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Tutta la complessità del mondo, tra radicalità, mediazioni ed accomodamenti

di Roberto
Rosso

Seguendo gli eventi. La destra brasiliana, che si identifica nell’ex-presidente Bolsonaro, ha messo in atto un assalto alle istituzioni federali a Brasilia, assieme a diverse azioni in tutto il paese di blocco di vie di comunicazione e siti produttivi. A Roma gli attivisti di Ultima Generazione hanno imbrattato di vernice lavabile la facciata di palazzo Madama, sede del senato della Repubblica, esponendo striscioni contro l’uso delle materie prime fossili.  Nell’articolo ‘Il Senato oltraggiato nel Necrocene’1 abbiamo scritto “Tutto si tiene nella complessità dei rapporti sociali con una specificità di non poco conto: se all’ingiustizia sociale si può sempre pensare, sperare, progettare di porre rimedio, di rovesciare un regime iniquo con il conflitto sociale, di fronte alla crisi climatica quel ‘sempre’ non esiste.” La complessità appunto, dei rapporti sociali, del reale. Quella complessità che ha prodotto lo ‘spostamento a destra’ di ceti medi impoveriti, si manifesta nell’intreccio di crisi, che articolo dopo articolo stiamo analizzando, stiamo seguendo nel loro evolversi sempre meno prevedibile, sempre meno lineare, che le istituzioni monetarie affrontano con un armamentario del tutto inadeguato, che spinge l’Unione Europea verso la recessione, la stagnazione negli USA, il default in decine di paesi le cui economie e bilanci statali hanno il fiato corto e l’indebitamento lungo.

Una complessità economica e sociale, che si sviluppa lungo tutte le dimensioni della riproduzione sociale, irriducibile alle strategie messe in atto dalla governance economica, irriducibile alle strategie messe in atto dalle sinistre per venire a capo di processi continui di trasformazione sociale, che mentre aumentano a dismisura le diseguaglianze, rimescolano senza tregua la composizione sociale. Una complessità che i dispositivi istituzionali della democrazia non sono in grado di sbrogliare, laddove si parla di svuotamento della democrazia, di riduzione ad un puro involucro, la democratura. La rappresentazione dello scontro geopolitico come contrapposizione tra regimi autocratici e democratici nasconde e mistifica ben altra realtà. Certo un regime democratico per quanto svuotato è luogo dove il conflitto, la critica si possono sviluppare senza essere brutalmente repressi al loro primo manifestarsi e questa è una differenza fondamentale, ma essa vale solo nel momento in cui conflitto e critica, loro organizzazione sono in grado di inceppare il procedere di un sistema sociale necrofilo.

La mappa globale dei conflitti, il manifestarsi di movimento radicali, che possiamo definire di liberazione, allo stato è quantomeno frammentata. Certo la globalizzazione neo-liberista contro cui si è sviluppato, al passaggio trai due secoli, il movimento contro la globalizzazione, meglio definito come alter-mondialista, sta mutando a sua volta, sviluppando fratture e contraddizioni, entro quell’intreccio di crisi in rapida successione; l’analisi fatica a tener dietro al mutamento, ancor di più ad essere uno strumento efficace per la prassi, dentro la prassi. Il Brasile del 2023 non è lo stesso del 2002, è profondamente spaccato, la strategia, le alleanze e le politiche di Lula ne terrano conto necessariamente, mantenendo altrettanto necessariamente punti di riferimento irrinunciabili.

Il gesto, i gesti, la strategia di lotta e comunicazione di Ultima Generazione a sua volta, nasce dalla presa d’atto del fallimento di una azione coordinata, globale contro il cambiamento climatico, il collasso degli ecosistemi,  la perdita di biodiversità che fa parlare di ‘sesta estinzione di massa’ per cui la COP15 sulla biodiversità si dà l’obiettivo 30X30 ossia preservare dall’estinzione il 30% delle specie esistenti entro il 2030, leggi l’articolo Dalla COP15 sulla biodiversità la conferma della necessità di una ‘nuova alleanza’2. La pandemia ha interrotto la fase espansiva, potremmo dire esplosiva, del movimento dei Fridays For Future, unico movimento delle nuove generazioni e di carattere globale, che ha come obiettivo un cambiamento radicale per invertire la tendenza al riscaldamento globale.

