articoli

Tra guerra e cambiamento climatico, si restringe lo spazio per la vita

di Roberto
Rosso

Sul nostro paese non piovono bombe -semmai ne costruiamo sempre di più da esportare sui campi di battaglia e per rimpolpare gli arsenali- ma incombe Pluto, il caldo Africano, 7-8 gradi in più rispetto alla media delle temperature di giugno, lo zero termico supera i 5000 metri, sopra la cima del Monte Bianco, destinato a durare sino alla prima settimana di luglio Come cambia il clima delle nostre città? È stato calcolato che ogni anno si verifica un cambiamento nel clima equivalente ad uno slittamento verso sud di 20 chilometri. La differenza di temperatura tra le città e le zone circostanti può arrivare a 10-15 gradi. La conseguenza è che il picco di consumo dell’energia elettrica che 30-40 anni or sono era in inverno ora si colloca nel mese di luglio per motivi ovvi, si realizza un ciclo perverso, più fa caldo più usano dispositivi di condizionamento che a loro volta aumentano il calore emesso.
Parlare di cambiamento climatico in Italia, colpita dalle ondate di calore, dalle inondazioni autunnali, dalla moltiplicazione delle frane che isolano i paesi in collina e montagna sembra superfluo; in realtà mentre le cronache riportano fedelmente avvenimenti sempre più intensi e frequenti, la risposta alle derive del cambiamento climatico nel nostro paese è praticamente inesistente; d’altra parte il focus della politica europea è passata dal Green Deal allo War Deal. Mentre si moltiplicano gli accordi e gli investimenti nelle filiere della produzione bellica, viviamo le conseguenze di essere in uno degli hot spot dei punti caldi del cambiamento climatico, il mar mediterraneo ed il suo bacino registrano aumenti di temperature che sono oltre il doppio della media globale; la temperatura media del mar mediterraneo è aumentata di un 1° in 25 anni1. Quest’anno la temperatura dei nostri mari è già arrivata ai 24-25 gradi 2quindi ci apprestiamo in questa stagione estiva a raggiungere e superare i 30 gradi, con il risultato di accumulare una immensa quantità di calore che, per l’inerzia termica dell’acqua, verrà rilasciata nelle stagioni successive e aumenterà  in modo straordinario l’intensità dei fenomeni metereologici; nel profilo orografico del nostro paese sappiamo già dove si scateneranno mentre soffriamo della canicola estiva, attendiamo l’apertura della stagione degli incendi boschivi, nella penisola e negli altri paesi del bacino del Mediterraneo. I dati sull’intero bacino mediterraneo sono drammatici, con al suo interno picchi come nel mare di Trieste nell’alto Adriatico3, picchi che quest’anno rischiano di essere o meglio saranno la  norma.

