La catastrofe annunciata da mesi è avvenuta verso le tre del pomeriggio di domenica 8 gennaio quando alcune migliaia di sostenitori dell’ex presidente di estrema destra del Brasile Jair Bolsonaro hanno preso d’assalto il parlamento, il palazzo presidenziale e la corte suprema del paese a Brasilia, in una cupa riedizione dell’assalto a Capitol Hill di Washington due anni fa (6 gennaio 2021) da parte dei sostenitori dell’ex presidente Donald Trump. Hanno rotto finestre, rovesciato mobili, distrutto opere d’arte, rubato una replica dell’originale della Costituzione del 1988 e si sono appropriati di armi da un ufficio della sicurezza presidenziale. Solo cinque ore dopo le prime notizie sull’assalto, le forze di sicurezza sono riuscite a riprendere il controllo dei tre edifici. Le immagini televisive hanno mostrato centinaia di rivoltosi portati via in manette (oltre 1.500 persone sono state arrestate, tra loro anche un membro dell’ex clan al potere: Leo Índio, nipote di Jair Bolsonaro) che ora nella narrativa di estrema destra sui social media vengono trasformati in martiri eroici del bolsonarismo che hanno fatto la storia, tentando una rivoluzione, mentre per il presidente Luiz Inácio Lula da Silva e i vertici delle istituzioni democratiche brasiliane sono dei “terroristi”. Tra l’altro alcuni dei più conosciuti attivisti di estrema destra hanno già tentato di accusare elementi di sinistra infiltrati di aver provocato l’assalto per screditare il movimento e isolare Bolsonaro.
Lula, che si era gioiosamente insediato il 1° gennaio, ha emanato un decreto di emergenza per ordinare un intervento delle forze di sicurezza federali – portando la polizia di Brasilia sotto il controllo del governo centrale – che durerà fino al 31 gennaio dopo che le forze di sicurezza della capitale sono state inizialmente sopraffatte dagli invasori. Lula ha detto che le forze dell’ordine poste a presidio dei luoghi hanno mostrato “incompetenza, malafede o malizia” e ha promesso un’inchiesta e un’azione rapida. L’accusa rivolta all’ex presidente Bolsonaro di aver “incoraggiato” gli assalitori con i suoi discorsi è giunta successivamente via Twitter.
Bolsonaro, in Florida da prima della fine dell’anno (dal 1°gennaio ha perso l’immunità e dovrà presto fronteggiare diverse inchieste e accuse giudiziarie davanti alla Corte Suprema che hanno già prodotto diversi arresti), ha risposto agli attacchi di domenica con post sui social media difendendo il suo record al governo1, affermando che l’assalto di edifici pubblici ha oltrepassato il limite. “Le manifestazioni pacifiche, nel rispetto della legge, fanno parte della democrazia”, ha scritto su Twitter. “Tuttavia, saccheggi e assalti di edifici pubblici come quelli che sono avvenuti oggi, così come quelli praticati dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, sono illegali”. Si è fermato prima di condannare apertamente la folla e invece ha attaccato le affermazioni di Lula che indicavano Bolsonaro come responsabile.
In una conferenza stampa, Lula ha incolpato Bolsonaro: “Questo genocida … sta incoraggiando questo tramite i social media da Miami. Tutti sanno che ci sono vari discorsi dell’ex presidente che lo incoraggiano“. Si è lamentato della mancanza di sicurezza nella capitale, dicendo che le autorità avevano permesso a “fascisti” e “fanatici” di provocare il caos. “Questi vandali, che potremmo chiamare… fascisti fanatici, hanno fatto ciò che non è mai stato fatto nella storia di questo paese“, ha detto Lula, che era in viaggio ufficiale nella città di Araquara (devastata di recente da una alluvione), nello stato di San Paolo. “Tutte queste persone che hanno fatto questo saranno trovate e saranno punite“, come saranno individuati e puniti coloro che li hanno aiutati e finanziati2. In serata, il presidente ha poi visitato le macerie del palazzo presidenziale.
La vista di migliaia di manifestanti vestiti di giallo e verde e coperti con le bandiera nazionale che si sono scatenati nella capitale ha coronato mesi di tensione dopo il voto del 30 ottobre. Bolsonaro, un Trump in salsa tropicale che deve ancora ammettere la sconfitta elettorale subita di stretta misura3, ha spacciato la falsa tesi secondo cui il sistema di voto elettronico del Brasile era soggetto alla frode4, generando un movimento violento di cospirazionisti e negazionisti elettorali convinti che le elezioni siano state truccate, che Lula sia “un ladro corrotto” e che Bolsonaro sia stato il vero vincitore delle elezioni5. Bolsonaro, come altri leader della destra populista mondiale, ha forgiato un rapporto emotivo, quasi mistico, con i suoi elettori, e i pessimi, se non addirittura catastrofici, bilanci, come gli scandali, che avrebbero fatto cadere chiunque altro non lo hanno nemmeno sfiorato.
Bolsonaro era volato, insieme con i suoi figli, ad Orlando in Florida 48 ore prima della fine del suo mandato ed è stato assente all’inaugurazione di Lula (attualmente è convenientemente ricoverato in ospedale per dolori addominali) . La violenza a Brasilia potrebbe amplificare i rischi legali che Bolsonaro deve affrontare. Rappresenta anche un problema per le autorità statunitensi che discutono su come gestire il suo soggiorno in Florida. Due deputati democratici al Congresso federale degli Stati Uniti, Alexandria Ocasio-Cortez e Joaquin Castro (membro della commissione per gli affari esteri della Camera), hanno chiesto l’estradizione di Bolsonaro in Brasile. “Gli Stati Uniti devono cessare di concedere rifugio a Bolsonaro in Florida“, ha detto Ocasio-Cortez, paragonando le proteste all’assalto del 6 gennaio a Capitol Hill. “Quasi due anni esatti, il Capitol Hill degli Stati Uniti è stato attaccato dai fascisti, vediamo movimenti fascisti all’estero tentare di fare lo stesso in Brasile“6.
