Neanche il tempo di un po’ di riposo dopo la grande e bella manifestazione del 21 giugno che domenica mattina assai presto ci si ritrova a chattare nel gruppo che ha promosso Stop ReArm in Europa e poi in Italia.
La notizia è che Trump ha fatto bombardare l’Iran. Escalation terribile o sceneggiata dell’istrionico presidente dell’impero decadente, l’allarme è a mille e bisogna riprendere subito la mobilitazione. Ormai il gruppo è rodato, politicamente e “professionalmente”, grazie al mix di esperienze già social forum, la rete no bavaglio, i movimenti contro la legge sicurezza, i pacifisti. In piazza poi c’erano 100 mila persone grazie alla convergenza dalla Cgil ad Emergency passando per le centinaia di associazioni che tengono letteralmente in vita questo Paese. Molte le sigle “radicali”. Un tempo sono state protagoniste di una stagione che ha fatto parlare di caso italiano non solo perché c’era il PCI ma perché, anche dopo la non brillante idea di scioglierlo, hanno animato una potente relazione tra sociale e politico, tra unità e radicalità. Dopo la sconfitta hanno continuato a lavorare senza assurgere più agli onori della cronaca presi a volte da fenomeni effimeri come le sardine. In difficoltà per un sistema politico che si era richiuso nella morsa bipolare, col pilota automatico della UE, con la sola novità del movimento 5 stelle dirompente quanto confuso e incerto. E poi le divisioni non solo italiane ma ancora di più europee seguite alla intemerata di Putin avevano paralizzato. La lettura del voi g8 noi 6 miliardi, cioè della grande contraddizione dominanti contro dominati sembrava non reggere più. Avendo resistito alle guerre umanitarie sembrava consolidata ma invece l’impatto col nuovo mondo tecno feudale faceva dubitare. Il grande e folle piano di riarmo europeo è stata la scintilla che ha permesso una sorta di ritorno al futuro. È ripartito qualcosa che può essere un nuovo movimento che dal no alle armi ricostruisce un grande no alle guerre e al sistema sociale che le produce sempre di più. Cioè quella nuova fase della globalizzazione che mantiene il dominio della finanza mentre alimenta le guerre tra potentati neo feudali fatte coi corpi dei dominati. La Storia che torna laddove Benjamin volgeva la testa indietro per guardarla fatta dei resti di corpi sacrificati. A 50 anni prima della Conferenza di Helsinki per la pace e la sicurezza in Europa oggi che se ne propone una per i 50 anni dopo. Certo ci si può confondere tra autocrazie, democrature, creature ademocratiche come la UE che più che il sogno di Spinelli appare una distopia medievale. Non è più il tempo, a suo modo razionale, di capitalismo e socialismo reali. È il tempo delle distopie. Più che cercare poteri buoni (non esistono cantava l’anarchico De André dal carcere dove era finito il suo bombarolo) serve trovare la grande forza di pace e giustizia per non finire né morti né carcerati. Un grande movimento. Un nuovo internazionalismo. Un nuovo socialismo.
Certo Stop ReArm è ben lontano da essere tutto questo. Ma vuole contribuire.
Ecco che da quella domenica mattina presto parte la campagna dei die in, del farsi morti per non esserlo sul serio, dei corpi contro la guerra. Piazza per piazza, dal Parlamento alle città, fino a Bruxelles.
Si andrà avanti.
Devi augurarti che la strada sia lunga,
Pas d’ ennemis à gauche, sono modi di dire della mia cassetta degli attrezzi in una vita politica che dura ormai da decenni. Così come unità e radicalità. Dare risposte per arrivare alla risposta. Sono temprato e non mi feriscono le attribuzioni non “simpatiche” di chi pensa che non sia la convergenza ma il disvelamento ciò che va fatto. Disvelamento dei mali, dei colpevoli, delle complicità che arrivano fino a lambirmi. Più che una esuberanza giovanile ritrovo una auto esaltazione di cose che conosco dai miei inizi e che, anche in epoche di estremismo di massa, erano un po’ confinate nelle visioni dogmatiche, per quanto mutevoli, autoreferenziali. Più che le dispute tra settantenni mi interessa ciò che ad un certo punto ha frenato un ricambio generazionale che era un tempo normale. Per altro vissuto fianco a fianco tra generazioni come a me è fortunatamente capitato. Io penso che la gente percepisca che il mondo fa sempre più schifo e che si può un po’ arrabbiare, per un po’, ma prevalentemente rifluisce. Se non trova risposte, più costruzione di alleanze che caccia ai traditori. Me lo dice la storia che ho vissuto. E comunque cerchiamo ancora.
di Roberto Musacchio
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Più di una manifestazione, un movimento
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