, sufficiente e tempestiva di gas naturale all’UE da diverse fonti in tutto il mondo per evitare shock di approvvigionamento, compresi quelli che potrebbe derivare da un’ulteriore invasione russa dell’Ucraina”.[↩]
- Gli Stati Uniti si sono opposti sin dall’inizio al North Stream 2, con Blinken che di recente lo ha definito un “progetto geopolitico russo che minaccia la sicurezza energetica europea e mina la sicurezza dell’Ucraina“.[↩]
- L’Unione Europea sarebbe al riparo grazie all’abbondanza della produzione interna – oltre 290 milioni di tonnellate nella campagna 2021-2022, un quantitativo sufficiente a coprire il fabbisogno interno e ad alimentare un importante flusso di vendite fuori dall’Unione -, anche se un Paese come l’Italia ha importato oltre 120 milioni di chili di grano dall’Ucraina e circa 100 milioni di chili di grano dalla Russia nel 2021.[↩]
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