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Un frutto urbano avvelenato

di Sergio
Brenna

Ai primi di luglio scorso in vari organi di stampa e siti mediatici  ha trovato grande risalto come fatto di grande innovazione per la qualità ambientale della parte di Roma compresa tra l’inizio di via Tuscolana e di via Prenestina la notizia che nell’ambito della procedura concorsuale Reinventig Cities C40 (concordata tra Roma Capitale e FS-Sistemi Urbani, ma sostanzialmente gestita in quasi totale autonomia da quest’ultima), tra le cinque proposte finaliste è stato selezionato il progetto denominato Campo Urbano al cui committente verrà venduta per 12,6 milioni di € l’area di 46.300 mq dell’ex scalo di Stazione Tuscolana per poterci edificare 34.000 mq di superficie commerciale vendibile, con un indice edificatorio di 0,75 mq/mq., non si sa come stabilito.

E’ un indice edificatorio abbastanza alto (simile a quello previsto sugli ex scali ferroviari milanesi di Farini e Romana, dove però i cittadini dei quartieri attigui hanno dovuto intraprendere un costoso e complicato ricorso al Consiglio di Stato – che si concluderà l’11 novembre prossimo – per cercare di ottenere da FS e Comune il riconoscimento degli spazi pubblici mancanti), che non consente di realizzare tutti gli spazi pubblici di quartiere (18 mq/abitante) e per parchi territoriali e grandi servizi urbani (17,5 mq/abitante), minimi inderogabili per legge, se non con edifici molto raddensati e/o molto alti.

Nel progetto Campo Urbano, infatti, i nuovi edifici previsti sono sì alti più o meno come quelli adiacenti, ma molto ravvicinati tra loro e posti tutti a ridosso di quelli del quartiere preesistente, anche perché gli spazi liberi (quanti ? non ce lo dicono ! probabilmente si e no i 18 mq/abitante di quartiere) sono tutti previsti a ridosso della linea ferroviaria, sia per norma di sicurezza (30 metri liberi da edifici), sia per cercare di ridurre la rumorosità nei nuovi appartamenti.

Sostanzialmente sono le aree che costeggiano la linea ferroviaria da Ponte Lungo/Piazza dell’Alberone a Ponte Casilino/Piazza del Pigneto su cui verranno ad insediarsi più di 1.000 nuovi abitanti/utenti in quello che il progetto definisce voler essere un Campus e non un “business park”, caratterizzato dall’autonomia energetica di consumi ed emissioni.

Al di là, però, degli entusiastici comunicati promozionali e dei rendering accattivanti pieni di immagini idilliache di edifici vetrati e rinverditi, di bella gioventù che scorrazza nel verde apoditticamente definito “moltissimo”, se si va alla sostanza i dubbi sulla qualità urbana ed ecologica e socio-economica dei risultati prevedibili nascono sia dalle previsioni delle quantità edificatorie in relazione a quelle degli spazi di verde e servizi pubblici sia alla visione più strategicamente complessiva delle aree infrastrutturali che in prospettiva potranno essere oggetto di prossime trasformazioni d’uso più o meno edificatorio.

Come si vede nell’immagine qui pubblicata, sullo sfondo si intravedono l’area dell’ex scalo San Lorenzo e dell’ex Dogana e a fianco quella delle Officine ATAC in via Prenestina su un lato e il deposito tram di piazza Caballini sull’altro.

Sono tutte aree su cui sono già in atto processi di vendita connessi a nuovi utilizzi (lo Student Hotel sull’area dell’ex Dogana, venduta da Cassa Depositi e Prestiti ad un gruppo di finanzario-alberghiero olandese) o in prospettiva e opportunità di esserlo in futuro (ATAC non ha immediati programmi di dismissione dell’area delle proprie officine, ma l’ingresso e l’uscita dei tram in orari mattutini o tardo serali è molto rumorosa e disturba il quartiere del Pigneto a fianco; sull’area del deposito Caballini alcuni anni fa vi fu un concorso di idee edificatorie).

E’ il frutto avvelenato di questo modo di procedere in ottica immobiliaristica area per area,  che è convergente tra venditori e aspiranti acquirenti delle proprietà fondiarie, anche se occultata dai falsi miti ecologistico-ambientali della sola qualità edilizia

Bisogna invece fare un bilancio progettuale dell’esito finale delle trasformazioni urbane possibili sull’intero complesso di aree che comprende ex scalo S. Lorenzo, l’ex Dogana, le Officine ATAC e il deposito tram Caballini su via Prenestina, che indichi in una logica di progetto pubblico dove e come distribuire le edificazioni ammissibili e gli spazi pubblici (di quartiere e generali) indispensabili.

E’ una visione pianificatoria che solo l’Ente pubblico comunale può proporsi di perseguire, se però non si fa di nuovo coinvolgere nelle operazioni di appalto-concorso ai privati (venditori e aspiranti acquirenti, entrambi in ottica ludico-consumistico-immobiliarista) dell’uso di città pubblica e della sua “bellezza civile”.

 

 

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