articoli

Storia del complottismo (quarta parte)

di Franco
Ferrari

Le teorie cospirazioniste nascono o si diffondono spesso in coincidenza con dei cambiamenti sociali importanti come abbiamo visto nelle puntate precedenti. Prima la Rivoluzione francese, poi la Rivoluzione d’ottobre e le conseguenze della guerra sulla Germania, la crisi della Francia in conseguenza della sconfitta nella seconda guerra mondiale. Ma ne nascono continuamente a fronte di quasi ogni evento politico o di cronaca di un qualche rilievo.

L’uccisione del Presidente Kennedy ha prodotto una vera propria industria editoriale di ipotesi complottistiche che respingevano la ricostruzione ufficiale che attribuiva l’assassinio all’opera di un killer solitario. Anche eventi non direttamente politici come la morte improvvisa di Marylin Monroe hanno sollecitato la fantasia, normalmente implicando nell’ipotetico complotto messo in atto per nascondere la realtà la famiglia Kennedy, e non sono mancate teorie che contestavano l’idea del suicidio di Luigi Tenco durante un Festival di Sanremo. Un’enciclopedia americana ha potuto raccogliere informazioni su quasi 200 teorie cospirazioniste che gli specialisti tendono poi a distinguere a seconda del grado di complessità e degli obbiettivi che si pongono gli attori del complotto.

Le teorie del complotto possono essere quindi essere classificate a seconda del tipo di spiegazione che propongono. Un autorevole studioso americano del cospirazionismo, Michael Barkun, ha proposto di raccoglierle in tre categorie:

  • le “cospirazioni evenemenziali”: in questo caso la cospirazione è ritenuta responsabile per un limitato, specifico evento o per una serie di eventi. Un esempio tipico è l’assassinio di Kennedy. Le forze cospiratrici avrebbero focalizzato le loro energie su un obbiettivo limitato e molto specifico.
  • le “cospirazioni sistemiche”: in questo caso si ritiene abbiano obbiettivi più ampi come il controllo di uno Stato, di un’area geografica comprendente più Stati o al limite del mondo intero. Ad agire di solito è una singola organizzazione malvagia che persegue il suo scopo infiltrando le istituzioni esistente. È lo scenario che vede al centro gli Illuminati, gli ebrei, la Sinarchia che abbiamo richiamato nelle puntate precedenti, ma l’elenco può proseguire con la massoneria, il Bilderberg e così via.
  • Le “supercospirazioni”: si tratta di costruzione complesse che collegano a loro volta tutte le altre cospirazioni minori. Al vertice della gerarchia cospirativa opera una forza onni-potente che manipola tutte le altre. Queste idee di “supercospirazioni” hanno avuto successo grazie ad alcuni autori come David Icke (e i suoi rettiliani), ma sono meno frequentemente utilizzate da attori politici e restano in genere credenza di frange marginali. In una certa misura possono rientrare in questa categoria le elaborazioni del gruppo di Lyndon LaRouche che inquadrano migliaia di anni di storia in un conflitto permanente tra due grandi gruppi cospirativi. In questo caso, a differenza di quasi tutte le altre teorie, vi sono cospiratori “buoni” che si contrappongono a cospiratori “cattivi”.

La visione del mondo complottista, secondo quanto scrive ancora Michael Barkun, implica l’idea che la realtà sia sempre governata dall’intenzione e mai dalla casualità. Da questa deriva l’assunzione  di tre principi che sono presenti in ogni teoria cospirativa: 1) nulla avviene per caso; 2) niente è come sembra; 3) tutto è collegato. Non esistendo la casualità, ma nemmeno l’azione di forze identificabili come strutture dotate di una certa logica interna che condiziona l’azione di qualsiasi soggetto (singolo o collettivo), ne consegue diventa importante individuare l’agente della cospirazione, il “cattivo” della storia. Spesso questo è indicato in modo specifico, ma in altri casi la narrazione sfuma in un generico “loro”. John Ronson, un giornalista che ha indagato sulla mentalità dei complottisti, prima ancora che sulle varie teorie cospirative, ha per l’appunto intitolato il libro nel quale ne ha ricostruito le concezioni: “Loro” (“Them”, nell’originale inglese).

