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Se 15 anni vi sembran pochi…

di Maria Pia
Calemme

È noto che in sede di Assemblea Costituente Umberto Nobile e Umberto Terracini proposero di introdurre nella Carta un comma dell’art. 27 che fissasse in 15 anni la durata massima delle pene restrittive della libertà personale. La proposta fu respinta con l’argomentazione che la durata delle pene non fosse argomento da Costituzione ma da Codice penale. L’affermazione di Terracini secondo la quale “Se si crede di non doverne parlare nella Costituzione, sarà bene tener presente che non se ne parlerà nemmeno in alcuna altra sede”1 risulta profetica: la pena dell’ergastolo prevista dal Codice Rocco del 1930 (ancora in gran parte vigente) è infatti sopravvissuta nel nostro ordinamento quasi senza alcuna discussione parlamentare2. Nel 1981 il famoso referendum promosso dal Partito radicale si concluse disastrosamente con oltre il 75% di no all’abolizione della pena perpetua e lo scarso dibattito pubblico di questi anni e l’iniziativa legislativa in materia penale sono stati orientati più verso un complessivo inasprimento delle pene e l’introduzione di nuovi reati che in senso abrogazionista e di attenuazione della pretesa punitiva3.

Le più recenti riprese di discussione sul tema dell’ergastolo si devono al pronunciamento della Corte costituzionale dell’aprile di quest’anno (n. 97), che interviene sulla materia specifica del cosiddetto “ergastolo ostativo”, cioè la previsione legislativa che nega ai condannati per alcuni reati (tra i quali figura quello di associazione di tipo mafioso) l’accesso a una serie di benefici penitenziari, quali il lavoro all’esterno, i permessi premio, le misure alternative alla detenzione e la liberazione condizionale, a meno che non collaborino con la giustizia4. Su questo stesso tema si era pronunciata nel 2019 la Corte europea dei diritti dell’uomo contro l’Italia, affermando che la mancata collaborazione non può essere equiparata a una presunzione assoluta di pericolosità sociale e sollecitando un’iniziativa legislativa di riforma di questo specifico regime della reclusione a vita5. La Corte costituzionale rinnova, per così dire, questo invito finora caduto nel vuoto, citando spesso la sentenza della Corte europea, di cui accoglie le conclusioni, e stabilendo di riconvocarsi nel maggio del prossimo anno per la decisione sul merito del rilievo avanzato dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione, “dando al Parlamento un congruo tempo per affrontare la materia”.

Cosa possiamo aspettarci che accada nei prossimi mesi? A giudicare da quanto letto e ascoltato, niente del tutto o niente di buono. La proposta di legge presentata da Vittorio Ferraresi (M5S, Camera dei deputati) con straordinario tempismo a una settimana dal deposito dell’ordinanza della Corte costituzionale, per esempio, prevede una “riforma” peggiorativa del regime dell’ergastolo ostativo6, attribuendo al condannato l’onere di fornire “elementi concreti, ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria e alla partecipazione al percorso rieducativo, che consentono di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva”. Il problema che sia impossibile dimostrare di non aver fatto qualcosa (principio in base al quale non spetta a un imputato dimostrare la propria innocenza) non deve essere sembrato rilevante ai proponenti.

La questione dell’ergastolo non è marginale nel nostro sistema penale. Intanto perché il numero di detenuti che scontano questa pena è tutt’altro che irrilevante: secondo i dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al 31 dicembre dello scorso anno i condannati all’ergastolo erano 1.784 su una popolazione complessiva di 36.183 detenuti (4,9%)7. I dati del Consiglio d’Europa collocano l’Italia, con il suo 4,3% di ergastolani sul complesso dei detenuti al 31 gennaio 2020, ben oltre il valore mediano (1,8) e anche significativamente al di sopra della media (2,7). Tanto per fare un confronto con i soliti altri Paesi dell’Unione, in Germania il rapporto tra condannati all’ergastolo e popolazione carceraria complessiva è al 3,6% e in Francia all’1%. Solo 9 dei 47 Paesi che aderiscono al Consiglio hanno formalmente espunto l’ergastolo dal loro sistema penale: Andorra, Bosnia, Cipro, Croazia, Montenegro, Norvegia, Portogallo, Serbia e San Marino8.
In generale, negli Stati che prevedono l’ergastolo, vi è la possibilità di una liberazione anticipata dopo aver scontato una parte della pena, con grandi differenze tra i diversi ordinamenti (per esempio, 10 anni minimo in Belgio, 15 anni in Germania o 20 anni in Irlanda). Anche il massimo della pena al di sotto dell’ergastolo è molto differenziato: dai 15 anni della Germania, ai 20 anni dell’Austria e ai 30 del Belgio e dell’Italia9. Proprio con riferimento alle condanne più lunghe (20 anni e oltre), i numeri dell’Europa a 47 sono preoccupanti: a fronte di un valore medio del 3,1 di condannati l’Italia fa registrare una percentuale pari al 5,9.