Il presidente Joe Biden, ha condannato quello che ha definito “l’attacco alla democrazia e al trasferimento pacifico del potere in Brasile“, aggiungendo che le istituzioni democratiche del Brasile “hanno il nostro pieno sostegno e la volontà del popolo brasiliano non deve essere minata“. Lunedì Biden ha rilasciato lunedì una dichiarazione congiunta con il presidente messicano, Andrés Manuel López Obrador, e il primo ministro canadese, Justin Trudeau, condannando “gli attacchi dell’8 gennaio alla democrazia brasiliana e al trasferimento pacifico del potere. Siamo dalla parte del Brasile perché salvaguarda le sue istituzioni democratiche. I nostri governi sostengono il libero arbitrio del popolo brasiliano“, afferma la dichiarazione, aggiungendo che i tre leader non vedono l’ora di lavorare con il presidente Lula. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha twittato che “l’uso della violenza per attaccare le istituzioni democratiche è sempre inaccettabile” e ha chiesto la fine immediata dell’assalto alle istituzioni democratiche brasiliane. Il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha affermato che gli Stati Uniti condannano qualsiasi tentativo di minare la democrazia in Brasile. “Il presidente Biden sta seguendo da vicino la situazione e il nostro sostegno alle istituzioni democratiche del Brasile è incrollabile. La democrazia brasiliana non sarà scossa dalla violenza“, ha detto Sullivan. Analoghe condanne sono arrivate da tutti i principali presidenti e capi di governo latinoamericani, europei e mondiali7.
L’alto giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes, che è stato finora una spina nel fianco di Bolsonaro e dei suoi sostenitori, ha ordinato la rimozione per 90 giorni di Ibaneis Rocha, il governatore pro-Bolsonaro del distretto federale8, dove si trova Brasilia, tra l’indignazione per il fatto che le autorità non fossero riuscite a impedire l’attacco. De Moraes ha scritto che gli attacchi “avrebbero potuto avvenire solo con l’acquiescenza, o addirittura il coinvolgimento diretto, delle autorità di pubblica sicurezza e di intelligence”. La Corte Suprema è stata saccheggiata dagli occupanti. Le immagini dei social media hanno mostrato i manifestanti che mettevano fuori uso le telecamere di sicurezza e frantumavano le finestre dell’edificio modernista. De Moraes ha ordinato all’esercito di sgomberare il campo dei bolsonaristi entro 24 ore9 e alle piattaforme di social media Facebook, Twitter e TikTok di bloccare la propaganda golpista. De Moraes potrebbe firmare un mandato d’arresto per Bolsonaro che sarebbe tecnicamente obbligato a tornare in Brasile e consegnarsi alla polizia10.
Jair Bolsonaro, un golpista presidente
L’occupazione degli edifici governativi era stata pianificata da almeno due settimane dai sostenitori di Bolsonaro organizzati in gruppi sulle piattaforme di messaggistica dei social media come Telegram e Twitter, ma non c’è stata alcuna mossa da parte delle forze di sicurezza per impedire l’attacco, definito da un gruppo “la presa del potere da parte del popolo”11.
L’attacco dell’8 gennaio è il risultato di una campagna politico-mediatica condotta per anni dell’ex presidente Jair Bolsonaro e dai suoi alleati per minare i principi democratici e diffondere affermazioni infondate di brogli elettorali (Sulle vicende che hanno portato all’elezione di Bolsonaro alla presidenza, si vedano i nostri articoli qui e qui). L’assalto è stato un aberrante attacco alle istituzioni democratiche del Brasile da parte di persone e forze politiche, sociali ed economiche che cercano di negare il diritto dei brasiliani di votare ed eleggere i leader di loro scelta, anche sollecitando l’intervento militare. Gli osservatori hanno passato mesi ad avvertire che gli estremisti di Bolsonaro avrebbero potuto mettere in scena una versione sudamericana dell’assalto a Capitol Hill nella speranza di ribaltare la vittoria di Lula. Durante la sua tumultuosa amministrazione quadriennale, Bolsonaro ha ripetutamente accennato al fatto che ci sarebbe potuto essere un colpo di Stato militare.
Le settimane che hanno preceduto l’inaugurazione di Lula il 1° gennaio hanno visto due chiari segni della violenza che sarebbe arrivata. Il 13 dicembre, i bolsonaristi hanno cercato di assaltare il quartier generale della polizia federale a Brasilia, incendiando autobus e auto mentre attraversavano la città. Poco prima di Natale un estremista sostenitore di Bolsonaro è stato arrestato e avrebbe confessato di aver complottato per mettere una bomba all’aeroporto di Brasilia nel tentativo di provocare disordini che potessero giustificare un colpo di Stato militare.
Prima delle elezioni del 30 ottobre, i più importanti generali dell’esercito avevano dato chiari segnali che chiunque avesse vinto alle urne avrebbe assunto la presidenza. Inoltre, potenze straniere, come l’amministrazione Biden, avevano indicato che non avrebbero sostenuto iniziative antidemocratiche. Anche coloro che hanno sostenuto Bolsonaro – dai cristiani evangelici agli alleati politici conservatori – e le istituzioni, come la Corte Suprema e il Tribunale Superiore Elettorale, avevano prontamente riconosciuto che le elezioni erano state regolari e che Lula aveva vinto.
Ma da subito migliaia di camionisti – che hanno beneficiato della riduzione dei costi del gasolio da parte del governo Bolsonaro – e di attivisti bolsonaristi hanno bloccato strade e autostrade in tutto il Paese, limitando anche l’accesso all’aeroporto internazionale di San Paolo. Hanno chiesto l’intervento dei militari per rovesciare il risultato delle urne e, secondo la polizia, hanno messo in atto oltre 400 blocchi di autostrade e strade federali (una rete di più di 75mila chilometri), portando la Corte Suprema ad ordinare lo sgombero dei blocchi da parte della polizia della strada federale.
Bolsonaro aveva parlato solo per due minuti dopo 44 ore, senza riconoscere la vittoria di Lula né nominarlo, affermando di voler seguire quanto previsto dalla costituzione12.
Il “bolsonarismo” ha messo radici, rappresenta milioni di brasiliani, i loro desideri, le loro paure, le loro aspirazioni conservatrici e finanche reazionarie. Questa destra estrema ha preso il posto della destra moderata, democratica e repubblicana, che è stata vittima dei propri errori, dei propri personalismi, delle guerre interne. Come ha notato lo stesso Bolsonaro nel suo primo discorso dopo la sconfitta: “La destra è davvero emersa nel nostro Paese. La nostra solida rappresentanza al Parlamento mostra la forza dei nostri valori: Dio, patria, famiglia e libertà. Abbiamo formato diversi leader in Brasile. I nostri sogni sono più vivi che mai. Siamo per l’ordine e il progresso” (che è il motto scritto sulla bandiera brasiliana).
