Non lasciano dietro di loro alcun segno d’identificazione, fuorché le lapidi ed i figli: la meravigliosa superficie del paesaggio, l’opera dei loro aratri, vanghe e cesoie o gli animali che custodirono non conservano infatti né una firma né un’impronta simile a quelle lasciate dai muratori sulle cattedrali. Contadini1.
Il percorso della “nuova PAC” è stato lungo.
Il 1° giugno 2018, la Commissione Europea aveva pubblicato le sue proposte relative alle norme sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono elaborare nell’ambito della politica agricola comune (PAC). Durante il 2018 e il 2019, le proposte legislative per i nuovi piani strategici della PAC sono state discusse nelle riunioni del Consiglio Agricoltura e Pesca oltre che nel Comitato Agricoltura del Parlamento Europeo, in particolare. Nella sua riunione di ottobre 2020, il Consiglio ha adottato un approccio generale sul pacchetto di riforma della PAC. Il Parlamento ha votato in plenaria il 23 ottobre 2020 sulle proposte di piani strategici della PAC con 425 voti a favore, 212 contrari e 51 astensioni.
I negoziati tra il Parlamento e il Consiglio sono iniziati per tutti e tre i dossier della PAC il 10 novembre 2020 e sono continuati attraverso una serie di incontri a tre. I colegislatori hanno raggiunto un accordo politico informale il 24-26 giugno 2021. Un dibattito politico sul pacchetto di riforma della PAC post 2020 si è tenuto durante l’ultimo Consiglio Agricoltura e Pesca della presidenza portoghese il 28-29 giugno 2021.
Un ulteriore lavoro tecnico è stato intrapreso per finalizzare il testo giuridico, che è stato approvato dal Comitato AGRI del PE andrà in una votazione plenaria nel prossimo novembre. I tre distinti regolamenti che andranno al voto sono: i) il regolamento sui piani strategici nazionali della PAC (che copre un nuovo modello di erogazione proposto con maggiore sussidiarietà per gli Stati membri, i pagamenti diretti agli agricoltori, il sostegno allo sviluppo rurale e i programmi di sostegno settoriale);ii) il regolamento orizzontale della PAC (sul finanziamento, la gestione e il monitoraggio della PAC); iii) il regolamento di modifica (che modifica i regolamenti sull’organizzazione comune di mercato unica – OCM), sui sistemi di qualità per i prodotti agroalimentari e sulle misure specifiche per le regioni ultraperiferiche e le isole minori del Mar Egeo.
Alla fine, con almeno due anni di ritardo, con un gioco complesso che è andato sviluppandosi tra Parlamento, Commissione e governi che si sono succeduti, con profili ed equilibri politici diversi, la “nuova” politica agricola comune giunge al voto finale del Parlamento Europeo. Non staremo qui a ripercorrere il lunghissimo negoziato che si è sviluppato all’interno delle complesse procedure comunitarie, sarebbe sicuramente interessante – invece – avere qualche dettaglio in più del negoziato invisibile che si è sviluppato tra le potenti lobby dell’agricoltura industriale e dell’intero comparto agroalimentare che domina, a monte ed a valle, il sistema alimentare ed agricolo europeo e i Governi nazionali.
Vorrei solo ricordare che, comunque il formato finale che prenderà la PAC è, prima di tutto, di responsabilità dei Governi nazionali. Questi, fin dall’inizio hanno operato per accrescere la propria autonomia nel decidere i contenuti e le modalità d’applicazione della PAC e, con il profilo che di fatto potranno assumere i piani strategici nazionali, la politica agricola comune diventa sempre meno comune.
Non c’entra il sovranismo, c’entra piuttosto – a mio giudizio – la difesa ad oltranza di un modello economico fondato su politiche liberiste, su una forte concentrazione degli interessi economici, sul trionfo del partenariato pubblico-privato e sul venir meno del rispetto dei diritti economici e sociali, accompagnati da un degrado costante degli spazi di democrazia effettiva. Saranno i grandi conglomerati economico-finanziari che, ponendosi al disopra degli stati nazionali, faranno le “politiche europee” comprese quella agricola.