Anche altri indicatori dimostrano che il nostro sistema delle pene necessita di un ripensamento: il tasso di carcerizzazione (cioè il numero di detenuti ogni 100.000 abitanti), sempre secondo i dati del Consiglio d’Europa, è 101,2 in Italia, 55 in Francia e 75,4 in Germania.

Si dirà che in italia c’è la criminalità organizzata. Vero. Ma è anche vero che decenni di leggi speciali, aggravanti e regime carcerario di isolamento non sembrano aver prodotto alcun cambiamento significativo in termini di riduzione della sua penetrazione e dei suoi profitti. Quindi, sostenere che abrogare l’ergastolo ostativo o l’ergastolo tout-court costituirebbe un regalo alle mafie o, come è stato detto, la realizzazione del “papello di Riina”10 è una stupidaggine.
La produzione di leggi penali e la loro durezza sono, nei fatti, una mera dimostrazione di forza, senza nemmeno la finzione che abbiano come obiettivo la prevenzione secondaria dei reati. Il post Facebook di ieri di Matteo Renzi a proposito del (probabile ma presunto) omicidio di Saman Abbas è esemplificativo, da questo punto di vista: “Leggo con le lacrime agli occhi la ricostruzione delle ultime ore della povera Saman, 18 anni, uccisa presumibilmente dallo zio perché voleva vivere all’occidentale. Se le cose sono andate così, quell’uomo – anzi, quell’animale – va preso ovunque sia in Europa e assicurato senza sconti di pena alle patrie galere. Va preso, subito, ovunque sia. Lo Stato è più forte delle bestie e deve dimostrarlo. […] L’Italia non ha potuto salvare la vita alla povera Saman. Adesso assicuri alla giustizia per sempre il suo killer”. Contiene, infatti, tutti gli elementi che concorrono al populismo penale: condanna preventiva a mezzo social, espulsione dal consesso umano dell’autore e invito ripetuto a “buttar via la chiave”. Ma contiene anche l’ammissione che il penale, per come si è andato configurando, compensa le insufficienze e i fallimenti dello Stato, sostituisce i cambiamenti culturali e simboleggia l’esacrazione morale: non esattamente quello che si immagina quando si parla dell’Italia come di “culla del diritto”.

