In una affollata conferenza stampa venerdì 30 aprile nella sala CRAL in Stazione Marittima i portavoce del Coordinamento Lavoratori del Porto di Trieste, in un lungo ed articolato intervento hanno messo in luce i molti problemi che ancora affliggono le condizioni di lavoro di chi opera sulle banchine e nei luoghi di lavoro dei porti di Trieste e Monfalcone.
“Se oggi si parla di crescita e rilancio economico della città , e dell’ importanza riconosciuta al ruolo che in tale frangente il porto ha saputo svolgere, ciò si deve a più fattori; non solo le innovative scelte operate da Zeno D’Agostino e dal segretario Sommariva, ma anche all‘allegato VIII ed a quelle misure che nel Trattato di Pace del 1947 indicavano gli strumenti da utilizzare per dare futuro alla città dopo i disastri provocati dalla guerra.“ ha esordito Sandi Volk, che ha richiamato l’attualità dei contenuti di quel documento, ormai consegnato alla storia, ma ancora valido e spendibile sul terreno della battaglia politica e delle rivendicazioni per il futuro della città.
Se Trieste oggi è ridiventata la principale porta d’accesso al Centroeuropa ed ai porti del Northern Range da un lato, a quelli del Baltico dall’altra ciò è anche dipeso dal lavoro e soprattutto dalla qualità del lavoro, che è stata reinventata grazie al lavoro del Presidente dell’ Autorità di Sistema Portuale che si è avvalso dell’ intervento della mano pubblica e della valorizzazione del lavoro portuale, che ha riscoperto e riavviato i collegamenti ferroviari, impedendo la privatizzazione di Adriafer e potenziando infrastrutture, aree e superfici attrezzate dello scalo triestino ha prodotto quel salto di qualità che la città attendeva.
Ma non va ancora tutto bene e che il buon esito di un lungo percorso dimostri di avere davanti a sé ancora molti ostacoli è stato evidenziato dai relatori con esempi e fatti concreti.
C’è un lato oscuro che incombe e che va rimosso , e non sono poche le ombre, i pericoli, i ricatti che hanno pesato ed ancora in parte gravano sulle condizioni materiali, di vita e di lavoro dei lavoratori portuali. E poi ci sono alcuni fatti che lasciano stupiti.
E’ recente la notizia di un procedimento della Magistratura per un episodio di sei anni fa, quando vi furono, ai margini di una manifestazione sindacale e popolare, alcuni momenti di contrapposizione tra lavoratori portuali con le forze dell’ordine. I lavoratori, allora, avevano sollecitato la piena attuazione dell’allegato VIII che prevedeva come “strumento relativo al Porto Franco di Trieste” , all’ art.7 la lavorazione delle merci e l’esercizio di attività industriali, una richiesta concreta e ragionata, che aveva trovato ascolto, consenso e sostegno in città per cui molti avevano aderito e manifestato pacificamente.
Ed ora che questo obiettivo si concretizza paradossalmente i lavoratori vengono colpiti. Forse perché esporsi per rilanciare occupazione e lavoro, dopo anni di crisi in una realtà provata dal calo demografico, dall’emigrazione, dalla crisi del comparto manifatturiero, disturba la rendita di posizione di qualcuno? O forse perché a prevalere è un punto di vista affatto diverso dalle solite frasi di circostanza dei comunicati confindustriali?
O dà fastidio che, proprio in settori che fino all’altro ieri erano stati trascurati, sia dalla mano pubblica , sia dall’iniziativa privata , siano giunti quei segnali di rinnovamento e discontinuità che hanno consentito di cambiare rotta e ridare senso ad una prospettiva praticabile di sviluppo e nuova occupazione per il territorio?
Nel ribadire la propria fiducia, stima e solidarietà al Presidente Zeno D’ Agostino i rappresentanti del CLPT hanno però rivendicato, oltre alla legittimità dell’iniziativa di allora il riconoscimento di una effettiva dignità del lavoro.
Perché i risultati ottenuti , da ultimo anche quello della realizzazione della Piattaforma Logistica, sono stati possibili in virtù del loro lavoro ed anche a seguito di quella manifestazione pacifica, del 2015 , per cui oggi alcuni lavoratori vengono indagati!