Difendere la democrazia e ricostruire le istituzioni e il paese
La vittoria è stata certamente molto gratificante per Lula perché è uscito dalla prigione, ha sfidato i suoi nemici politici e sconfitto la sua nemesi, Jair Bolsonaro. Ma il Paese che ora deve guidare è molto diverso da quello che era quando era entrato in carica all’inizio del 200313. Lula ha promesso di riconciliare un paese profondamente lacerato a livello geografico, sociale, economico e politico, con un parlamento dominato da partiti di destra14 e molti Stati governati da politici di destra15. Con la rielezione di Lula a presidente federale, il progressismo di sinistra ha avuto una nuova opportunità, ma le trasformazioni non saranno facili in una situazione come quella attuale. Per ora la sua vittoria ha dimostrato che la destra può essere sconfitta.
Solo pochi giorni prima del suo insediamento Lula si era lamentato delle condizioni disastrose lasciate dall’amministrazione di Bolsonaro. Aveva detto che i servizi pubblici in Brasile devono affrontare una “minaccia molto reale di collasso” a causa della cattiva gestione da parte del governo uscente, e l’amministrazione entrante avrà un “compito erculeo” nel ricostruire le istituzioni danneggiate, in particolare nei settori della sanità, istruzione e ambiente. Nelle settimane successive alla vittoria di Lula, la sua squadra di transizione guidata dal vicepresidente Geraldo Alckmin (nominato da Lula anche ministro per lo sviluppo, l’industria e il commercio) ha valutato il compito da svolgere e Lula ha dichiarato di essere rimasto scioccato da ciò che ha scoperto. “Dopo un mandato di quattro anni, troviamo il governo in miseria, con le cose più semplici che non vengono fatte… perché il presidente ha preferito dire bugie alla sua bolla piuttosto che governare questo Paese“.
Il rapporto di transizione ha affermato: “Lo smantellamento dello Stato e la disorganizzazione delle politiche pubbliche sono profondi e diffusi, e ci sono conseguenze in aree essenziali sia in termini di vita delle persone che di direzione in cui sta andando questo Paese. Ciò ha comportato gravi conseguenze per la salute, l’istruzione, la tutela dell’ambiente, la generazione di posti di lavoro e di reddito e la lotta contro la povertà e la fame, tra le altre cose”. L’istruzione è stata particolarmente colpita, con i libri di testo da utilizzare l’anno prossimo che devono ancora essere modificati, il numero di bambini a scuola in calo rispetto agli anni precedenti e risorse per servizi essenziali come la mensa scolastica non sufficienti a soddisfare la domanda. L’istruzione universitaria è “quasi in uno stato di collasso“.
La sanità è un’altra area disastrata, in particolare a causa della pandemia di CoVid-19, che ha ucciso quasi 700.000 brasiliani. La posizione anti-vax di Bolsonaro non ha avuto un sostanziale impatto negativo nel paese, che ha un record di vaccinazioni, ma i tagli al budget hanno significato che il 50% di tutti i bambini non ha ricevuto il richiamo finale antipolio.
Inoltre, circa il 95% delle autostrade federali non ha società che fanno la manutenzione; quasi nessuna nuova casa viene costruita per il settore più povero della società e gli enti che sovrintendono alla ricerca e al soccorso dopo i disastri naturali sono a corto di fondi.
A queste questioni critiche ne vanno aggiunte tante altre: dalle condizioni disastrose ambientali (distruzione dell’Amazzonia e del Cerrado) e delle popolazioni indigene al controllo delle organizzazioni criminali e delle milizie paramilitari armate delle favelas delle grandi aree metropolitane.
A sostenere Lula sono stati soprattutto donne, neri, indigeni, abitanti delle favelas e minoranze in genere16, bersaglio costante delle politiche di Bolsonaro17. Ora, Lula dovrà dare loro risposte in termini di diritti e giustizia senza perdere, però, il centro moderato, cruciale per la vittoria e per il sostegno del governo18. Le sfide per Lula sono enormi. Sarà accerchiato da tutte le parti: l’establishment imprenditoriale chiederà pareggi di bilancio, mentre i movimenti popolari di sinistra e i sindacati che sono la sua base (i lavoratori della gig economy in Brasile tendono verso Bolsonaro) si aspettano enormi aumenti della spesa sociale. Un presidente in Brasile può fare molte cose in modo unilaterale, e Lula può certamente ribaltare la determinazione di Bolsonaro di ridurre il ruolo dello Stato, ma i bilanci devono essere approvati dal parlamento. Per cui Lula dovrà assicurarsi l’accordo del parlamento se vorrà realizzare i suoi programmi. Sicuramente i leader del centrão esigeranno un prezzo pesante per il loro sostegno.
Le sfide sono immense: 33 milioni di brasiliani affrontano la fame acuta e 100 milioni vivono in povertà, il numero più alto degli ultimi anni19.
Le priorità delineate da Lula includono la parità di retribuzione tra uomini e donne, la cancellazione di tutte le liste d’attesa per interventi chirurgici ed esami medici e l’offerta di un posto all’asilo nido per ogni bambino. Obiettivi che per ora sono stati proposti senza dettagli o costi chiari, ma Lula scommette che potrà ripetere le sue imprese del periodo 2003-2011. Molte delle sue promesse sono simili a quelle che aveva fatto allora, come la promessa di sradicare la fame. Promette di costruire alloggi più abbordabili e di portare elettricità e cisterne d’acqua in villaggi scollegati e lontani. Grandi progetti infrastrutturali come i trasporti pubblici, l’energia e l’acqua che saranno realizzati come in passato, con i finanziamenti delle banche statali. Ha anche promesso una riforma fiscale e un aumento del salario minimo.
Grazie al rinnovato programma di contrasto alla povertà Bolsa Familia, acclamato a livello internazionale, le famiglie più povere riceveranno 600 reais (115 euro) al mese e quelle con bambini di età inferiore ai sei anni riceveranno altri 150 reais (circa 30 euro). Il sussidio verrà fornito con l’obbligo di tenere i bambini a scuola e di fare tutte le vaccinazioni.