Maria Pia Calemme

  1. Il presidente Ruini, nel corso della stessa discussione, suggerì – in alternativa al limite massimo di pena proposto da Nobile e Terracini – che insieme all’abolizione della pena di morte si stabilisse anche l’abolizione dell’ergastolo, “perché sono entrambi sullo stesso piano d’idee”: https://www.nascitacostituzione.it/02p1/01t1/027/index.htm?art027-009.htm&2.[]
  2. Anche quando approvati da una delle due camere, i disegni di legge abrogazionisti si sono sempre arenati nel passaggio all’altra. L’ultimo in ordine di tempo è il Ddl 1749, presentato nel 2006, che prevedeva la reclusione fino a 32 anni. Solo nel 1994, inoltre, è stata cancellata la previsione dell’ergastolo per i minori.[]
  3. Si veda per esempio la legge 33/2019 che stabilisce la non applicabilità del rito abbreviato, con i conseguenti sconti di pena, ai delitti punibili con la pena dell’ergastolo, prevista invece dalla legge 103/2017. Sul versante della discussione pubblica basti pensare alle recentissime polemiche sulla scarcerazione di Giovanni Brusca, “pentito di mafia”, dopo “soli” 25 anni di carcere, in applicazione di una legge speciale che concede sconti di pena ai collaboratori di giustizia.[]
  4. Il ricorso sul quale si è pronunciata la Corte costituzionale è relativa alla liberazione condizionale. Ai condannati all’ergastolo ordinario l’accesso alla liberazione condizionale è consentito, previa valutazione del competente Tribunale di serveglianza, dopo aver espiato 26 anni. Nel 2019 (sentenza n. 253) la Corte costituzionale aveva già dichiarato incostituzionale il divieto di ammettere ai permessi premio i condannati all’ergastolo ostativo. Per effetto di quel pronunciamento, rileva la Consulta, “all’esito di una pronuncia di accoglimento delle odierne questioni […] i condannati (non collaboranti) potrebbero accedere (anche) al procedimento di ammissione alla liberazione condizionale: ma resterebbe loro inibito l’accesso alle altre misure alternative – lavoro all’esterno e semilibertà – cioè proprio alle misure che invece normalmente segnano, in progressione dopo i permessi premio, l’avvio verso il recupero della libertà. Un accoglimento immediato delle questioni proposte, in definitiva, comporterebbe effetti disarmonici sulla complessiva disciplina in esame” (https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2021:97).[]
  5. La sentenza della Corte europea interviene sul ricorso di un condannato all’ergastolo al quale era stata negata la liberazione condizionale, cioè la possibilità di scontare parte della pena in regime di libertà vigilata (in proposito si veda, su questo sito, Fine pena (quasi) mai). La stessa Corte aveva affermato anche in precedenza, per esempio contro il Regno Unito, che l’ergastolo senza possibilità di revisione della pena è una violazione dei diritti umani, poiché l’impossibilità della scarcerazione è considerato un trattamento degradante e inumano contro il prigioniero, con conseguente violazione dell’art. 3 della Convenzione europea sui diritti umani.[]
  6. Si veda la conferenza stampa del 18/5/21 su radioradicale.it.[]
  7. Di questi, oltre il 70% sta scontanto il cosiddetto ergastolo ostativo.[]
  8. La Spagna ha introdotto l’ergastolo nel 2015, con una legge votata dai soli parlamentari del Partito Popolare, anche se solo per reati gravissimi. Nel periodo di tempo considerato dal Rapporto del Consiglio d’Europa in Spagna non c’erano detenuti condannati all’ergastolo (Rapporto SPACE 2020).[]
  9. Dati contenuti nel Libro verde sul ravvicinamento, il reciproco riconoscimento e l’esecuzione delle sanzioni penali nell’Unione Europea (2014), che quindi si riferiscono ai soli Paesi dell’Unione.[]
  10. Intervista a Pino D’Ippolito (M5S), Giù le mani dall’ergastolo ostativo. O si realizza il papello di Riina, 5/6/21.[]
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1 Commento. Nuovo commento

  • Emilio Bagnoli
    30/06/2021 9:09

    Bell’articolo, e soprattutto scritto bene. Più chiara non potevi essere.
    Ok, questo andava detto. E da qui si doveva partire.
    Adesso però dobbiamo farci un paio di domande, proprio a cominciare dai tuoi due esempi: la proposta Terracini-Nobile in sede costituente, e il referendum radicale del 1985.
    Tanto il primo caso, quanto il secondo, capitano (e cadono), in due momenti socialmente difficili: il primo dopoguerra e la fase finale della lotta armata in Italia. Il clima non era certamente il migliore: nel primo caso il “confronto” tra destra e sinistra e la diversa immagine dello Stato dei proponenti rispetto alla maggioranza (anche del loro stesso partito); e il secondo lo spirito di vendetta che attraversava l’intera società, ben pompato da tutta La Stampa, salvo rarissime eccezioni.
    Momento, certamente destinato all’insuccesso. Ma quando potrebbe presentarsi il “momento magico” per fare un passo avanti nella civiltà? E poi, si dovrebbe partire da una seria e profonda riforma sia del sistema giudiziario che di quello carcerario; ma la vedo difficile, dopo le recenti notizie accertate – ma da prima si sapeva quasi tutto – sul trattamento dei detenuti da parte delle guardie, che si sono sentite comunque al riparo da tutto, malgrado le telecamere che ne hanno fatto un simpatico filmetto.
    Per scendere un attimo sul personale: io sono stato ospite delle patrie galere dal dicembre ’69 al dicembre ’70. In quel periodo le carceri furono attraversate da un’ondata di proteste e in qualche caso di rivolte che, è vero, furono represse; ma che comunque trovarono un largo appoggio sociale e politico, e qualche risultato si riuscì anche ad ottenere.
    Ciò che voglio dire, e con questo chiudo le trasmissioni, è un’ovvietà: finché non riusciremo a ricreare quel sistema di relazioni e di rapporti di forza, Terracini, Nobile e i radicali resteranno significative ma piccole voci che gridano nel deserto.
    Un abbraccio

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