Come allo scoppio della guerra ucraina molti si scoprirono esperti di cose militari, con lo scoppio della guerra di Gaza, molti si sono scoperti esperti di diritto internazionale e diritto bellico. Qualcuno lo è davvero ed è significativo che i media diano spazio a voci che per decenni sono state sistematicamente ignorate, dopo che a seguito del fatto del sette ottobre si sarebbe voluto chiudere la faccenda come voleva il governo israeliano: Hamas ha commesso un orrendo crimine, sterminiamo Hamas e tutti quelli che hanno la disgrazia di stargli vicino.
Su il Fatto Quotidiano del 12 novembre interviene Triestino Mariniello che, da esperto qualificato, ci porta all’interno del complicato meccanismo della Corte Penale Internazionale de L’Aja, l’organismo regolato dal Trattato di Roma e di cui Stati Uniti, Israele Russia e Cina non fanno parte i primi tre perché hanno sottoscritto il trattato ma non l’hanno ratificato, la Cina perché non lo approva.
La Corte può inviare propri esperti, accertare se sono stati commessi crimini che rientrano nel lungo elenco dei crimini contro l’umanità o di guerra. Spetterà poi al procuratore decidere se iniziare l’azione penale.
Dunque la Corte Penale può indagare, ma non tutti i casi sono affrontati alla stessa maniera. Nel caso dell’Afghanistan, il procuratore generale Khan affermò nel marzo 2021 – che i crimini di guerra che potevano essere stati commessi dagli occupanti non sarebbero stati perseguiti per quanto ci fossero indagini preliminari, testimonianze e prove di gravi violazioni.
La motivazione, esplicita e chiara, era che non c’erano soldi e quelli che c’erano si potevano spendere meglio, per cui la partita si chiudeva lì. La procuratrice precedente Fatouh Bensouda era stata di parere diverso. Lei e i magistrati che collaboravano con lei erano stati minacciati, insultati e sottoposti a sanzioni dall’amministrazione americana. Il segretario Pompeo aveva dichiarato che i processi della Corte Penale Internazionale erano processi farsa, “processi canguro” secondo la tipica espressione americana. Restava aperta invece l’indagine e sarebbero stati presi tutti i provvedimenti riguardanti eventuali crimini commessi dai talebani nello stesso periodo. Il lettore può essere autorizzato a pensare che nel secondo caso la Corte abbia trovato degli sponsor e magari, se aumentavano i finanziamenti, gli sponsor potevano anche sperare in un giudizio a loro favorevole. Questi erano del resto gli argomenti dall’amministrazione americana nella sua polemica con la gestione Bensouda; e che per la CPI ci fossero figli e figliastri era un sospetto che parecchi governi africani avevano reso pubblico vedendo tra gli imputati un numero esorbitante di facce nere. Fino al 2016 il 100% degli imputati e dei ricercati
Un secondo tipo di trattamento è quello toccato all’Ucraina invasa dalla Russia. Ce lo racconta Triestino Mariniello del team legale della Corte Penale Internazionale. In quel caso ben 43 paesi si sono rivolti alla CPI. Sull’Ucraina il Procuratore Kahn, lo stesso che non aveva fondi per investigare in Afghanistan, si è mosso con solerzia fin dal marzo 2021 e ha mandato in Ucraina 40 investigatori, grazie agli stati che hanno fornito finanziamenti ad hoc per questo curioso modello di giustizia a pagamento.
Per la Palestina niente di tutto questo, anzi semmai il contrario perché Gran Bretagna e Germania hanno fatto opposizione formale alle indagini e questo nonostante Israele risulti essere quanto meno uno stato sospetto che dal 1948 non ha ottemperato a centinaia di risoluzioni delle Nazioni Unite e che decine di rapporti ONU denunciano come stato che pratica una politica di apartheid1.