Infatti, nel documento in votazione2 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le norme sul sostegno ai piani strategici, che devono essere elaborati dagli Stati membri nell’ambito della politica agricola comune (piani strategici della PAC), si insiste ancora una volta con:
“ Articolo 6 – Obiettivi specifici
- Il raggiungimento degli obiettivi generali è perseguito attraverso i seguenti obiettivi specifici
obiettivi specifici:
…..
(b) migliorare l’orientamento al mercato e aumentare la competitività delle aziende agricole sia a breve che a lungo termine, anche concentrandosi maggiormente sulla ricerca, la tecnologia e la digitalizzazione
(c) migliorare la posizione degli agricoltori nella catena del valore;” …
Affermazioni che hanno poco riscontro nella realtà del funzionamento del mercato e del ruolo fondamentale che hanno le risorse comunitarie di fatto vengono trasferite dal settore agricolo a quello industriale e commerciale.
Questa è la struttura dell’agricoltura europea, struttura che continuerà a degradarsi, espellendo le piccole e medie aziende agricole, contribuendo così al processo di desertificazione degli spazi rurali ed ad accrescere la dipendenza del mercato interno dell’alimentazione dal mercato globale.
Nel dettaglio: il 77% delle aziende agricole ha una dimensione inferiore ai 10 ettari, il 68,3% delle aziende ha una dimensione economica inferiore a 8.000 euro. Questa è l’Europa agricola su cui il Parlamento Europeo dovrà calare la nuova PAC.
Prezzi bassi al cancello delle aziende agricole sono la normale e prevedibile conseguenza della liberalizzazione dei mercati senza regole e del processo di concentrazione a valle della produzione agricola stessa. È risaputo che gli agricoltori finiscono per ricevere pagamenti inferiore al loro costo di produzione.
Questa struttura della catena del valore non porta nessun vantaggio ai consumatori. Una parte dei costi vengono anche scaricati sui consumatori stessi (costi nascosti): i prezzi al consumo, infatti, non riflettono il danno ambientale e sociale creato dalla produzione alimentare industriale. I prezzi alimentari artificialmente bassi creano e mantengono il mito che i sistemi alimentari industriali possano fornire cibo a prezzi accessibili alla popolazione della UE.
È conosciuto l’impatto della continua deregolamentazione del mercato e degli accordi di libero scambio (FTA) sul calo dei prezzi agricoli. Infatti, è sempre più difficile per tutti gli agricoltori (giovani o meno) guadagnarsi da vivere a causa di questo fenomeno. I sussidi della PAC non possono diventare una compensazione economica per il reddito insufficiente causato dai bassi prezzi dei prodotti agricoli.
La riforma doveva – e non lo ha fatto – affrontare la regolamentazione del mercato per garantire prezzi equi agli agricoltori. Per evitare gli effetti devastanti del dumping sui paesi esportatori, i prezzi di mercato debbono tenere conto dei costi sociali e ambientali della produzione.
È necessario regolare due diversi tipo di mercato: il mercato internazionale (come l’UE pratica il commercio con i paesi al di fuori dell’UE) e il mercato interno (beni venduti tra e dentro i 27 Stati membri dell’UE). La regolazione di ciascuno è importante, ma richiede strumenti diversi. È risaputo che i paesi terzi (paesi non UE) possono produrre più a buon mercato grazie a costi di produzione più bassi. Questo spesso significa standard sociali, lavorativi e ambientali più bassi, e misure sanitarie e sicurezza meno severe. Quando vengono importati in Europa, la concorrenza di prezzo con i prodotti europei è enorme e danneggia la produzione interna dell’Unione.