QAnon e ascesa del trumpismo

All’inizio di QAnon si trova un’altra teoria cospirativa che si è diffusa negli Stati Uniti nel 2016 (anno di elezioni presidenziali, il cosiddetto “pizzagate”. Secondo i suoi inventori, Hillary Clinton e altri leader Democratici utilizzavano una pizzeria di Washington, il Comet Ping Pong, per gestire una rete che trafficava bambini per motivi sessuali. La teoria si era potuta diffondere soprattutto attraverso piattaforme digitali alternative non soggette ad alcun tipo di limitazione, come 4chan. Convinto della verità di queste fantasie, nel dicembre 2016 un uomo di 28 anni faceva irruzione nella suddetta pizzeria armato con un fucile e una rivoltella. Dopo aver sparato diversi colpi e verificato che non era in corso alcuna attività segreta di pedofili, si era arreso alle forze dell’ordine per essere poi condannato a quattro anni di prigione.

QAnon è sorto in una certa misura dall’evoluzione dell’agitazione creata in certi ambienti della destra radicale dalla diffusione del Pizzagate. Il 28 ottobre 2017, compariva su 4chan un messaggio a firma Q, interpretata come un’abbreviazione di “Q Clearance Patriot”, per far credere che l’autore (o il gruppo di autori) avessero accesso a informazioni segrete dell’intelligence. Successivamente con questa firma sono comparsi altri messaggi e attorno ad essi si è creata una complessa teoria cospirativa che ha assunto la denominazione QAnon, dove Anon fa riferimento all’utilizzo dell’anonimato.

Come sintetizza un report del “”Simon Wiesenthal Center”, il “principale punto di attenzione della teoria cospirazionista di QAnon consiste nel credere che il Presidente Trump stesse combattendo una guerra segreta contro una cabala globale satanica di pedofili, spesso indicata come lo Stato profondo” (Deep State). Il termine cabala è spesso utilizzato in inglese (“cabal”) per indicare un gruppo di persone intento a svolgere qualche operazione nascosta per lo più con cattive intenzioni. L’origine del termine rimanda alla tradizione esoterica presente nella cultura ebraica. Può essere utilizzata a volte in chiave implicitamente antisemita.

I messaggi di Q si sono strutturati attorno ad alcuni temi ricorrenti:

  • “La tempesta”: la comunità di seguaci di QAnon riteneva che fossero imminenti arresti dei principali esponenti di questa “cabala” di pedofili, considerati responsabili dei maggiori problemi dell’umanità come guerre, crimine, povertà e malattie. Questo gruppo tirannico (identificato in genere con i nemici politici di Trump) indottrina la popolazione con il loro controllo dei mass media, non solo attraverso la manipolazione delle notizie ma anche con l’intrattenimento e la musica.
  • “Il grande risveglio”: con l’arrivo della “tempesta” coloro che non credono alle rivelazioni di QAnon si sarebbero risvegliati e avrebbero finalmente riconosciuto la verità.
  • “WWG1WGA”: abbreviazione della frase “dove va uno, vanno tutti” utilizzato per rafforzare il senso di comunità tra coloro che credono in QAnon, che ha assunto per certi aspetti la configurazione di una vera e propria sétta.

Diversi degli elementi che compongono la narrazione sono ripresi da film o da altri spunti della cultura popolare. Così anche il termine “redpilled” per indicare coloro che hanno scelto di riconoscere la realtà a differenza di chi resta cieco perché assume la “pillola blue”, secondo una citazione del film “Matrix”.

I nemici sono accusati non solo di organizzare il traffico dei bambini a fini sessuali e di effettuare riti satanici ma anche di raccogliere il sangue dei bambini stessi, per estrarre l’adrenocromo, che avrebbe proprietà miracolose contro l’invecchiamento. Gli esperti spiegano in realtà che si tratta di una sostanza chimica producibile in laboratorio con usi limitati per la cura di alcuni malanni, tra i quali le emorroidi. Problema assai più prosaico di quanto non sia la ricerca della vita eterna.

Non tutte le teorie complottistiche costruite da QAnon o che attorno ai suoi messaggi si sono alimentate hanno per fortuna lo stesso impatto ma alcune, come le accuse di pedofilia, trovano una certa risonanza popolare, almeno nell’America più tradizionalista e conservatrice (per non dire semplicemente bigotta).

La diffusione delle teorie di QAnon ha trovato un certo sostegno nell’ex Presidente Trump e in modo più esplicito in diversi esponenti del Partito Repubblicano. Sempre secondo il “Simon Wiesenthal Center” coloro che sono influenzati o sostengono le teorie di QAnon possono essere valutati nell’ordine delle centinaia di migliaia. Tra coloro che si sono candidati ad una carica al Congresso nelle elezioni del novembre 2020 almeno 77 avrebbero reso pubblico il loro sostegno a QAnon. Una parte del Partito Repubblicano, va detto, ha pubblicamente denunciato queste teorie cospirative, ma tutta la vicenda delle denunce dei presunti brogli elettorali e dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio, dimostra che la componente tradizionale e moderata dei Repubblicani si trova ad essere sempre più emarginata dall’ascesa del trumpismo .