Dove prendere le risorse per fare tutto questo rimane ancora una questione aperta – e molto grande. Il boom delle materie prime che aveva finanziato molti dei suoi programmi durante i suoi primi due mandati20 è finito (anche se UE e Cina vogliono rafforzare le relazioni commerciali con il Brasile). E Lula dovrà affrontare un parlamento ostile, dove il bolsonarismo è forte21.
Molti importanti deputati e senatori sono finanziati dall’agrobusiness (dall’agrobusiness sono venuti 33 dei 50 maggiori donatori della campagna di Bolsonaro) e potrebbero essere il principale ostacolo in quella che sarà una delle aree più prioritarie di Lula, l’Amazzonia. La deforestazione è aumentata ogni anno da quando Bolsonaro aveva preso il potere. Lula si è impegnato a fermare le politiche di sviluppo incontrollate di Bolsonaro che incoraggiavano allevatori, coltivatori di soia, cercatori d’oro, compagnie minerarie e tagliatori di legna ad assediare l’Amazzonia e saccheggiare le sue risorse naturali. Lula e il suo ministro dell’Ambiente, Marina Silva, hanno promesso di “mirare a una deforestazione zero” in Amazzonia, la fine del land-grabbing e degli assalti in tutti i biomi del Brasile e una maggiore partecipazione delle popolazioni indigene al processo decisionale nazionale22.
Poi, ci sarebbero anche le tante promesse non mantenute da Lula nei suoi due mandati precedenti, le riforme di cui il Paese ha bisogno per essere più moderno, più equo ed inclusivo: una riforma reale della struttura di potere nel Paese tesa a ridurre le disuguaglianze sociali, con una riforma del sistema fiscale (assai generoso con i multimilionari e con le imprese, mentre penalizza la classe media e quelle più povere, che continuano a pagare elevate imposte dirette e indirette ricevendo in cambio servizi di bassa qualità23; una riforma del sistema politico (caratterizzato da frammentazione partitica, clientelismo, corruzione e perenne assalto al bilancio dello Stato); una riforma tesa a ridurre l’influenza dei grandi gruppi dei media privati (sistema radiotelevisivo e dei nuovi media) – la rete Globo per esempio – che hanno in pratica il monopolio dell’audience e determinano spesso con i loro programmi le sorti di un governo.
Infine, ci sarebbe anche la questione chiave della democratizzazione delle forze armate (emblematico il mancato processo dei militari responsabili dei crimini commessi durante la dittatura). Bolsonaro era un ex capitano dell’esercito ed un entusiasta sostenitore dell’ultima dittatura militare del Brasile dal 1964 al 198524. I militari sono stati la spina dorsale del suo sistema di governo durante i suoi quattro anni di presidenza. I generali sono stati nominati ministri e hanno accumulato potere, legittimazione, privilegi e risorse. Si stima che negli ultimi otto anni circa 6 mila militari attivi abbiano ottenuto posti di lavoro nella pubblica amministrazione del governo. Ora, tutti gli occhi sono puntati sulle forze di sicurezza. La lealtà dell’esercito sembrerebbe essere con Bolsonaro ache se finora, a differenza di sezioni della polizia militare, ha ignorato le suppliche dei golpisti, ma rimangono solidali con Bolsonaro e la causa conservatrice, soprattutto tra i ranghi minori. La possibilità di un’epurazione, soprattutto se si scopre che membri delle forze di sicurezza hanno aiutato i rivoltosi dietro le quinte, come suggeriscono i primi rapporti, potrebbe destabilizzare la politica brasiliana nei prossimi mesi.
In tutto il Brasile si sono tenute manifestazioni “in difesa della democrazia” organizzate dai sindacati e dalle organizzazioni popolari (Frente Brasil Popular, Frente Povo Sem Medo, Fórum das Centrais Sindicais, Coalizão Negra Por Direitos, Sem terra e Convergência Negra). La Conferenza nazionale dei vescovi cattolici del Brasile (Cnbb) ha chiesto l’immediata cessazione degli attacchi criminali contro lo Stato di diritto democratico. Finora le istituzioni hanno sostenuto Lula, ma questo è un momento di pericolo per la democrazia brasiliana e la sua transizione verso un modello di sviluppo meno distruttivo. Se i mercati e l’esercito rimarranno dalla sua parte – o almeno nei loro recinti – il tentativo di golpe fallirà in Brasile come negli Stati Uniti. Questo non è affatto certo, e anche se fosse così, lo scontro è tutt’altro che finito.
Lula si ritrova alla guida di un paese sconvolto, lacerato, in cui una parte rilevante dell’elettorato (per Bolsonaro hanno votato 58 milioni di cittadini) non riconosce la sua legittimità e in cui coabitano due popoli incapaci di trovare anche solo un alfabeto minimo condiviso. Per superare una crisi politica che colpisce le basi del sistema democratico e trovare una via d’uscita dalla profonda crisi in cui è precipitato il Brasile nell’ultimo decennio occorre aprire un varco di comunicazione tra i due popoli (fermo restando che l’ala più estremista e golpista del bolsonarismo deve essere repressa25 e probabilmente allo stesso tempo ci vorrebbe un New Deal brasiliano che introduce alcuni dei cambiamenti strutturali di cui parla Lula, valorizza il ruolo creativo delle minoranze e abbraccia la centralità dell’agenda ambientale globale. Purtroppo, la composizione del parlamento fa presagire che tutte le riforme saranno ancora una volta rinviate o annacquate. D’altra parte, la congiuntura di questa terza presidenza Lula è profondamente diversa da quella degli anni dei primi due mandati, con il mondo sull’orlo di una grave recessione e in subbuglio sul piano geopolitico, con la competizione aperta tra USA e Cina, la guerra in corso in Europa, inflazione, tassi di interesse e forze politiche di estrema destra in crescita ovunque. Fenomeni che mettono in grandi difficoltà le economie e società del continente latinoamericano.
