A quasi due mesi dall’inizio della terribile aggressione russa all’Ucraina, lungi dall’essere stata isolata sul piano internazionale, come viene proclamato dai media mainstream occidentali, la Russia rimane un importante interlocutore economico e politico per tanti Paesi del mondo. L’Ucraina ha spinto i suoi alleati occidentali a far condannare la Russia all’ONU e a metterla sotto pesanti sanzioni, ma il resto del mondo resiste a schierarsi da una parte o dall’altra. Soprattutto i Paesi del Sud del mondo – il grosso dei Paesi che fanno parte del Movimento dei Non Allineati – non vogliono una nuova guerra fredda che spacchi il mondo in due blocchi guidati da USA e Cina, e si battono per un nuovo ordine internazionale multipolare.
C’è una parte del mondo che non vuole una nuova guerra fredda
È ormai sempre più evidente che per i leader americani ed europei al governo la guerra della Russia in Ucraina deve rappresentare un momento di svolta paradigmatico nella storia geopolitica del mondo. Per la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, infatti, “l’invasione russa dell’Ucraina rappresenta un momento di svolta non solo per il nostro continente, ma anche per le nostre relazioni con il resto del mondo; è un momento decisivo perché niente sarà più come prima della guerra”. Ma, nonostante i pressanti e spesso minacciosi inviti dei politici americani ed europei a schierarsi nel conflitto dalla parte dell’Ucraina, un numero crescente di Paesi asiatici, africani, latinoamericani ed oceanici ha finora scelto di rimanere neutrale. Cina, India, Pakistan, Brasile, Turchia, Indonesia, Sud Africa e persino il Messico sono rimasti in disparte, resistendo alle richieste di isolare diplomaticamente la Russia o di unirsi alla campagna per sanzionare pesantemente la sua economia. Hanno emesso voci razionali e pragmatiche che rappresentano le opinioni di una parte significativa della comunità internazionale, come dimostrano le astensioni alle votazioni all’Assemblea Generale dell’ONU. Le imprese asiatiche sono rimaste in Russia anche se le loro controparti occidentali sono partite in massa. All’ONU, un gran numero di Stati africani, il più grande dei quali il Sud Africa, si è astenuto da risoluzioni volte a ostracizzare la Russia per l’invasione (solo 28 dei 54 paesi africani, poco più del 51%, rappresentati all’ONU hanno votato a favore della risoluzione americana contro la Russia del 2 marzo scorso).
Questi Paesi si oppongono anche a sanzioni unilaterali al di sopra del diritto internazionale (e senza un mandato del Consiglio di Sicurezza dell’ONU), ritenendo che oltre a creare gravi problemi economici per entrambe le parti, determinino nuovi problemi critici per l’economia globale, nel commercio e crescita economica, nella finanza, nell’energia, nella sicurezza alimentare e nelle supply chains (catene logistiche e produttive globali), senza aiutare la risoluzione del conflitto. La loro preoccupazione concreta è che una selva crescente di sanzioni possa comportare una recessione economica globale, inflazione galoppante senza crescita (stagflazione) e una crisi del debito per tanti Paesi emergenti e poveri1.
Infine, temono che se la spirale crescente di aspro confronto, riarmo, insicurezza, nazionalismo e formazione di blocchi contrapposti continuerà incontrollata, ci sia il rischio concreto di scatenare un conflitto globale che finirà per pesare soprattutto sulle economie e società dei Paesi a medio e basso reddito e che renderà impossibile qualsiasi concreto sforzo cooperativo globale teso ad affrontare l’emergenza climatica/ambientale.
Opinioni che sono state semplicemente ignorate dalla gran parte dei media occidentali, anche se di recente il settimanale della globalizzazione The Economist ha provato ad interrogarsi sul perché una così ampia parte del mondo non si opponga alla Russia, ma che dimostrano che al momento ci sono tanti Paesi emergenti e poveri che ricordano i crimini commessi dall’Occidente – le intrusioni violente e le guerre in Afghanistan, Iraq, Siria, Yemen, Libia, etc.2 – e che non hanno alcuna intenzione di schierarsi con un blocco od un altro secondo una logica manichea “amico/nemico“, “noi/loro”, “democrazia/autocrazia”3. Le votazioni all’ONU delle scorse settimane suggeriscono che la guerra in Ucraina potrebbe essere vista da gran parte del mondo come una lotta contro un sistema politico ed economico globale che istituzionalizza una gerarchia imperiale, la distribuzione dei Paesi tra ricchi e poveri e la supremazia globale della popolazione bianca. Invece che schierarsi con l’uno o l’altro blocco, come molti Paesi sono stati costretti a fare durante la Guerra Fredda, stiamo assistendo all’emergere di un mondo genuinamente post-americano. Molti dei Paesi che ora non vogliono seguire gli Stati Uniti, comprese aspiranti grandi potenze come India e Cina, sono colpevoli delle proprie gravi violazioni dei diritti umani. Eppure è improbabile che tornino mai ai loro precedenti ruoli di supplicanti o seguaci dell’Occidente.
Il primo ministro delle Barbados, Mia Motley, il cui Partito Laburista ha vinto a mani basse le ultimi elezioni generali, garantendole un secondo mandato, ha affermato che il suo Paese spera di difendere i valori di Errol Barrow, il primo primo ministro delle Barbados dopo l’indipendenza, che aveva promesso di essere “amico di tutti e satellite di nessuno“, per cui si dichiara disponibile a dare il benvenuto a qualsiasi investimento estero – cinese, americano, inglese, etc. – che serva ai bisogni del suo popolo4.
Mentre gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO (l’organizzazione transatlantica nata con la Guerra Fredda e che nel giugno 2021 ha inserito la Cina tra le grandi sfide sistemiche della sicurezza globale, a fianco del tradizionale rivale, la Russia5), insieme ad Australia, Giappone e pochi altri Paesi alleati, stanno spingendo il mondo verso una nuova guerra fredda per il contenimento della Cina, accelerando così la deglobalizzazione e la regionalizzazione del mondo in blocchi economico-militari contrapposti guidati da Stati Uniti e Cina, con ciascun blocco impegnato ad isolarsi dall’altro e a diminuire l’influenza dell’altro (su questi temi vedi i nostri articoli qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, e qui), si sta rilanciando il Movimento dei Non Allineati (NAM), un forum che comprende 120 Paesi che non sono formalmente allineati con o contro nessun grande blocco di potere geopolitico. Dopo l’ONU, è il più grande raggruppamento di Stati al mondo, con quasi i due terzi dei 193 membri dell’ONU e il 55% della popolazione mondiale. L’appartenenza è particolarmente concentrata nei paesi considerati in via di sviluppo, sebbene il NAM abbia anche un certo numero di nazioni sviluppate. È nato nel settembre 1961 all’indomani della guerra di Corea, con la Conferenza di Belgrado, a seguito dello sforzo di alcuni Paesi (in gran parte ex-colonie da poco diventate Stati indipendenti a seguito delle lotte dei popoli dell’Africa, dell’Asia, dell’America Latina e di altre regioni del mondo) per controbilanciare la rapida bipolarizzazione del mondo – tra USA (con la NATO) e URSS (con il Patto di Varsavia) – durante la Guerra Fredda. Le idee di fondo del NAM erano state definite nel corso della Conferenza Afro-Asiatica di Bandung in Indonesia del 18-24 aprile 1955 e sono basate in favore della creazione di un ordine internazionale multipolare6.