Qualche adesione, QAnon è riuscito ad ottenerla anche in Europa (come si è visto in alcune manifestazioni no-vax), ma probabilmente manca quel retroterra apocalittico, millenarista ed anche moralistico che negli Stati Uniti rurali ne ha favorito il successo.

La vicenda di QAnon è significativa per più versi. Una serie di teorie complottiste in sé scarsamente credibili sono state apertamente utilizzate come strumento dello scontro politico tra i due tradizionali partiti del sistema politico di un Paese chiave come gli Stati Uniti. Dalle frange complottiste queste teorie sono penetrate nel mainstream politico e in questo modo tendono a trasformare lo scontro in una competizione tra il bene e il male, nella quale non sono possibili mediazioni. La tematica dello scontro tra bene e male gli Stati Uniti l’hanno spesso utilizzata nei loro conflitti esterni (“l’Impero del male”, “l’asse del male” e così via) ma più raramente in quelli interni, almeno nel corso del novecento.

La “Grande sostituzione” e il piano Kalergi

Questa teoria complottista ha lontani antonati individuati nello scrittore nazionalista francese di estrema destra Maurice Barres o negli eugenisti americani Madison Grant e Lothrop Stoddard, ativi ad inizio novecento, ma il vero promotore moderno è un altro scrittore francese, Renaud Camus, che ha pubblicato nel 2011 un saggio intitolato “Le Grand Remplacement”, traducibile in italiano come “la grande sostituzione”. Camus era a sua volta influenzato da un romanzo considerato da molti come apertamente “razzista”: “Il campo dei santi”.

Questo libro, scritto da Jean Raspail è stato pubblicato nel 1973 ed ha come oggetto una immaginaria invasione di Indiani che sbarcano sulla costa francese. Siccome i militari non hanno il coraggio di massacrare i migranti quando mettono piede sulle spiagge francesi, il risultato è il totale collasso della civiltà occidentale. Questo testo, scrive Simon Clark, è diventato subito centrale per i suprematisti bianchi fin dalla sua pubblicazione, soprattutto dopo che la miliardaria Cordelia Scaife May, erede della fortuna della famiglia Mellon-Scaife, ha pagato di tasca propria la traduzione in inglese e la sua larga distribuzione negli Stati Uniti. Steve Bannon, per un certo periodo consulente di Trump, ha definito “Il campo dei Santi” come il suo libro favorito e lo ha citato estesamente in diverse occasioni.

In Italia è stato pubblicato dalle Edizioni di AR, la casa editrice di Franco Freda che si propone di diffondere “i classici del pensiero antiumanistico e antidemocratico (antimoderno)”. Nella presentazione del libro si afferma che “il romanzo di Raspail prefigura, e descrive con nettezza, i fenomeni che, a ritmo sempre più incalzante, si stanno oggi verificando.”

Renaud Camus, ha rielaborato la stessa idea di fondo per cui gli europei bianchi starebbero per essere rimpiazzati da immigranti di colore (africani, maghrebini) provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente. La conclusione di questa operazione sarebbe l’estinzione della “razza bianca”. Oltre all’effetto dell’immigrazione, Camus rilevava che le popolazioni non bianche e soprattutto i musulmani fanno più figli dei nativi.

La teoria della “grande sostituzione” ha assunto sempre più la forma di una teoria cospirazionista sull’imminente cancellazione della razza bianca, definito come “genocidio bianco”. Una parola d’ordine delle organizzazioni suprematiste bianche è: “dobbiamo assicurare l’esistenza del nostro popolo e un futuro per i bambini bianchi”. In qualche caso la teoria della “grande sostituzione” assume un contenuto antisemita. Una nota dell’Anti-Defamation League segnala che in una manifestazione dell’agosto del 2017 di suprematisti bianchi nel campus dell’Università della Virginia veniva gridato lo slogan: “gli ebrei non ci rimpiazzeranno”.

Non sempre però queste tesi estreme vengono associate all’antisemitismo, come dimostra il caso di Stephen Miller, un altro consigliere politico di Trump nonché principale autore dei suoi discorsi, il quale ha fatte proprie, secondo una denuncia del Southern Poverty Law Center degli Stati Uniti, tutte le più estreme teorie dei suprematisti bianchi: la teoria della grande sostituzione, la paura del genocidio bianco attraverso l’immigrazione, la glorificazione della Confederazione del sud e la promozione de “Il campo dei Santi”, visto come una guida per la politica americana. L’antisemitismo è l’unico elemento mancante delle narrazioni nazionaliste bianche presenti nelle comunicazioni di Miller (più esplicitamente in quelle riservate). E non è sorprendente, conclude Simon Clark, dato che lo stesso Miller è ebreo. Il che dimostra anche come le teorie cospirazioniste sono manipolabili a discrezione aggiungendo o sottraendo elementi a seconda delle convenienze e degli obbiettivi politici di chi le fa proprie.

