Per la libertà di Abdullah Öcalan e di tutti i prigionieri politici per il diritto del popolo curdo all’autodeterminazione –
Il 15 febbraio 1999 il leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, Abdullah Öcalan, dopo una lunga odissea in cerca di asilo, è stato illegalmente sequestrato in Kenya dai servizi segreti della Turchia, nel silenzio complice delle istituzioni europee e per responsabilità e omissione anche da parte del governo italiano D’Alema, in carica all’epoca.
Deportato in Turchia, da allora è rinchiuso a Imrali, un’isola-prigione di massima sicurezza.
Nonostante le dure condizioni di reclusione e una condanna a morte, poi commutata in ergastolo, Öcalan, nel 2006, ha tentato di istruire un processo di pace, sabotato e rifiutato dalla Turchia e ha continuato a essere un importante riferimento per tutto il popolo kurdo, da sempre discriminato nei suoi diritti, oggetto di persecuzione e continue violenze. Negli anni successivi, nonostante il disumano isolamento, Öcalan ha elaborato una importante e innovativa proposta sociale e politica, quella del Confederalismo democratico, tesa a costruire una società basata sull’autogoverno, orientata al consenso, aperta a tutti i gruppi etnici, multiculturale, antimonopolistica, antipatriarcale, ecologista e fondata su un’economia alternativa. Un modello di democrazia avanzata oggi sostenuto e praticato nei territori e amministrazioni a guida kurda, nonostante le persecuzioni e le aggressioni belliche cui quella popolazione è sottoposta, a cominciare dal Rojava siriano.
Di Abdullah Öcalan non si hanno più notizie dirette dal marzo 2000: né i famigliari né i suoi legali hanno più potuto incontrarlo. La prigionia in stato di totale isolamento, che già violava gli standard minimi di tutela in materia di trattamento penitenziario dei detenuti, le cosiddette “Mandela Rules” adottate dalle Nazioni Unite nel 2015, si è fatta ora tombale. Le istituzioni europee, come spesso, non vedono, non sentono e non dicono e seguono un “doppio standard” in materia di diritti umani.
Persino la Commissione per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa, nella sua visita nelle carceri turche dal 20 al 29 settembre 2022, non ha potuto, né forse voluto, visitare Öcalan.
Nonostante le richieste e denunce di centinaia di avvocati, esponenti politici, associazioni per i diritti umani e organizzazioni diverse, non si hanno più notizie di lui e anche degli altri tre prigionieri, Hamili Yıldırım, Ömer Hayri Konar e Veysi Aktaş, detenuti nella stessa prigione dal marzo 2015.
Per provare a incrinare la cappa di silenzio verso questa tortura e verso le condizioni illegali e disumane di detenzione in Turchia, una delegazione internazionale composta da 36 persone provenienti da 7 paesi (giuristi, avvocati, politici e intellettuali) si è recata sul posto a fine gennaio 2023 e ha tenuto incontri con organizzazioni della società civile, associazioni di avvocati e organizzazioni legali, nonché con le famiglie dei detenuti e le loro istituzioni a Istanbul, Ankara e Diyarbakır. Anche due dei partecipanti a tale delegazione saranno presenti a Milano il 15 febbraio e riferiranno su questi incontri e sulle informazioni raccolte direttamente riguardo questa gravissima e nascosta situazione e, in generale, sulla violazione dei diritti umani, la persecuzione politica e la negazione della democrazia in Turchia.
Promuovono:
Associazione Società Informazione/Diritti Globali e Tribunale permanente dei popoli in collaborazione con l’Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia
Media partner: Altreconomia
Modera:
Duccio Facchini, Altreconomia
Introduce:
Sergio Segio, Associazione Società INformazione/Diritti Globali
Intervengono:
Yilmaz Orkan, Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia
Donatella Ianelli, avvocato penalista, membro della delegazione internazionale
Enrico Maria La Forgia, caporedattore MENA Lo spiegone, membro della delegazione internazionale
Laura Quagliuolo, Rete Jin
Conclusioni:
Gianni Tognoni,Tribunale permanente dei popoli