La posizione neutrale di molti di questi Paesi, la loro riluttanza a condannare la Russia all’ONU, è stata uno shock per le élite occidentali, da tempo abituate ad indicare ad altre nazioni quali posizioni geopolitiche devono assumere. Dei 7,9 miliardi di persone nel mondo, il voto sulla risoluzione approvata all’Assemblea Generale dell’ONU il 2 marzo sembrerebbe indicare che la maggioranza dell’umanità simpatizza con la Russia in Ucraina: solo il 41% della popolazione mondiale vive in Paesi che si sono allineati agli Stati Uniti e alla NATO nel voto della risoluzione7. In altre parole, il modo in cui durante e dopo la Guerra Fredda l’Occidente come unica superpotenza ha raccolto il supporto delle nazioni più povere e con popolazioni più giovani e “di colore” del Sud del mondo e alla periferia del sistema economico mondiale, non è più efficace.
L’India offre il miglior esempio di quanto questa posizione di neutralità abbia colto alla sprovvista le élite americane. Richard N. Haass, il presidente del Council on Foreign Relations, un importante rappresentate dell’establishment della politica estera americana, ha denunciato l’India per la sua posizione neutrale. Haass, apparentemente ignaro del suo tono condiscendente, ha affermato che il rifiuto dell’India di schierarsi contro la Russia ha dimostrato che il Paese di 1,2 miliardi di persone “rimane impreparato a farsi carico di grandi responsabilità di potere o ad essere un partner affidabile“. Allo stesso modo, il presidente Joe Biden ha criticato l’India per essere stata “titubante” nella sua risposta alla Russia, rispetto ai Paesi dell’Unione Europea e al Giappone, che in modo convinto si sono uniti alla causa ucraina. Dopo un incontro virtuale tra Biden e Modi l’11 aprile, il portavoce della Casa Bianca ha detto che “il presidente [Biden] ha comunicato molto chiaramente che non è nell’interesse dell’India aumentare” gli acquisti di petrolio russo. Il segretario di Stato Antony Blinken ha segnalato che gli USA stanno monitorando quello che ha definito “un aumento delle violazioni dei diritti umani” da parte di alcuni funzionari indiani, facendo intendere che gli USA potrebbero usare il bastone delle sanzioni contro “la più grande democrazia del mondo” nel caso in cui l’India non si allineasse sul piano politico ai loro desideri.
Se da una parte c’è il bastone, dall’altra c’è la carota. Il segretario americano alla difesa, Lloyd Austin, ha promesso una maggiore interoperabilità militare8 e condivisione dell’intelligence in funzione anti cinese. “Quindi sono lieto che abbiamo identificato nuove opportunità per estendere la portata operativa dei nostri eserciti e per coordinarci più strettamente insieme attraverso l’estensione dell’Indo-Pacifico“, ha aggiunto Austin. “Soprattutto dopo l’invasione russa dell’Ucraina, è più importante che mai restare uniti per difendere i nostri valori condivisi“.
I leader americani sperano da tempo che l’India sia disposta a fungere da partner per aiutare gli Stati Uniti a contenere l’ascesa della Cina allo status di grande potenza e sostenere l’“ordine basato sulle regole” sostenuto dagli Stati Uniti. Ma, a quanto pare, l’India ha i suoi interessi nazionali (la sua “autonomia strategica”) da perseguire e difendere, per cui è non disponibile a condannare la Russia. È un importante cliente delle armi e dell’energia russe, avendo una lunga relazione con Mosca che risale alla Guerra Fredda9. Moralità a parte, ci sono ragioni concrete e materiali per cui gli indiani non vorrebbero sacrificare questi legami semplicemente per ottenere lodi da Washington10.
L’India è tutt’altro che l’unico Paese che è rimasto accuratamente neutrale rispetto all’Ucraina. In uno sviluppo che ha visibilmente irritato diplomatici e politici americani, anche un gran numero di altri Paesi asiatici e africani ha scelto di restare “neutrale”. Molti Paesi, soprattutto in Africa, ricordano il sostegno di Mosca alla liberazione dal dominio coloniale o da governi suprematisti bianchi, e in molti permane un forte sentimento antimperialista. Nel bene e nel male, qualunque cosa accadrà nel prossimo futuro probabilmente assisteremo ad una rottura netta rispetto ai secoli passati di egemonia occidentale, non solo in politica, ma anche nel mondo della cultura e delle idee.
L’approvazione della prima risoluzione sulla guerra della Russia con l’Ucraina
Il 2 marzo, in una sessione speciale di emergenza, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato la risoluzione ES-11/1 che condanna l’invasione russa dell’Ucraina e che non era passata nel Consiglio di Sicurezza il 25 febbraio per il veto della Russia. La risoluzione “deplora con la massima fermezza l’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina in violazione dell’articolo 2, paragrafo 4 della Carta delle Nazioni Unite” e “decide che la Federazione Russa dovrà ritirare immediatamente, completamente e incondizionatamente tutte le sue forze militari dal territorio dell’Ucraina entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti”. Sebbene la risoluzione non sia giuridicamente vincolante, ha portato a una chiara sconfitta simbolica per la Russia. Alla fine, 141 Paesi (il 73% dei Paesi membri dell’ONU) hanno sostenuto la risoluzione (superando facilmente la maggioranza dei due terzi richiesta per l’approvazione), con solo 5 voti contrari (Bielorussia, Corea del Nord, Eritrea, Siria e Russia) e 35 astenuti (vedi mappa sotto), mentre altri 12 non hanno votato affatto11.
All’interno della regione Asia-Pacifico, solo due Paesi hanno votato contro la risoluzione: la stessa Russia e la Corea del Nord. Dieci Paesi si sono astenuti12. Turkmenistan e Uzbekistan non hanno votato. Nel frattempo, 14 Paesi dell’Asia-Pacifico non solo hanno votato a favore, ma hanno co-sponsorizzato la risoluzione13.
La mappa dei risultati rende chiaramente evidenti le divisioni regionali. Nessuna delle cinque repubbliche dell’Asia centrale ha votato a favore della mozione; tutte si sono astenute o non hanno partecipato alla votazione. Un risultato che non sorprende, visti gli stretti legami della regione con Mosca.
Nell’Asia meridionale, i Paesi sono stati equamente divisi, con quattro a sostegno della risoluzione – Afghanistan14, Bhutan, Maldive15 e Nepal – e quattro astenuti – Bangladesh, India, Pakistan e Sri Lanka.
