Heinz Bierbaum, innanzitutto buon lavoro per il nuovo incarico. Partiamo proprio da questo. Cosa pensi di fare come prime iniziative come nuovo presidente del Partito della Sinistra Europea?
Al congresso della Sinistra Europea (SE) a Malaga è stata fatta una valutazione critica della situazione della sinistra in Europa. Si è dovuto constatare che le forze di sinistra in Europa non sono state in grado di presentarsi come una forza politica alternativa convincente sia rispetto alle politiche neoliberiste sia alla politica nazionalista e razzista dell’estrema destra. Inoltre la sinistra si è presentata divisa alle elezioni europee, nella quale ha subito una sconfitta netta, con strategie differenti : la SE con il suo programma e due “Spitzenkandidaten”, il movimento Maintanenant le Peuple di France Insoumise sostenuto da altri partititi di sinistra, e DiEM 25 di Yanis Varoufakis. Nessuno dei tre soggetti ha avuto successo. Considerati questi fatti si pongono due obiettivi cruciali per la SE: rafforzare il profilo politico e approfondire la cooperazione tra le diverse forze della sinistra. Come nuovo presidente della SE vorrei promuovere questo processo. In questo contesto mi pare molto importante intensificare il dibattito politico interno per quanto riguarda l’analisi della situazione economica, sociale e politica e le conseguenze per la politica della sinistra. Credo che questo necessario dibattito interno sia stato finora sviluppato in maniera insufficiente.
Come vedi il futuro della sinistra? C’è un terzo spazio tra “elites” e “sovranisti”?
Viviamo in tempi di profondi cambiamenti economici, sociali e politici. Economicamente il modello neoliberista è fallito pur essendo politicamente predominante. Il lavoro precario si diffonde sempre di più e le disuguaglianze sociali crescono. Il sistema tradizionale dei partiti politici è in crisi. Perdono tanto i partiti conservatori quanto la socialdemocrazia. L’estrema destra cresce fortemente, ma dall’altro lato crescono anche i verdi. La sinistra è abbastanza debole, anche se con alcune eccezioni. Siamo di fronte a grandi sfide sociali. Il modello produttivo deve cambiare a causa delle esigenze ecologiche, in primo luogo il cambiamento climatico. Questo ha delle conseguenze molto gravi per il mondo del lavoro. Tanti posti di lavoro nell’industria sono minacciati e il carattere del lavoro sta cambiando anche a causa della digitalizzazione. Ci sono nuove forme di economia come l’economia di piattaforma. Questa situazione non contiene solo rischi come l’ascesa dell’estrema destra ma offre anche delle possibilità per la sinistra, cioè per un’alternativa politica, alternativa alle politiche neoliberiste e anche al nazionalismo della destra. Ma la sinistra deve cogliere queste possibilità elaborando delle risposte politiche convincenti. Al centro di una politica di sinistra deve esserci la trasformazione ecologico-sociale dell’industria. Abbiamo bisogno di investimenti pubblici in settori utili per il futuro della società, per un’altra politica dell’energia, per nuovi concetti di mobilità, per i fabbisogni sociali ecc. La sinistra deve aprire una prospettiva che superi i limiti del sistema capitalista e preveda un altro modello economico-sociale in cui l’economia è al servizio della società. Dobbiamo fare questi sforzi sia a livello nazionale sia a livello europeo. Credo che la dimensione europea sia molto importante. Non dobbiamo ricadere nel nazionalismo, neanche di sinistra. Da parte della SE occorrono iniziative in questa direzione.
Cosa pensi delle lotte francesi? Pensi che si potrebbero generalizzare in Europa?
Le lotte francesi attuali contro le “riforme” pensionistiche del governo sono anche l’espressione di un malumore diffuso contro una politica che agisce nell’interesse delle “elites” e ignora i fabbisogni della gente. È ovvio che queste lotte devono essere sostenute da tutta la sinistra europea. Credo però che sia molto difficile generalizzarle in Europa. Abbiamo delle tradizioni e delle culture molto diverse nei singoli Paesi europei. Non c’è dappertutto lo stesso spirito di lotta che c’è in Francia. In Germania per esempio non abbiamo questa cultura. Ma quello che occorre è la solidarietà attiva con i francesi in lotta.