Allo stesso modo, l’UE non dovrebbe scaricare i suoi prodotti nei paesi terzi a prezzi inferiori ai costi di produzione del paese in cui vengono esportati. Attualmente, i paesi dell’UE vendono le loro eccedenze nei paesi terzi, poiché i meccanismi di sovvenzione della politica agricola comune dell’UE compensano i prezzi bassi e la sovrapproduzione. Questo sta causando una grande quantità di danni sociali e ambientali nell’UE e nei paesi terzi, soprattutto in Africa.
Chi ne volesse la prova verifichi l’elenco della gratulatoria delle prime 15 imprese che ricevono i fondi PAC in Italia in “The Largest 50 beneficiaries in each EU Member State of CAP and Cohesion Funds 51 PE 679.107 – Top 50 direct beneficiaries CAP 2019 – IT1011” dove 13 sono AOP, una è una Spa.
Se il Parlamento ne avesse la capacità dovrebbe impegnare la Commissione con un mandato chiaro nei negoziati FTA affinché tariffe e dazi doganali siano applicati alle importazioni da paesi terzi per garantire che il costo di questi prodotti non sia inferiore ai costi di produzione dell’UE. Si dovrebbe stabilire un prezzo minimo di entrata e questi prodotti dovrebbero soddisfare gli stessi standard sociali, climatici e ambientali a cui sono soggetti gli agricoltori dell’UE, e il costo del trasporto dei prodotti dovrebbe essere incluso nel calcolo, facendo attenzione che questo tipo di regolamentazione non danneggi nemmeno gli agricoltori dei paesi terzi.
D’altra parte le misure di regolazione del mercato interno sono attualmente utilizzate su base non obbligatoria per gestire le crisi dei settori, ma questo tipo di rete di sicurezza non risolve la precarietà e l’insostenibilità che gli agricoltori affrontano per guadagnarsi una vita giusta e dignitosa. Inoltre, ci sono ineguaglianze nell’accesso al mercato tra i paesi del centro e della periferia dell’UE, e l’attuale status quo del mercato è troppo consolidato.
Gli utilizzatori a valle (GDO e industria agroalimentare) hanno un enorme potere di mercato perché gli agricoltori non possano far fronte alla contrattazione senza un quadro normativo che li protegga. Una delle soluzioni è il controllo della produzione.
In precedenza questo veniva fatto con quote per azienda, industria o paese. Se queste quote venivano superate, venivano imposte sanzioni.
Un’altra soluzione è quella di stabilire “prezzi minimi di entrata” nel mercato comune europeo. Questo potrebbe aiutare a decentrare la produzione riequilibrando i processi di concentrazione e specializzazione delle regioni europee e ad aumentare i prezzi pagati agli agricoltori. E, più semplicemente, nell’immediato, la Commissione – su decisione del PE – dovrebbe obbligare gli Stati a rendere pubblici i contratti di vendita dei prodotti agricoli, trasparenti, senza clausole inique e vincolanti, sempre aperti alla contestazione dell’agricoltore e con l’onere della prova sempre a carico dell’acquirente.
L’ attuale modesta riforma dell’OCM – l’OCM è finanziata dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e nel 2019, l’insieme delle misure connesse agli interventi sui mercati ha rappresentato circa 3,47 miliardi di EUR, ossia il 5,5% del totale delle spese del FEAGA – non ha voluto intaccare i meccanismi previsti e finanziati dal regolamento in vigore, incapace – al minimo – di reclamare agli Stati misure di regolazione del mercato interno obbligatorie. Tanto meno si ravvedono cambiamenti proposti da “Article 45 – Operational funds”3.
Di conseguenza, nel mercato interno i produttori più ecologicamente sostenibili non vengono ricompensati adeguatamente per la diversità delle loro produzioni, o per gli altri aspetti sociali e funzioni ambientali che svolgono e tutto finisce in un rincaro del prezzo ai consumatori di tali prodotti. I loro prodotti – in questo contesto – non sono accessibili a quella larga parte della popolazione che non dispone delle necessarie risorse finanziarie stabili ed adeguate per accedere a questo tipo di consumi alimentari.