Il Pakistan ha tenuto a sottolineare la necessità di prestare attenzione al principio della “sicurezza indivisibile” che rappresenta un cenno alla posizione della Russia. Il supporto non è stata una sorpresa, visto che il primo ministro Imran Khan era in Russia per una visita di Stato il 24 febbraio, il giorno in cui Mosca ha iniziato l’aggressione all’Ucraina. L’India, nonostante gli stretti legami storici con l’Unione Sovietica e la Russia, è sembrata un po’ meno favorevole alla posizione russa, con il suo rappresentante che ha chiesto “l’immediata cessazione della violenza e la fine delle ostilità, osservando che tutti gli Stati membri dell’ONU non sono solo obbligati a seguire la Carta, ma anche a rispettare il diritto internazionale, l’integrità territoriale e la sovranità statale”. In ogni caso, dietro il voto di astensione dell’India sull’Ucraina, sia al Consiglio di Sicurezza il 25 febbraio (insieme a Cina e Emirati Arabi Uniti) sia alle votazioni dell’Assemblea Generale, c’è una combinazione di preoccupazioni immediate economiche e di sicurezza e ipotesi di lunga data sul suo ruolo e importanza geopolitica nell’Indo-Pacifico. L’India percepisce la sua astensione come un atto di neutralità e descrive la sua richiesta di “de-escalation immediata” come una posizione “equilibrata” in mezzo a circostanze difficili, ma gli Stati Uniti hanno avvertito che le conseguenze di un “più esplicito allineamento strategico” di Nuova Delhi con Mosca sarebbero “significative e a lungo termine“. L’amministrazione Biden ha anche messo in guardia l’India più di una volta contro la costruzione di meccanismi di pagamento alternativi al dollaro (con rubli e/o rupie) con la Russia o l’acquisto di più petrolio dalla Russia.
Nel sud-est asiatico, nonostante la riluttanza della maggior parte dei governi a prendere una posizione decisa contro l’aggressione russa, alla fine la maggior parte della regione ha sostenuto la risoluzione. La Cambogia è stata anche un’aggiunta a sorpresa dell’ultimo minuto alla lista dei co-sponsor. Dei 10 membri dell’ASEAN, otto – Brunei, Cambogia, Indonesia, Malesia, Myanmar16, Filippine, Singapore e Thailandia – hanno votato a favore, così come il non membro dell’ASEAN Timor-Leste. Vietnam17 e Laos sono state le uniche astensioni.
L’Asia nord-orientale ha visto una chiara divisione tra i vicini della Russia – Mongolia e Cina che si sono astenuti18 e Corea del Nord, che ha votato no19 – e gli alleati degli Stati Uniti, Corea del Sud20 e Giappone, che hanno entrambi co-sponsorizzato la risoluzione.
L’Oceania ha dato pieno sostegno alla risoluzione, con quasi tutti gli Stati delle isole del Pacifico che hanno votato a favore21. Nel dibattito che ha preceduto il voto, l’ambasciatore delle Fiji Satyendra Prasad, parlando a nome del Forum delle Isole del Pacifico, ha chiesto il “ritiro delle forze armate russe e la fine dell’aggressione, che viola la Carta [dell’ONU]“. Prasad ha anche esortato che “… Il mondo ha bisogno che i suoi diplomatici e tutti i suoi leader affrontino il cambiamento climatico e può farlo solo una volta ripristinata la pace in Ucraina“.
In Medio Oriente, la Siria, strettamente legata alla Russia, ha votato contro, mentre hanno votato a favore 10 Paesi22. Si sono astenuti Armenia, Iran e Iraq.
In Africa, l’Eritrea è stato unico Paese a votare contro, mentre hanno votato a favore 28 Paesi, per lo più democrazie e tutti alleati occidentali, spesso attivamente coinvolti in operazioni militari congiunte23. I Paesi che si sono astenuti sono stati 1724. L’ambasciatore degli Stati Uniti presso l’ONU Linda Thomas-Greenfield ha criticato i Paesi africani che si sono astenuti per la loro presunta incapacità di comprendere la gravità della situazione, senza porre alcuna attenzione ai loro interessi commerciali (ad esempio, per quanto riguarda l’importazione di cibo) o ai legami di sicurezza con la Russia e praticamente chiedendo che prendessero una posizione allineata alla posizione americana. “Penso, per quello che capisco, che dobbiamo fare un lavoro aggiuntivo per aiutare questi Paesi a comprendere l’impatto della guerra di aggressione russa sull’Ucraina, e penso che abbiamo già fatto parte di quel lavoro in termini di coinvolgimento con quei Paesi. Penso che molti di loro considerassero l’astensione essere neutrali, ma qui non c’è una terreno neutrale. Non ci sono dubbi. … Non puoi stare in disparte e guardare l’aggressione che vediamo in corso in Ucraina e dire che sarai neutrale al riguardo.” Le nazioni africane hanno ovviamente i propri interessi nel conflitto separati da quelli degli Stati Uniti. Molti di loro hanno buoni rapporti con la Russia e hanno costruito relazioni economiche e politiche critiche con il governo di Putin. La Russia è un importante fornitore di materie prime come il grano e gode anche di una vera popolarità come alternativa all’Occidente per gli investimenti e il supporto alla sicurezza. Mentre molti Paesi occidentali si sono impegnati ad accogliere i rifugiati ucraini nell’ultimo mese, gli africani che vivono in Europa hanno subito il razzismo ai valichi di frontiera mentre cercavano di fuggire dal conflitto, qualcosa che è diventato il principale motivo di preoccupazione per molti africani (soprattutto in Nigeria e Senegal), compresi i diplomatici, ma è stato ignorato da Thomas-Greenfield nei suoi commenti che invitavano le nazioni africane ad allinearsi25.
In Nord America hanno votato a favore Canada e USA, con l’ambasciatrice all’ONU, Linda Thomas-Greenfield che aveva detto: “Vota sì se ritieni che gli Stati membri dell’ONU – compreso il tuo – abbiano diritto alla sovranità e all’integrità territoriale. Vota sì se ritieni che la Russia dovrebbe essere ritenuta responsabile delle sue azioni“.
In America Latina e Caraibi, hanno votato a favore 27 Paesi26, mentre Bolivia, Cuba, El Salvador, Nicaragua si sono astenuti.
In Europa hanno votato a favore tutti i 27 Paesi dell’Unione Europea insieme a Regno Unito, Albania, Andorra, Bosnia-Erzegovina, Georgia, Islanda, Liechtenstein, Monaco, Montenegro, Macedonia del Nord, Norvegia, San Marino, Svizzera.
L’approvazione della seconda risoluzione sulla guerra della Russia con l’Ucraina
Il 24 marzo l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una seconda risoluzione (la ES-11/2) sulla guerra della Russia con l’Ucraina. Il testo, che ancora una volta condannava la Russia e si concentrava sulla situazione umanitaria, è stato presentato dall’Ucraina e da 89 co-sponsor e ha ricevuto un totale di 140 voti (72,5% del totale dei membri) di approvazione (vedi mappa sotto). Come per la risoluzione del 2 marzo, solo quattro Paesi si sono uniti a Mosca per votare no: Bielorussia, Eritrea, Corea del Nord e Siria. Una manciata di Stati è passata dall’astenersi sulla prima risoluzione (o non votare affatto) all’appoggiare la seconda o viceversa, ma la maggioranza a sostegno dell’Ucraina nell’Assemblea Generale è rimasta sostanzialmente costante.
I diplomatici dell’ONU, tuttavia, hanno affermato che garantire tale sostegno per la risoluzione è stato difficile e il percorso accidentato che ha portato all’approvazione è stato analizzato in un paper dell’Internationa Crisis Group.