Alessandro Scassellati
- “Durante tutto il mio mandato, sono sempre rimasto entro le quattro linee della costituzione, rispettando e difendendo le leggi, la democrazia, la trasparenza e la nostra sacra libertà. Inoltre, respingo le accuse infondate che mi sono state attribuite dall’attuale capo dell’esecutivo in Brasile”.[↩]
- Il ministro della Giustizia, Flávio Dino, un ex giudice e ex governatore del Maranhão, ha affermato che la polizia ha iniziato a rintracciare coloro che hanno pagato gli 80-100 autobus che hanno trasportato 4 mila miliziani bolsonaristi. Le prove forensi, comprese le impronte digitali e le fotografie, saranno utilizzate per incriminare le persone. Nei suoi primi commenti dopo l’attacco, Lula ha suggerito che i minatori illegali, i taglialegna e il “malvagio agrobusiness” potrebbero essere i finanziatori/mandanti dei manifestanti che per mesi sono stati nutriti e forniti di tende e altri beni e servizi (trasporti, servizi igienici portatili, magliette e bandiere da calcio gratuite).[↩]
- Al ballottaggio Lula ha avuto il 50,9% dei voti (60,34 milioni), mentre Bolsonaro il 49,1% (58,2 milioni). Tra il primo e il secondo turno Bolsonaro ha guadagnato 7 milioni di voti in più, mentre Lula ne ha guadagnati circa 3, meno della metà.[↩]
- Una tesi ribadita lunedì in un’intervista dall’ex consigliere di Trump Steve Bannon, che è anche consigliere di Jair Bolsonaro e di suo figlio Eduardo. “Lula ha rubato le elezioni… I brasiliani lo sanno… Non mi sto tirando indietro di un centimetro su questa cosa. Guarda il rapporto, il codice, il tabulatore, le macchine e aprili… sii trasparente, lascia che i cittadini del Brasile vedano“. Il sostegno di Bannon ai manifestanti, che ha definito “combattenti per la libertà“, ha suscitato nuove critiche sia nei suoi confronti sia del più ampio movimento MAGA che ha diffuso il negazionismo elettorale in patria e all’estero.[↩]
- Bolsonaro ha ripetutamente affermato che le elezioni sarebbero state truccate e ha ordinato ai suoi seguaci di “andare in guerra” se Lula avesse “rubato” le elezioni. Anche prima della vittoria di Lula al secondo turno elettorale, i sostenitori di Bolsonaro protestavano, accampandosi vicino alle basi militari e supplicando le forze armate di intervenire e mantenere Bolsonaro al potere impedendo l’insediamento di Lula. Altre proteste hanno riguardato blocchi di strade e autostrade, inclusi blocchi da parte di camionisti, dopo che Bolsonaro ha pubblicato un video di sé stesso alla guida di un trattore, un semirimorchio e un autobus, che è stato interpretato da alcuni dei suoi sostenitori come un incoraggiamento.[↩]
- I Democratici temono che la Florida, governata da un governatore repubblicano intransigente e possibile candidato presidenziale nel 2024, Ron DeSantis, stia diventando sempre più un focolaio di golpisti di estrema destra. I recenti tentativi di colpo di stato ad Haiti e in Venezuela sono stati tramati da lì e lo Stato è diventato la dimora permanente di Donald Trump, uno stretto alleato di Bolsonaro che continua a rifiutarsi di riconoscere la propria sconfitta elettorale nel 2020, nel suo resort di Mar-a-Lago.[↩]
- Il presidente del Cile, Gabriel Boric, ha definito l’assalto alle istituzioni brasiliane un “attacco codardo e vile alla democrazia“. Il presidente della Colombia, Gustavo Petro, ha dichiarato: “Il fascismo ha deciso di organizzare un colpo di stato… È urgente che l’OAS [Organizzazione degli Stati americani] si incontri se vuole continuare a vivere come un’istituzione“. Il presidente argentino, Alberto Fernández, ha twittato di aver dato il “sostegno incondizionato del suo paese a @LulaOficial di fronte a questo tentativo di colpo di stato che sta affrontando“. Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, ha detto di respingere “la violenza generata dai gruppi neofascisti di Bolsonaro che hanno aggredito le istituzioni democratiche del Brasile. Il nostro sostegno a @LulaOficial e al popolo brasiliano che sicuramente si mobiliterà in difesa della pace e del suo presidente”. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha definito il Brasile “un grande paese democratico” e si è detto fiducioso che la “volontà del popolo brasiliano e delle istituzioni del paese” sarà rispettata. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha affermato che Lula è stato “democraticamente eletto da milioni di brasiliani attraverso elezioni eque e libere” e ha condannato “l’assalto alle istituzioni democratiche del Brasile”. Emmanuel Macron ha affermato che Lula può contare sul “sostegno incrollabile” della Francia e che “la volontà del popolo brasiliano e delle istituzioni democratiche deve essere rispettata“. Anche il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, ha offerto a Lula il suo pieno sostegno, aggiungendo: “Condanniamo categoricamente l’assalto al congresso del Brasile e chiediamo un immediato ritorno alla normalità democratica“. Un appello simile è arrivato dal primo ministro italiano, Giorgia Meloni, che ha affermato che le scene dal Brasile erano “incompatibili con qualsiasi forma di dissenso democratico”. Il ministro degli Esteri portoghese, João Gomes Cravinho, ha affermato che gran parte della responsabilità ricade su Bolsonaro e ha affermato che “sarebbe molto importante se desse un messaggio di condanna di fronte al disordine che sta attualmente accadendo a Brasilia“. Il governo australiano ha affermato di “condannare l’attacco al congresso, alla corte suprema e al palazzo presidenziale del Brasile”, che un portavoce del dipartimento degli affari esteri e del commercio ha definito “inaccettabile; le istituzioni e i processi democratici devono essere rispettati”.[↩]
- Ibaneis Rocha aveva scritto su Twitter di aver licenziato il suo massimo funzionario della sicurezza, Anderson Torres, ex ministro della giustizia di Bolsonaro. L’ufficio del procuratore generale ha dichiarato di aver presentato una richiesta per l’arresto di Torres che era anche lui, come Bolsonaro, “in vacanza” a Orlando in Florida durante il fine settimana.[↩]
