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Salari e pensioni in salsa UE

di Roberto
Musacchio

In piena pandemia Covid, che tragicamente riduce anche le aspettative di vita oltre a colpire, e a far morire, una fascia molto ampia di anziani, la Commissione europea, con qualche “discrasia”, ha presentato un Libro verde1 con cui dà avvio a un dibattito politico generale sulle “sfide e le opportunità” insite in una società europea che invecchia e nel quale descrive gli effetti che questa marcata tendenza demografica produrrà sull’economia e sulla società europee.

Con il Libro verde – dice la nota stampa – la Commissione invita gli europei a esprimersi sulle opportune risposte a questa tendenza partecipando a una consultazione pubblica che resterà aperta 12 settimane.

Dubravka Šuica, Vicepresidente per la Democrazia e la demografia – ci informa la nota – ha dichiarato: “Viviamo più a lungo delle generazioni che ci hanno preceduto, e in migliore salute: è uno dei successi e dei punti di forza della nostra economia sociale di mercato, ma anche l’origine di nuove sfide e nuove opportunità che non possiamo trascurare. Il Libro verde dà avvio a un dibattito sul modo in cui sfruttare al meglio le potenzialità di una popolazione che invecchia, coi propulsori d’innovazione che comporta e con le risposte che esige dalla politica”.

“Il Libro verde – continua la nota – inquadra il dibattito sull’invecchiamento della popolazione indicando velocità e portata dell’evoluzione demografica nella società europea, di cui rileva gli effetti sulle diverse politiche evidenziando nel contempo le domande che dobbiamo necessariamente porci al riguardo. Sono contemplati tutti gli aspetti, dalla promozione di stili di vita sani e dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita al rafforzamento dei sistemi sanitari e assistenziali per rispondere ai bisogni di una popolazione più anziana. Il Libro verde pone in risalto la necessità di convogliare più persone nella forza lavoro le possibilità di creare occupazione e vaglia gli effetti dell’invecchiamento demografico in termini di carriera, benessere, pensioni, protezione sociale e produttività degli europei.
Il Libro verde considera l’intero arco della vita, poiché l’invecchiamento demografico produce un impatto universale su tutte le generazioni e in tutte le fasi della vita. Rileva così l’importanza di trovare il giusto equilibrio tra soluzioni sostenibili per i regimi di protezione sociale e rafforzamento della solidarietà intergenerazionale”.

Tradotto in soldoni, cosa che faccio io, il giusto equilibrio significa che si deve portare le persone nella UE ad andare in pensione a 70 anni. In alcune situazioni, come ha notato con amara ironia il deputato del gruppo Left Marc Botenga, come in Lituania, l’equilibrio si raggiungerebbe sui 72 anni. Peccato che la vita media in quel Paese sia 71,6 anni, cioè inferiore di 6 mesi.

“Nei prossimi decenni – prosegue la nota – la popolazione di anziani nell’UE aumenterà: gli ultrasessantacinquenni sono oggi il 20% della popolazione, si prevede che salgano al 30% entro il 2070; gli ultraottantenni dovrebbero più che raddoppiare nello stesso lasso di tempo, venendo a costituire il 13% della popolazione entro il 2070. Le previsioni indicano inoltre un aumento del numero di persone potenzialmente bisognose di assistenza a lungo termine che, nell’UE a 27, passerà dai 19,5 milioni del 2016 a 23,6 milioni nel 2030, per toccare 30,5 milioni nel 2050.

La consultazione pubblica è aperta ai cittadini e alle organizzazioni interessati di tutti gli Stati membri, compreso a livello regionale e locale. Le risposte alla consultazione concorreranno a stabilire di quale sostegno necessitino le persone e le regioni e comunità in cui vivono. Aiuteranno la Commissione a vagliare le possibili risposte politiche con cui appoggiare gli Stati membri e le regioni nelle iniziative intraprese in risposta all’invecchiamento demografico.

Contesto della discussione è quello per cui per l’attuale Commissione la demografia è assurta a priorità nell’agenda politica dell’UE. Nella relazione sull’impatto dei cambiamenti demografici del giugno 2020 la Commissione ha rilevato che negli ultimi cinque decenni l’aspettativa di vita alla nascita è aumentata di circa 10 anni tanto per gli uomini quanto per le donne. Il Libro verde sull’invecchiamento demografico è il primo risvolto concreto di tale relazione e segna l’avvio di un dibattito sulle principali questioni collegate all’invecchiamento demografico in Europa. La prospettiva a lungo termine per le zone rurali che gli farà seguito analizzerà fra l’altro la questione dello spopolamento”.

