La domanda è la seguente: perché la sinistra romana è così subalterna e pusillanime? La sua potenzialità politica è rilevante, oltreché straordinariamente feconda: grazie alle sue innumerevoli soggettività sociali e culturali, che costituiscono un’estesissima ragnatela di mutualismo, accoglienza e creatività, così come di vertenze, lotte e conflitti. Eppure, questo patrimonio di attivismo, questa ricchissima disponibilità stentano a imporsi sul panorama politico cittadino.
Se ne rammaricava, da ultimo, il caro Enzo Scandurra, nel suo appassionato appello qualche settimana fa: appello desolatamente inascoltato. In primavera Roma eleggerà un nuovo sindaco e la politica cittadina è già affannosamente impegnata a scegliere candidati, comporre liste, stabilire alleanze.
Ebbene, il rischio è che in questo passaggio elettorale, importante come non mai, l’esteso arcipelago di esperienze associative e indipendenti resterà escluso. Risulterà ancora una volta irrilevante. E la ragione sta nella persistente indisponibilità a immaginarsi area politica autonoma e unitaria. E dunque a proporsi come riferimento largo e promettente, laddove ne avrebbe sia la forza, sia le qualità, e finalmente agire in proprio e non più affidarsi a sensali e millantatori.
Un magnete elettorale in grado di rappresentare un’alternativa credibile ai diversi modelli amministrativi che si contendono il governo della città, in una spigolosa gara di liberismo estremo. Temo purtroppo che, al contrario, le tante soggettività che compongono questo tessuto combattivo e sensibile resteranno indifferenti, se non compiacenti. O ripiegheranno nei loro ridotti, per quanto felicemente vissuti, spiegando che la loro funzione politica si svolge esclusivamente in quella dimensione microscopica, ciascun per sé e affanculo le elezioni.
O si risolveranno malvolentieri a rifugiarsi in territori ostili, scortati dai vari professionisti di sussiego e blandizie, che, se va bene, riserveranno per loro qualche angoletto in cui vivacchiare e spigolare. O refrattari e rinunciatari, o parassitari e rassegnati. Dispiace, dispiace molto che tutta questa energia politica e sociale si disperda e si neutralizzi. Laddove, per questa città, sarebbe invece necessario uno slancio di generosità e coraggio.