Questa teoria è stata richiamata da autori di stragi a sfondo razzista in vari paesi, dagli Stati Uniti alla Nuova Zelanda, dove hanno preso di mira sinagoghe, moschee o punti di ritrovo di comunità ispaniche. Tra questi anche il norvegese Anders Breivik, autore di una strage di giovani militanti del Partito Laburista riuniti nell’isola di Utoja. Anche diversi politici, come l’austriaco Heinz-Christian Strache del Partito liberale e la francese Marine Le Pen, hanno dato credito alla tesi della “grande sostituzione”. A questi si sono uniti con riferimenti più o meno diretti figure mediatiche di primo piano, tra cui i giornalisti della Fox News Tucker Carlson (sostenitore di Trump e dell’ungherese Orban) che ha accusato il Partito Democratico di voler rimpiazzare l’elettorato americano con votanti obbedienti del terzo mondo, o Laura Ingraham che ha sostenuto che gli immigranti voglio rimpiazzare la vecchia America con una nuova America.

In Europa la teoria della “grande sostituzione” si è arricchita di alcuni elementi specifici che sono il presunto “piano Kalergi” ed il ruolo attribuito in questo “piano” al finanziere-speculatore George Soros. Il conte Richard Coudenhove Kalergi lo abbiamo incontrato nella puntata precedente per il suo sostegno ad una iniziativa europeista tenutasi negli anni ’30 alla quale aveva contribuito anche un piccolo gruppo ispirato dalle idee sinarchiche elaborate da Saint-Yves d’Alveydre e riprese dal “martinista” Papus.

Il conte era nato in Giappone, dove lavorava il padre diplomatico dell’Impero austro-ungarico, da madre giapponese. Già nel 1922 lanciò l’idea della Paneuropa attraverso una serie di articoli pubblicati sulla stampa tedesca e austriaca che l’anno successivo approfondisce in un libro. Nel 1924 fonda un’organizzazione con lo stesso nome, installata a Vienna e con sezioni nazionali alle quali partecipano alcune figure politiche e intellettuali rinomate come Edouard Herriot, Paul Claudel e Paul Valery.

Questo movimento, come scrivono Mammarella e Cacace nella loro “Storia e politica dell’Unione Europea” (Laterza), “si estendeva, pur rimanendo limitato ad ambienti elitari”, ma nel 1935, dopo aver giustificato il riarmo tedesco, si spaccava. La sua rigida posizione anti-sovietica (che manterrà per tutta la vita) gli creò critiche e opposizioni tra i simpatizzanti dell’idea paneuropea maggiormente orientati a sinistra.

Dopo il IV Congresso, tenutosi a Vienna nel 1935, il movimento paneuropeo di Kalergi si disperdeva.  Il conte, che durante la guerra si era rifugiato negli Stati Uniti, alla fine del conflitto tornò in Europa e riprese la sua attività in favore di una forma di unità sovranazionale del continente. Diede vita ad una Unione Parlamentare che favorì la nascita del Consiglio d’Europa, una struttura tuttora esistente, parallela alla formazione dell’Unione Europea, e ormai di scarsa influenza. È scomparso nel 1972, quasi certamente suicida, benché ufficialmente la morte sia stata attribuita ad un infarto.

La biografia di Coudenhovi Kalergi ha sempre offerto dettagli che lo rendevano attraente agli occhi dei cospirazionisti. Era massone nonché amico del barone Louis de Rothschild che favorì il suo incontro con un altro finanziere ebraico Max Warburg, il quale contribuì a finanziare il movimento paneuropeista. La sua impronta sul processo di integrazione europea è stata più simbolica che reale. Sua fu la proposta di scegliere l’Ode alla gioia di Beethoven come inno europeo. A lui si ispirò l’autore del film Casablanca per delineare il personaggio di Victor Laszlo che in una scena celebre sfida i militari tedeschi facendo cantare la Marsigliese.

Le attività del conte Coudenhove Kalergi hanno dato vita ad una teoria complottista che viene utilizzata dalla destra di orientamento radicale e populista per raggiungere due obbiettivi: colpire il progetto di integrazione europea e denunciare l’immigrazione dai paesi extra-europei. Il primo ad aver elaborato la tesi sull’esistenza di un presunto Piano Kalergi è stato un giornalista austriaco neo-nazista Gerd Honsik.

