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Dopo vent’anni, vent’anni che hanno cambiato radicalmente il volto del mondo

di Roberto
Rosso

Qualcuno a Firenze ha ricordato che se tutti i temi di allora sono all’ordine del giorno, in realtà nel 2002 non si manifestava il ruolo della Cina come seconda potenza mondiale in competizione diretta con gli Stati Uniti, la crisi climatica, le sue manifestazioni catastrofiche ed il suo orizzonte di catastrofe globale, costituivano una parte minore dell’agenda dei movimenti mentre oggi sono al centro della critica radicale al sistema dominante e del progetto di una nuova società.

Il movimento dei Social Forum, prodotto della convergenza dei movimenti a livello mondiale, dall’incontro di movimenti e coscienze critiche del sud e del nord del mondo, il primo nel 2001 e altri negli anni seguenti  is svolsero a Porto Alegre, fu protagonista del grande movimento contro la guerra che sfociò nella manifestazione del 2003, si manifestò per alcuni anni in grandi appuntamenti mondiali come Mumbai, Nairobi, Caracas, Tunisi1  e negli incontri europei di Parigi, Atene, Londra, Malmö e  Istanbul -l’ultimo- nel 2010, oltre che in altri Forum regionali.

Possiamo dire che dopo il primo decennio del secolo, con una curva calante dei movimenti globali in quanto a capacità di esprimersi come tale, la capacità di costruire una rete di relazioni, connessioni e cooperazione, si è decisamente ridotta se non venuta meno.

Sappiamo che in questo ventennio si sono prodotte trasformazioni radicali nel modo di produzione, nella formazione sociale globale, trainate dallo sviluppo tecnologico, realizzando forme nuove della globalizzazione sino agli ultimi eventi che fanno parlare di deglobalizzazione, che sarebbe meglio definire come globalizzazione che si evolve attraverso una dialettica di competizione, conflitti e integrazione. Un termine di confronto può essere la cosiddetta ‘Crisi dei Subprime’ del 2008-2011, segnata al suo inizio dal fallimento della Lehmann Brothers; una crisi globale l’espressione più pura delle contraddizioni del capitalismo del XXI secolo -e di sempre- a cui non corrispose una capacità di risposta dei movimenti sociali in tutte le loro espressioni. L’influenza dei Social Forum mondiali che si sono tenuti sino al 20182 si è progressivamente ridotta, benché si possa affermare che proprio in queste difficili condizioni le relazioni che si sono mantenute e create hanno un valore fondamentale; questo potrà essere oggetto di una ricostruzione storica, ma anche di una investigazione utile a realizzare una mappa delle capacità, delle possibilità delle traiettorie di movimenti e culture di critica radicale ai rapporti sociali dominanti. Il ruolo che i Forum regionali possono aver avuto in questi anni di attraversata del deserto nel generare intelligenza e cooperazione antagonista, non emerge certo dalla comunicazione mainstream, è necessario quindi riannodare le relazioni a partire da una reciproca conoscenza, tra le realtà che ne sono state protagoniste; pensiamo solo al ruolo che possono avere avuto negli Stati Uniti i SF regionali.

La composizione dei Social Forum a sua volta è mutata, c’è chi ha sottolineato il rischio di una sorta di professionalizzazione della  partecipazione, una sorta di predominanza delle grandi NGO, di una sorta di copro professionalizzato, rispetto ai movimenti dal  basso –grass root movements– in particolare la critica fu espressa nei confronti del WSF di Nairobi3, in riferimento più specifico ai rapporti all’interno dei movimenti e delle organizzazioni africane. Questo dualismo è presente nello sviluppo di tutti i movimenti, delle forme di organizzazione e delle istituzioni che esse generano, una dialettica che prende corpo in funzione della forza e della capacità di innovazione dei movimenti stessi ed è interna ai tempi, alle trasformazioni del contesto in cui i movimenti si sviluppano e che contribuiscono a loro volta a determinare.

Durante lo WSF di Tunisi nel 2015 prese corpo una iniziativa che faceva i conti con il nuovo panorama delle tecnologie e dei media con la promozione dell’Internet Social Forum, lanciato nel gennaio del 20154 e formalizzato nella ‘Tunis Resolution’5, nello spirito dei tempi un sorta di Occupy Internet.

