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La COP28 non sarà l’annuncio di una costituzione della terra

di Roberto
Rosso

Tra pochi giorni si apre la COP28, compaiono articoli e servizi, ma l’evento non occupa nei media lo spazio che le fosche previsioni sul cambiamento climatico, mentre le prime pagine dei giornali hanno ospitato le cronache degli eventi metereologici estremi; l’ultima, per quanto riguarda il nostro paese, è l’alluvione che ha colpito la piana alluvionale tra Firenze, Prato e Pistoia. In questi casi la citazione del cambiamento climatico è d’obbligo, si rileva l’aumento della frequenza con cui si presentano eventi estremi e si pone il problema dell’accomodamento di fronte al succedersi di questi eventi, vale dire l’adozione di quelle misure che ne possano ridurre l’impatto sul territorio. Per quanto riguarda il nostro paese non è impresa di poco conto, la sua orografia il precario equilibrio idrogeologico che ne caratterizza gran parte del territorio richiederebbero una riorganizzazione radicale, puntuale e complessiva degli insediamenti. Un’opera di riprogettazione che dovrebbe riguardare non solo e non tanto nuove opere, ma il già costruito, se la nostra società in tutte le sue articolazioni, composizione, gerarchie e poteri fosse solo in grado di pensarlo.

La piana alluvionale toscana, devastata dai torrenti in piena che la attraversano, è la migliore dimostrazione di questa condizione;  oggi si piangono i morti e si contano i danni, in un’area caratterizzata da una intensa urbanizzazione e da una fitta rete di attività produttive, si fanno i conti delle centinaia di milioni di euro necessarie quanto meno per riattivare processi produttivi, riconnettere la rete delle infrastrutture, ridare vita ad abitazioni dove le piene hanno lasciato solo una scia di fango.

Sono comunità colpite nell’intimo, nella loro storia, nella vita quotidiana, nella continuità dei progetti di vita e di lavoro, lacerate da eventi che con questa intensità non si erano mai presentati. Una lacerazione nel vissuto, ne tessuto di relazioni e di pratiche, che non prevedeva una cesura così radicale. Nel vissuto di queste comunità si comprende quanto accade a livello globale, dove il mutamento indotto dal cambiamento climatico non è introiettato nel profondo delle relazioni sociali ed economiche, non induce una trasformazione antropologica, nel senso dell’insieme dei caratteri delle formazioni sociali, del loro modo di riproduzione, delle culture e delle relazioni, dei modi di vita.

Di fronte alla crescita delle contraddizioni, dei conflitti e delle guerre si discetta della fine della globalizzazione come l’abbiamo conosciuta sino ai primi anni di questo secolo, ciò nonostante le diverse regioni del globo competono all’interno del medesimo orizzonte tecnologico, economico e finanziario. La transizione energetica verso le energie rinnovabili con l’abbandono progressivo delle fonti fossili è l’obiettivo dichiarati di ogni governo o quasi, quanto meno a parole, ma come abbiamo evidenziato più volte gli orizzonti dell’azzeramento delle emissioni, il cosiddetto ‘net zero’, è spostato molto in avanti negli anni dai principali produttori di emissioni di gas climalteranti; d’altra parte il contributo al riscaldamento globale in termini di emissioni non inizia oggi e vede il contributo prevalente dei paesi sviluppati, protagonisti dello sviluppo tecnologico e produttivo sino alla fine del periodo fordista, come dimostrano gli indici economici globali.

Quando parliamo di giustizia climatica non possiamo semplicemente fare una fotografia del presente ed una previsione sul futuro in termini medi, poiché gran parte dell’umanità subisce gli effetti del riscaldamento globale avendo contribuito in misura minima.  Il risarcimento dovuto ai paesi più poveri e più danneggiati, il riequilibrio dei costi in termini di accomodamento e mitigazione richiederebbe flussi per centinaia di miliardi di euro l’anno, siamo ben lontani da questo obiettivo. Basta leggere, a costo di ripeterci1 cosa si diceva alla vigilia della COP27 in un articolo della Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile2

Il disaccoppiamento tra le economie, in particolare tra gli Stati Uniti e la Cina, la cui integrazione era stato il motore della fase montante della globalizzazione, crea una competizione crescente proprio nel campo della transizione energetica in termini di materie prime e tecnologie.

