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La nuova Politica Agricola Comune (PAC): qualche luce e molte ombre

di Alessandro
Scassellati

In una prospettiva a lungo termine, la PAC per gli anni dal 2023 al 2027 è innegabilmente una continuazione dei programmi precedenti. Tiene conto dell’ambiente e del clima, e questo significa compiere un nuovo passo, ma che le organizzazioni ambientaliste e dell’agricoltura non intensiva considerano insufficiente, e che comunque richiederà grandi sforzi da parte di molti agricoltori per soddisfare le nuove esigenze: è un’evoluzione, non una rivoluzione.

Il 23 novembre il Parlamento Europeo ha approvato la più grande riforma dei sussidi agricoli degli ultimi decenni che aumenta le risorse finanziarie destinate alle aziende agricole più piccole e premia i metodi di agricoltura sostenibile1. Un compromesso sul testo approvato era stato raggiunto nel corso di un contrastato “trilogo” tra Parlamento, Commissione e Consiglio europei il 25 giugno scorso (come Transform ne abbiamo parlato qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui e qui ), dopo quasi 8 anni di negoziati. Il testo era stato poi approvato dalla Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento Europeo il 9 settembre. L’accordo tra Parlamento e Consiglio ha previsto anche delle regole ad hoc per governare la transizione tra il vecchio e il nuovo regime. La riforma è stata approvata dal Consiglio Europeo il 2 dicembre ed entrerà in vigore nel gennaio 2023.

La politica agricola comune (PAC)2, infatti, è stata per anni criticata per aver consegnato la maggior parte dei sussidi – circa l’80% dei pagamenti della PAC 2014-2020 è andata al 20% dei beneficiari – a grandi proprietari terrieri e ad aziende agroindustriali, creando un circolo vizioso in cui i grandi proprietari venivano agevolati dalle politiche pubbliche a scapito dei piccoli imprenditori, contando su un continuo afflusso di denaro.3. La PAC è stata anche criticata perché i sussidi al settore, non tenendo conto del rapporto tra domanda e offerta di beni, hanno finito per produrre un’eccedenza di prodotti che doveva essere buttata via.

La riforma cambierà questo, dicono i suoi sostenitori, anche se i gruppi ambientalisti, gli animalisti e piccoli produttori la considerano una grande occasione persa, parlano di greenwashing e dicono che non fa abbastanza per proteggere l’ambiente e combattere il cambiamento climatico. Che contiene delle scappatoie che non riescono ad allineare l’agricoltura agli obiettivi climatici dell’UE, continuando ad avvantaggiare i grandi inquinatori dell’agricoltura, senza ridurre in alcun modo l’impatto dell’agricoltura industriale, sia sull’ambiente che sulla salute. I dispositivi previsti, infatti, non prevedono un cambiamento radicale delle attività agricole per ridurre le emissioni di gas, ma una lenta e graduale transizione che deve comunque essere ulteriormente stimolata creando le condizioni per le quali sia conveniente, economicamente, investire in un’agricoltura più verde. Continuerà, quindi, la corsa del processo di concentrazione ed ampliamento delle aziende agricole che renderà più difficile il mantenimento e l’insediamento di piccole e medie aziende agricole a conduzione familiare, anche se la quota della dotazione di pagamento diretto riservata ai giovani agricoltori aumenterà del 50%.

D’altro canto, “l’agricoltura sarà più equa e sostenibile e le piccole aziende agricole a conduzione familiare riceveranno sostegno“, ha affermato Norbert Lins (membro tedesco del CDU-PPE), che presiede la Commissione per l’agricoltura del Parlamento Europeo, definendola la più grande riforma dal 19924. “In futuro, l’agricoltura non solo garantirà che gli agricoltori dispongano di un’attività redditizia, un prezzo equo per i consumatori, ma contribuirà anche a un’Europa più verde“, aveva affermato il ministro portoghese dell’agricoltura Maria do Ceu Antunes, che aveva rappresentato i paesi dell’UE ai negoziati del “trilogo” con il Parlamento a giugno. La riforma ha sostanzialmente raccolto l’applauso delle grandi lobby del settore e delle multinazionali dell’agroalimentare. La Commissione ha accolto con favore l’accordo come un’importante novità. Rispondendo alle critiche di vari gruppi ambientalisti, il vicepresidente esecutivo della Commissione Europea per il Green Deal Frans Timmermans ha sostenuto che il cambiamento è sempre “evoluzione, non rivoluzione“, confermando come, visti anche i poteri limitati della Commissione in molti ambiti politici, non sia possibile cambiare radicalmente le politiche che toccano enormi interessi economici, anche se necessario per affrontare la sfida più importante del prossimo futuro.