La conferenza sullo stato degli oceani che si è svolta a Nizza, di cui abbiamo parlato nel numero precedente della rivista4, ha illustrato in modo più che esauriente lo stato degli oceani, degli ecosistemi che li abitano e le conseguenza della loro trasformazione a causa del riscaldamento globale sulla riproduzione della vita sul nostro pianeta.
L’incremento nel numero e nell’intensità dei fenomeni metereologici estremi si accompagna a cambiamenti permanenti in vaste aree del nostro paese, uno dei più gravi ed evidenti è la desertificazione5. La desertificazione rappresenta l’espressione apicale di un cambiamento nel ciclo dell’acqua nella capacità dei terreni dei nostri territori, si legge infatti.
«Un suolo in media è in grado di trattenere circa il 27% d’acqua di cui, generalmente, solo la metà è disponibile per le piante, all’incirca il 15% – argomenta Tommaso Gaifami, agronomo dell’Associazione italiana di agroecologia (Aida) – Pertanto, anche la perdita di un solo punto percentuale equivale a una riduzione significativa del serbatoio di acqua a cui le radici delle piante possono attingere. Una carenza che, nei terreni agricoli, deve essere compensata attraverso l’irrigazione, con un maggiore utilizzo di risorse idriche. Bisogna inoltre considerare che alcune tecniche tipiche dei sistemi agricoli intensivi rischiano di aggravare questa situazione, determinando un impoverimento del terreno, mentre le tecniche agroecologiche e l’inserimento di elementi naturali nelle aree agricole possono essere un importante alleato per trattenere l’umidità nel suolo».
L’Italia per la sua conformazione orografica, per la sua collocazione nel bacino mediterraneo dovrebbe essere in tutta evidenza una punta nell’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabile e nell’efficientamento energetico di tutti i processi produttivi e riproduttivi, ciò in tutta evidenza non accade mentre brilla -come già evidenziato- l’industria bellica nazionale a partire dal ruolo in europeo di Leonardo. Il ‘clima’ dell’industria europea è evidenziato in questa citazione da un articolo del Sole 24 ore6.
Pur trattandosi di un settore di nicchia, secondo Indeed gli annunci sono aumentati del 45% rispetto al 2021. Tra i più richiesti ingegneri e informatici. In Italia la ricerca di posizioni aumentata di 3,6 volte tra gennaio 2022 e maggio 2025.
Le guerre in corso trainano il mercato del lavoro dell’industria della difesa che cresce più della media, secondo quanto rileva il portale Indeed in Europa. In premessa va detto che stiamo parlando di un settore di nicchia, ma dall’analisi delle offerte di lavoro di 25 delle maggiori aziende europee di difesa, elencate nella classifica Sipri Top 100 (tra cui ci sono Airbus, Atomic Weapons Establishment, Babcock International, BAE Systems, CEA, Dassault Aviation, Diehl, Fincantieri, Hensoldt, KNDS, Kongsberg, Leonardo, MBDA, Melrose Industries, Naval Group, Navantia, PGZ, Qinetiq, Rheinmetall, Rolls-Royce, Saab, Safran, Serco Group, Thales, ThyssenKrupp), emerge che nell’aprile del 2025, seppure in rallentamento, la crescita delle offerte di lavoro è stata del 45% al di sopra dei livelli del 2021.”
La bilancia tra un Green Deal ed uno War Deal pende drammaticamente a favore del secondo, non solo in Europa, ma a livello globale, la crescita degli investimenti nelle filiere belliche è puntualmente registrato dal SIPRI e sintetizzato nel suo report annuale7 nel quale quest’anno si evidenzia come “Quasi tutti i nove Stati dotati di armi nucleari, gli Stati Uniti, la Russia, il Regno Unito, la Francia, la Cina, l’India, il Pakistan, la Repubblica popolare democratica di Corea (Corea del Nord) e Israele, hanno proseguito nel 2024 programmi intensivi di ammodernamento nucleare, aggiornamento delle armi esistenti e l’aggiunta di versioni più recenti.”8.

L’uso duale della tecnologia

L’innovazione tecnologica è ovviamente un motore fondamentale degli investimenti nel settore bellico, lo sviluppo scientifico e tecnologico non è certamente neutrale, ma è guidato da specifici interessi. Oltre la ricerca di base, che ha una funzione trainante nello sviluppo degli ecosistemi tecnologici, le tecnologie presentano la potenzialità di un suo sostanziale uso duale, civile o militare, laddove i confini tra i due ambiti sono destinati e sfumare nell’area grigia della sicurezza e del controllo sociale. Oltre i dati aggregati degli investimenti, una un’analisi puntuale delle scelte operate nell’indirizzo dell’uso dell’innovazione tecnologica ci farebbe vedere come, in una molteplicità di punti di biforcazione, lo sviluppo successivo veda un prevalere delle logiche della guerra e del controllo sociale. Dinamiche globali si realizzano in dinamiche locali, mentre le dinamiche della società globale nel suo complesso sono vincolate dall’orientamento globale verso la guerra, verso la competizione con ogni mezzo a sfavore di ogni sorta di cooperazione, con la perdita di efficacia di ogni dispositivo in grado di interdire lo sviluppo dei conflitti e favorire la cooperazione e le mediazioni.
Come abbiamo più volte evidenziato nessun soggetto in nessun campo è in grado di determinare l’andamento complessivo delle dinamiche globali, l’intervento, la capacità di determinare il corso degli eventi è sempre e solo parziale. In questo contesto il ‘corso delle cose’ ‘il corso della storia’ si afferma anche indipendentemente dalla pretesa di alcuni soggetti, centri decisionali anche dotati di straordinari poteri, di determinarlo. Quella che viene chiamata rottura della globalizzazione, favorita dalle crisi grandi e piccole, globali e regionali, che il sistema capitalistico globale, nelle sue varie declinazioni regionali, ha attraversato, generata dalla impossibilità di fissare una volta per tutte le gerarchie economiche e strategiche, nasce ed alimenta la mobilità dei rapporti di forza, della mappa complessiva delle filiere e delle forme dell’accumulazione. La militarizzazione di tutti i rapporti interni ed esterni alle nazioni, alle alleanze a geometria variabile che via via si alimentano è la garanzia in ultima istanza della posizione dei diversi contendenti che si vedono sempre di più come tali invece che soggetti cooperanti, al più si arriva a definire tregue, limiti temporanei alla competizione in attesa di scatenarla nuovamente.
La capacità di interpretare e analizzare in tempo reale l’andamento dei fenomeni e dei processi, sociali, economici e naturali attraverso modelli che lavorano su moli di dati con capacità di elaborazione che crescono esponenzialmente, ebbene questa potenza dell’analisi per un verso è fortemente gerarchizzata, concentrata e messa al servizio della competizione e non della cooperazione. Il potere di disporre di queste ‘macchine della conoscenza’ si concentra ed alimenta quindi le diseguaglianze in termini di potere e qualità della vita.