Proprio il riferimento agli Occupy Movements ci offre l’occasione per cogliere alcuni aspetti delle mobilitazioni globali che hanno segnato la scena globale dal 2010 a d oggi. Da  Occupy Wall Street  che ebbe inizio a new York in Zuccotti Park, Lower Manhattan, il 17 Settembre 2011, al 9 ottobre di quell’anno  le proteste di Occupy avevano avuto luogo o erano in corso  in oltre 951 città in 82 paesi e in oltre 600 comunità negli Stati Uniti. Esse erano rivolte contro il dominio del capitale finanziario, della finanziarizzazione dell’economia e della società, contro l’approfondirsi delle diseguaglianze. In sostanza si ripeteva la volontà di rappresentare  il 99% della società contro quell’un per cento che si accaparrava sempre di più le risorse del mondo. In Europa particolare rilevanza ebbero le mobilitazioni spagnole, a Puerta del Sol a Madrid -che nel maggio del 2011 anticiparono la nascita degli Occupy- il movimento dei cosiddetti Indignados contro le politiche di austerità, da cui in sostanza nacque il movimento politico di Podemos. La condizioni dei giovani nella crisi, fu la motivazione di quella mobilitazione che fu definita come quella della ‘generacion perdida’6.

Un riferimento per il movimento di Madrid furono le mobilitazioni di Piazza Tahir al Cairo, uno dei punti focali delle mobilitazioni e rivolte delle cosiddette ‘Primavere arabe’, del cui esito siamo a conoscenza. Nel contesto della crisi del 2008-2011 si svilupparono movimenti di protesta e rivolta a livello globale ognuno dei quali ebbe una sua evoluzione, dovendosi confrontare con le trasformazioni economiche e con gli scontri a livello geostrategico, che trasformarono le proteste, le crisi di regimi politici in guerre civili, iscritte in un più vasto contesto di confronto militare e strategico, ristabilendo l’ordine con l’instaurazione di regimi autoritari. In Europa la crisi dei subprime si trasformò allora nella crisi del debito sovrano che colpì duramente soprattutto in  Grecia oltre che in Italia, con l’intervento della Troika, essa produsse in risposta le mobilitazioni di piazza Syntagma ad Atene di oltre 100.000 persone.

Una stagione di movimenti la cui complessità non fu riassorbita entro una qualsivoglia forma di movimento, piattaforma, coordinamento globale che dir si voglia; il periodo da allora ad oggi è stato una sorta di attraversata del deserto, entro un contesto soggetto a trasformazioni radicali e pervasive. Oggi oltre 10 anni dopo siamo nuovamente entro una crisi, anzi un intreccio di crisi globali, che procedono l’una dall’altra, con andamenti di breve, medio e lungo periodo: dalla guerra alla crisi climatica. La guerra, intesa come scontro diretto -nell’Ucraina invasa dalla federazione Russa- o stato di belligeranza globale che caratterizza i rapporti globali (a cui corrisponde  il tentativo di tenerla sotto controllo al G20 nel confronto Cina-USA), ha  sviluppi quasi quotidiani  (vedi l’episodio in queste ore del caduta di missili o parti di missili su una villaggio polacco, con tutte le reazioni a catena susseguenti), assume l’andamento di una guerra di logoramento – passerà l’inverno e e irpednerà vigore a primavera- e tempi medi lunghi nella competizione che caratterizza i rapporti geopolitici, geoeconomici o geostrategici che dir si voglia. La crisi ambientale, prfocesso di lungo periodo, che viene da lontano, dalla nascita dell’epoca industriale, sta accelerando vertiginosamente i suoi tempi e costituisce un orizzonte catastrofico a medio termine, che schiaccia la prospettiva di ogni altro processo.

Su tutto questo, su questo presente e su questo futuro prossimo,  incombente con centinaia di voci ci siamo confrontati a Firenze 2002-2022; queste voci possono essere riascoltate nelle registrazioni delle sessioni di assemblea generale che ritrovano nella pagina Facebook del Forum7. L’incontro non si riassume in quelle tre sessioni; sono state precedute da oltre 40 incontri tematici, da un fitto confronto informale e dai due incontri in cui si è cercato di dare una prospettiva comune al lavoro svolto nei quattro giorni. Si vedrà nelle prossime settimane e mesi come si tesserà la tela, poiché, come è stato detto, i protagonisti della costruzione dei movimenti, delle mobilitazioni delle reti organizzate sono fuori dell’elenco dei partecipanti all’evento di Firenze, sono fuori o devono ancora nascere. E’ stato detto dobbiamo passare dalla rete al tessuto, tessere la tela; si tratta infatti di dare forma ad un corpo sociale, trasversale ai diversi livelli della società, laddove parlare di crisi della democrazia è ormai un semplice eufemismo; un movimento che diventa società in trasformazione. Una società in movimento è il prodotto della capacità, diffusa in tutte le sue articolazioni, di conoscere gli assetti sociali contro cui rivolge la sua critica,  di sperimentare forme nuove della sua autoriproduzione, forme di autogoverno; per molti aspetti una fatica di Sisifo nella competizione con la capacità del capitalismo di sussumere sempre nuove forme di cooperazione sociale, tuttavia non c’è altra alternativa al ripiegamento dei soggetti sociali su sè stessi in una logica di chiusura reazionaria, incapace di capire e contrastare le trasformazioni che subiscono.