La PAC, che vale circa un terzo (32%) del bilancio 2021-2027 dell’UE, spenderà 387 miliardi di euro in pagamenti diretti agli agricoltori (270 miliardi) e a sostegno allo sviluppo rurale. Le nuove regole della PAC, che si applicheranno dal 2023, mirano a trasferire quote maggiori di denaro dalle pratiche agricole intensive alla protezione della natura e a ridurre il 10% di emissioni di gas serra dell’UE che vengono emessi dall’agricoltura (metà delle quali provengono da allevamenti intensivi e non sono diminuite dal 2010). Da questo punto di vista, la riforma fa troppo poco per cambiare uno status quo in agricoltura fatto di coltivazioni e allevamenti intensivi, pesticidi e chimica, riduzione della biodiversità e dominio dell’agroindustria (tra l’altro, sono state concordate regole specifiche per migliorare il sostegno al settore vitivinicolo). Questo anche se, grazie all’impegno del Parlamento, almeno il 35% (invece dell’attuale 30%) del budget dedicato allo sviluppo delle aree rurali è investito in misure ambientali legate alla lotta ai cambiamenti climatici, alla difesa e ripristino della biodiversità e in favore del benessere animale.

La riforma richiederà che il 20% dei pagamenti diretti agli agricoltori dal 2023 al 2024 venga speso in “eco-schemi” o “eco-regimi” che proteggono l’ambiente, salendo al 25% dei pagamenti nel 2025-20275. Non definisce un “eco-schema” (non riuscendo così a garantire che i soldi – 22% del budget – non vadano a pratiche agricole più inquinanti, come hanno denunciato le organizzazioni ambientaliste), ma gli esempi da seguire potrebbero includere il ripristino delle zone umide per assorbire la CO2, o l’agricoltura biologica, l’agroecologia, l’agroforestazione, l’agricoltura del carbonio, o l’agricoltura di precisione, nonché miglioramenti del benessere degli animali6.

Uno degli obiettivi principali enunciati nel testo delle riforma è fermare il declino delle piccole aziende agricole europee. Almeno il 10% dei fondi della PAC distribuiti a livello nazionale andrà alle aziende agricole più piccole7. La nuova PAC afferma che gli Stati membri dovrebbero utilizzare criteri come i test sul reddito per definire chi è un “agricoltore attivo” e può ricevere sussidi – un tentativo di impedire alle grandi imprese e ai grandi proprietari terrieri di mungere denaro8.

Tutti i pagamenti agli agricoltori sarebbero vincolati al rispetto delle norme ambientali minime, come ad esempio la misura che gli agricoltori mettano da parte il 3% dei seminativi per aree in cui la natura può prosperare9 o viene realizzata la rotazione annuale delle colture per migliorare la salute del suolo. Inoltre, gli Stati membri devono concedere circa il 3% dei sussidi (sotto forma di reddito o sostegno agli investimenti o aiuto all’avviamento) ai giovani agricoltori, di età inferiore ai 40 anni, per contribuire ad attrarre nuovi talenti.

La riforma crea anche un fondo di crisi da 450 milioni di euro nel caso in cui i mercati agricoli siano sconvolti da un’emergenza come una pandemia. Risorse che andranno a sostegno degli agricoltori qualora si trovassero ad affrontare crisi e rischi imprevisti, che possono portare a forti oscillazioni dei prezzi e quindi a danni economici. La nuova PAC mira anche a rafforzare la posizione degli agricoltori nella filiera e la competitività del settore agroalimentare. Per quanto riguarda il miglioramento del potere contrattuale, le nuove regole rafforzeranno la cooperazione tra produttori, incoraggiando gli agricoltori a lavorare insieme e consentendo loro di creare un potere di compensazione nel mercato.

Peter Jahr, un legislatore dell’UE che ha contribuito a promuovere l’accordo, ha affermato che è tutt’altro che perfetto, ma che a un certo punto è stato necessario raggiungere un compromesso in modo che potesse ottenere il via libera. “Vi esorto, per favore, nell’interesse degli agricoltori europei, nell’interesse del clima, a votare a favore“, ha detto prima della votazione del Parlamento Europeo.