La magistratura dovrebbe indagare bensì su un buco di 200mila euro nel bilancio di gestione del Porto, se poi mancano gli ispettori (22 in servizio a Genova, solo 7 in servizio a Trieste, di cui 4 nell’area safety, non è un buon segnale di attenzione) chi deve vigilare sulla corretta attuazione di procedure e normative?
Appare poi alquanto contraddittorio l’ utilizzo , da parte dei terminalisti , degli articoli della legge 84/94 per l’ assegnazione dei carichi di lavoro alla manodopera. Alcuni terminalisti fanno riferimento al’ art.16 e provvedono alle operazioni di carico/scarico con proprio personale , altri utilizzano l‘ art.18 che prevede un organico adeguato alle attività che la società è chiamata a svolgere ma con la dicitura che esso debba essere adeguato e “ volto all’incremento dei traffici ed alla produttività del porto”.
Molti altri infine preferiscono il lavoro a chiamata , indicato nell’art.17 ma che solitamente andrebbe usato solo in caso i picchi di lavoro. Tali “discrezionalità” consentono alle imprese di avere mano libera su quella che dovrebbe essere una efficace pianificazione della organizzazione del lavoro, ma che diventa altra cosa se ad esempio, si tramuta in “concorrenza sleale” ( manomissione dell’ art.16 per evitare l’ applicazione dell’ art.18) se non addirittura caporalato.
In effetti la magistratura potrebbe indagare se, effettivamente chi lavora con l‘ art. 16 ha avuto o beneficiato delle tutele e clausole previste nel’ art.17 o meno.
“Di sicuro noi sappiamo – ha sottolineato Sandi Volk- che da tempo prevale il lavoro a chiamata, che non ci sono le ferie, che in AdriaFer c’è carenza di personale, e però si fanno molte ore straordinarie, in ALPT ( Agenzia per il Lavoro Portuale) molti lavoratori sono invalidati o considerati un peso; nella PLT, gestita dai tedeschi, uguale problema d’ organico sottodimensionato, straordinari , nessuna forma di riposo settimanale o giornaliero, ma, si ripete , che lo straordinario è solo su base volontaria. La GMT di Genova ha il personale appena sufficiente, il GST (Gruppo Servizi Trieste) che usa l’ art.16 fino al 2018 nemmeno applicava il CCNL ed i dipendenti lavoravano a giornata; nella SAMER ci sono gravi problemi di sicurezza; la SeeWay ( che registra da 50 a 90 dipendenti) dice di applicare l’ art.16 ma fa lavorare il personale secondo le modalità previste dall’ art.17, previste per i picchi di lavoro, con turni da 24 h. Come altro utilizzo improprio risulta essere quello della TMT (Trieste Marine Terminal) che gestisce sia il Terminal contenitori del porto triestino che la movimentazione di carichi e merci in quello di Monfalcone e che asserisce di avere 240 “dipendenti diretti”. Secondo il CLPT invece non ha personale proprio ma ricorre a ditte esterne.
Anche a Monfalcone accadrebbe lo stesso , sia nel caso del gruppo Materneri di Livorno , che avendo un contenzioso aperto con altre ditte terminaliste per motivi legati all’ uso delle banchine se ne serve per tenere sotto scacco l‘ AdSP ed il comune ,con un’ ìpoteca su assunzioni e possibilità di assorbimento nella pianta organica di lavoratori in esubero da altre aziende e quindi far passare ad ogni costo il suo piano d’ impresa.
Secondo il parere di Volk la Materneri non ha proprio i requisiti per ottenere e svolgere questo lavoro , oltre a non avere piu’ volte rispettato il regolamento dell’ AdSP.
Storie già viste insomma , ma che lasciano capire come sia in salita la strada di chi oggi si batte per il lavoro, l’ occupazione , un giusto salario. Sempre a Monfalcone il CLPT informa come la F.lli Midolini SpA, che opera anche allo Scalo Legnami di Trieste, pur avendone opportunità non intende ricorrere all’ art.17 ma assume “..gente di fuori” .