Oggi Ultima Generazione, Fridays For Future, Extinction Rebellion costituiscono una costellazione  che produce diverse forme di azione e di mobilitazione per rompere il muro dell’indifferenza verso l’incombere di una catastrofe globale, in buona sostanza per agire solidalmente verso un comune futuro, rompendo oggi i muri che separano l’umanità in frazioni con destini divergenti. L’ambientalismo non è certo cosa nuova, si è sviluppato di fronte ai disastri dell’industrialismo che ha prodotto territori contaminati ed epidemie, mille forme di cancerogenesi in una cancerogenesi sociale; molteplici culture materiali e pratiche politiche che si sono espresse tanto in forme di mediazione, di cooptazione nel governo dell’esistente quanto di critica radicale.

Il salto di qualità nelle manifestazioni del cambiamento climatico e nell’accuratezza dei modelli previsionali ha prodotto una nuova stagione, nuove culture, movimenti e pratiche che sono sollecitate dal dato negativo della disarticolazione delle politiche nazionali. Dal nostro punto di osservazione c’è un nesso simbolico forte tra l’azione di Ultima Generazione ed i sommovimenti politici del Brasile che dispone del controllo di parte dei destini del mondo, controllando gran parte della foresta pluviale amazzonica; il cuore della posta in gioco del governo Lula, nel momento in cui la foresta amazzonica si approssima ad un ‘tipping point’ che segnerebbe il collasso della sua struttura, la sua trasformazione in ampie aree di savana, l’inversione del bilancio tra produzione e assorbimento di anidride carbonica3.  In generale si parla, non da oggi, di superamento in diversi parti del sistema climatico dei cosiddetti ‘tipping point’ dal collasso degli ecosistemi -in primo luogo delle foreste pluviali- allo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia, al rallentamento della Corrente del Golfo4.

Il cambiamento climatico è dal punto di vista conoscitivo ed ontologico un concetto, un oggetto che racchiude tutta la complessità del mondo, una sorta di Iperoggetto secondo la terminologia di Tymothi Morton5.

In questa dissoluzione di una idea unitaria di mondo, certo non è una novità, sta tutta la difficoltà di qualsiasi azione soggettiva, di coniugare parzialità e …  cosa? Parzialità anche di movimenti che affermano diritti universali e soggettività irriducibili, di fronte al dissolversi di un ordine, l’ordine, la stabilità, la permanenza di un mondo nel quale comunque si sono succedute le diverse civiltà, le diverse formazioni sociali; un mondo nel quale la perdita della centralità dell’uomo nel cosmo, non metteva in discussione la permanenza e la continuità del contenitore, via via plasmato dall’azione antropica.

Il concetto di complessità, necessario per descrivere la realtà delle attuali formazioni sociali, degli attuali rapporti sociali di produzione, si sta imponendo contro le semplificazioni dei parametri tradizionali che descrivono il quadro macro economico; si impone nel momento in cui si analizzano le modalità possibili di una transizione ecologica ed energetica, nella quale è impossibile isolare una singola filiera produttiva, un singolo settore economico, una singola regione dal contesto di relazioni e flussi che vi convergono, necessari alla loro riproduzione. Il cambiamento climatico, per altro con caratteri e intensità variabili da regione a regione, tanto quanto il collasso degli ecosistemi e la perdita di biodiversità, inseriti nelle matrici input-output macroeconomiche ne fanno saltare gli equilibri, introducono dinamiche per nulla lineari che richiedono di fare appello a modelli del tutto diversi dal passato, vedi l’articolo ‘Economic complexity and the green economy6,  che offre anche una bibliografia adeguata a seguire lo sviluppo, a partire soprattutto dal 2007-2009, di metodologie ed indici in grado di definire  misura della complessità delle economie e delle modalità di transizione ad una economia ‘verde’. È consigliabile leggere una serie di paper che ci offrono un quadro degli strumenti analitici utili a rendere quella costellazione di concetti che va sotto il nome di complessità, uno strumento utile a comprendere la nuova realtà; tra questi : Geography of Trade, Technology, and Research Explain Inclusive Green Growth Viktor Stojkoski, Philipp Koch, César A. Hidalgo – Reconciling contrasting views on economic complexity Carla Sciarra , Guido Chiarotti1, Luca Ridolfi & Francesco Laio.