Guardando al futuro, notiamo che nei “considerando” del documento si dichiara:
“(43) I giovani agricoltori e i nuovi agricoltori devono ancora affrontare barriere significative per quanto riguarda l’accesso alla terra, i prezzi elevati e l’accesso al credito. Le loro imprese sono più minacciate dalla volatilità dei prezzi (sia dei mezzi di produzione e dei prodotti) e i loro bisogni in termini di formazione imprenditoriale, di prevenzione dei rischi e di gestione dei rischi sono elevati”. Dove è presente un’innovazione con il riconoscimento dei “nuovi agricoltori”, le disposizioni in discussione relative ai “giovani agricoltori” restano – però – prive di impatto effettivo anche se nel “Article 6 – Specific objectives” si legge “ (g) attirare e sostenere i giovani agricoltori e altri nuovi agricoltori e facilitare la sostenibilità lo sviluppo delle imprese nelle zone rurali”.
Nel 2017, la Corte dei Conti europea aveva già sottolineato l’inefficacia delle politiche giovanili della PAC nell’ affrontare l’urgente problema del ricambio generazionale nell’agricoltura europea. Evidentemente la PAC da sola non può risolvere tutti i problemi.
Le politiche della PAC hanno un forte impatto sui “giovani agricoltori” e non è sufficiente riconoscere il ruolo di giovani agricoltori sulla carta. Sono necessarie politiche efficaci a sostengno dei nuovi agricoltori affrontando nodi irrisolti come quello dell’accesso all’uso della terra.
Il PE4.)) aveva condiviso con un enorme maggioranza le raccomandazioni alla Commissione perché procedesse a costruire iniziative capaci di affrontare i meccanismi di concentrazione della terra ed il negativo impatto della PAC, ponendo un limite al meccanismo basato sul supporto per ettaro ed elaborando una direttiva che affrontasse i problemi legati alla libera circolazione dei capitali e delle imprese che, nel contesto agricolo, si sono rivelati strumenti per l’accaparramento e la concentrazione delle terre, rendendo di fatto impossibile l’ingresso di nuovi agricoltori.
La PAC deve facilitare la creazione di servizi di sostegno per i giovani agricoltori a livello locale, regionale e nazionale. Queste iniziative dovrebbero essere gratuite e accessibili e fornire consulenza su una serie di questioni tra cui l’accesso alla terra, ai finanziamenti e ad altre risorse.
La PAC dovrebbe anche sostenere iniziative di condivisione di competenze e conoscenze tra i giovani agricoltori. Tali iniziative esistono già in Europa e dovrebbero essere considerate come esempi di buone pratiche da inserire nei PSN, obbligatoriamente. Niente è stato fatto in questa direzione nella “nuova” PAC.
E veniamo ora a quella che viene sbandierata come la più importante innovazione della PAC, la svolta “green”. Ricordiamo che secondo una relazione speciale della Corte dei Conti europea, i finanziamenti agricoli dell’UE per l’azione relative al clima non hanno contribuito a ridurre le emissioni di gas a effetto serra prodotte dall’agricoltura. Benché oltre un quarto di tutta la spesa agricola dell’UE nel periodo 2014-2020 (più di 100 miliardi di euro) sia stata destinata alla mitigazione dei cambiamenti climatici, è dal 2010 che le emissioni di gas a effetto serra prodotte dall’agricoltura non diminuiscono.
La maggior parte delle misure finanziate dalla politica agricola comune (PAC) ha infatti limitate potenzialità ai fini della mitigazione dei cambiamenti climatici, e la PAC non incentiva l’adozione di pratiche efficaci nel contrastare il cambio climatico, nell’attenuarne gli effetti e nel prevenire ulteriore aggravamento dell’impatto dell’agricoltura sul clima. E questo non è un dibattito proprio delle associazioni ambientaliste, ma – prima di tutto – è l’obbligo di chi concepisce ed implementa politiche agricole di così vasta portata – come quelle europee – di scegliere quale modello agricolo è strategicamente capace di avere un impatto positivo sul clima.