Ho lasciato volutamente parlare il linguaggio del comunicato che riporta quello che c’è nel Libro verde perché aiuta a capire il “funzionalismo buonista” della UE. Dato per intoccabile il sistema fondato sul mercato e sull’impresa, si agisce cercando in particolare nell’innovazione ciò che consente di essere i “più buoni”, come recitano le litanie “ueiste”. Invecchiamento più innovazione uguale occasione di competizione.

Colpisce, oltre all’allungamento dell’età pensionabile dato per “naturale” che ho già sottolineato, che non venga in mente a chi scrive che servirebbero misure strutturali come ad esempio una generale riduzione dell’orario di lavoro che ne limiti il peso sulla vita. E che consenta sistemi relazionali migliori perché con più tempo a disposizione. Che servirebbe non solo tecnologia ma molta occupazione per servizi agli anziani. Che servirebbe che gli anziani avessero pensioni migliori. E dunque anche salari migliori. Urgenza resa ancora più acuta e drammatica dal Covid.

E qui veniamo alla seconda cosa di cui ci si sta, anche giustamente, occupando. Parlo della normativa sul salario minimo che la Commissione europea ha presentato e su cui si è aperta la discussione parlamentare.

Le differenze salariali in Europa sono enormi. E tali sono rimaste dimostrando che le politiche di armonizzazione affidate al mercato ed alle imprese non funzionano. Anzi.

Vediamo alcune pillole di dati Eurostat per avere giusto un’idea.

Nel 2019 il costo del lavoro orario medio era pari a 27,70 EUR nell’UE-27, variando da 6,00 EUR in Bulgaria a 44,70 EUR in Danimarca.

Nel 2018 il differenziale retributivo grezzo di genere era in media del 14,8% nell’UE-27, spaziando dal 3,0% in Romania al 22,7% in Estonia.

Nel 2019 la retribuzione netta annua di un lavoratore medio single senza figli era di 23.600 EUR nell’UE-27, variando da 6.000 EUR in Bulgaria a 42.600 EUR in Lussemburgo.

Nel 2019 la retribuzione netta annua di una coppia media di lavoratori con due figli era di 50.500 EUR nell’UE-27, passando da 12.100 EUR in Bulgaria a 94.600 EUR in Lussemburgo.

Differenze per aree, interne ad esse, per generi, per tipologie contrattuali, per sistemi fiscali, per condizione migrante, per età.

Anche il salario minimo ne risente. A partire dal fatto che c’è chi ce l’ha per legge e chi no. Chi lo ha per contratti che coprono effettivamente e chi no.

In pratica il salario minimo esiste in 21 Paesi su 27 e va dai 312 euro della Bulgaria ai 2.142 del Lussemburgo. Cioè stiamo in una proporzione di quasi uno a sette.

Da qui il dato saliente della relazione che accompagna il provvedimento per un salario minimo europeo. Attualmente la media dei salari minimi legali sta sotto il 60%, e spesso il 50%, dei salari lordi mediani. Spesso sotto le soglie di povertà.

La Commissione affida il recupero di questa situazione al potenziamento dello strumento della contrattazione collettiva, ivi compresa una contrattazione specifica e trasparente sui livelli minimi. E a interventi fiscali, che sgravino i salari minimi.

Basta? Sicuramente no, visto che nella relazione stessa si dice della difficoltà degli stessi minimi a coprire effettivamente le platee. Oltre a dover essere impositiva e non indicativa la direttiva dovrebbe fare del livello europeo uno strumento effettivamente riequilibrante verso l’alto. Con un minimo europeo che sia superiore al 60% del salario medio europeo e non nazionale. E con un livello di contrattazione europea. Che favorirebbe anche lo sviluppo dei corpi intermedi europei, a partire dai sindacati. Cioè non un’Europa del mercato e delle “buone pratiche” ma un’Europa della democrazia socialmente connotata fondata sul riconoscimento del conflitto e del lavoro come soggetto costituente.

  1. Il documento si trova al link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52021DC0050&qid=1619635909472&from=IT e si basa sul rapporto della Commissione sull’impatto dei cambiamenti demografici {SWD(2020) 109 final}, che è reperibile al seguente indirizzo: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52020DC0241&from=EN.[]
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1 Commento. Nuovo commento

  • Giovanni Consoletti
    28/04/2021 19:30

    Considero una grave mistificazione il fatto di voler aumentare ancora l’età pensionabile,in un contesto che vede un vertiginoso aumento della sostituzione della manodopera con le macchine. In realtà,bisognerebbe ridurre drasticamente l’orario di lavoro,diminuire l’età pensionabile e prevedere sostanziosi sussidi per chi,con questa rivoluzione tecnologica in atto,lavoro non ne potra’ trovare.

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