L’Autorità Palestinese, o piuttosto lo Stato di Palestina secondo il titolo che gli compete in quanto Stato Parte che aderisce al Trattato di Roma del 1998, si è rivolta alla CPI dopo l’operazione Piombo fuso del 2009, ma da allora non è stato emesso alcun mandato. Nel caso presente, gli Stati Uniti hanno minacciato che toglieranno qualsiasi sostegno economico alle Autorità Palestinesi nel caso queste decidessero di fare nuovamente ricorso alla CPI.
Insomma, se non si può pagare direttamente la Corte finanziandone le attività, si minacciano e intimidiscono la Corte medesima e quelli che potrebbero portare davanti alla Corte stessa le loro ragioni.
In Palestina esiste il rischio genocidio e i palestinesi sono stati chiamati – da parte di autorità responsabili israeliane – “bestie umane”, “animali” e di loro si è detto “non esistono civili innocenti: a Gaza sono tutti colpevoli”. È un fenomeno storico affatto nuovo: come per i negri la deumanizzazione è la fase verbale che precede lo sterminio, la pulizia etnica, la punizione collettiva.
Anche i più accaniti sostenitori della politica del governo israeliano evitano invece di parlare dei territori occupati perché per gli interessi che difendono è un terreno scivoloso. Se ci sono – e ci sono ufficialmente – dei territori occupati c’è una potenza occupante e una forza militare d’occupazione. L’occupazione, giusta o ingiusta che sia, non costituisce di per sé un crimine contro l’umanità ma il mastodontico crimine contro l’umanità della colonizzazione non può essere negato ed è sotto gli occhi di tutti. Anche per questo i sostenitori del governo israeliano dicono che Gaza non è più territorio occupato da quando Israele, nel 2005, ha ritirato dalla Striscia i suoi 8.500 coloni e le truppe che la presidiavano. Tuttavia, le norme del diritto internazionale dicono altro.
Articolo 42
L’articolo 42 della IV Convenzione de L’Aja (1907) è striminzito, ma chiaro. Dice infatti: “Un territorio è considerato occupato quando si trovi posto di fatto sotto l’autorità dell’esercito nemico”.
Nel caso della Striscia è Israele che controlla i confini della Striscia di terra, di mare e dell’aria, compresi i giacimenti off shore nelle acque internazionali prospicienti la Striscia. Controlla i movimenti delle persone, in particolare da quando nel 1991 è stato revocato il “permesso di uscita generale” che permetteva ai cittadini di Gaza di recarsi in Cisgiordania senza richiedere speciali autorizzazioni. Controlla l’ingresso e l’uscita delle merci e stabilisce – anche in condizioni di pace -quanta acqua, quanto carburante, quanta farina può entrare a Gaza. Stabilisce la razione alimentare disponibile per ogni cittadino adulto (2.100 calorie). Controlla i flussi finanziari. Controlla e autorizza attività come la pesca e l’agricoltura, stabilendo le distanze che le colture di Gaza devono avere dagli insediamenti israeliani; controlla l’anagrafe e decide dei cambiamenti di residenza di cittadini di Gaza, E si potrebbe continuare a lungo con questa dolorosa e oppressiva lista. Ma oltre a questo, Israele compie nella Striscia esecuzioni mirate, rapimenti e, periodicamente, incursioni e punizioni collettive. Tutto ciò insomma che può fare una potenza occupante a prescindere che lo spazio sia rastrellato costantemente dalle sue truppe. E se così non fosse, al momento dell’inizio dell’azione militare, avrebbe dovuto o dichiarare guerra all’Autorità Palestinese o chiederle l’autorizzazione a entrare nel suo territorio, ma non risulta che abbia fatto né l’una né l’altra cosa, a conferma che considera la Striscia di Gaza nella propria esclusiva disponibilità, appunto come territorio occupato.
- L’Italia è sistematicamente favorevole alle proposte d’indagine della CPI tranne che a quelle su Israele per le quali si astiene.[↩]