La sintesi del “Piano” la ritroviamo in questo paragrafo preso da un testo di Honsik:

“Kalergi proclama l’abolizione del diritto di autodeterminazione dei popoli e, successivamente, l’eliminazione delle nazioni per mezzo dei movimenti etnici separatisti o l’immigrazione allogena di massa. Affinché l’Europa sia dominabile dall‘élite, pretende di trasformare i popoli omogenei in una razza mescolata di bianchi, negri e asiatici. A questi meticci egli attribuisce crudeltà, infedeltà e altre caratteristiche che, secondo lui, devono essere create coscientemente perché sono indispensabili per conseguire la superiorità dell‘élite.

Eliminando per prima la democrazia, ossia il governo del popolo, e poi il popolo medesimo attraverso la mescolanza razziale, la razza bianca deve essere sostituita da una razza meticcia facilmente dominabile. Abolendo il principio dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge e evitando qualunque critica alle minoranze con leggi straordinarie che le proteggano, si riuscirà a reprimere la massa.

I politici del suo tempo diedero ascolto a Kalergi, le potenze occidentali si basarono sul suo piano e le banche, la stampa e i servizi segreti americani finanziarono i suoi progetti. I capi della politica europea sanno bene che è lui l’autore di questa Europa che si dirige a Bruxelles e a Maastricht. Kalergi, sconosciuto all’opinione pubblica, nelle classi di storia e tra i deputati è considerato come il padre di Maastricht e del multiculturalismo.

La novità del suo piano non è che accetta il genocidio come mezzo per raggiungere il potere, ma che pretende creare dei subumani, i quali grazie alle loro caratteristiche negative come l’incapacità e l’instabilità, garantiscano la tolleranza e l’accettazione di quella “razza nobile””.

Si tratta in questo caso della versione europea della teoria della “grande sostituzione” elaborata da Renaud Camus e ripresa dai suprematisti bianchi negli Stati Uniti, ma con una accentazione del suo carattere complottista.

Questa idea del desiderio delle “élite” di creare una “razza subumana”, utilizzando a tal fine l’immigrazione di massa e in particolare i matrimoni misti, è uscita dagli ambiti dei gruppuscoli dell’estrema destra per essere assunta da forze politiche di rilievo. Lo abbiamo visto negli Stati Uniti, con l’ascesa della destra trumpiana, ma riferimenti al “Piano Kalergi” e alla grande sostituzione sono stati fatti propri anche dalla destra italiana.

Aveva iniziato Salvini, leader della Lega, a fare riferimento ad un “tentativo di genocidio delle popolazioni che abitano l’Italia da qualche secolo e che qualcuno, ndr) vorrebbe soppiantare con decine di migliaia di persone che arrivano da altre parti del mondo” che sarebbe in corso. Come si vede, nella narrazione complottista l’indicazione generica del nemico, “qualcuno”, “loro”, serve ad alimentare un sentimento di paura (il classico “uomo nero” delle favole), ma anche a sottrarsi alla verifica fattuale. Difficile dimostrare che “qualcuno” o “loro” non esistono. Non sono mancati negli interventi di Salvini ulteriori riferimenti impliciti o espliciti al “Piano Kalergi”, inventato da un neo-nazista e preso per oro colato.

Alla tesi della “sostituzione etnica” ha fatto riferimento, anche se in modo più discreto, anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. Ma di “sostituzione etnica” parla il documento approvato del secondo congresso di Fratelli d’Italia (le cosiddette “Tesi di Trieste”), nel quale non manca nemmeno un riferimento al romanzo di Raspail, “Il campo dei Santi” che rappresenta uno dei riferimenti immancabili dell’estrema destra etno-nazionalista o nativista.

Ma se Kalergi avrebbe elaborato, già negli anni ’30, un piano entrato in applicazione qualche decennio dopo, vi è chi individua anche l’attuale esecutore di questa presunta “pulizia etnica”: il finanziere-speculatore George Soros. Nato in Ungheria e poi insediatosi negli Stati Uniti, è un fervente seguace del filosofo Karl Popper, teorizzatore della “società aperta”. Liberale anticomunista, arricchitosi anche con operazioni speculative molto spregiudicate, ha dato vita ad una fondazione che distribuisce importanti finanziamenti a tutte quelle attività che ritiene coerenti con la sua visione del mondo (non tutte negative per altro).

Essendo ebreo e generalmente vicino ai Democratici americani piuttosto che alla destra, rappresenta un bersaglio ideale per molti ambienti cospirazionisti. Esiste una lunga tradizione nella cultura di destra che distingue e contrappone il capitalismo (buono) alla finanza (cattiva), oltre che distinguere poi tra il capitalismo globalista (meno buono) e quello nazionale-patriottico (ottimo). La finanza per sua natura è considerata sospetta perché tendenzialmente senza radici nazionali e quindi pericolosa per per chi abbracci una ideologia etno-nazionalista.