Di per sé non pare un demerito, ma ciò che balza agli occhi è che in molte situazioni ,oltre a quelle descritte, vi sia l’intenzione , nemmeno dissimulata , di voler mettere lavoratori contro lavoratori, disoccupati contro invalidi, anziani contro giovani senza formazione , e così via o come nel caso della Grimaldi ed aziende che fino all’altroieri praticavano l’“Autoproduzione”, ovvero utilizzando loro personale – i marinai!- per le operazioni di rizzaggio e sdrizzaggio al posto dei lavoratori portuali o compagnie e imprese autorizzate.
E’ ora di porre fine a tutto questo andazzo. Il CLPT chiede il Piano degli organici del Porto (cfr.: Regolamento per l’ applicazione del Piano Organico del Porto di Trieste : https://www.porto.trieste.it/wp-content/uploads/2019/01/Decreto-1566-2019-e-Regolamento-per- lattuazione-del-Piano-dellOrganico….pdf) e la piena attuazione dell’ ordinanza Bassin del 2019 ( cfr.: https://www.port.trieste.it/wp-content/uploads/2019/12/ordinanza-85-bassin-1.pdf) .
L’ ordinanza ricorda il guardiafuochi Roberto Bassin, quarantasei anni, dipendente della Cooperativa Servizi Portuali-Coosp, rimasto vittima nel 2018, di un tragico incidente sul lavoro. I lavoratori portuali richiedono di lavorare insomma, con tutele e in sicurezza , con una applicazione delle leggi rispettosa della dignità del lavoratore. Quella ordinanza però spesso non viene applicata ed i protocolli esistenti ignorati. Cosi’ come ancora pochi sono i controlli sulle cooperative e forme di concorrenza sleale si determinano con l’ utilizzo “disinvolto” dell’ art.16 della L.84/94.
Servono regole che i terminalisti rispettino, i lavoratori del CPT chiedono garanzie su questo punto, a partire dal rispetto del CCNL che si applica ai lavoratori de porto, e non è questa una richiesta da poco poiché esso regola i rapporti di lavoro tra le imprese, di cui agli articoli 16 e 18 della Legge n° 84/94 , vincola le Autorità Portuali di cui all’articolo 6, i soggetti di cui all’articolo 17 comma 2 (imprese), comma 5 (agenzie) della predetta legge ed il personale da esse dipendente, ivi compresi i lavoratori e i soci lavoratori delle imprese di cui all’articolo 21 della richiamata legge.
Certo, dopo molti anni di “liberalizzazioni” e ..elasticità contrattuale , andrebbe rivisto questo schema , nella sua ripartizione , che non aiuta a ricomprendere tutti i lavoratori, con eguali attribuzioni di mansioni all’interno della OdL nei porti, e secondo le nuove necessità prefigurate dal modello di intermodalità che sta prendendo piede , ma che lascia troppo margine ad elusive discrezionalità agli imprenditori, mentre servirebbero rigidità ed omogeneizzazione per armonizzare non solo un quadro contrattuale dal punto di vista giuridico ma per evitare una plurimansionalità non giustificata oggi , a parere di chi scrive, visto l’utilizzo delle nuove tecnologie e la possibilità di una formazione professionalizzante continua che garantisca comunque al lavoratore le possibilità di avanzamento verticale nei settori che presidia e nelle mansioni in cui è impiegato.
Sulla formazione che è fondamentale per la sicurezza i portuali si stanno organizzando, costruendo un percorso per realizzare un centro di formazione professionale sul modello di quello esistente ad Anversa.
“Per tutto questo la presenza dell’ attuale Presidente, Zeno D’ Agostino , rappresenta una garanzia e meno male che s è risolto il problema della vacatio nella segreteria del’ ASP con la nomina di Vittorio Torbianelli. ” ha concluso Sandi Volk . In effetti, professore di Economia Marittima all’Università di Trieste, presente dal 2017 negli uffici dell’ AdSP, Torbianelli ha gestito lavori e profgetti di rilevante interesse per lo sviluppo del Porto ed ha curato le relazioni con gli ungheresi che si sono insediati nell’area Ex Teseco a Aquilinia . Anche attraverso le nuove competenze, tecniche e logistiche, il lavoro può e deve ritrovare il primato che gli compete, il ruolo che l’ art.1 della Costituzione gli assegna. Il tempo è ora
Buon primo Maggio.