Tra le principali novità, va segnalato che gli Stati proporranno le voci di spesa per il proprio settore agricolo a livello nazionale, per tenere conto delle differenze tra i vari paesi membri. “La mancanza di obiettivi vincolanti significa che la responsabilità del cambiamento reale spetta agli Stati membri. Il successo nella protezione del nostro ambiente dipenderà dalla progettazione e dall’attuazione dei singoli piani strategici della PAC. Ci auguriamo che i governi nazionali siano all’altezza della sfida e garantiscano che solo le pratiche agricole sostenibili saranno supportate in futuro nell’UE“, ha affermato Alberto Arroyo Schnell, responsabile per la Politica e il Programma presso l’International Union for Conservation of Nature (IUCN) Europa.

Ogni paese deve presentare un piano nazionale per spendere la propria quota della PAC alla Commissione Europea entro la fine del 2021, che dovrà approvare questi piani nazionali prima di erogare i fondi, verificando se soddisfano gli obiettivi UE giuridicamente vincolanti, in modo da armonizzare la politica a livello continentale. Gli obiettivi vincolanti potrebbero includere l’obiettivo europeo di ridurre le emissioni nette di gas serra del 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030, ma è improbabile che includano obiettivi non ancora legalmente vincolanti, come dimezzare l’uso di pesticidi chimici entro il 2030. E’ bene ricordare, a questo proposito, che tra gli obiettivi contenuti nelle Strategie Farm to Fork e Biodiversità, presentate dalla Commissione nella primavera 2020 e in linea con la strategia del Green Deal, si prevede una riduzione del 50% di pesticidi, del 50% di antibiotici e del 20% di fertilizzanti entro il 2030, nonché un aumento della superficie destinata all’agricoltura biologica fino al 25%. In un’epoca di estinzione di massa, l’agricoltura intensiva è il nemico numero uno della natura. Quasi la metà dell’Europa è costituita da terreni agricoli, la maggior parte intensivi. Ciò significa vaste monoculture al posto di diverse coltivazioni e habitat naturali, metodi che diffondono migliaia di tonnellate di sostanze chimiche tossiche nel suolo, nei fiumi e nei mari sempre più privi di vita.

Alcuni dei critici della riforma ritengono anche che abbia prevalso una preoccupazione più della spesa che degli effetti positivi. Il “sistema di performance” per valutare i risultati non è altro che un esercizio contabile che serve solo a verificare che la spesa prevista corrisponda alla spesa effettiva. L’efficacia e l’impatto non saranno esaminati fino almeno al 2027. Il nuovo modello “basato sui risultati” è sicuramente un inizio, ma non basta. Gli indicatori non sono completi. Per esempio, la produzione integrata che utilizza alternative ai pesticidi non viene misurata.

Tra l’altro, i controlli continueranno ad essere scarsi e la corruzione rimane un problema: solo l’1% delle aziende agricole è soggetto a controlli, mentre il sistema sanzionatorio rimane invariato. Inoltre, la maggiore flessibilità per gli Stati membri nell’applicazione della PAC, senza salvaguardie rispetto alle leggi dell’UE esistenti e agli impegni internazionali, né alcun controllo di compatibilità con il Green Deal, mantiene molto basse le ambizioni ambientali e può addirittura produrre risultati anche peggiori di quanto non sia oggi.

In ogni caso, c’è l’impegno che, al più tardi dal 2025, ci saranno ispezioni sulle condizioni di lavoro nelle aziende sostenute dalla PAC, prevedendo sanzioni per chi non rispetta il diritto del lavoro europeo, aggiungendo così una dimensione sociale alla PAC (la cosiddetta condizionalità sociale). Gli abusi osservati nelle aziende agricole che impiegano una grande forza lavoro, soprattutto stagionale e migrante, hanno spinto i legislatori europei a decidere che i pagamenti della PAC saranno legati al rispetto di determinati standard di lavoro dell’UE10 e i beneficiari saranno incentivati a migliorare le condizioni di lavoro nelle aziende agricole.

Viene espresso anche l’impegno ad miglioramento dell’equilibrio di genere. L’uguaglianza di genere e l’aumento della partecipazione delle donne all’agricoltura sono – per la prima volta – parte degli obiettivi dei piani strategici della PAC. I paesi dell’UE dovranno valutare questi problemi e affrontare le sfide individuate.