Da quando l’Assemblea Generale ha votato per la prima volta sulla situazione in Ucraina, molti membri del Movimento dei Non Allineati all’ONU hanno iniziato a preoccuparsi degli effetti globali della crisi. Questi includono la minaccia concreta di shock sui prezzi alimentari – che probabilmente colpiranno in modo particolarmente duro l’Africa e il Medio Oriente, poiché entrambi sono i principali importatori di grano, altri cereali e olio di girasole da Russia e Ucraina – e la probabilità che i donatori statunitensi ed europei devieranno gli aiuti allo sviluppo e umanitari per aiutare l’Ucraina e i milioni di sfollati e rifugiati ucraini, creando carenze di fondi per altri Paesi, sfollati e rifugiati. I diplomatici occidentali insistono sul fatto che cercheranno di evitare questo risultato – e lo stesso dicono l’UE e l’OCSE – ma in privato ammettono che è quasi inevitabile27.
Alcuni rappresentanti europei all’ONU hanno infastidito le loro controparti NAM agitando la questione Ucraina nei colloqui relativi ad altre regioni problematiche, come il Corno d’Africa. Pertanto, il percorso di elaborazione e approvazione della risoluzione dell’Assemblea Generale del 24 marzo sulla situazione umanitaria ha rischiato di diventare un parafulmine tutto per questo malcontento28.
L’Ucraina e i suoi alleati hanno dovuto affrontare un dilemma molto serio all’interno dell’Assemblea Generale, dove il 21 marzo il Sud Africa (uno dei più importanti membri del NAM, ma anche parte del network dei Paesi BRICS, insieme con Brasile, Russia, India e Cina) ha presentato una propria risoluzione umanitaria. La bozza di Pretoria sembrava uno sforzo per conciliare le differenze tra gli altri testi offerti, poiché menzionava l’invasione della Russia, ma includeva anche un testo che riaffermava l’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti, includendo implicitamente la Crimea controllata dalla Russia. Era inoltre privo di espressioni che avrebbero potuto essere lette come incolpare l’Ucraina per le vittime civili (gli esperti umanitari, tuttavia, temevano che contenesse un paragrafo sul “coordinamento delle Nazioni Unite” degli sforzi umanitari che avrebbe potuto aprire la strada alla Russia per interferire nelle operazioni di aiuto dell’ONU). L’iniziativa del Sud Africa ha colto di sorpresa i diplomatici occidentali e la sua motivazione rimane oggetto di dibattito a New York. I funzionari sudafricani insistono sul fatto che le loro intenzioni erano esclusivamente umanitarie, osservando che il presidente Cyril Ramaphosa aveva chiesto un ruolo dell’ONU per far finire la guerra già a febbraio. Dicono anche di aver informato l’Ucraina delle loro proposte prima di presentarle all’ONU29.
Entro la fine della settimana, l’UE ha condotto una campagna di lobbyng a nome del testo ucraino che garantiva un totale di 90 co-sponsor, inclusa la stessa Ucraina. La delegazione dell’UE a New York ha svolto un ruolo significativo sia nel tenere uniti i membri dell’UE, che avevano opinioni divergenti su quanto fosse difficile respingere il Sud Africa, sia nel coordinare le lobby all’ONU e nelle capitali per ottenere il maggior numero di voti possibile. Al contrario, il Sud Africa ha potuto raccogliere meno di dieci co-sponsor per la sua bozza. Quest’ultimo gruppo includeva la Cina, ma non sembra che Pechino abbia lavorato molto per costruire una coalizione dietro al testo. Il 25 marzo la risoluzione ucraina è passata nell’Assemblea Generale e la Cina si è astenuta. Immediatamente dopo, l’Ucraina ha convocato una votazione procedurale sull’opportunità di tenere un voto pieno sulla bozza del Sud Africa.
Solo 50 Paesi – tra cui Cina e Russia – hanno appoggiato il voto sul testo sudafricano, mentre 67 – tra cui tutti i 27 membri dell’UE e gli USA – si sono opposti (vedi mappa sotto). L’iniziativa è morta. Ma, è stato un risultato a distanza ravvicinata. Un numero significativo di membri dell’UE avrebbe voluto astenersi dalla proposta sudafricana e, se questo blocco lo avesse fatto, la bozza sudafricana sarebbe stata almeno votata a pieni voti e molto probabilmente sarebbe stata approvata, anche se non con un grande margine. I funzionari dell’ONU sarebbero stati lasciati a cercare di interpretare due risoluzioni contrastanti sulla situazione umanitaria in Ucraina, lasciando l’Assemblea Generale profondamente divisa.
La sospensione della Russia dal Consiglio dei diritti umani
Poiché l’Assemblea Generale è effettivamente emersa da questo processo disordinato, apparendo sorprendentemente ferma a sostegno dell’Ucraina, i diplomatici occidentali si sono chiesti cosa potevano fare di più per penalizzare la Russia. L’opzione scelta è stata quella di provare a sospendere Mosca dal suo seggio nel Consiglio dei diritti umani a Ginevra. Una mossa che avrebbe richiesto una maggioranza di due terzi a sostegno nell’Assemblea generale. Sulla carta questa opzione sembrava fattibile visti i numeri nelle votazioni di fine marzo, soprattutto perché le astensioni e le mancate presentazioni all’Assemblea non contano ai fini del risultato.
A molti membri della NAM non piace in linea di principio l’idea che l’Assemblea Generale approvi risoluzioni sulle prestazioni in materia di diritti umani di un singolo Paese. Coloro che fino ad a quel momento erano stati disposti a votare contro la Russia su risoluzioni in gran parte simboliche avrebbero potuto esitare a sostenere sanzioni più concrete, come la sospensione della Russia dal Consiglio per i diritti umani (al quale parteciano 47 Stati, presieduto attualmente dall’Arabia Saudita, un Paese che certo non rispetta i diritti umani e che da 8 anni combatte una disastrosa guerra in Yemen, e con gli USA che sono rientrati quest’anno dopo che Trump aveva deciso di uscirne). Sebbene il Consiglio non possa prendere decisioni giuridicamente vincolanti, le sue decisioni inviano messaggi politici importanti e può autorizzare indagini.
L’Ucraina e i suoi sostenitori europei ed americani, dopo essersi assicurati due straordinarie maggioranze contro la Russia nell’Assemblea Generale, entrambe significative per segnalare il sostegno del mondo all’Ucraina, anche se non per misure politiche concrete, invece di procedere con cautela, hanno deciso di andare avanti senza stare troppo ad ascoltare le preoccupazioni delle loro controparti africane, asiatiche e latinoamericane sul futuro dei prezzi alimentari e degli aiuti allo sviluppo30.
Il 5 aprile, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha fatto un discorso appassionato da Kiev a una sala gremita del Consiglio di Sicurezza. Si è soffermato sulle atrocità contro i civili ucraini da parte delle truppe russe. “Abbiamo a che fare con uno Stato che sta trasformando il veto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel diritto alla morte“, ha detto Zelensky. È poi passato ad accusare le Nazioni Unite di debolezza istituzionale di fronte alla crisi, aggiungendo: “Se continua, i Paesi non faranno affidamento sul diritto internazionale o sulle istituzioni globali per garantire la sicurezza, ma piuttosto sul potere delle proprie armi“.