Non si tratta qui di immaginare transizioni millenarie, mantenendo di fatto un quadro di politica agricola e alimentare immutato, ma si tratta di scegliere con forza le misure necessarie a produrre un cambio ecologico nelle attività di produzione, distribuzione e trasformazione dei prodotti dell’agricoltura. E gli strumenti di questo cambio non sono né il ripetere quasi ossessivo della necessità di sostenere “l’agricoltura intelligente” (già abbondantemente criticata nelle istanze intergovernative internazionali), né includere negli eco-schemi il finanziamento all’agricoltura di precisione, da considerare – in realtà – una vera provocazione se si tiene conto della realtà che questa oggi rappresenta. È inammissibile qualsiasi premialità aggiuntiva alla cosiddetta agricoltura di precisione, dal momento che l’acquisizione di sensoristica e strumentazione digitale non è di per sé un indicatore di una reale diminuzione degli input utilizzati in azienda.
Riteniamo non pervenute o non abbastanza solide scientificamente le evidenze per cui possa essere conferita una patente di sostenibilità all’agricoltura di precisione a fronte di pesanti investimenti in tecnologia aziendale che solo un esiguo numero di aziende potrà affrontare.
Si consideri inoltre che la maggior parte delle strumentazioni tipiche dell’agricoltura digitale si basano sulla raccolta e sull’analisi massiccia di dati, sulla cui protezione e proprietà permangono enormi criticità. Ricordiamo che l’agricoltura di precisione pretende di gestire l’ottimizzazione degli input in un campo in base alle reali esigenze delle colture. Coinvolge tecnologie basate sui dati, compresi i sistemi di posizionamento satellitare come il GPS, il telerilevamento e Internet. Prevede macchine (esempio trattori) e strumenti tecnici che posseggano una capacità di raccolta dati gigantesca e piattaforme capaci di gestire tali dati. Queste piattaforme digitali sono un nuovo sviluppo nell’economia digitale e hanno fatto avanzare questo nuovo tipo di economia facilitandone la crescita che resta completamente fuori di qualunque controllo dell’azienda agricola ed – al momento – del controllo degli stessi Stati.
Mentre le cose vanno più veloci dove c’è già alta connettività e connessioni potenti in internet, che dire della gran parte dei paesi – compreso il nostro – che non hanno nemmeno l’accesso a internet stabilizzato?
Oltre all’introduzione di nuovi strumenti e pratiche, la vera promessa della agricoltura di precisione in termini di aumento della produttività risiede nella capacità di raccogliere, utilizzare e scambiare dati a distanza sulla base di prodotti che al momento – per la maggior parte – sono annunci5.
Data in ogni caso la natura annuale del pagamento degli eco-schemi, la tempistica stessa di questa misura, ripetuta continuamente in vari articoli del regolamento in approvazione, risulta inadeguata e potenzialmente in conflitto con il principio di funzionamento (ove dimostrato) delle tecnologie del precision farming, che prevede appunto la costruzione e l’analisi di una storicità di dati volta ad indirizzare razionalmente l’uso di alcune risorse.
È noto che l’agricoltura di precisione intende avvalersi di razze animali e varietà vegetali ottenute attraverso tecniche di edizione del genoma (“NBTs”). Il supporto all’uso di prodotti dell’edizione del genoma è un tentativo di eludere le normative europee sugli OGM e la sentenza della CURIA6.