Difficile comunque è produrre linee guida per affrontare  la complessità che deriva dalla crisi ecologica e climatica, ad esempio una definizione esaustiva di prodotti ‘verdi’ si rivela in realtà impossibile.

Definizione di prodotti verdi (o prodotti con benefici ambientali) si è dimostrato un compito impegnativo.  Al fine di illustrare la portata della “industria ambientale”, l’OCSE ha offerto la seguente definizione:

“L’industria  dei  beni e dei servizi ambientali è costituita da attività che producono beni e servizi per misurare, prevenire, limitare, minimizzare o correggere i danni ambientali  all’acqua, all’aria e al suolo, nonché  problemi legati ai rifiuti,  al rumore e agli ecosistemi.  Questo include tecnologie ‘più pulite’, prodotti e servizi che riducono il rischio ambientale e ridurre al minimo l’inquinamento e l’uso delle risorse”. Il contesto nel quale determinati possono essere usati è variabile ed è difficile realizzare una completa mappatura, inoltre il quadro delle conseguenze sui meccanismi biologici viene costantemente aggiornato.

Un articolo dopo l’altro abbiamo sempre fatto riferimento all’intreccio delle crisi, una sorta di policrisis, al loro accavallarsi, ai loro effetti sinergici, alle differenti reazioni e ruoli dei governi, delle banche centrali e delle classi dirigenti nel loro sviluppo, dalla guerra, all’inflazione, alla pandemia. Il termine che oggi viene usato più che di policrisi è quello di permacrisis7, eletto termine dell’anno del Collins Dictionary, visto il succedersi di momenti critici e di rottura dal 2008 ad oggi in quadro di instabilità globalmente diffuso. Indubbiamente è il termine più adatto a definire le prospettive che si aprono peri prossimi decenni, dove decisivo è quello in cui ora ci troviamo.

Come si tratta la complessità, con quale politica possibile?

Le mediazioni con le quali a Lula per governare tocca affrontare contraddizioni, di per sé irriducibili a mediazioni al ribasso e che quindi richiedono soluzioni radicali, d’altro lato la radicalità di gesti che vogliono rompere vincoli e muri che sbarrano la via per cambiare il futuro, come sempre. E allora la tentazione che va combattuta è quella della cooptazione da parte di soggetti politici che ormai da decenni si dibattono in spazi sempre più ridotti, riproducendo saperi come monaci medievali, mantenendo la pretesa di possedere i saperi che permettono di costruire la prospettiva, il progetto la strategia da offrire ai nuovi soggetti che si presentano sulla scena.

Il movimento alter-mondialista, quello dei Fori Sociali e contro la guerra, che ha segnato i primi anni del secolo, ha mostrato la possibilità di un convergere di culture diverse di tutte le regioni del globo su obiettivi comuni; dove la diversità si manifestava al massimo grado nei popoli indigeni a cui era affidato il compito della conservazione di beni comuni naturali, come le foreste pluviali, essenziali per la salvezza dell’umanità. Significativo nella compagine ministeriale di Lula è l’introduzione del ministero dei popoli indigeni affidato a Sonia Guajajara. Una ministra indigena per gli indigeni. Una svolta epocale dopo gli anni oscuri del governo Bolsonaro. Una nomina che la nuova ministra considera una «conquista collettiva dei popoli originari» e un «momento storico del principio di riparazione»8.