Il processo di approvazione dei piani nazionali da parte della Commissione Europea avverrà nella prima metà del 2022, e sarà una decisione congiunta dell’intera Commissione, coinvolgendo non solo la DG Agricoltura e Sviluppo Rurale, ma anche altri dipartimenti come la DG Ambiente e la DG Azione per il clima. Esperti e scienziati avevano chiesto legami più forti nell’accordo politico dell’UE tra la PAC e il Green Deal dell’UE e la responsabilità per il rispetto dell’ambiente. Ciò è stato parzialmente suggerito dall’esperienza con l’attuale PAC, dove una maggiore flessibilità per gli Stati membri li ha portati a scegliere le opzioni meno ambiziose dal punto di vista ambientale. Tuttavia, l’impatto della PAC finale, non solo sull’ambiente, ma anche su altri settori, compresi i redditi agricoli e i diritti dei lavoratori, dipende ancora dalla qualità del processo di pianificazione strategica ai livelli sia nazionale sia europeo. Fatto bene, potrebbe ancora guidare la PAC su un percorso più ambizioso dal punto di vista ambientale.

 

Alessandro Scassellati

  1. A favore della nuova PAC hanno votato i parlamentari di estrema destra, i gruppi conservatori, popolari e liberali, e da una parte dei socialisti (hanno votato contro socialisti tedeschi e belgi). Della delegazione italiana hanno votato a favore Forza Italia, PD (esclusi tre ribelli che si sono astenuti: Majorino, Bartolo e Smeriglio), M5S (esclusa Laura Ferrara, astenuta), Lega e Fratelli d’Italia. Come gruppi, solo il gruppo dei Verdi/ALE (compresi i quattro italiani, ossia Corrao, D’Amato, Pedicini ed Evi) e la sinistra hanno votato contro[]
  2. La politica agricola comune è una delle politiche più longeve promosse dalle istituzioni europee, in quanto già presente nel Trattato di Roma che istituì la Comunità Economica Europea nel marzo 1957. All’epoca era necessario trovare un modo per far convivere le regole del mercato unico che si stava creando, insieme al fatto che gli Stati, anche grazie al trauma della mancanza di approvvigionamento alimentare durante la Seconda Guerra Mondiale e i timori indotti dalla Guerra Fredda, diedero generosi sussidi pubblici al mondo agricolo. Si è quindi deciso di affidare alla CEE il compito di gestire i meccanismi di intervento pubblico in questo settore dell’economia. La PAC ha i seguenti obiettivi: aumentare la produttività dell’agricoltura; garantire un equo tenore di vita agli agricoltori; stabilizzare i mercati; garantire la sicurezza degli approvvigionamenti; garantire prezzi ragionevoli per i consumatori. La PAC è sempre stata la voce più consistente del bilancio delle istituzioni comunitarie. Nel 1985, quasi tre quarti dell’intero bilancio della Comunità Economica Europea sono stati spesi per sovvenzionare l’agricoltura. Da allora, la quota del budget spesa in questo settore, anche grazie all’estensione dei settori di competenza all’interno delle istituzioni europee, è diminuita, raggiungendo il 37% del bilancio complessivo a lungo termine dell’UE per il periodo 2014-2020, pari a circa 410 miliardi di euro.[]
  3. Nel rapporto di giugno 2021, la Corte dei Conti Europea aveva denunciato il fallimento della PAC nell’obiettivo di ridurre l’impatto dell’agricoltura in termini di emissioni di gas serra, nonostante i 100 miliardi di euro stanziati per combattere il cambiamento climatico. E per di più, nel novembre 2018, la Corte dei conti aveva fortemente criticato la proposta di riforma della PAC, perché intendeva continuare ad erogare i sussidi in base all’estensione della superficie coltivata, scelta considerata incompatibile con il rispetto dell’ambiente.[]
  4. La riforma del 1992 prevedeva la sostituzione del sostegno ai prezzi agricoli con l’assegnazione di aiuti diretti per compensare le riduzioni dei prezzi. La PAC ha successivamente subito revisioni periodiche, il più delle volte legate alla programmazione pluriennale del bilancio dell’Unione Europea. Nel 1999 è stato creato il “secondo pilastro” della PAC, che riunisce diverse misure, in particolare le misure agroambientali (AEM) cofinanziate dagli Stati membri e un fondo europeo specifico: il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR ). La seconda grande riforma della PAC è stata decisa nel 2003: ha portato al disaccoppiamento, almeno in parte, degli aiuti diretti alla produzione, proseguito nel 2008. Nel