La situazione, di cui l’incontro di Firenze offre uno squarcio, è anche determinata da un decennio di difficoltà straordinarie per i movimenti e dal black out  prodotto dalla pandemia negli ultimi due anni nei quali, se da un alto di sono sviluppati i canali di comunicazioni e di condivisione delle informazione a distanza, è del tutto mancato il calore, la carne viva delle relazioni dirette con effetti pesanti -anche su reti e organizzazioni consistenti- di cui  in alcuni degli incontri si è avuta testimonianza diretta.

La riflessione sulla situazione europea in specifico si è focalizzata necessariamente sulla forza crescente dei partiti e delle opinioni pubbliche di destra, reazionarie e conservatici, che come in Italia arrivano al governo; questa analisi si connette necessariamente, è condizione della costruzione di nuovi movimenti critici ed antagonisti, non può che fondarsi peraltro su una analisi delle condizioni di ogni soggetto sociale, in quanto gruppo ed individuo. L’intreccio di crisi, il, procedere di trasformazioni globali e pervasive, operano nel tessuto della vita quotidiana accentuando la condizione di dipendenza di ognuno da processi e poteri incontrollabili a cui adeguarsi in una logica di solitudine e competizione di tutti contro tutti, mentre è difficile ribellarsi essendo solidali.

Si è parlato a più riprese di condivisione della conoscenza come condizione di ogni processo di liberazione; è indubbio che affrontare la complessità dei rapporti sociali dominanti richiede uno sforzo di condivisione delle esperienze e delle conoscenze attraverso il conflitto sociale in una dialettica positiva tra questo e quelle. Una riflessione che è stata sollecitata dal lavoratore intervenuto della GKN che ha legato la loro lotta alla costruzione di un bene comune, alla progettazione e realizzazione di diversi rapporti sociali solidali; ancora una volta un punto alto dello scontro sociale richiede una sua generalizzazione, solo per farlo vincere, ma soprattutto, per tutti noi, per cominciare realizzare un tessuto sociale parzialmente liberato e antagonista. Non si liberano coscienze ed esistenze racchiuse in gabbie di solitudine e di rabbia, senza conflitto, relazioni solidali assieme ad una faticosa, testarda, capillare trasmissione di conoscenza.

Questa intelligenza necessaria è il prodotto dell’attraversamento di tutti gli strati sociali, di tutto il tessuto di governo delle società, richiede la chiamata a raccolta dell’intelligenza di tutti i soggetti sociali; è quello che è avvenuto ed avviene nei movimenti ambientalisti, che coi Fridays For Future sono stati protagonisti delle mobilitazioni e del risveglio di una coscienza critica globale ed interconnessa negli ultimi anni.

Nel rapporto di sfruttamento, che estrae valore tanto dalla nuda vita quanto dalle relazioni più complesse e ricche, è solo l’insieme delle forme di lotta e di liberazione, dei progetti di vita, dei progetti di società delle forme di cooperazione antagonista che può sopravvivere ed espandersi in questa temperie di crisi sempre più violente e pervasive.

Da Firenze 2022 nasce l’impegno a costruire un evento totalmente autonomo, di carttere gobale che rivendichi i contenuti della giustizia sociale, ambientale e climatica,  forme nuove della democrazia. Si tratta di realizzare, imporre con la convergenza e l’intersezione di tutti i movimenti di liberazione una agenda autonoma, non semplicemente a ridosso delle scadenze della governance globale, dei nodi delle crisi intrecciate; si tratta di uscire dal destino di Sisifo. Meno di questo non sarebbe abbastanza, raggiungere questo  è oltre l’orizzonte del possibile attuale, la ncessità che ne deriva è l’impegno e l’orizzonte prodotto dalle giornate di Firenze.

Roberto Rosso

  1. https://en.wikipedia.org/wiki/World_Social_Forum.[]
  2. https://wsf2018.org/en/.[]
  3. https://web.archive.org/web/20120317064627/http://wsf2007.net/info/analytical-articles/world-social-forum-just-another-ngo-fair https://web.archive.org/web/20120401011345/http://wsf2007.net/info/analytical-articles.[]
  4. https://justnetcoalition.org/ISF.[]
  5. https://internetsocialforum.net/isf/?page_id=832.[]
  6. https://www.globalist.it/world/2011/05/24/la-revuelta-de-la-generacion-perdida/ https://www.spiegel.de/international/europe/labor-markets-in-flux-spanish-youth-part-of-the-lost-generation-a-699467.html.[]
  7. https://www.facebook.com/2022firenze.[]
democrazia, globalizzazione, guerra, movimenti
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