L’incontro paritario di culture politiche diverse è oggi ancora più necessario, rispetto ai primi Social Forum Mondiali a Porto Alegre dove potevamo ascoltare Lula che stava per diventare presidente; un incontro spesso non facile che richiede una messa in discussione rispettiva e reciproca da parte degli attori del confronto, assolutamente necessario per affrontare la complessità di trasformazioni che in realtà nessun soggetto – economico o politico- è in grado di governare. Mentre si approssima la conclusione del primo quarto di secolo, lo stato di crisi permanente non ha certo giocato a favore dello sviluppo dei movimenti di liberazione, per questo la liberazione delle culture politiche è oggi quanto mai necessaria.

Roberto Rosso

  1.   https://transform-italia.it/il-senato-oltraggiato-nel-necrocene/  []
  2. https://transform-italia.it/dalla-cop15-sulla-biodiversita-la-conferma-della-necessita-di-una-nuova-alleanza/ []
  3. https://www.theguardian.com/environment/2021/jul/14/amazon-rainforest-now-emitting-more-co2-than-it-absorbs  https://www.nature.com/articles/s41586-021-03629-6.epdf?sharing_token=JaXcn95jIvDJBrFpnSs7ItRgN0jAjWel9jnR3ZoTv0NILaci0q8CXtVe4JKM-xF0Z0ZQpmJpnpSclAjJeIV-vCjviXK_Mb9hvvU5C3CiJVgu82-RGuHR01gFiQZAVMzDCCxiRyvlh0MBQxTvGN2oHmf2jIOC7MEEGXrOPGIblsh57v9qXkkZbM7U0OH8zbdQ4jnVO1zD9R1jeDcUVBS22YVLkjWEvC5vrNMdQ416fmEBL9kIHYs2ptVibFKXLxEuh-TQ08w-QGSFzN6221Kggp2AxmqrBpUJfdMGj_O_Q8m8Alf_9PWQq1yWP_TFw_3GLxfeJ7fQkjEgeUsdxvVrtw%3D%3D&tracking_referrer=www.theguardian.com

    Pronounced loss of Amazon rainforest resilience since the early 2000s  https://www.nature.com/articles/s41558-022-01287-8  []

  4. https://www.theguardian.com/environment/2019/nov/27/climate-emergency-world-may-have-crossed-tipping-points  https://www.nature.com/articles/d41586-019-03595-0  []
  5. https://not.neroeditions.com/timothy-morton-iperoggetti/  Timothy Morton. Iperoggetti (Not) (Italian Edition) . Nero editions.
    Il riscaldamento globale è un problema enorme perché, assieme ai ghiacciai, ha dissolto i concetti di mondo e di mondeggiare. A causa del riscaldamento globale, gli strumenti che gli umanisti avevano a disposizione per parlare dell’emergenza ecologica si sono rivelati inutili quanto i proverbiali buchi nell’acqua. Utilizzarli sarebbe come usare un vecchio (o meglio, antiquato) addobbo di natale a mo’ di arma. La cosa spaventosa è che ci rendiamo conto del riscaldamento globale solo quando è già qui. È come se ti accorgessi di aver continuato a occuparti dei tuoi fatti quotidiani nella sfera in espansione di una bomba nucleare esplosa al rallentatore. Pochi secondi di stupore, e l’illusione di vivere in un mondo piccolo e perfetto svanisce. Da questo punto di vista, le narrazioni catastrofiste sulla «fine del mondo» sono parte non della soluzione, ma del problema. Collocando la catastrofe in un futuro ipotetico, queste storie fungono da vaccino proprio contro l’oggetto reale che si è intrufolato nel nostro spazio ecologico, sociale e psichico. Come vedremo, l’iperoggetto segna la nostra fine adesso, non in un qualche ipotetico futuro[]
  6. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0048733320300287  []
  7. https://theconversation.com/permacrisis-what-it-means-and-why-its-word-of-the-year-for-2022-194306  []
  8. https://ilmanifesto.it/la-vera-discontinuita-una-ministra-indigena-per-gli-indigeni []
complessità, guerra, inflazione, Lula, Pandemia, Permacrisis, Ultima Generazione
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