Il 7 aprile l’Assemblea Generale ha votato la risoluzione ES-11/3 che sospende la Russia dal Consiglio per i diritti umani (rendendo Mosca il primo membro permanente del Consiglio di Sicurezza a cui sia mai stata revocata l’appartenenza a qualsiasi organismo dell’ONU31), mentre infuriavano le polemiche e le accuse secondo cui i soldati russi hanno ucciso civili nella città di Bucha (i video e le foto erano state rese pubbliche il 1 aprile), mentre si ritiravano dalla regione intorno alla capitale dell’Ucraina32. La risoluzione avviata dagli Stati Uniti il 3 aprile (con altri 57 Paesi come co-sponsor) ha raggiunto la maggioranza dei due terzi dei membri votanti dell’Assemblea richiesta per passare, con 93 voti espressi a favore (48% degli Stati membri), 24 contrari, con 58 Paesi che si sono astenuti (ma i loro voti non sono stati considerati per il conteggio finale) e 18 assenti. In sostanza, c’è stato un netto spostamento di voti a favore della Russia (vedi mappa sotto) che ha interessato tutte le aree del mondo, eccetto Nord America ed Europa.
In verde i Paesi favovorevoli; In marrone i contrari, in giallo gli astenuti; in azzurro gli assenti
La breve risoluzione esprime “grave preoccupazione per l’attuale crisi dei diritti umani e umanitaria in Ucraina, in particolare per le segnalazioni di violazioni e abusi dei diritti umani e violazioni del diritto internazionale umanitario da parte della Federazione Russa, comprese violazioni gravi e sistematiche e abusi dei diritti umani”.
Se la risoluzione alla fine è passata facilmente, le 58 astensioni hanno dimostrato chiaramente che molti Paesi – tra i quali Brasile, India, Messico, Senegal e Sud Africa – erano a disagio con il suo contenuto. Cina, Iran e Siria sono state tra le 24 nazioni che hanno votato contro la risoluzione. “Una mossa così frettolosa all’Assemblea Generale, che costringe i Paesi a scegliere da che parte stare, aggraverà la divisione tra gli Stati membri, intensificherà il confronto tra le parti interessate: è come aggiungere benzina sul fuoco“, ha detto prima della votazione l’ambasciatore cinese all’ONU, Zhang Jun.
La Russia aveva invitato un numero imprecisato di Paesi a votare “no”, affermando che l’astensione o il mancato voto sarebbe stato considerato un atto ostile e avrebbe influito sulle relazioni bilaterali. In un suo cosiddetto “non-paper“, la Russia ha affermato che il tentativo di espellerla dal Consiglio per i diritti umani era un atto politico di Paesi che vogliono preservare la loro posizione dominante e il controllo sul mondo.
“Riteniamo che i membri delle forze russe abbiano commesso crimini di guerra in Ucraina e crediamo che la Russia debba essere ritenuta responsabile“, ha affermato l’ambasciatrice americana Thomas-Greenfield. “Non possiamo permettere a uno Stato membro che sta sovvertendo ogni principio che ci sta a cuore di continuare a far parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite”33.
Alessandro Scassellati
- L’aumento del prezzo del cibo causato dall’invasione russa dell’Ucraina e l’aumento dei costi energetici potrebbero spingere un quarto di miliardo di persone in più in condizioni di povertà estrema, ha avvertito Oxfam. L’ente di beneficenza ha affermato che queste nuove sfide si sono accumulate nelle crisi economiche create dal CoVid-19 e ha chiesto un’azione internazionale urgente, inclusa la cancellazione del rimborso del debito per i Paesi più poveri. “Senza un’azione radicale immediata, potremmo assistere al crollo più profondo dell’umanità nella povertà estrema e nella sofferenza nella memoria“, ha affermato Gabriela Bucher, direttore esecutivo internazionale di Oxfam. I governi indebitati potrebbero essere costretti a tagliare la spesa pubblica per far fronte all’aumento dei costi di importazione di carburante e cibo.[↩]
- Dal 2010, il Watson Institute della Brown University negli Stati Uniti gestisce il “Cost of War Project“, monitorando e analizzando le guerre del 21° secolo. Nel suo recente studio sui primi due decenni dall’11 settembre, riporta che più di 929 mila persone, inclusi almeno 387 mila civili, sono state uccise dalla violenza diretta nelle guerre americane in Iraq, Afghanistan, Siria, Yemen e Pakistan. L’istituto ritiene, inoltre, che milioni di persone siano morte a causa di impatti indiretti, come malnutrizione, fame, morte per congelamento e malattie, il che non sorprende dato che 38 milioni di persone sono sfollate. Molte di queste guerre, iniziate e in gran parte combattute dagli Stati Uniti e dai loro partner della coalizione, come il Regno Unito, si sono concluse con un fallimento, in Afghanistan, Iraq, Siria, Libia, Yemen, Sahel. Nel solo Iraq, l’attuale conteggio delle vittime civili dal 2003 varia da 186.143 a 209.349, a seconda della metodologia utilizzata.[↩]
- L’ironia di un ordine mondiale indipendente e non allineato che emerge in questo preciso momento per contrastare gli USA è che la posizione americana sulla guerra in Ucraina si basa sui valori (diritti umani, democrazia, stato di diritto, “ordine internazionale basato sulle regole”, “eccezionalismo americano”, “principi universali” anglosassoni riferiti al rispetto delle libertà fondamentali degli individui), ossia è apparentemente connotata da un forte imperativo morale. I leader americani hanno ragione a criticare la Russia per una brutale e non provocata invasione di un Paese sovrano. L’uso della forza nuda per costringere una democrazia a sacrificare la propria indipendenza è uno sviluppo pericoloso e quindi vi sono ragioni legittime per condannarlo. Eppure, dopo decenni di aggressioni e abusi, gran parte del Sud del mondo sembra aver concluso che la credibilità degli Stati Uniti su tali questioni si sia esaurita e che l’Occidente sia sostanzialmente ipocrita. In parole povere, Stati Uniti, Regno Unito e altri Paesi occidentali, che ora si aspettano un sostegno globale per la loro posizione sull’Ucraina, hanno, secondo molti in tutto il mondo, due decenni di sangue sulle loro mani. Il Global Times, il giornale nazionalista cinese, sostiene che “gli Stati Uniti hanno sottovalutato l’antipatia che il resto del mondo nutre nei loro confronti. Non solo l’India, ma la maggior parte dell’opinione pubblica in Cina, nei Paesi dell’America Latina e in altri Paesi in via di sviluppo non si è schierata con gli Stati Uniti nel conflitto Russia-Ucraina, anche se gli Stati Uniti credono di trovarsi su un terreno morale elevato. Non supportano le sanzioni alla Russia. Come ha affermato Gérard Araud, ex ambasciatore francese negli Stati Uniti, anche se a loro non piace particolarmente la Russia, molti non occidentali la sostengono solo perché si confrontano con l’Occidente.” Il terribile bombardamento russo di paesi e città ucraine viene trasmesso al pubblico occidentale grazie alla copertura quasi 24 ore su 24, 7 giorni su 7 nei media occidentali. Ciò di cui molti di questi spettatori non si rendono conto è che questo tipo di copertura era disponibile, 24 ore su 24, anche durante la guerra in Iraq. Canali come Al-Jazeera hanno fornito resoconti completi, comprese immagini delle distruzioni, dei feriti e dei morti causate dalle forze occidentali, molte delle quali sono state censurate sui canali occidentali. In breve, c’è giustamente molta rabbia in tutto l’Occidente per ciò che le forze di Putin hanno fatto e continueranno a fare in Ucraina. Anche molte persone che vivono al di fuori dei Paesi occidentali sono inorridite, ma, per loro, ciò che la Russia sta facendo non è molto diverso da ciò che è stato fatto dalle coalizioni guidate dagli Stati Uniti nelle guerre in Asia meridionale, Nord Africa e soprattutto in Medio Oriente. Se europei e americani non riescono a capire perché gran parte del mondo non è più deciso nella sua condanna della Russia, ecco dove cercare.[↩]
