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Alla ricerca della liberazione in un tempo di catastrofe senza rivoluzione

di Roberto
Rosso

In contemporanea col  vertice «Food System Summit +2»1 che si è tenuto a Roma nelle giornate 24-26 luglio presso la sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), si è tenuta a 23 luglio 2023 La conferenza internazionale su sviluppo e migrazione, voluta dal governo Meloni; su di essa si sono espresse le associazioni della società civile tunisina, del Maghreb, dell’Africa Occidentale e d’Europa che si sono riunite a Tunisi il 20 luglio per esprimere e affermare il loro disaccordo concernente le politiche migratorie condotte dagli Stati, di cui pubblichiamo il comunicato su questo numero della rivista con l’introduzione di Elena Coniglio (Migrazioni: quali interessi convergono? ) che così definisce la conferenza organizzata del governo italiano, “Ieri a Roma si è tenuta la conferenza internazionale su sviluppo e migrazione, voluta dal governo Meloni. Un vertice che ha visto la partecipazione di rappresentanti e massime cariche di oltre venti Stati dal Mediterraneo ai Paesi del Golfo e che giunge dopo la stipula del secondo memorandum siglato dall’Italia questa volta con la Tunisia, per il contenimento della migrazione sotto le mentite spoglie di essere strumento per la cooperazione e lo sviluppo. Come accadde per la Libia nel 2017, con tale lettera di intenti, in quanto tale non sottoponibile al vaglio parlamentare come è per gli accordi internazionali, vengono mobilitati ingenti aiuti economici per finanziare la militarizzazione delle frontiere alle porte dell’Europa.”

Vengono alla mente le cronache del mediterraneo mare di morte, le immagini della madre e figlia morte di sete e di stenti nel deserto tra Libia e Tunisia, assieme a quelle di altri cinque corpi rinvenuti dalla polizia libica in condizioni analoghe; prodotto dell’espulsione dei migranti da parte del governo tunisino nel deserto al confine con la Libia.

Una mole inesauribile di dati, analisi e ricerche documentano le condizioni che generano i flussi migratori nella concretezza al di là delle astrazioni, delle retoriche con cui i governi europei mascherano l’incapacità di governare i processi globali che trasformano il continente, i singoli paesi, il contesto in cui sono immersi. Sempre più rilevante tra questi processi è il riscaldamento globale, le previsioni sono a dir poco catastrofiche.

“Il riscaldamento globale spingerà miliardi di persone fuori dalla “nicchia climatica” in cui l’umanità è fiorita per millenni, ha stimato uno studio, esponendoli a temperature senza precedenti e condizioni meteorologiche estreme. Il mondo è sulla buona strada per 2,7 ° C di riscaldamento con gli attuali piani d’azione e questo significherebbe 2 miliardi di persone che sperimentano temperature medie annuali superiori a 29 ° C entro il 2030, un livello a cui pochissime comunità hanno vissuto in passato.  Fino a 1 miliardo di persone potrebbero scegliere di migrare verso luoghi più freddi, hanno detto gli scienziati, anche se quelle aree che rimangono all’interno della nicchia climatica sperimenterebbero ancora ondate di calore e siccità più frequenti”2.

Rimanendo al disotto di 1,5 ° di riscaldamento medio, la cifra si ridurrebbe a 400 milioni, ma ormai l’andamento del disaccordo globale rende pressoché impossibile il contenimento entro quella soglia. Se il concetto di nicchia ecologica è ben definito per piante e animali è giunto il momento di definirne le caratteristicche per le comunità umane3, poiché siamo giunti al limite della loro capacità di adattamento.  L’incompetenza e la cecità delle politiche messe in atto si ritrovano, sono ben testimoniate da quanto avviene nel nostro paese, colpito da fenomeni estremi sempre più intensi e estremi nell’incapacità delle classi dirigenti di progettare una transizione energetica ed ecologica delle filiere produttive, delle reti infrastrutturali, degli assetti urbani e territoriali. La gravità dei fenomeni metereologici, le trasformazioni climatiche e l’incombere di processi di riconversione produttiva sempre più imponenti illuminano la precarietà degli assetti produttivi, sociali culturali del nostro paese.