- Nella sua ordinanza, De Moraes ha indicato i reati di “associazione a delinquere, tentata abolizione violenta dello stato di Diritto democratico, colpo di Stato, istigazione a delitto, minaccia e danneggiamento di beni pubblici”. Ha anche vietato gli accampamenti fuori dalle basi dell’esercito in tutto il paese e lo sgombero di quelli esistenti.[↩]
- Se Bolsonaro rifiutasse, il Brasile potrebbe emettere un mandato dell’Interpol per richiedere il suo arresto da parte degli agenti federali degli Stati Uniti. Il Brasile dovrebbe quindi chiedere formalmente la sua estradizione. Bolsonaro sarebbe libero di fare appello nei tribunali degli Stati Uniti, o potrebbe tentare di chiedere asilo, anche se ciò non offre alcuna garanzia di impedire il suo ritorno finale in Brasile. L’ex presidente panamense Martinelli è stato estradato dagli Stati Uniti a Panama nel 2018, tre anni dopo che la Corte Suprema di Panama aveva emesso il mandato di arresto. Nel frattempo, Bolsonaro sta anche cercando di ottenere la cittadinanza italiana.[↩]
- Secondo la Reuters, i messaggi scambiati durante la settimana mostravano membri di tali gruppi che organizzavano punti di incontro in diverse città del Paese, da dove sarebbero partiti autobus noleggiati per Brasilia, per la “festa di Selma”, nome utilizzato nel codice bolsonarista per l’assalto agli edifici pubblici. Il piano prevedeva di accamparsi davanti al quartier generale del comando dell’esercito, dove si erano accampati gruppi di golpisti da quando Lula aveva vinto le elezioni il 30 ottobre, per poi spostarsi nel primo pomeriggio di domenica sulla Piazza dei Tre Poteri di Brasilia (disegnata, come gli edifici e il resto della città, dagli architetti modernisti brasiliani Lucio Costa e Oscar Niemeyer come simbolo di armonia politica tra i rami esecutivo, giudiziario e legislativo del Brasile). Invece di essere trattenuti, sono stati scortati da auto della Polizia Militare con lampeggianti in un percorso di 8 chilometri. La polizia antisommossa è arrivata sul posto solo due ore dopo l’inizio dell’assalto.[↩]
- Aveva giustificato le manifestazioni dei camionisti e attivisti – “Gli attuali movimenti popolari sono il risultato dell’indignazione e del sentimento di ingiustizia su come si è svolto il processo elettorale.” -, ma ne ha condannato i metodi: “Saranno sempre ben accette dimostrazioni pacifiche, ma i nostri metodi non possono essere quelli della sinistra, che hanno sempre danneggiato la popolazione, come l’occupazione delle proprietà, la distruzione del patrimonio e la chiusura del diritto di andare e venire“.[↩]
- Lula era stato eletto presidente nel 2002 e nel 2006. Alla fine del suo secondo mandato, nel 2010, aveva un indice di gradimento vicino al 90%, mentre il PIL del Brasile cresceva del 7,5%. Dopo l’impeachment di Dilma Rousseff nel 2016, il Partido dos Trabalhadores (PT) di Lula è stato demonizzato dalle destre come forza cleptocratica ed è stato il principale obiettivo dell’indagine anticorruzione di Sergio Moro che aveva portato in carcere lo stesso Lula. Lula venne accusato e condannato a 12 anni per un’accusa di corruzione (ritenuto colpevole di aver intascato una tangente in cambio di contratti con la compagnia petrolifera di Stato Petrobras). Incarcerato dall’aprile 2018 per oltre 580 giorni ed escluso dalle elezioni presidenziali di ottobre/novembre, vinte da Bolsonaro, Lula è poi tornato libero allorquando l’accusa è stata annullata sulla base del fatto che era stato ingiustamente inquisito e processato da Sergio Moro, un giudice di destra che in seguito ha accettato la carica di ministro della Giustizia nel governo di Bolsonaro. “Hanno cercato di seppellirmi vivo ed eccomi qui” sono state le prime parole del suo discorso di vittoria, ma la resurrezione di Lula rende evidente che negli ultimi vent’anni il PT non ha saputo rinnovarsi e non ha favorito un cambiamento generazionale della sua leadership, anche se l’erede di Lula, Dilma Rousseff, è stata abbattuta con un “colpo di Stato” orchestrato dalle forze parlamentari di centro-destra guidate dal vicepresidente Michel Temer (poi divenuto presidente) con cui il PT si era alleato nelle elezioni presidenziali del 2010.[↩]
- Complessivamente, i partiti di destra hanno aumentato la loro rappresentanza alla Camera da 240 a 249 deputati, poco meno della metà del totale di 513. Il PT di Lula e i suoi alleati ne hanno solo 141, quindi il presidente eletto dovrà spostarsi verso il centro se vuole governare. Lula aveva segnalato la sua disponibilità a farlo a maggio 2022, quando aveva annunciato la sua alleanza nel ticket per la presidenza col moderato Geraldo Alckmin (un ex rivale che era stato il suo avversario presidenziale nel 2006). D’altra parte, anche molti dei politici del centro e del centro-destra che si erano opposti a Bolsonaro hanno preferito allearsi con il PT perché temevano quello che avrebbe potuto fare se avesse vinto un secondo mandato. Per questo, durante la campagna elettorale, Lula ha sottolineato più e più volte che il suo governo non sarebbe stato solo un governo del PT. E per riuscire effettivamente a governare, Lula dovrà assicurarsi che sia davvero così.[↩]
- Il bolsonarismo o il filo-bolsonarismo ha vinto in 14 dei 27 Stati del Brasile, dominando in una fascia di territorio che si estende dalla costa atlantica alle terre della savana del centro-ovest. Negli Stati più ricchi e sviluppati del sud, Bolsonaro ha vinto con ampie maggioranze. Fernando Haddad, il candidato presidenziale sconfitto quattro anni fa e un membro chiave della squadra della campagna elettorale di Lula, è stato sconfitto in modo deciso dal candidato di Bolsonaro – Tarcísio de Freitas, ex soldato, ingegnere dell’esercito ed ex ministro delle Infrastrutture del governo – nella corsa per diventare governatore dello Stato di San Paolo, la regione più popolosa e ricca del Brasile. Bolsonaro ha trionfato in modo spettacolare anche nella prospera fascia agricola del centro-ovest.[↩]