Quindi Soros, per il suo ruolo, rimanda facilmente agli schemi mentali della narrazione antisemita (non a caso la Meloni lo ha definito “l’usuraio”, termine improprio dato che non ha mai prestato soldi a nessuno, ma fortemente evocativo), anche se questo pone dei problemi e delle contraddizioni a quei settori della destra che cercano di sfuggire all’accusa di antisemitismo e di mantenere buoni rapporti con la destra israeliana con la quale condividono la visione etno-nazionalista (l’ebreo senza patria non piace, ma il sionista bianco suprematista è gradito).

Salvini ha polemizzato nel 2018 contro Soros che vorrebbe – a parer suo – trasformare l’Italia in un “grande campo profughi perché a lui piacciono gli schiavi”. L’accusa rivolta a Soros nasce dal fatto che la sua fondazione sostiene alcune ONG tra quelle che intervengono per salvare i migranti in fuga dalla Libia. Non sono mancati tra i commentatori del tweet del leader della Lega coloro che hanno accolto entusiasticamente la denuncia, invocando anche in Italia (come in Ungheria), una legge contro “la bestia immonda”, “il sacco di pus” e così via.

I complotti dietro al Covid19

La pandemia legata al Covid19 ha portato alla diffusione di una serie di teorie complottistiche che hanno sicuramente approfittato della facilità di circolazione di informazioni (vere e false) consentita dai social e da quelle che sono state definite come “dark platforms” (da Jin Zeng e Mike S. Schafer). Queste ultime sono piattaforma alternative a quelle maggiormente diffuse, che hanno introdotto qualche limitazione alla possibilità di rilanciare teorie complottiste. A differenza di Facebook, Twitter, Google, ecc. non effettuano alcun controllo su quanto circola e consentono anche un sostanziale anonimato come 8kun (che ha preso il posto di 4chan che è stata decisiva per la diffusione di QAnon) e Gab.

Non tutte le ipotesi sull’origine del virus possono essere considerate complottistiche, anche se in genere sono viziate da esigenze di propaganda politica. Affermare che il virus possa essere “sfuggito” da un laboratorio di Wuhan (o parallelamente da un analogo laboratorio degli Stati Uniti, secondo la contro-propaganda cinese) ipotizza un accidente casuale che in sé non configura l’idea del complotto, anche se al momento non ci sono dati che diano consistenza a questo genere di ipotesi.

Se invece si sostiene che il virus è stato volutamente messo in circolazione da qualcuno per i propri fini, si entra nella sfera del cospirazionismo. Nelle prime settimane c’era chi ipotizzava un’operazione americana in funzione anticinese, sulla base della domanda (che dà risposte spesso sbagliate) assai comuni ai sostenitori del complotto: “a chi giova”. Ipotesi che era difficile continuare a sostenere quando si è verificato che, mentre la Cina riusciva a tenere l’epidemia sotto controllo e l’economia si riprendeva, altri Paesi ne subivano in pieno gli effetti sociali ed economici, oltre che sanitari, in particolare gli stessi Stati Uniti. A quel punto il “cui prodest” cambiava di segno e allora si potevano alimentare teorie complottistiche di segno opposto, in cui era la Cina ad aver utilizzato il virus come strumento di lotta geo-politica.

Una serie di teorie mettevano invece in discussione l’esistenza stessa del virus. Una parte della destra repubblicana negli Stati Uniti denunciava l’esistenza di un tentativo, da parte dei democratici di prolungare o ampliare artificialmente gli effetti dell’epidemia (in sé meno rilevante di un’influenza) per colpire la possibilità di rielezione di Donald Trump. Altra tesi era quella di chi vedeva nella “finta pandemia” solo uno strumento per compiere un passo avanti nella realizzazione del “nuovo ordine mondiale”. In questa visione vengono fatte rientrare una serie di tendenze diverse: dalla pressione per la rimozione della moneta e del contante sostituiti dai pagamenti digitali, all’installazione delle reti per il 5G, all’obbligatorietà dei vaccini. Tutti strumenti per il controllo dei cittadini da parte dei governi, a loro volta longa manus delle élite globaliste. In questo caso si è assistito anche alla convergenza di teorie “populiste” di basso livello intellettuale con elaborazioni filosofiche “alte” uscite dal mondo accademico, convergenti nel mettere al centro l’uso politico del virus a fini di controllo. Che poi la pandemia esista o non esista nella realtà non cambia la validità della teoria, come ha spiegato Agamben in un’intervista a Le Monde.