Nel precedente articolo4 abbiamo scritto “Siamo in presenza di un circolo vizioso, nel quale il mancato accordo globale assieme alla crescita della competizione globale, produce una sfiducia nelle popolazioni verso la possibilità di costruire una transizione egualitaria e radicale in termini ecologici, energetici, climatici; una sfiducia complessiva che si autoalimenta, una profezia che si autoafferma.”

La questione migrante è il prodotto dell’intreccio di quelle crisi globali che caratterizzano la nostra epoca, di cui il cambiamento climatico è assieme il contenitore ed il tessuto connettivo. Le devastazioni dei territori, del tessuto connettivo che tiene insieme le formazioni sociali sono le conseguenze, che si vanno accumulando e aggravando, del cambiamento climatico. In assenza di politiche solidali e coordinate a livello globale prevalgono le logiche competitive per risorse sempre più scarse. Lo scorso anno una ondata di calore senza precedenti colpirono India e Pakistan5, secondo uno studio citato nell’articolo6 il cambiamento climatico ha reso 30 volte più probabili le ondate di calore. L’avvento anzitempo e la gravità dell’ondata di calore convinse il governo indiano a bloccare le esportazioni di grano. Gli eventi che si verificano a livello globale sono il frutto di un riscaldamento che arriva ad oggi ad una media globale di 1,2°, l’orizzonte, nei prossimi decenni, stante lo stato delle politiche, è più del doppio.

La possibilità di nutrire gli oltre 8 miliardi di abitanti del globo è appunto al centro della conferenza ‘Food System Summit +2’, nel Stakeholders’ Contribution Document’ il quarto capitolo si intitola ‘Linking food systems transformation to global agendas’.

Mentre tutte le parti interessate ritenevano che la trasformazione dei sistemi alimentari dovesse essere collegata alle agende globali. Avevano opinioni diverse sulla misura in cui tali collegamenti dovrebbero verificarsi. Molti hanno sostenuto che dovrebbero verificarsi collegamenti efficaci se le agende sono semplificate”. Tuttavia di fronte al clima generale di competizione e conflitto per l’acquisizione delle risorse necessarie alla sopravvivenza delle popolazioni, alla riproduzione dei sistemi sociali e alla alimentazione dei processi di innovazione, l’intenzione di correlare, coordinare le agende globali –“le interconnessioni tra sistemi alimentari e altri obiettivi di sviluppo, come l’eliminazione della povertà, l’uguaglianza di genere e la sostenibilità ambientale, UNFSS + 2 possono aiutare a modellare strategie e impegni per l’attuazione degli SDG e il processo di revisione”- dimostra il livello di astrazione dalla realtà, i limiti complessivi di queste conferenze nelle quali peraltro molte buone pratiche si confrontano7, ma al di sotto di una soglia minima di coordinamento globale e di reale efficacia nei confronti delle crisi globali. Quando crollano le nicchie ecologiche in cui possono sopravvivere le comunità umane, la logica neo-darwiniana nel senso più semplificato del termine, si impone, con la sopravvivenza del più forte.

Quella semplificazione delle agende globali, a cui evidentemente alcuni dei protagonisti della conferenza alludono, è possibile solo nella capacità di affrontare le contraddizioni reali della condizione presente, svelandone la reale natura; i percorsi non saranno certo trovati nei corridoi delle conferenze. Abbiamo assistito al mancato finanziamento di almeno 100 miliardi di dollari nei confronti dei paesi più colpiti dal cambiamento climatico.

Per raggiungere l’obiettivo Fame Zero, da qui al 2030, secondo l’Agenzia dell’Onu Ifad, (International fund for agricultural development), sono necessari 400 miliardi di dollari aggiuntivi l’anno di investimenti nei sistemi alimentari; occorre quindi raddoppiare gli sforzi in metà del tempo.

A fronte della ipotesi di connessione tra le agende globali evocata dal ‘Food System Summit +2’, la ‘Conferenza internazionale su sviluppo e migrazione’ propone le sue semplici soluzioni coercitive fondate sul finanziamento di regimi autoritari, laddove l’evoluzione delle società e dei regimi politici fondata sul controllo autoritario dei flussi migratori non può che andare verso una accentuazione dei loro caratteri autoritari. Nel frattempo la BCE annuncia un ennesimo aumento dei tassi, come pure la FED; gli effetti di questi aumenti non sono solo interni, ma si dispiegano sull’insieme dell’economia globale, in particolare sui paesi più indebitati. Il ciclo economico-finanziario non può che esaltare, magnificare gli effetti della crisi climatica; i flussi migratori si incrementeranno nella trappola del debito e della crisi climatica.