La rottura drammatica di un modo di vivere, riprodursi e trasformarsi, continuando a godere dei servizi ecosistemici forniti dal proprio territorio, che ha colpito le comunità che vivono nella pina alluvionale tra Firenze, Prato e Pistoia, accade sempre di più a comunità distribuite in tutte le regioni del globo. Un articolo del Guardian intitolava Extreme drought in northern Italy mirrors climate in Ethiopia3 faceva un parallelo tra i periodi di siccità che hanno colpito l’Italia del Nord e L’Etiopia. Citando una ricerca di WaterAid e dalle università di Cardiff e Bristol4 si sottolinea il carattere erratico, imprevedibile dei fenomeni metereologici estremi, non solo, anche l’incremento e l’alternarsi nelle stesse regioni di fenomeni opposti.

La siccità estrema nell’Italia settentrionale è raddoppiata negli ultimi due decenni, creando un clima che rispecchia sempre più quello dell’Etiopia e del Corno d’Africa. L’analisi delle immagini satellitari e dei dati da parte degli scienziati rivela come il riscaldamento globale stia creando un ‘effetto colpo di frusta’, creando fenomeni estremi dal carattere erratico. L’analisi dei dati climatici rilasciati da WaterAid e dalle università di Cardiff e Bristol rileva che, sotto pressioni climatiche estreme, le aree che prima sperimentavano frequenti siccità sono ora più soggette a frequenti inondazioni, mentre altre regioni storicamente soggette a inondazioni ora sopportano siccità più frequenti.”

L’innovativa ricerca ha esaminato la frequenza e l’entità dei rischi di inondazioni e siccità negli ultimi 41 anni in sei paesi in cui opera WaterAid: Pakistan, Etiopia, Uganda, Burkina Faso, Ghana e Mozambico, aggiungendo l’Italia per un confronto europeo per evidenziare il fatto che gli impatti del cambiamento climatico non discriminano per regioni del globo5.

Per le comunità che vivono in prima linea in questi “capovolgimenti del rischio climatico” (climate hazard flips), le conseguenze sono devastanti: spazzando via i raccolti e i mezzi di sussistenza, danneggiando le infrastrutture di approvvigionamento idrico spesso fragili, interrompendo i servizi di approvvigionamento idrico ed esponendo le persone a malattie e morte6.

Una conseguenza di questa alternanza di fenomeni estremi è la scarsità  d’acqua7 che è particolarmente grave in particolare in alcune regioni del globo, ma riguarda le arre più sviluppate come la Pianura padana in Italia o la California negli stati Unit.

Ciò che ci interessa evidenziare, prendendo lo spunto dalle vicende di casa nostra, è la mancanza di una coscienza condivisa probabilmente in quasi tutte le società del carattere radicale e profondo delle trasformazioni indotte dal cambiamento climatico nel vissuto di tute le comunità e popolazioni. Le scelte a livello di governi e classi dirigenti riflettono il posizionamento di ogni paese nell’economia, nella formazione sociale globale, entro un sistema di rapporti globali in via di ridefinizione continua, un procedere nel quale non si intravvedono nuovi assetti stabili a cui giungere, l’astronave non individua un nuovo pianeta su cui atterrare mentre il vecchio si sta degradando. Il cambiamento climatico produce per un verso quella serie di eventi climatici estremi che accadono con sempre maggior frequenza, contemporaneamente si producono mutazioni progressive dei caratteri con cui si manifesta il succedersi delle stagioni, l’andamento delle precipitazioni e delle temperature che mettono in crisi l’equilibrio degli ecosistemi, già sconvolti dall’azione antropica diretta.

Siamo di fronte alla perdita di punti di equilibrio attorno ai quali più o men si sono riprodotte le formazioni sociali a livello, locale, regionale e globale. Quali le conseguenze sulla struttura, la coscienza, i comportamenti, la struttura emozionale degli individui e delle comunità, quale mutamento antropologico è in corso. Mutamenti progressivi, uno per uno non percepiti, si manifesteranno di colpo per un effetto cumulativo, per il superamento di determinate soglie?

Assuefatti al cambiamento?

Il carattere del rapporto sociale di produzione dominante è quello di indurre una mutazione continua, in realtà per rotture, salti e riposizionamenti. Al di là di ogni ideologia, consolatoria, le crisi dei sistemi economici e finanziari si succedono con una frequenza che i modelli economici dominanti, insegnati nelle università non contemplano. Gli eventi considerati marginali e quasi impossibili, collocati nelle code di una curva gaussiana, in realtà sono collocati in modelli nei quali le code sono molto più spesse e gli eventi in esse parametrizzati sono ben più probabili.

