Europa, quando i nostri compagni si dividono
Per chi, come noi di transform, la dimensione europea è quella quotidiana della politica e le forze della sinistra europea sono le nostre compagne e i nostri compagni, le notizie che arrivano non solo non sono buone ma sono anche dolorose.
In Europa ci si divide. Accade in Germania alla Linke, che perde anche il suo gruppo parlamentare. In Grecia a Syriza, e la nostra mente va a quella bella stagione dell’Altra Europa con Tsipras. E anche in Francia la Nupes sembra avviarsi a ranghi sparsi alle elezioni europee.
Innanzitutto per noi come già detto sono compagne e compagni con cui da tanto tempo facciamo un cammino comune. Dalla nascita del Partito della sinistra europea sono ormai passati quasi 20 anni, era il 2004 a Roma che fu fondato. Ancora prima nacque il gruppo parlamentare europeo del Gue-Ngl, oggi The Left, in cui chi scrive ha militato.
Sono stati anni duri. Mano mano che si veniva costruendo l’Europa Reale, liberista, ademocratica e guerresca, si è provato a tenere aperta la porta di un’altra Europa. Aiutati a lungo dai movimenti alter europeisti poi purtroppo defluiti.
Noi in Italia viviamo da tempo una crisi di frammentazione e dunque sappiamo le sofferenze e le difficoltà a riemergere.
Anche per questo, e per il rispetto e l’affetto verso tutti coloro che si cimentano nell’impresa dura e difficile di riaprire una prospettiva, vogliamo parlare di ciò che accade con la dovuta attenzione e sentendoci partecipi e non arresi alla impossibilità di continuare ed estendere la nostra presenza sociale, politica e parlamentare.
Se si può dire qualcosa ora a caldo forse sono due i temi più difficili da scalare.
Quello del cambiamento in Europa e di come passa per i governi nazionali ma così segnato dal contesto dell’Europa reale, quella di Maastricht. È il nostro cruccio: cambiare l’Europa per non essere sconfitti Paese per Paese.
Il secondo è l’Europa nella guerra orwelliana, nella nuova fase della globalizzazione che vede i dominanti combattersi ma continuare a spartirsi il bottino. Questa Europa è altra da quella della Pace e del modello sociale e democratico. E lo sono i singoli Paesi. Il revisionismo storico è andato oltre l’immaginabile. Reinterpretare questo quadro e i singoli profili dei nostri Paesi e anche i conflitti è difficile. Ma necessario. Noi continueremo a provarci e daremo conto e voce di chi si sta dividendo e di come cercare una nuova unità.
I socialisti europei, divisi, tra guerre e pause “umanitarie”
Ci ha provato Elly Schlein con il suo “cessate il fuoco umanitario” a trovare una convergenza parallela di memoria morotea tra le posizioni che dividono i socialisti europei. Riuniti a congresso a Malaga i membri del PSE sembrano non aver trovato una “sintesi” tra chi, come gli Spagnoli, chiede il cessate il fuoco o, come gli Irlandesi, si spinge a proporre il rinvio alla Corte penale di Netanyahu. La rigida posizione della SPD tedesca, schiacciata sull’appoggio pressoché incondizionato al governo di Israele, ha esasperato il confronto. D’altronde al Parlamento Europeo la grande maggioranza dei deputati socialisti ha già votato contro il cessate il fuoco. Il giochino linguistico di Schlein dunque non ha trovato ascolto e, per altro, non c’è un qualche protagonismo visibile del PD.
Mentre per il PCI l’ancoraggio all’ONU era elemento imprescindibile, per il PD prevale ormai l’adeguarsi comunque al campo occidentale. E i tenui distinguo sono talmente flebili da risultare inascoltabili. Il campo occidentale, ormai è evidente, si muove in una logica di suprematismo, di doppi regimi, di indifferenza al diritto internazionale quando si tratta dei “propri partner”.
E i socialisti europei sono parte fondatrice di questa deriva tragica.
Che è cominciata da tempo. Non a caso con le “guerre umanitarie”, un ossimoro devastante, fatte quasi sempre sostituendo il diritto internazionale con la forza. Dalla dissoluzione della ex Jugoslavia all’attuale fase del conflitto in Medio Oriente, passando per Iraq (la guerra basata su acclarate falsità pagate da chi le ha denunciate e cioè Assange e non da chi le ha usate e cioè Blair e Bush), Afghanistan, Libia, Ucraina, l’Occidente ha scelto di agire per la supremazia e non per la Pace. Ed eccoci al macabro balletto sulle tregue umanitarie.
Proprio perché l’arbitrio si è sostituito al diritto occorrerebbe oggi più che mai ancorarsi al diritto internazionale nato dalla tragedia di due guerre mondiali. Ed essere rigorosi nelle ricostruzioni degli eventi storici e presenti, nelle categorie di analisi. L’esatto contrario di quanto fanno dominanti, mass media e istituzioni occidentali (naturalmente non solo essi e con importanti eccezioni). Certamente dovrebbe colpire e fare riflettere oltre l’orrore della guerra e dei bombardamenti e lo scempio delle vittime l’immagine dei soldati israeliani che espongono la bandiera del loro Paese nel Parlamento di Gaza. Immagini così sono un vilipendio. Certo sono i morti a straziarci ma anche il fare a pezzi le norme elementari del rispetto degli altri.
In questo quadro la dichiarazione su Gaza (che pubblichiamo, in spagnolo, in coda) scaturita dal forum delle alternative promosso dal Partito della sinistra europea e da altri progressisti tenutosi a Madrid nei giorni scorsi è un fatto importante, una speranza e un impegno.
di Roberto Musacchio
DECLARACIÓN SOBRE PALESTINA
El VII Foro Europeo de las Fuerzas de Izquierda, Verdes y Progresistas condena todas las acciones de violencia terrorista cometidas en Israel, Gaza, Cisjordania y Líbano.
Apoyamos las declaraciones del Secretario General de la ONU, que ha pedido un alto el fuego inmediato, la retirada de las tropas israelíes de Gaza y la liberación de los rehenes en poder de Hamás.
Pedimos la liberación de los presos políticos en las cárceles de Israel y expresamos nuestra repulsa hacia la política de apartheid a la cual el gobierno de Israel somete al pueblo palestino así como la entrada del ejército de Israel en Gaza, contraria al derecho internacional. Sobre todo, condenamos los bombardeos indiscriminados del ejército israelí sobre la Franja de Gaza, auténticos crímenes de guerra, cuyos responsables deben rendir cuentas ante el Tribunal Penal Internacional.
Reiteramos que la consecución de una paz duradera y estable pasa por el reconocimiento de un Estados Palestino viable y plenamente soberano, junto al de Israel, en los términos definidos por las diferentes resoluciones de Naciones Unidas.