quadro della programmazione finanziaria 2014-2020, la principale modifica alla PAC è stata l’inverdimento, che prevedeva la riserva del 30% di aiuti diretti per un pagamento verde, la cui assegnazione è subordinata al rispetto di tre condizioni: il mantenimento praterie permanenti, diversificazione delle colture e riservazione di almeno il 5% di seminativi per aree di interesse ecologico come rilievi o stagni. I risultati sono comunque stati disastrosi e l’agricoltura continjua ad essere una delle principali cause di perdita di suolo e collasso della fauna selvatica e contribuisce in modo significativo alle emissioni di gas serra. L’altro sviluppo della PAC in questo periodo ha riguardato l’organizzazione dei mercati, che è stata alla base della politica quando è stata introdotta nel 1962: la successiva abolizione delle organizzazioni di mercato specifiche per prodotto sostituite da un’organizzazione unica, l’abolizione delle quote di produzione e la limitazione dell’intervento a una semplice rete di sicurezza ha incentivato gli agricoltori a rispondere meglio ai segnali del mercato; ma la perturbazione dei mercati agricoli globali, aggravata dagli effetti del cambiamento climatico, e la conseguente volatilità dei prezzi agricoli, mostrano che lo smantellamento degli strumenti di regolamentazione del mercato della PAC è andato troppo oltre. L’ultimo sviluppo significativo è stato l’estensione dell’applicazione del principio di sussidiarietà nella PAC, che dovrebbe subire un ulteriore sviluppo negli anni dal 2023 al 2027 nell’ambito dei programmi strategici nazionali. E’ chiaro che la diversità delle agricolture europee doveva essere presa in considerazione in seguito ai successivi allargamenti dell’Unione Europea, ma è stato importante evitare di trasformare la PAC in una “politica agricola à la carte” che avrebbe poi portato alla sua rinazionalizzazione.[]
  5. Nel corso del “trilogo”, il Parlamento avrebbe voluto fissare una quota del 30%, mentre il punto di partenza degli Stati membri, ossia del Consiglio, era stato del 20%. In particolare, la Commissione Ambiente del Parlamento aveva votato per togliere i sussidi agli allevamenti intensivi e aumentare i finanziamenti per le “misure ambientali”, ma la plenaria del Parlamento ha rifiutato queste proposte e ha deciso di destinare alle pratiche agronomiche verdi solo il 20% degli aiuti diretti della PAC[]
  6. Va ricordato che la PAC non può essere dissociata da altre politiche europee, in particolare dalla politica commerciale dell’Unione Europea. In effetti, i requisiti ambientali, sanitari, sociali e di benessere degli animali imposti agli agricoltori europei saranno sopportabili solo se imposti anche alle importazioni da paesi terzi. Ciò è particolarmente vero per i grandi paesi agricoli con i quali l’Europa ha concluso o sta negoziando accordi di libero scambio, come Brasile, Argentina, Australia o Nuova Zelanda. Tuttavia, in questo ambito, siamo ancora solo allo stadio delle dichiarazioni di intenti. Allo stesso modo, il contributo dell’agricoltura alla lotta al cambiamento climatico richiede un aumento del prezzo del carbonio armonizzato a livello europeo e la creazione di una carbon tax alle frontiere dell’Unione Europea, le cui linee sono già state presentate dalla Commissione Europea nel suo documento “Fit for 55“, pubblicato il 14 luglio scorso.[]
  7. Ma, gli Stati potrebbero eludere questo requisito se utilizzano altri metodi per distribuire i fondi in modo equo, mentre il Parlamento aveva cercato di imporre, senza successo, un tetto annuo di 100 mila euro per beneficiario[]
  8. Il Parlamento voleva una definizione più rigorosa che escludesse i trasformatori su larga scala di prodotti agricoli e impedisse che i fondi andassero ad attività non agricole come gli acquedotti[]
  9. In ogni azienda agricola almeno il 3% dei seminativi sarà dedicato alla biodiversità e agli elementi non produttivi, con la possibilità di ricevere un sostegno tramite eco-schemi per raggiungere il 7%. Saranno protette anche le zone umide e le torbiere.[]
  10. In particolare, che non rispettano gli obblighi delle direttive relative, da un lato, alle condizioni di prevedibilità e trasparenza dell’occupazione, e, dall’altro, la sicurezza e la salute dei lavoratori agricoli.[]
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