L’articolo di commento al convegno Il collasso della biosfera e i compiti della politica8, era intitolato Un mondo senza speranza ovvero una antropologia della catastrofe?9. È possibile vivere entro un orizzonte catastrofico senza che operi un principio di speranza? Scrivevamo infatti quanto segue

La perdita della speranza, di un orizzonte condiviso di trasformazione, di progetto di futuro concretamente praticato attraverso un processo di lotta, retroagisce sulla possibilità di agire per ricostruirlo. Un principio di speranza sostiene e si sostiene di ogni pratica tendente, finalizzata alla costruzione, alla autodeterminazione del proprio futuro.

La richiesta della pace contro il proliferare delle guerre e degli apparati militari, è una reazione a questo stato di cose, ma non è in grado di costruire una speranza condivisa, che si riconosce in pratiche diverse tra di loro, ma comunemente indirizzate a costruire un futuro condiviso, pratiche efficaci, caratterizzate da capacità concrete di indurre trasformazioni. Non a caso si affidano le proprie speranze a nuovi equilibri geopolitici di cui sono protagonisti regimi fondati su pratiche, principi ed ideologie discriminatorie, repressive e regressive.

Queste considerazioni costituiscono una domanda su come questo principio di speranza possa essere ritrovato, concretamente ricostruito, al di là delle dichiarazioni di principio, vissuto, sentito, interpretato e condiviso. La mancanza di questo sentire condiviso non può che farci rinchiudere in pratiche di autoconservazione sempre più parcellizzate ed in realtà sempre più feroci.”

La domanda tuttavia deve essere specificata, vale a dire: al di là dell’esperienza della guerra, delle diseguaglianze sociali crescenti, siamo consapevoli, abbiamo introiettato il procedere del nostro sistema sociale verso un orizzonte catastrofico? Quello di un cambiamento climatico, indotto dal riscaldamento globale, che si relaziona sinergicamente con ogni altro processo di crisi, le valorizza, ne viene esaltato, ne costituisce il contenitore. Come si diceva il vivere entro un sistema che fa del principio del cambiamento, dell’innovazione ad ogni costo il suo motivo dominante -che rompe tutti legami che portano a condividere conoscenze e relazioni, a riprodurre sistemi e forme di vita, dove le differenze si relazionano entro logiche che l’ecologia oltre che la sociologia ci ha insegnato- ci impedisce di comprendere nel suo divenire la traiettoria intrapresa dai nostri sistemi sociali e di vita.

Ferrajoli in quel convegno ha proposto un ‘demanio globale’ una costituzione della terra, rispondendo a questo orizzonte di crisi con una proposta altrettanto globale e radicale, proponendo ai popoli della terra di assumere una responsabilità comune, a commento abbiamo scritto quanto segue “Ferrajoli, con la competenza ed il rigore che lo contraddistingue, ha proposto un ‘demanio globale’, una costituzione della terra poiché l’enunciazione di principi e diritti universali non ha nessun valore senza istituzioni di garanzia, quindi afferma la necessità di un demanio globale nel quale siano iscritti i beni da tutelare, iscritti in un catalogo ‘infinito’, poiché non finito e non limitato è il complesso degli ecosistemi, delle dinamiche climatiche, quindi non un catalogo di proprietà, di oggetti, ma un sistema prodotto dall’evoluzione delle forme di vita, delle soggettività come si sono venute costituendo dalla nascita della vita su questo pianeta ad oggi, al momento in cui questa soggettività globale, questa rete globale di soggettività, è messa radicalmente a rischio di estinzione.”

È possibile una costituzione della terra?

In altri termini una costituzione della terra richiede che le ‘società dell’uomo’, il genere umano riconosca nelle sue forme di governo, nei suoi valori, nelle sue pratiche individuali e collettive, nelle forme della sua riproduzione l’appartenenza alla rete della vita, delle forme di vita, degli ecosistemi che abitano e permettono la riproduzione di quel sistema climatico che sta deragliando.  Tuttavia quale costituzione della terra ovvero i suoi prodromi, le sue manifestazioni parziali, emerge -nel senso dell’emergere di nuove proprietà nei sistemi complessi- dal manifestarsi, del farsi consapevole del disagio che gli eventi estremi ed i mutamenti progressivi producono in noi in forme disparate e parcellizzate, diventando coscienza collettiva, sapere di comunità, discriminazione di classe. Discriminazione di classe, poiché come abbiamo detto più volte, in questo contesto, nell’intreccio delle crisi, si afferma una logica neo-darwiniana (caricatura grottesca dell’evoluzione darwiniana che le scienze sono venute aggiornando) nella quale i processi di innovazione nel contesto del rapporto di capitale riservano ad una minoranza condizioni quanto meno dignitose, in grado riprendersi, ricollocarsi e adeguarsi, in quel contesto di eventi estremi e di cambiamenti progressivi. Per capire il mondo in cui viviamo, il mercato dei prodotti dell’economia del lusso, classificati in sette categorie dai vini ai vestiti e ai gioielli, di cui tanta parte della produzione avviene in  Italia,  in una ricerca si prevede “guardando alla fine del decennio, è probabile che il mercato dei beni di lusso personali – nel 2030 – raggiunga un valore compreso tra 530 e 570 miliardi di euro, circa 2,5 volte la dimensione del mercato del lusso del 2020, grazie ai suoi fondamentali solidi”10. Come si evince dall’articolo non manca una riverniciatura in termini di ‘responsabilità sociale e ambientale ’-per capire la reale situazione possiamo riferirci allo sciopero, alla lotta delle operaie tessili del Bangladesh- oltre all’immancabile utilizzo dell’Intelligenza Artificiale