- La Cina ha prestato 325 milioni di dollari alle Barbados per riparazioni stradali e per realizzare un sistema idrico e fognario. Questo ha spinto i critici ad accusare Mottley di eccessiva vicinanza alla Cina. “Accogliamo con favore tutti gli investimenti, [purché] non escludano la proprietà e gli investimenti interni“, ha affermato. “Abbiamo bisogno di accesso a capitali e investimenti esteri, ma … non deve essere a spese della nostra gente in modo tale che la nostra gente diventi affittuaria sulla sua stessa terra”. Mottley aveva fatto notizia alla conferenza sul clima COP26 a Glasgow con un pungente rimprovero ai leader mondiali per aver imposto una “temuta condanna a morte” alle nazioni vulnerabili nei Caraibi, in Africa, in America Latina, nel Pacifico, non essendo riusciti a limitare il riscaldamento globale. Motley, un avvocato laureato alla London School of Economics che ha vinto le sue prime elezioni a 28 anni, spera anche di cambiare le istituzioni globali. “Il mondo continua a non vedere e a non accogliere coloro che sono vulnerabili come Paesi, che si tratti di piccoli stati insulari in via di sviluppo, paesi senza sbocco sul mare o ex colonie“, ha affermato. “Il mondo continua a essere inquadrato in una struttura coloniale e in un quadro coloniale come stabilito nel 1945 con le istituzioni di Bretton Woods“.[↩]
- La riunione dei ministri degli Esteri della NATO, conclusasi di recente, ha invitato i partner dell’Asia e del Pacifico degli USA, Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud, con l’obiettivo chiaro di mettere pressione alla Cina. Stoltenberg ha affermato che la NATO considererà per la prima volta la Cina nella sua nuova strategia di difesa che sarà resa pubblica a giugno.[↩]
- Nel corso dei decenni, gli obiettivi primari del NAM dono stati incentrati sul sostegno dell’autodeterminazione, dell’indipendenza e sovranità nazionale e dell’integrità territoriale degli Stati; opposizione all’apartheid; la non adesione ai patti militari multilaterali e l’indipendenza dei Paesi non allineati da grandi potenze o da influenze e rivalità tra blocchi; la lotta contro l’imperialismo in tutte le sue forme e manifestazioni; la lotta contro il colonialismo, il neocolonialismo, il razzismo, l’occupazione straniera e il dominio; disarmo; non interferenza negli affari interni degli Stati e pacifica convivenza tra tutte le nazioni; rifiuto dell’uso o minaccia dell’uso della forza nelle relazioni internazionali; il rafforzamento dell’ONU; la democratizzazione delle relazioni internazionali; sviluppo socio-economico e ristrutturazione del sistema economico internazionale; così come la cooperazione internazionale su un piano di parità.[↩]
- Tutti i Paesi nel terzo più alto della classifica del PIL pro capite (nominale), compresi il Giappone e tutti i Paesi dell’Europa occidentale e del Nord America, hanno votato a favore della risoluzione.[↩]
- L’interoperabilità è più facile a dirsi che a farsi perché l’India si rifornisce di hardware militare da Russia, Israele e Francia.[↩]
- L’Unione Sovietica ha usato il suo veto nel Consiglio di Sicurezza in diverse occasioni per proteggere l’India da varie risoluzioni portate dall’Occidente in merito al Kashmir, all’invasione indiana di Goa e alla guerra del 1971 con il Pakistan che portò alla creazione del Bangladesh. A sua volta, l’India si è astenuta dai voti che condannavano l’invasione sovietica della Cecoslovacchia nel 1968 e dell’Afghanistan un decennio dopo. Nel 21° secolo, ha effettivamente votato contro la condanna delle azioni russe in Cecenia e Abkhazia, ma non ha condannato l’annessione della Crimea da parte di Putin all’inizio del 2014.[↩]
- Al momento dell’invasione russa della Ucraina erano presenti 20 mila cittadini indiani nel Paese, in gran parte studenti, che nel giro di poche settimane sono stati evacuati. Allo stesso tempo, l’India è un grande acquirente di petrolio e armi (il 55%) dalla Russia (l’acquisto in corso da parte dell’India di un sistema russo di difesa missilistica S-400 ha innescato la minaccia di sanzioni statunitensi). Percepisce, almeno retoricamente, la Russia come un “partner strategico speciale e privilegiato“, che le fornisce tecnologia di difesa critica negatagli dall’Occidente. Dalla fine degli anni ’90, gli USA e gli altri Paesi occidentali hanno iniziato a vedere l’India come un potenziale fattore scatenante per un conflitto nucleare, un’opportunità economica e un cuscinetto o un baluardo contro la Cina. Ma, mentre la prospettiva dell’India è certamente cambiata negli ultimi due o tre decenni, ed è entrata a far parte del QUAD (insieme a USA, Giappone e Australia), il suo posizionamento politico all’interno dell’asse occidentale rimane ancora molto incerto e indefinito. Secondo alcuni commentatori indiani l’allontanamento dell’India dalla Russia e la sua trasformazione in un partner affidabile delle potenze occidentali, richiederà del tempo e molto impegno. Il posizionamento geopolitico dell’India è in evoluzione anche in considerazione di quello che fanno i suoi vicini: la Cina rafforza la sua amicizia con Mosca (si veda la dichiarazione congiunta XI-Putin del 4 febbraio scorso), mentre cerca anche una riappacificazione con l’India dopo gli scontri al confine himalayano lungo la Linea di Controllo Effettivo (LAC) nel Ladakh orientale nel giugno 2020 (ma non è chiaro se questo è quello che l’India vuole); il Pakistan, con cui ha combattuto tre guerre dall’indipendenza nel 1947, due delle quali sul territorio conteso a maggioranza musulmana del Kashmir, è divenuto un Paese strategico per la Cina (con il Corridoio Cina-Pakistan da 60 miliardi di dollari) e ha rapporti stretti con la Russia (ma ora, con la caduta di Imran Khan e il ritorno al potere dei “padrini” del Pakistan, le cose potrebbero cambiare); l’Iran si è avvicinato alla Cina. D’altra parte, anche storici alleati USA come la Thailandia e le Filippine da tempo si stanno avvicinando alla Cina.[↩]
- Azerbaijan, Burkina Faso, Cameroun, Eswatini, Etiopia, Guinea, Guinea-Bissau, Morocco, Togo, Turkmenistan, Uzbekistan, Venezuela. Il Venezuela non ha potuto votare perché i suoi diritti di voto erano stati sospesi a causa della quota di adesione all’ONU non pagata.[↩]
