di Matyas Benyik* – Dal momento in cui il Fidesz Party del primo ministro Viktor Orbán è arrivato al potere nel 2010 (lo scorso aprile ha riportato una vittoria schiacciante), è stato oggetto di una sempre più severa critica da parte dell’Unione Europea per le sue misure repressive contro le istituzioni democratiche. Le politiche anti-migranti di Orbán, che sono state condannate dall’UE, si sono dimostrate particolarmente popolari nell’Ungheria rurale e Orbán ha trovato alleati in Polonia e in Italia. La sua democrazia illiberale è apprezzata in Francia, nei Paesi Bassi e negli Stati Uniti.
Orbán è stato accusato di essersi progressivamente impadronito di istituzioni precedentemente indipendenti, nonché di aver esteso il controllo del governo sulla maggior parte dei media ungheresi. Ha nominato un vecchio amico a capo del sistema giudiziario, ha riempito la Corte costituzionale di lealisti, ha alterato il processo elettorale per favorire il suo partito, ha portato la maggior parte dei media ungheresi sotto il controllo dei suoi più stretti alleati e ha nominato amici e colleghi di partito alla guida di istituzioni di controllo dello Stato, compresa la Procura della Repubblica.
All’inizio di quest’anno, il Parlamento europeo ha deciso di avviare un processo disciplinare (a norma dell’articolo 7) nei confronti dell’Ungheria per la sua erosione di tutte le norme democratiche (dai media ai migranti). La decisione è arrivata sulla scia della legge ungherese “Stop Soros” – dal nome del famoso nemico di Orbán George Soros – che ha vietato alle ONG di assistere i migranti privi di documenti.
Lo scorso fine settimana circa diecimila manifestanti si sono radunati sotto il Parlamento ungherese per protestare contro le modifiche alla legge sul lavoro, modifiche note come “legge sugli schiavi”. Gli emendamenti in votazione hanno attirato nelle strade di Budapest molte persone che hanno protestato contro le norme che si vogliono introdurre, urlando slogan e bloccando le autostrade, chiedendo un aumento degli stipendi piuttosto che un aumento delle ore di lavoro straordinario. I manifestanti, che urlavano “Orbán vai al al diavolo!”, appartengono a diversi sindacati, partiti di opposizione, società civile e organizzazioni studentesche.
Il 12 dicembre i legislatori hanno votato a maggioranza (130 sì, 52 no e 1 astensione), l’approvazione della “legge sugli schiavi”. Le modifiche includono l’aumento (da 250 a 400) del numero massimo di ore di lavoro straordinario che i lavoratori possono fare in un anno e l’allentamento di altre regole che disciplinano il lavoro. Le nuove norme, inoltre, concedono ai datori di lavoro tre anni (invece di uno) per pagare gli straordinari. Un altro emendamento consente ai datori di lavoro di trattare direttamente con i lavoratori, aggirando la contrattazione collettiva e le organizzazioni sindacali.
Altre leggi controverse sono state approvate nonostante le vivaci proteste dei deputati dell’opposizione, che hanno suonato le sirene, fischiato e contestato ferocemente Orbán. Il Parlamento ungherese è stato teatro di scene di tumulto. L’opposizione afferma che la procedura di voto era completamente contraria alle regole della Camera e per questo non è valida.
Fidesz ha fatto approvare anche un’altra legge controversa, che creerà nuovi tribunali, supervisionati dal ministro della giustizia, per trattare casi riguardanti le tasse e le elezioni: si tratta della creazione di un sistema parallelo di tribunali che garantisce il controllo esecutivo sul sistema giudiziario. Quando il nuovo sistema inizierà a operare (entro i prossimi 12 mesi), il ministro della giustizia di Orbán controllerà l’assunzione e la promozione dei giudici, che avranno giurisdizione sui casi relativi alla “pubblica amministrazione”, comprese questioni politicamente delicate come la legge elettorale, la corruzione e il diritto di manifestare.
Poco dopo la votazione di mercoledì, a tarda notte circa duemila persone, al grido “Orbán vai al diavolo!”, hanno marciato attraverso Budapest e si sono incontrate sui gradini del Parlamento. Alcuni manifestanti hanno lanciato oggetti contro la polizia, che ha risposto con spray al peperoncino e ha arrestato 35 dimostranti, tra cui il leader degli studenti dell’Università Centrale Europea (CEU).
Giovedì si è svolta una nuova manifestazione contro la “legge sugli schiavi” in piazza Kossuth, presso il palazzo del Parlamento. Circa mille manifestanti hanno chiuso due ponti di Budapest e sono poi tornati in piazza Kossuth, restando fino a tarda notte davanti al Parlamento, dove erano schierati i poliziotti. Più tardi ci sono stati scontri in diversi luoghi del centro di Budapest. A tarda notte, a Király Street, la polizia – che ha anche usato i gas lacrimogeni – ha arrestato 16 manifestanti.
14 dicembre 2018
* Presidente di ATTAC Hungary e Membro della rete dell’ Hungarian Social Forum.