E’ necessario diventare consapevoli, investigare il cambiamento a livello antropologico indotto dalle trasformazioni radicali in corso, nel quale il processo di innovazione tecnologica -trainata dalle  tecnologie  digitale in quel contesto dall’espandersi dalle varie declinazione della cosiddetta Intelligenza Artificiale- non appare in grado di contrastare globalmente, ma solamente in modo fortemente selettivo e discriminatorio, il cambiamento climatico ed il crollo degli ecosistemi regionali e continentali. Tanto meno è in grado di invertire la tendenza alla crescita delle diseguaglianze.

In proposito alcune note si ritrovano negli ultimi articoli scritti, oltre a quello già citato: Intelligenza Artificiale, la grande trasformazione: governo e mutazione antropologica11, Tra catastrofi e rivoluzioni (tecnologiche) senza liberazioni12.

Nelle prossime settimane, durante e dopo lo svolgimento della COP28 avremo modo di analizzare l’andamento della ventottesima Conferenza delle Parti.

Roberto Rosso

  1. https://transform-italia.it/della-conferenza-sul-clima-e-della-ricostruzione-di-un-possibile-futuro/#footnote_0_33107  []
  2. https://asvis.it/editoriali/1288-13929/cop-27-senza-il-rapido-taglio-delle-emissioni-i-danni-da-pagare-saranno-inestimabili  []
  3. https://www.theguardian.com/environment/2023/nov/14/extreme-drought-in-northern-italy-mirrors-climate-in-ethiopia []
  4. https://www.wateraid.org/uk/media/africa-droughts-became-more-frequent-more-intense-and-widespread-over-the-last-four-decades    https://phys.org/news/2023-11-reveals-extreme-fluctuations-drought-devastating.html []
  5.   https://phys.org/news/2023-11-reveals-extreme-fluctuations-drought-devastating.html []
  6. ibid. []
  7. https://phys.org/news/2023-11-south-asia-worst-world-scarcity.html https://www.nature.com/articles/s44221-023-00040-5.epdf?sharing_token=Q7gh7ylwUxxFc9nwHUxaotRgN0jAjWel9jnR3ZoTv0PgIO8qj4_9Dplvo9OtFAjxhHfaCX8VTYLe4towwNokfQHJlbL1eAxOaGOxzDZ8sA0WyyIRTmT5UszYisFZZTu6OXqhnXXWld7HNke8U3pftWI2kbPcpYHf8At-auBUCaWnbYdbP7GYQBBb9RELQ5A3BtHEyt9qZeS8vUminZSPzetBdMEXgohbK4_q5_WqDBo%3D&tracking_referrer=www.washingtonpost.com []
  8. https://transform-italia.it/il-collasso-della-biosfera/ []
  9. https://transform-italia.it/un-mondo-senza-speranza-ovvero-una-antropologia-della-catastrofe/ []
  10. https://www.bain.com/it/about-bain/media-center/press-releases/italy/2023/Il-mercato-globale-del-lusso-registra-una-performance-positiva-post-record-2022-ed-e-destinato-a-crescere-ulteriormente-nel-2023-nonostante-le-incertezze/  https://www.unint.eu/corso-di-laurea-magistrale-in-economia-e-management-internazionale-lusso-made-in-italy-e-mercati-globali []
  11. https://transform-italia.it/intelligenza-artificiale-la-grande-trasformazione-governo-e-mutazione-antropologica/ []
  12. https://transform-italia.it/tra-catastrofi-e-rivoluzioni-tecnologiche-senza-liberazioni-2/ []
cambiamento climatico, costituzione della terra, policrisi
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