Il flusso degli investimenti internazionali in infrastrutture, che vede la Cina al primo posto, è funzionale alla realizzazione delle catene di fornitura certo non a combattere il riscaldamento globale.

La prospettiva concreta in diverse parti del globo è la rottura definitiva delle condizioni che permettono alle comunità umane di viverci, mentre altrove la rottura degli equilibri ecologici, degli ecosistemi è comunque la regola, da cui la necessità per il sistema attuale dei rapporti sociali di produzione, di ritrovare percorsi artificiali di riproduzione della vita8 o meglio della riproduzione [di una parte] dell’umanità a fronte della rottura definitiva in più punti del sistema di riproduzione ed evoluzione della vita sul nostro pianeta. Le riserve di biodiversità sono considerate a rischio, sono ormai limitate ad alcune regioni del globo e sono messe in pericolo dal riscaldamento globale e dai processi di antropizzazione; sono riserve appunto di una qualità della vita che rischia di estinguersi.

L’umanità vive globalmente i tempi di questa crisi, ma ognuno a seconda della sua collocazione vive un presente diverso, una attesa diversa del futuro, una diversa intensità dell’esperienza, una diversa esperienza e percezione del rischio. Al di là della babele delle lingue è come se nel mondo si vivesse in bolle spazio-temporali diverse che non possono comunicare tra di loro: c’è chi cerca di rinchiudersi nella propria bolla illudendosi di potersi proteggere dall’incombere di orizzonti distopici -senza curarsi del fatto di cosa sta lasciando in eredità alle proprie figlie e figli- e chi la propria bolla cerca di bucarla, di fuoriuscirne a tutti i costi.

Pensare che tutto questo non determini la precarietà di ogni regime ed organizzazione politica sarebbe pura illusione e qualsiasi soluzione tecnocratica, che faccia appello ai ‘miracoli’ dell’ecosistema tecnologico9 non può che produrre la più grande discriminazione della storia dell’umanità, secondo quella logica che Susan George illustrò nel suo racconto distopico ‘Il rapporto di Lugano’.

La frantumazione dei tempi e degli spazi di vita, soggetti alla selezione di una sorta di crivello globale, rende straordinariamente difficile il processo necessario di ricomposizione, un processo di liberazione che rimetta in gioco una azione solidale, l’opera di traduzione tra visioni del mondo divergenti, ma a questo non possiamo rinunciare pena la sottomissione assoluta ai rapporti sociali dominanti. Il processo di trasformazione e liberazione è necessario per invertire una vera e propria mutazione antropologica in corso entro le crisi che andiamo descrivendo4 Ancora una volta i dannati della terra sono il veicolo necessario di questo processo di liberazione destinato ad infrangere ogni confine, necessario per avviarlo, ma certo non sufficiente.

Roberto Rosso

  1. https://www.unfoodsystemshub.org/fs-stocktaking-moment/en  []
  2. https://www.theguardian.com/environment/2023/may/22/global-heating-human-climate-niche []
  3. Quantifying the human cost of global warming   https://www.nature.com/articles/s41893-023-01132-6   []
  4. https://transform-italia.it/mutamenti-antropologici-e-percezione-del-rischio-tra-crisi-climatica-e-rivoluzione-tecnologica/ [][]
  5. https://www.theguardian.com/environment/2022/may/23/deadly-indian-heatwave-made-30-times-more-likely-by-climate-crisis []
  6. https://www.worldweatherattribution.org/climate-change-made-devastating-early-heat-in-india-and-pakistan-30-times-more-likely/   []
  7. https://www.unfoodsystemshub.org/fs-stocktaking-moment/regional-preparatory-meetings/en   []
  8. https://transform-italia.it/lartificializzazione-del-mondo-dallecologia-della-mente-allintelligenza-artificiale/ []
  9. https://transform-italia.it/il-clima-la-democrazia-lintelligenza-artificiale-e-la-fine-del-mondo/ []
Crisi Climatica, crisi della democrazia, migrazioni
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