- Lula ha ottenuto una vittoria nello Stato industriale del Minas Gerais (50,2% contro 49,8%), ma deve il suo successo nazionale alla valanga di consensi ottenuta nei 10 Stati relativamente poveri del nord-est. Il 70% delle persone a Bahia, lo Stato con la più alta popolazione nera, ha votato per Lula. Soprattutto Lula ha ottenuto molti voti in alcuni dei comuni più popolati del Brasile, ma anche nella maggior parte delle aree scarsamente popolate. In queste ultime ha raggiunto più dell’80% dei voti. Bolsonaro, invece, si è comportato molto bene nelle città di medie dimensioni, nei distretti con un numero compreso tra 100mila e 1 milione di abitanti.[↩]
- Bolsonaro è stato soprannominato il “Trump dei tropici” e ha usato metodi simili. Come l’ex presidente degli Stati Uniti, Bolsonaro ha polarizzato il suo Paese diviso, denigrando le donne, i gay e le minoranze. Ha armato i suoi sostenitori, inondando il Paese di armi da fuoco. Una pandemia che ha ucciso quasi 700mila persone ha contribuito a portare il numero delle persone in povertà al più alto mai registrato e lo ha visto affondare nei sondaggi. La sua risposta è stata quella di inondare l’infosfera di notizie false, distribuire pagamenti per il welfare e inviare la polizia stradale federale a bloccare le strade nelle aree pro-Lula il giorno del voto. Secondo alcuni analisti, Bolsonaro ha attirato più voti di Lula dal “precariato” – brasiliani che sono al di sopra della soglia di povertà ma, tuttavia, devono affrontare una costante insicurezza economica. Si tratta di persone che sono microimprenditori, che hanno lavori nella gig-economy, nelle piccole imprese o che sono lavoratori autonomi. Lottano economicamente e cercano la stabilità che l’estrema destra promette. Le tendenze di destra di questo strato della società brasiliana sono diventate evidenti prima delle elezioni del 2018, quando ha avuto luogo un grande sciopero nazionale dei camionisti. La protesta è iniziata per l’aumento dei prezzi del carburante, ma si è conclusa con l’appello di alcuni partecipanti all’intervento dell’esercito e alla “soluzione dei problemi” dello Stato. Bolsonaro aveva sostenuto lo sciopero, aumentando la sua popolarità prima del voto. Non a caso, dopo la sconfitta elettorale di Bolsonaro i camionisti – che hanno beneficiato della riduzione dei costi del gasolio da parte di Bolsonaro – e i sostenitori del presidente in carica sono tornati a bloccare strade e autostrade in tutto il Paese chiedendo l’intervento dei militari per rovesciare il risultato delle urne. Anche i cristiani evangelici – che ora sono circa un terzo della popolazione (65-70 milioni), forse il doppio di quando Lula era stato eletto nel 2002 – sono grandi sostenitori di Bolsonaro. I pastori evangelici, che costituiscono una potente forza conservatrice nella politica e nella società brasiliana, per lo più hanno espresso il loro sostegno a Bolsonaro e la sua posizione “pro-famiglia”. La destra religiosa, fautrice della “teologia della prosperità“, ha predicato attivamente contro tutte le forme di politica di sinistra e ha affermato che Lula avrebbe chiuso le chiese. Il multimilionario telepredicatore evangelico Silas Malafaia è stato al fianco di Bolsonaro in molte delle sue manifestazioni elettorali e ha persino viaggiato con lui verso il funerale della regina Elisabetta II in Gran Bretagna. Lula ha cercato di erodere la base religiosa del suo avversario includendo riferimenti a Dio nei suoi discorsi e scrivendo una “lettera agli evangelici” in cui ha cercato di dissipare le loro paure.[↩]
- Lula semplicemente non sarà in grado di far approvare nuova legislazione senza il sostegno di almeno una parte della destra brasiliana. Per cui dovrà concludere accordi anche con gli stessi leader politici – i famigerati politici conservatori del centrão (“grande centro”) frammentato in una ventina di partiti, ma di orientamento più conservatore rispetto al passato – che sono stati alleati di Bolsonaro negli ultimi due anni e mezzo. Ciò complicherà enormemente il compito di gestire l’economia e tenere sotto controllo un crescente disavanzo fiscale (che dovrebbe raggiungere circa l’8% del PIL nel 2023). Lula dovrà vedersela con una miriade di partiti politici con rappresentanza parlamentare che negoziano instancabilmente il loro appoggio al governo di turno in cambio di posti di potere, di prebende e di modifiche alla legge di bilancio per far fronte a clientele locali.[↩]
- Per la prima volta dall’inizio del millennio, il Brasile è tornato nella mappa ONU della fame. Le donne e gli uomini incapaci di alimentarsi a sufficienza sono 33 milioni. Il governo Bolsonaro aveva creato il programma Auxilio Brasil, un sussidio di emergenza per 20 milioni di poveri. Inizialmente, l’Auxilio Brasil era stato istituito come programma di aiuti di emergenza durante la pandemia di CoVid-19, poi si è rivelato uno dei pochi strumenti che Bolsonaro aveva a disposizione per sollevare i suoi tristi indici di gradimento. Dunque, nell’ottobre del 2021 il presidente ha approvato una normativa per mantenere vivo il programma fino alla fine del 2022, giusto in tempo per la campagna presidenziale.[↩]
- Durante gli otto anni della sua presidenza, Lula riuscì a far quadrare il cerchio di conciliare la crescita economica con l’aumento delle spese sociali e degli investimenti pubblici, mantenendo una politica monetaria austera, rimborsando i debiti con il FMI e accumulando enormi riserve internazionali in dollari. Il boom dei prezzi delle materie prime e delle esportazioni verso la Cina furono fondamentali per porre in essere queste politiche. Allo stesso tempo, furono scoperti dalla Petrobras (la società statale degli idrocarburi) enormi giacimenti di gas e petrolio in acque profonde, consolidando il Brasile come superpotenza energetica.[↩]