La crescita delle diseguaglianze e la logica dominante della competizione si esaltano a vicenda, esasperano la necessità del controllo su dinamiche complessivamente sempre più instabili, alimentando quindi i sistemi del controllo, della sicurezza e della guerra, inestricabilmente legati tra loro. Un contesto nel quale ogni forma di partecipazione democratica, di ribellione allo stato di cose, di rottura di gerarchie sociali sempre più cogenti. Che questa dinamica globale, che viene definita disordine globale trascurando l’evidenza della sua logica fondamentale, alimenti l’emergere di figure e comportamenti che vengono definiti come gangsterismo, non ci dovrebbe stupire. Le tregue che queste figure siglano, oltre che contemporanee, coesistono con il crescere ed il manifestarsi della violenza complessiva che ogni formazione sociale esprime e a da cui è attraversata. A fronte della complessità, dell’imprevedibilità dei fenomeni globali, entro cui ogni singola nazione e regione del globo, ogni singolo potere economico, tecnologico e finanziario sviluppa il suo gioco, elabora le sue strategie, diventa necessario affidarsi a dispositivi artificiali in grado di analizzare questa complessità cangiante e di collaborare, se non sostituire, i diversi centri di potere a prendere le proprie decisioni.  Laddove i centri decisionali, anche quando proiettano i propri modelli di analisi nel futuro, devono prendere decisioni nel breve periodo, entro l’ambito da un orizzonte dell’imprevedibilità sempre più ravvicinato -sia pure con strumenti di analisi e predizione sempre più potenti, ma questa è una contraddizione primaria ed ineliminabile- può anche affermarsi la strategia trumpiana vale dire quella di contraddire ogni prevedibilità e coerenza del proprio comportamento, giocando sulla imprevedibilità e l’instabilità a favore di rapporti di forza di breve periodo, senza paura di contraddirsi nelle dichiarazioni di principio e nelle scelte giorno per giorno, gettando la propria spada sui piatti delle bilance.
Questa modalità contraddittoria che accomuna la crescita esponenziale dei dispositivi di analisi e modellazione con la necessità di operare decisioni nel breve periodo, e di giocare comunque le proprie carte sul piano della competizione totale e globale, contrasta in modo evidente con l’avanzare inesorabile della crisi climatica, il cui effetti si dispiegano seguendo fedelmente la geografia delle diseguaglianze sociali.
I modelli climatici che diventano sempre più precisi grazie a quella crescente disponibilità di dati e potenza di elaborazione ci parlano di confini del clima e degli ecosistemi che stiamo superando o supereremo nei prossimi anni o decenni, di punti di collasso possibili e probabili degli ecosistemi e degli equilibri climatici in cui si riproducono tutte le forme di vita e le società umane.