- Bangladesh, Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Laos, Mongolia, Pakistan, Sri Lanka, Tagikistan e Vietnam.[↩]
- Australia, Cambogia, Figi, Giappone, Kiribati, Isole Marshall, Micronesia, Nuova Zelanda, Palau, Papua Nuova Guinea, Sud Corea, Samoa, Singapore e Timor Est.[↩]
- Ma, la delegazione all’ONU è ancora composta da rappresentanti del governo dell’ex Repubblica dell’Afghanistan. Il regime talebano è stato più neutrale, chiedendo a “entrambe le parti” di “esercitare moderazione“, una posizione più coerente con l’astensione.[↩]
- L’intervento dell’ambasciatrice delle Maldive ha dato forse la spiegazione più convincente del diffuso sostegno alla risoluzione tra molti piccoli Paesi in via di sviluppo, inclusa gran parte dell’Asia-Pacifico. “In quanto piccolo Stato“, le Maldive “hanno sempre preso una posizione di principio sulle violazioni dell’integrità territoriale di un paese sovrano. …La sua posizione è basata su una convinzione fondamentale nell’uguaglianza di tutti gli Stati e sul rispetto incondizionato dei principi della Carta delle Nazioni Unite… Sappiamo di non possedere potenti armi di distruzione; invece ci affidiamo ai nostri principi e alla solidarietà delle nazioni”.[↩]
- Tuttavia, il voto del Myanmar, come quello dell’Afghanistan, non rappresenta l’attuale regime: il seggio del Paese all’ONU è ancora detenuto da Kyaw Moe Tun, nominato dal governo civile estromesso con il colpo di stato del 2021. “Il Myanmar condanna l’invasione dell’Ucraina e gli attacchi non provocati contro il popolo ucraino“, ha detto Kyaw Moe Tun nel corso del dibattito dell’Assemblea. La giunta del Myanmar, tuttavia, ha offerto un fermo sostegno alle azioni della Russia e avrebbe sicuramente votato diversamente.[↩]
- Circa l’84% delle importazioni di armi del Vietnam proviene dalla Russia dal 2000.[↩]
- L’ambasciatore cinese all’ONU, Zhang Jun, ha preso una posizione sfumata, definendo la situazione in Ucraina “straziante“, ma anche “altamente complessa e delicata“. Zhang ha fatto riferimento alla “sicurezza universale di tutte le parti“, un punto di riferimento russo. “Purtroppo la bozza di risoluzione… non è stata oggetto di consultazioni complete… né tiene in piena considerazione la storia e la complessità della crisi attuale… Non mette in evidenza l’importanza del principio della sicurezza indivisibile“, ha detto Zhang spiegando l’astensione della Cina.[↩]
- L’ambasciatore della Corea del Nord all’ONU ha detto all’Assemblea Generale che “la causa principale della crisi ucraina risiede nella politica egemonica degli Stati Uniti e dell’Occidente“, che “si abbandonano all’arroganza e all’arbitrarietà verso gli altri Paesi“.[↩]
- Il rappresentante di Seoul ha fatto un intervento particolarmente toccante. “Il mio Paese esiste ancora oggi perché i popoli dell’ONU all’epoca si alzarono immediatamente al grido di vite innocenti. Ecco perché la mia delegazione non vede la situazione in Ucraina come una tragedia lontana“.[↩]
- Comunque la situazione geopolitica del continente è in evoluzione, con l’Australia al momento diventata uno degli stretti alleati degli USA e del Regno Unito con la stipula dell’alleanza AUKUS lo scorso settembre, la Nuova Guinea interessata agli investimenti cinesi della Belt & Road Initiative, mentre recentemente le Isole Salomone (fronteggianti l’Australia) hanno stipulato un accordo di cooperazione sulla sicurezza con la Cina (ricavandone le minacce del vicino australiano).[↩]
- Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Kuwait, Libano, Oman, Qatar, Turchia, Yemen. La decisione degli Emirati Arabi Uniti di astenersi dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU del 25 febbraio (insieme a Cina e India) che deplorava l’invasione russa dell’Ucraina (e un successivo voto procedurale per inviare la questione all’Assemblea Generale) non è piaciuta a Washington, Londra e Parigi, i principali partner per la sicurezza di Abu Dhabi. La decisione degli Emirati Arabi Uniti non avrebbe dovuto sorprendere. Abu Dhabi, in comune con l’Arabia Saudita, si è sentito poco amato da Washington negli ultimi tempi. L’Emirato è stato preso di mira da droni e attacchi missilistici degli yemeniti Houthi e si aspettava che Washington intraprendesse un’azione dura contro il movimento ribelle, che non è arrivata. All’amministrazione Biden sauditi e emiratini rimproverano anche la disponibilità a riattivare l’accordo sul nucleare con l’Iran (JPCOA). Per prepararsi a quello che percepisce come un ridimensionamento degli Stati Uniti e per garantire i mercati asiatici, la “piccolo Sparta” araba si è impegnata in una diversificazione strategica, costruendo forti legami con Cina, India e Russia. Il Paese ha navigato nella competizione USA-Cina mantenendo forti relazioni di sicurezza con la prima e sviluppando le sue relazioni economiche con la seconda. Ma Abu Dhabi sente anche che una fortissima pressione degli Stati Uniti per ridurre le relazioni con la Cina. Con la Russia, gli EAU sono partner nel quadro dell’OPEC+, così come l’Arabia Saudita, e sono riluttanti a dare la priorità alle richieste occidentali sui livelli i estrazione del petrolio. Hanno già acquistato sistemi di difesa aerea russi e potrebbero acquisirne altri. Della Russia apprezzano anche gli interventi in Siria e in Libia, il contenimento della Turchia e le astensioni e il sostegno al Consiglio di Sicurezza sull’intervento militare in Yemen (risoluzione 2216 del 2015 e risoluzione del 1 marzo 2022).[↩]
- Benin, Botswana, Capo Verde, Chad, Comore, Costa d’Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Egitto, Gabon, Gambia, Ghana, Gibuti, Kenya, Leshoto, Liberia, Libia, Malawi, Mauritania, Maurizius, Niger, Nigeria, Ruanda, Sao Tomé-Principe, Seychelles, Sierra Leone, Somalia, Tunisia, Zambia[↩]
- Algeria, Angola, Burundi, Congo, Guinea Equatoriale, Madagascar, Mali, Mozambico, Namibia, Repubblica Centro Africana, Senegal, Sud Africa, Sud Sudan, Tanzania, Uganda, Zimbabwe.[↩]
- In un articolo che criticava le osservazioni dell’ambasciatore USA, lo studioso africano Ebenezer Obadare ha sottolineato che Thomas-Greenfield aveva trattato gli africani come se fossero degli “adolescenti morali che richiedono la supervisione dell’Occidente per capire e fare ciò che è giusto“, chiedendo il loro sostegno alla posizione USA sull’Ucraina senza tenere conto dei loro interessi o prospettive. C’è ancora tempo per i politici e funzionari americani per provare un nuovo approccio, ha detto Obadare. Non è chiaro, tuttavia, se politici e diplomatici di una superpotenza abituata a farsi ubbidire nel mondo siano capaci di un approccio più sfumato.[↩]
- Antigua-Barbuda, Argentina, Bahamas, Barbados, Belize, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Dominica, Repubblica Dominicana, Ecuador, Giamaica, Granada, Guatemala, Guyana, Haiti, Honduras, Messico, Paraguay, Perù, Saint Kitts-Nevis, Santa Lucia, Saint Vincent-Grenadine, Suriname, Trinidad & Tobago, Uruguay.[↩]