Tutta un’altra serie di idee ampiamente diffuse collegano le iniziative per bloccare la circolazione del virus con la diffusione del 5G (la tecnologia più aggiornata per le connessioni telefoniche e in generale per la velocizzazione della rete, con ampie possibilità di sviluppo tecnologico). Il collegamento fra 5G e Covid19 è interpretato in modi diversi. Per alcuni il virus servirebbe a nascondere le conseguenze sulle persone dell’installazione delle antenne per il 5G.

Vi è chi ritiene che il virus sia in realtà un’arma biologica (utilizzata dai cinesi o rivolta contro i cinesi) per ottenere una drastica riduzione della popolazione mondiale, in particolare degli anziani che rappresentano un costo e non producono più ricchezza.

Il vaccino servirebbe ad impiantare dei micro-chip finalizzati al controllo delle persone, oppure a renderle più vulnerabili ad altre malattie. Alcuni delle teorie complottiste si sovrappongono e consentono qualsiasi tipo di rielaborazione. I colpevoli sono quelli più facilmente individuabili: la Cina, Big Pharma (a cui si può certamente rimproverare di difendere i propri profitti attraverso i brevetti e di rendere più difficile l’estensione della vaccinazione ai Paesi poveri, più improbabile che abbiano deliberatamente costruito e diffuso il virus per speculare sui vaccini), ma molti hanno dato la colpa anche a Bill Gates, da solo o in combutta con Elon Musk.

Le pandemie non sono certo un fatto nuovo nella storia dell’umanità. Non lo sono nemmeno le teorie cospirazioniste. Come ricorda Sinisa Malesevic, in occasione della seconda ondata di colera che colpì l’Europa attorno al 1830, sorsero una grande quantità di teorie cospirazioniste che identificavano nei gesuiti, negli ebrei, nei massoni o anche nelle nazioni confinanti i responsabili della diffusione di questa malattia mortale. Alcune teorie evidenziavano un presunto carattere di classe della pandemia, in quanto colpiva i più poveri (sicuramente per ragioni legate alla possibilità di rispettare le norme igieniche), attribuendo questo fatto ad una deliberata volontà delle classi dominanti di ridurre la popolazione utilizzando dottori, farmacisti, infermieri e funzionari pubblici per diffondere la malattia. Nelle isole britanniche ci furono 72 sommosse legate al colera.

Via via che la pandemia si muoveva in Europa, certi Paesi furono immediatamente accusati di complottare per infettare la popolazioni vicine, come scrive Malesevic nel suo saggio sulla rivista “Nationalities Papers”. In Austria e in Prussia si diede la colpa alla Russia, diverse organizzazioni politiche francesi puntavano il dito contro gli Stati tedeschi, mentre in Italia rappresentanti della società civile accusarono la Francia per la diffusione della pandemia. In Inghilterra si dava la colpa al continente e così via.

Anche in Italia ci furono sommosse legate al colera. In Sicilia i gruppi favorevoli all’unificazione della penisola accusavano i Borboni di diffondere deliberatamente la malattia. L’avvocato siracusano Mario Adorno fu il principale agitatore dichiarando che “il colera-morbus non era asiatico ma borbonico”. Avendo scatenato l’assalto popolare alle prigioni, nelle quali vennero uccisi i sospetti di “veneficio”, l’Adorno fu arrestato dalle truppe inviate a sedare la rivolta e fucilato sulla piazza di Siracusa.

Nel 1889-90 ci fu una epidemia di influenza che causò un milione di morti e venne chiamata l’”influenza russa”, perché, sorta in Asia era arrivata in Europa dalla Russia. Anche in quel caso l’espansione dei nuovi mezzi di comunicazione ne favorì la rapida diffusione. Questa rapidità alimentò delle specifiche teorie cospirazioniste. Alcune narrazioni si concentravano sulle nuove tecnologie, identificando nell’elettricità e nelle stazioni del telegrafo, che spesso erano vicine a quelle ferroviarie, il principale strumento di trasmissione della pandemia.

Nel caso della successiva epidemia di influenza, che noi conosciamo come “spagnola”, si assistette ad un altro tipo di operazione politica: l’identificazione della malattia con un Paese con il quale si avevano cattivi rapporti. Così l’influenza era “cinese” in Russia, “russa” in Germania, “americana” in Giappone. Quanto agli spagnoli, in genere la chiamavano la malattia del “soldato napoletano”. In Francia per un periodo si parlò della “febbre di Parma”, mentre in Polonia la battezzarono “malattia bolscevica”. Come si vede la strumentalizzazione del nome di un virus non è stata inventata da Trump. Ma si poteva pensare che lo sviluppo delle conoscenze scientifiche rendessero obsolete queste manipolazioni propagandistiche. Non a caso l’OMS cerca di disincentivare l’associazione di un virus o di una malattia ad un determinato Paese.