E finalmente è stato introdotto un riferimento alla condizionalità sociale che dopo un estenuate negoziato con i Paesi, che non hanno dato prova di particolare sensibilità nei confronti dei lavoratori agricoli, è diventato:
“Sezione 2° – condizionalità sociale – Articolo 11 bis
Principio e campo di applicazione
- Al più tardi entro l’1/1/2025, gli Stati membri includono nei loro piani strategici della PAC che gli agricoltori e gli altri beneficiari che ricevono pagamenti diretti a norma del capo II del presente titolo o i pagamenti annuali a norma degli articoli 65, 66 e 67 del presente regolamento sono soggetti a una sanzione amministrativa se non rispettano i requisiti relativi alle condizioni di condizioni di lavoro e di occupazione o agli obblighi del datore di lavoro derivanti dagli atti giuridici di cui all’allegato XX.
- Gli atti giuridici di cui all’allegato XX relativi alle disposizioni da assoggettare al sistema di sanzioni amministrative di cui al paragrafo 1 si applicano nella versione applicabile e attuata dagli Stati membri.”
Nei fatti, la misura se sarà applicata dagli Stati lo sarà solo per gli ultimi anni della programmazione ed, al massimo, i trasgressori rischiano una sanzione amministrativa.
Al contrario sarebbe necessario prevedere un Osservatorio pubblico permanente finanziato dall’UE sulle condizioni dei lavoratori nella catena alimentare. Oltre alla conformità richiesta, è necessario stabilire processi di controllo di tale conformità che non siano lasciati ai datori di lavoro (come la “due diligence“, le autodichiarazioni o gli audit privati o le verifiche da parte delle stesse organizzazioni dei datori di lavoro), ma che garantiscano un controllo amministrativo indipendente, con la partecipazione dei sindacati, e che, oltre alla verifica documentale, includano interviste protette ai lavoratori.
Per quanto riguarda i meccanismi è necessario poter ritirare le sovvenzioni alle aziende non solo in caso di gravi inadempienze, ma anche in modo graduale per altri tipi di cattiva condotta. È necessario introdurre la possibilità di un primo rifiuto per i grandi beneficiari di aiuti (importo della sovvenzione richiesta superiore ai 100.000 euro, numero di lavoratori dichiarati), che dovrebbero presentare una certificazione preventiva basata sulla tracciabilità dei contratti (sul modello del DURC).
Ma, tutto questo non c’è al momento nel regolamento in discussione. Il Parlamento Europeo potrebbe chiedere alla Commissione di impegnarsi alla realizzazione di questi strumenti imponendo agli stati l’obbligatorietà dell’imposizione di quanto previsto dall’art.11 bis fin dal primo anno d’implementazione del PSN.
In conclusione, non è difficile immaginare come andrà il voto di novembre. Anche volendo – ammesso che sia ancora possibile – ribaltare l’accordo tra le forze politiche che dominano il Parlamento, ci si troverebbe nell’obbligo di prolungare ulteriormente la vita della vecchia PAC che, di sicuro, non è migliore della “nuova”. Ma, il Parlamento potrebbe impegnare la Commissione ad affrontare almeno i punti più importanti che sono restati disattesi o cancellati (come il capping, la questione dell’accesso alla terra, la regolamentazione del mercato, gli strumenti efficaci per il controllo della condizionalità sociale, etc.) con appropriati strumenti normativi.
- Hobsbawm, Eric and George Rudé (1973) Captain Swing: A Social History of the Great English Agricultural Uprising of 1830. New York: W. W. Norton & Company, Inc.[↩]
- https://www.europarl.europa.eu/meetdocs/2014_2019/plmrep/COMMITTEES/AGRI/AG/2021/09-09/1237378EN.pdf.[↩]
- Provisional Agreement Resulting From Interinstitutional Negotiations – AG\1237378EN.docx PE696.351.[↩]
- Report on the state of play of farmland concentration in the EU: how to facilitate the access to land for farmers (2016/2141(INI[↩]
- Manufacturing.net, 2016, John Deere On Bringing The IoT To The Farm at: https://www.manufacturing.net/news/2016/05/johndeere.[↩]
- Sentenza della Corte (Grande Sezione) 25 luglio 2018 (*) «Rinvio pregiudiziale – Emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati… – Nella causa C-528/16.[↩]