Come vedi la Gran Bretagna dopo il voto? Cosa ti senti di dire a Corbyn?
Per quanto riguarda la situazione in Gran Bretagna, dopo le elezioni abbiamo la necessità di un’analisi che vada nel merito delle cose e che fino ad ora non c’è stata. Credo che si debba essere cauti ed evitare giudizi precipitosi. È chiaro che Corbyn ha subito una sconfitta netta e che Boris Johnson con il suo populismo di destra ha trionfato.Credo che il problema principale sia che la classe operaia è divisa. C’è una parte che vede nel nazionalismo una prospettiva per uscire delle condizioni precarie di lavoro e di vita. Il programma promosso dal partito laburista è un programma autenticamente di sinistra e rimane secondo me un punto di riferimento per tutta la sinistra europea. Dall’altro lato però si deve lavorare e impegnarsi per convincere la gente. Da questo punto di vista Corbyn ha avuto delle difficoltà anche nel suo partito e, ovviamente, c’è stata anche una sottovalutazione della resistenza da parte del capitale e dei mass media contro tale programma.
In Germania può esserci un’alternativa?
La situazione politica in Germania è molto interessante. Non c’è più quella stabilità politica per cui la Germania è conosciuta. La grande coalizione non ha più una maggioranza politica. La socialdemocrazia è in una crisi profonda e ha perso molto consenso. È al suo minimo storico. Ma anche i democristiani si trovano in difficoltà pur essendo il primo partito. Angel Merkel è indebolita. L’estrema destra, l’AfD, cresce e ha avuto successo in particolare nelle elezioni regionali all’Est. Dall’altro lato i verdi guadagnano molto e sono diventati il secondo partito. Il loro successo è certamente connesso ad una nuova sensibilità verso i problemi ecologici e al cambiamento climatico. Die Linke rimane un fattore politico stabile ma non cresce. La situazione della sinistra tedesca assomiglia un po’ alla situazione della sinistra europea: deve rafforzare il suo profilo politico e deve riflettere sulla sua strategia; per questo motivo un congresso sulla strategia del partito è previsto per la fine di febbraio. Con riferimento al governo, la grande coalizione potrebbe spaccarsi, poiché c’è una grande insoddisfazione, in particolare dentro la SPD, ma le elezioni anticipate non sono molto probabili. In ogni caso si discute molto per quanto riguarda il futuro governo. Ci sono dei tentativi di “rianimare” un’alleanza rossa-rosso-verde, che pero è molto lontana dall’avere una maggioranza elettorale. La posizione dei verdi è ambigua e molti preferirebbero un’alleanza con i democristiani, sul modello di quelle già realizzate a livello regionale e comunale.
Come vedi il futuro dell’Europa?
L’Europa si trova a un bivio. O si cambia radicalmente la politica europea in direzione di un’Europa più democratica, sociale, ecologica e pacifica o si continua con la politica neoliberista con il rischio concreto che il nazionalismo continui a crescere e le tendenze di disintegrazione aumentino. Attualmente la nuova Commissione Europea parla di “New green deal”, ma non è molto chiaro cosa significhi in quel contesto. Sono molto scettico che la Commissione romperà con la politica neoliberista, il che sarebbe però necessario se si volesse un vero “new deal” e non solo una superficiale ecologica modernizzazione dell’economia. È molto preoccupante anche la militarizzazione dell’Unione Europea col programma “Pesco”. E con la Brexit tutto diventa ancora più difficile. La sinistra ha una grande responsabilità rispetto allo sviluppo europeo: deve battersi per un’altra politica e presentarsi come forza alternativa credibile.
Infine, cosa “consigli” alla sinistra in Italia?
Non vorrei dare consigli alla sinistra in Italia. So che la situazione è drammatica. Sono convinto che la sinistra nella società ancora esiste ma l’espressione politica è veramente debolissima. La soluzione per uscire da questa situazione la devono trovare autonomamente le forze di sinistra in Italia. In ogni caso si devono superare le divisioni che caratterizzano la sinistra italiana ricostruendo un dialogo politico serio.