- Il partito di Bolsonaro, il Partido Liberal (PL), ha ottenuto un risultato travolgente nel parlamento, 99 deputati (la prima forza politica della Camera); il PT di Lula ne ha ottenuti 79. Nel complesso, i bolsonaristi hanno eletto 187 deputati, ovvero il 36% dei 513 seggi. Al contrario, il PT e i suoi alleati hanno 108 seggi (21%). Dei 27 senatori che si rinnovavano il 2 ottobre, il PL ne ha ottenuti 8, il PT 4. La stessa cosa è successa per i governatori che si rieleggevano il 2 ottobre (il PL governerà in due Stati, mentre il PT in quattro). Nei maggiori Stati del Paese, Minas Gerais e Rio de Janeiro (il terzo e il secondo collegio elettorale più importante del Brasile), la destra ha vinto al primo turno e al ballottaggio nello Stato di San Paolo (il primo collegio elettorale del Paese) ha vinto al secondo turno il candidato bolsonarista (anche se Lula ha avuto più voti di Bolsonaro nella città capitale). Dei quattro Stati più importanti della federazione, il PT ha vinto solo nello Stato di Bahia. La caratteristica del Brasile come repubblica federale è che i governatori statali hanno un grande bisogno del presidente della repubblica, per cui è assai probabile che i governatori saranno pragmatici e dialogheranno con il governo federale per ottenere risorse e portare avanti le opere pubbliche e fornire servizi ai cittadini. Nello Stato di Santa Catarina, ad esempio, dove Jorginho Mello del PL ha vinto al secondo turno con il 70% dei voti validi, è urgente l’investimento in infrastrutture stradali. Nello Stato di Belo Horizonte, il neoeletto Zema ha promesso di realizzare la metropolitana nella capitale e avrà bisogno delle risorse finanziarie del governo federale per far andare avanti i lavori. Il giorno dopo l’assalto di Brasilia Lula e i governatori dei 27 Stati federali, governati a maggioranza da partiti filo-bolsonaristi, si sono recati alla sede della Corte Suprema federale per vedere lo stato dell’edificio dopo l’assalto. Il messaggio che stanno provando a trasmettere i tre poteri è quello di uno Stato coeso a tutti i livelli che, indipendentemente dalle posizioni politiche, combatte la minaccia alla democrazia.[↩]
- Molta attenzione sarà rivolta anche alle questioni relative alle popolazioni indigene (circa 900mila persone). Una rapida ricostruzione delle agenzie per gli indigeni (anche con l’istituzione di un Ministero dei Popoli Originari) e l’ambiente che sono state svuotate da Bolsonaro segnalerà l’effettivo impegno del governo di Lula nel difendere i diritti delle popolazioni indigene e combattere la deforestazione. Negli ultimi quattro anni, Bolsonaro ha adottato una serie di misure per incentivare le concessioni minerarie e l’attività di estrazione nei territori indigeni e ha ridotto la vigilanza ambientale in tutto il paese tagliando i fondi e riducendo i compiti delle istituzioni statali che se ne occupavano. Durante il suo mandato la deforestazione e gli incendi sono cresciuti così tanto che, secondo molti scienziati, la foresta sta raggiungendo il punto di non ritorno, quello cioè in cui comincia a emettere più carbonio di quanto ne possa assorbire, entrando così in un processo di desertificazione. “Invece di essere leader mondiali nella deforestazione, vogliamo essere campioni del mondo nell’affrontare la crisi climatica e nello sviluppo socio-ambientale“, ha affermato Lula durante la campagna elettorale. “In questo modo avremo cibo sano nei nostri piatti, aria pulita da respirare e acqua da bere e molti posti di lavoro di qualità con investimenti verdi“. La questione agraria rimane cruciale per il futuro del Paese: da un lato, ci sono la piccola agricoltura familiare e i contadini senza terra, dall’altro c’è il mondo rapace dell’agrobusiness e del latifondo. La riforma agraria continua a essere una promessa per cui si battono milioni di brasiliani sem terra. Ma l’agrobusiness è un settore altamente industrializzato in Brasile, responsabile di oltre un quarto del PIL e del 48,3% delle esportazioni totali nella prima metà del 2022. E la sua portata geografica è vasta, coprendo gran parte del nord sopra San Paolo; una fascia significativa degli Stati meridionali; due potenti Stati centro-occidentali, il Mato Grosso e il Mato Grosso do Sul; e Roraima nel nord. Durante la presidenza di Bolsonaro, la maggior parte dei guadagni di reddito in Brasile sono andati a queste regioni, poiché il settore agricolo ha beneficiato di una valuta nazionale svalutata e dei prezzi internazionali elevati delle materie prime. Non sorprende che le regioni dominate dall’agrobusiness sono state tra le maggiori sostenitrici di Bolsonaro. Tereza Cristina, ex presidente del Fronte Parlamentare Agricolo (FPA) – la potente “bancada rural” –, era stata nominata a capo del ministero dell’Agricoltura da Bolsonaro nel 2019. Il 2 ottobre, al primo turno delle elezioni, Cristina, nota anche come “Signora della Deforestazione” e “musa del veleno” – è stata eletta senatore del Mato Grosso do Sul, ottenendo oltre il 60% dei voti. Il 70% dei rappresentanti dell’FPA alla Camera dei Deputati è stato rieletto. L’organizzazione prevede di avere almeno 40 degli 81 seggi al Senato nel 2023 e progetta persino nuove “adesioni“, che potrebbero portare il totale a 45.[↩]
- Oltre ai poveri, Lula dovrà dare delle risposte anche ai settori produttivi della media e piccola impresa e alla classe media che guadagna fino a 5mila reais al mese (circa 960 euro) probabilmente introducendo una esenzione dell’imposta sul reddito.[↩]
- Nel 1964, le truppe ribelli delle forze armate brasiliane cacciarono il presidente di sinistra democraticamente eletto, João Goulart. Sostenuto dal governo degli Stati Uniti, il colpo di stato si sarebbe trasformato in una dittatura, durata fino al 1985. Durante quel periodo, la dittatura fu responsabile di oltre quattrocento morti e sparizioni; oltre ventimila persone furono torturate, principalmente per ottenere informazioni sulla crescente resistenza.[↩]
- Lula ha davanti a sé una navigazione delicata ed equilibrata. Deve dimostrare che la legge e la democrazia prevarranno in Brasile e punire i colpevoli. Ma deve farlo senza alienarsi intere istituzioni, né definire golpisti tutto quel 49% di brasiliani che hanno votato per Bolsonaro.[↩]
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I seguaci di Trump ieri,oggi quelli di Bolsonaro,non accettano la loro sconfitta.Questa destra non fa neppure più finta di accettare il gioco democratico. Brutto affare…