Maleslevic introduce un’interessante riflessione collegando lo sviluppo delle teorie cospirazioniste all’affermarsi del nazionalismo.

“Il modello comune in molte di queste teorie cospirazioniste è la concentrazione sulla nazione come oggetto e soggetto delle pandemie: la malattia è concettualizzata come generata da una nazione per attaccare o distruggere un’altra nazione. In alcuni casi, i gruppi minoritari, come gli ebrei, i gesuiti o i massoni, sono identificati come i perpetratori delle cospirazioni, ma anche in questi casi l’enfasi è sulla minaccia all’unità, alla stabilità e al futuro della nazione.”

Le narrazioni cospirazioniste riflettono il cambiamento delle identità di gruppo nel corso del tempo. Mentre nell’età premoderna la religione e il territorio erano le principali fonti di attaccamento collettivo, nella modernità è l’appartenenza alla nazione a diventare la principale fonte di identificazione.

Conclusioni

Attorno alla diffusione del cospirazionismo che, come abbiamo visto nelle quattro puntate, in parte si ripropone secondo schemi fissi e immutabili e in parte si adatta alle situazioni e alla finalità di chi lo utilizza nei diversi momenti storici, restano aperti molti temi di riflessione.

Chi sono i promotori delle teorie complottistiche? Come abbiamo visto esiste un uso politico del cospirazionismo, che in genere è più consistente a destra, in particolare nelle tendenze più radicali (ma a volte compare anche a sinistra). Esistono anche puri interessi commerciali. Spesso i libri o le trasmissioni complottiste godono di vasto successo e quindi di introiti significativi. Attorno a QAnon è sorta una discreta attività di merchandising. Il complottismo può essere considerato in una certa misura una “thin ideology”, una ideologia “sottile”, secondo la definizione che Cas Mudde ha dato del populismo, e viene associato a ideologie più articolate (neo-fasciste, iperliberiste, fondamentaliste religiose). Ha il vantaggio, per chi lo utilizza di essere relativamente semplice (anche se a volte richiede spiegazioni complicatissime) e di attivare reazioni emotive piuttosto che razionali (quasi tutte le possibili paure vengono messo in gioco).

Esiste una correlazione piuttosto forte, come segnalato da Malesevic, con le ideologie nazionaliste a base etnica. Fin dagli Illuminati di Baviera, al nemico è stato attribuito il desiderio di cancellare le nazioni. Gli ebrei, secondo l’antisemitismo politico del ‘900, sono stati considerati come una minoranza che ostacola l’identificazione tra Stato-nazione-razza. Con il crollo del blocco socialista e con lo sviluppo della globalizzazione economica, oggi molte teorie cospirazioniste individuano il nemico in una élite “mondialista”, spesso identificata nell’ala sinistra dell’establishment politico (che ha indubbiamente delle gravi responsabilità per avere accettato e poi promosso con ancora più determinazione l’agenda neoliberista).

La critica di fondo che si può fare al complottismo, oltre a quella di alimentare una critica reazionaria alla scienza e all’idea di progresso, è di fornire dei falsi obbiettivi e delle false ragioni per contestare l’ordine esistente, che pure avrebbe bisogno di un’azione radicale di trasformazione. Come scrive Wu Ming 1, nel suo ultimo libro che prende le mosse da QAnon: “le fantasie di complotto difendono il sistema”.

Riferimenti bibliografici

Anti Defamation League, “The Great Replacement”: An Explainer, online.

Barkun, Michael, 2003, A culture of Conspiracy, University of California Press, Berkeley, CA.

Clark Simon, How White Supremacy Returned to Mainstream Politics, Center for American Progress, online.

Malesevic, Sinisa, 2020, Imagined Communities and Imaginary Plots: Nationalisms, Conspiracies, and Pandemics in the Longue Durée, in Nationalities Papers: 1-16.

Ronson, Jon, 2005, Loro: i padroni segreti del mondo, Fazi Editore, Roma.

Wu Ming 1, 2021, La Q di Qomplotto, Alegre, Roma.

Zeng, Jing e Schafer, Mike S., 2021, Conceptualizing “Dark Platforms”. Covid-19-Related Conspiracy Theories on 8kun and Gab, in Digital Journalism.

complottismo
Articolo precedente
Non c’è più tempo
Articolo successivo
MoveUp: 5-6 settembre

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.