- Infatti, i donatori, tra cui il governo canadese e la Commissione Europea, hanno raccolto un totale di 9,1 miliardi di euro in donazioni, prestiti e sovvenzioni per sostenere i rifugiati in fuga dalla guerra dopo l’invasione della Russia: 1,8 miliardi di euro per sostenere gli sfollati interni all’interno dell’Ucraina e 7,3 miliardi di euro per i rifugiati che sono fuggiti dal Paese verso gli stati vicini. La Banca Mondiale ha deciso di allocare circa 1,5 miliardi di dollari in ulteriori aiuti di emergenza per l’Ucraina, con il segmento più grande – 1 miliardo di dollari – proveniente dal suo fondo per le nazioni a reddito più basso del mondo. Questo mentre il World Food Programme ormai da alcuni mesi ha dovuto ridurre le razioni alimentari ai 3.2 milioni di sfollati e profughi yemeniti per carenza di fondi raccolti dai donatori. Situazioni analoghe si hanno per gli aiuti umanitari all’Afghanistan e in Somalia.[↩]
- Ha avuto inizio nel Consiglio di Sicurezza, dove Francia e Messico hanno presentato alla fine di febbraio un testo sugli aspetti umanitari della guerra. Questa bozza era stata progettata per creare un terreno comune con la Russia dopo che Mosca, prevedibilmente, aveva posto il veto a una precedente risoluzione del Consiglio che la considerava un’aggressore. Il testo franco-messicano aveva deliberatamente omesso qualsiasi riferimento alla Russia per nome, ma Regno Unito e USA si sono rifiutati di sostenere una risoluzione che non incolpasse la Russia e l’hanno bloccata. Dopo una serie di discussioni infruttuose in seno al Consiglio, Francia e Messico hanno deciso di rivolgersi invece all’Assemblea Generale a metà marzo. I diplomatici di altri Paesi che sostengono l’Ucraina erano preoccupati per questa mossa: avevano previsto che i membri del NAM avrebbero pensato due volte prima di sostenere un testo, dati i dubbi sulla presunta incapacità dell’Occidente di affrontare le conseguenze globali della guerra. Una settimana prima del voto, i diplomatici europei hanno ipotizzato che l’iniziativa franco-messicana avrebbe potuto raccogliere un minimo di 100 voti e non più di 120. La stessa Ucraina ha adottato un approccio da falco al testo, insistendo sul fatto che includesse la condanna della Russia, oltre a elementi meno controversi come le clausole che prevedono la protezione di civili, operatori umanitari e rifugiati. La situazione diplomatica si è complicata ancora nella settimana del 21 marzo. La Russia ha annunciato che avrebbe chiesto un voto su una propria risoluzione al Consiglio di Sicurezza sulla situazione umanitaria in Ucraina – compresa la condanna degli ucraini per aver messo a rischio i civili nelle città assediate – che era stata accantonata per mancanza di sostegno. La decisione della Russia di reintrodurre questo testo è stata presumibilmente concepita per creare confusione sul valore del processo dell’Assemblea Generale, o per costringere le potenze occidentali a porre il loro veto per bloccare un’iniziativa apparentemente umanitaria. In ogni caso, è fallito. Cina e Russia hanno appoggiato il testo in una votazione del 23 marzo, ma tutti gli altri membri del Consiglio di Sicurezza si sono astenuti, bloccando il testo (le risoluzioni del Consiglio hanno bisogno di un minimo di nove voti per essere approvate).[↩]
- I diplomatici ucraini, al contrario, affermano che il Sud Africa non ha dato loro alcun preavviso sul testo. Funzionari occidentali sospettano che il testo sia stato uno sforzo consapevole per aiutare la Russia complicando le discussioni dell’Assemblea Generale su questioni umanitarie. I funzionari sudafricani hanno contestato in modo deciso questa nozione, affermando di ritenere che i diplomatici occidentali abbiano adottato un approccio al processo prepotente, rifiutandosi di impegnarsi in veri negoziati. È difficile andare a fondo a queste affermazioni e contro affermazioni. Tutti i soggetti coinvolti hanno ammesso che le discussioni dell’Assemblea Generale sono state confuse, con i diplomatici a New York e i loro superiori nelle capitali che spesso faticavano a stare al passo l’uno con l’altro man mano che il dibattito si evolveva. L’ambasciatore russo all’ONU non ha aiutato molto Pretoria dicendo a un raduno del NAM che Mosca approvava il 97% del testo sudafricano, convincendo alcuni diplomatici che si trattava effettivamente di una sorta di mossa filo-russa.[↩]
- Comunque, sono emersi segnali positivi in questa direzione. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha messo insieme un team di alti funzionari dell’ONU per affrontare questi problemi e il Segretariato dell’ONU ha condotto studi sulle conseguenze della guerra in Ucraina per circa 100 Paesi. Il 28 marzo, il vicesegretario di Stato americano Wendy Sherman ha parlato al Consiglio di Sicurezza sulla situazione umanitaria in Ucraina e – insieme ad altri amici di Kiev nel Consiglio – ha fatto riferimento alla situazione della sicurezza alimentare globale, incolpando Mosca della carenza di forniture. Il Libano, che importa l’80% del suo grano da Ucraina e Russia, ha lanciato l’idea di un dibattito dell’Assemblea Generale dedicato alla sicurezza alimentare globale, chiedendo “una risoluzione che attiri l’attenzione sulla necessità di un’azione globale coordinata e coesa per affrontare questa sfida del nostro tempo”. Alcuni diplomatici europei considerano questa apertura come promettente, ma altri temono che questo possa determinare una perdita di attenzione per la stessa crisi ucraina. I sostenitori dell’Ucraina e il governo di Kiev dovrebbero impegnarsi seriamente con la proposta libanese, se vogliono mantenere un alto livello di sostegno tra i Paesi non occidentali per future votazioni riguardanti l’Ucraina e la Russia nei forum dell’ONU. Dovrebbero occuparsi di come mitigare gli effetti della guerra anche sui Paesi al di fuori dell’Europa.[↩]
- L’unico altro Paese a cui sono stati revocati i diritti di appartenenza al Consiglio per i diritti umani è stata la Libia nel 2011, quando gli sconvolgimenti nel Paese nordafricano hanno abbattuto Muammar Gheddafi.[↩]
- “I criminali di guerra non hanno posto negli organismi delle Nazioni Unite volti a proteggere i diritti umani. Grato a tutti gli Stati membri che hanno sostenuto la pertinente risoluzione dell’UNGA e hanno scelto il lato giusto della storia“, ha dichiarato su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. Ma, diversi Paesi si erano espressi contro di essa “sulla base del fatto che sta individuando la Russia prima di un’indagine” sulle accuse di violazioni dei diritti in Ucraina.[↩]
- Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha accolto favorevolmente il voto. “Un Paese che perpetra gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani non dovrebbe sedere in un organismo il cui compito è proteggere quei diritti”, ha detto ai giornalisti.[↩]