La possibilità – per citarne uno -che la circolazione delle correnti oceaniche dell’Atlantico il cosiddetto AMOC Atlantic Meridional Overturning Circulation9rallenti il suo corso, che distribuisce calore e salinità, è oggi condivisa da gran parte del mondo scientifico e addirittura si cominciano ad osservare indizi del suo verificarsi. Le sue conseguenze nel progredire dei decenni potrebbero portare ad un cambiamento radicale delle condizioni climatiche, col raffreddamento di regioni come la Gran Bretagna ed il riscaldamento di regioni tropicali sino a renderle inabitabili. Le conseguenze dal punto di vista delle basi della riproduzione e dell’alimentazione di centinaia di milioni di persone sarebbero drammatiche, la dimensione dei processi migratori inimmaginabili, se confrontate con quella che già oggi produce conflitti esasperati nelle società del nord del mondo.
Il limite che si sta raggiungendo nello sfruttamento delle risorse naturali e degli ecosistemi, in particolare dell’acqua, la competizione  i conflitti che ne derivano, dopo il caso del Nilo, è dimostrato in questi giorni dalla rottura da parte dell’India del Indus Waters Treaty con il Pakistan10: “L’India non ripristinerà mai il trattato sulle acque dell’Indo con il vicino Pakistan, e l’acqua che scorre lì sarà deviata per uso interno, dice il ministro federale degli interni Amit Shah. L’India ha sospeso la sua partecipazione al trattato del 1960, che regola l’uso del sistema fluviale dell’Indo, dopo che 26 persone sono state uccise nel Kashmir amministrato dall’India ad aprile, in quello che New Delhi ha descritto come un atto di terrore sostenuto dal Pakistan.” È del tutto evidente come la disponibilità delle risorse idriche sia una posta in gioco fondamentale nel conflitto tra i due paesi, ambedue potenze nucleari, a fronte di uno sviluppo demografico che preme sulle risorse naturali disponibili, dove il cambiamento climatico è destinato ad incidere drammaticamente sugli equilibri tra il sistema himalayano, l’oceano indiano ed il sistema dei monsoni. 

Senza entrare ulteriormente nel merito del progredire del cambiamento climatico indotto dal riscaldamento globale, è del tutto evidente come il dualismo tra questo e la militarizzazione crescente di tutti i rapporti economici, politici e sociali sia la contraddizione del nostro tempo a livello delle scelte quotidiane e delle scelte strategiche. Essa è il prodotto della natura profonda del sistema di accumulazione capitalistico, della sua attuale evoluzione, della sua modalità di sfruttamento pervasivo, globale e capillare di ogni forma di cooperazione sociale, di riproduzione delle società e della vita. Questo processo si realizza nell’innovazione tecnologica, si espande e penetra ogni ecosistema, ogni fibra delle relazioni sociali e vitali, della produzione della conoscenza, laddove la conoscenza è quella delle società umane tanto quanto quella prodotta dagli ecosistemi in sé stessi. Il sistema si aggroviglia, si avvolge su sé stesso e si compenetra, mentre consuma definitivamente le risorse di cui si alimenta; non c’è alternativa tra lotta allo sfruttamento ed alle diseguaglianze e lotta contro il sistema che genera catastrofi belliche e catastrofe climatica. Di questo dobbiamo essere consapevoli, qualunque sia il bandolo della matassa che vogliamo prendere in mano, il luogo da cui vogliamo e possiamo cominciare e condurre la nostra lotta. 

Roberto Rosso

  1. https://www.ingv.it/stampa-e-urp/stampa/comunicati-stampa/5650-ambiente-temperatura-mediterraneo-oltre-1-c-in-piu-negli-ultimi-25-anni.[]
  2.   https://www.copernicus.eu/en/media/image-day-gallery/intense-marine-heatwave-hits-western-mediterranean-sea      []
  3. https://www.arpa.fvg.it/temi/temi/meteo-e-clima/news/un-mare-sempre-piu-caldo-i-record-del-2024-e-i-segnali-dal-clima-in-fvg-nel-golfo-e-nella-laguna/.[]
  4. https://transform-italia.it/la-conferenza-sugli-oceani-in-difesa-della-vita-contro-la-guerra/.[]
  5. https://www.greenreport.it/news/crisi-climatica-e-adattamento/1028-in-italia-avanza-la-desertificazione-ispra-il-17-4-del-suolo-nazionale-e-degradato.[]
  6. https://www.ilsole24ore.com/art/in-europa-continua-crescita-offerte-lavoro-settore-difesa-AHqCf3NB.[]
  7. https://www.sipri.org/yearbook/2025.[]
  8. https://www.sipri.org/media/press-release/2025/nuclear-risks-grow-new-arms-race-looms-new-sipri-yearbook-out-now.[]
  9. https://en.wikipedia.org/wiki/Atlantic_meridional_overturning_circulation.[]
  10. https://www.aljazeera.com/news/2025/6/22/india-says-it-will-never-restore-indus-waters-treaty-with-pakistan  https://www.mea.gov.in/bilateral-documents.htm?dtl/6439/Indus https://en.wikipedia.org/wiki/Indus_Waters_Treaty []
Articolo precedente
Più di una manifestazione, un movimento
Articolo successivo
Il buio oltre cortina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.