editoriali

Policrisi. Riforme sociali o rivoluzione? Insorgiamo

di Roberto
Rosso

In occasione dello World Economic Forum (WEF) Oxfam ha prodotto il suo documento sulle crescenti diseguaglianze che caratterizzano l’economia mondiale o meglio la formazione sociale globale in tutte le sue dimensioni1; i dati contenuti nel box introduttivo, sintetizzano perfettamente la situazione2.

In questo numero della rivista Alessandro Scassellati approfondisce il tema delle diseguaglianze globalmente e a livello italiano, assieme alle sue conseguenze sul piano degli orientamenti politici che vedono la crescita del consenso a livello elettorale delle posizioni più reazionarie. La crescita delle diseguaglianze costituisce indubbiamente un elemento di instabilità dell’economia globale, accentuando il carattere della finanziarizzazione. In occasione del WEF è stato pubblicato il 19esimo rapporto sui rischi globali ‘The Global Risk Report 2024’ (GRP2024).

L’incipit del report recita come segue:

Il Global Risks Report dello scorso anno ha messo in guardia da un mondo che non si riprenderebbe facilmente dagli Shock che si susseguono. Con l’inizio del 2024, la 19a edizione del report si colloca in un contesto di rapida l’accelerazione del cambiamento tecnologico e incertezza, mentre il mondo è afflitto da un duo di crisi pericolose: clima e conflitti.

Gli shock che hanno impattato l’economia mondiale, non hanno solo effetti di breve periodo, ma costituiscono un elemento strutturale della formazione sociale globale, quella condizione che da alcuni anni viene definita come policrisi nella quale l’orizzonte dell’imprevedibilità rispetto all’evoluzione del sistema globale, in tutte le sue dimensioni, si colloca praticamente nell’oggi.

Ne sono un esempio le conseguenze degli attacchi degli Houti contro le navi che passano attraverso lo stretto di Bar El Mandeb e della risposta di Usa e Gran Bretagna, che va ad incidere pesantemente sui costi del trasporto delle merci dirette dall’Asia, dalla zona del Pacifico verso l’Europa. Gli effetti del conflitto israelo-palestinese, nei suoi sviluppi dopo il 7 ottobre, si allargano come onde concentriche investendo a mano a mano dimensioni economiche e politiche diverse, significativo è l’effetto sui consensi nella competizione elettorale per le presidenziali USA. È quanto è accaduto e sta accadendo con il conflitto russo-ucraino che ha già prodotto dislocazioni importanti nella configurazione delle alleanze internazionali, che si presentano sempre di più a geometria variabile, e nell’andamento delle economie.

L’instabilità degli assetti globali, si traduce in una condizione di angosciosa incertezza nella vita quotidiana, nella condizione esistenziale di gran parte degli abitanti del pianeta fatta della condizione nel presente e della percezione del proprio futuro. Negli orientamenti politici e culturali, nei comportamenti sociali ovviamente non conta solo il presente, ma la direzione verso cui procede la propria vita e sperimentare l’incertezza del futuro, il cumularsi di minacce e l’incombere di trasformazioni radicali, produce necessariamente la ricerca di risposte, punti di riferimento che si crede siano in grado di garantire un futuro più certo e rassicurante. Le crisi del sistema, di sistema si succedono in tempi sempre più ravvicinati e soprattutto il processo di riproduzione -di questo sistema che si alimenta per evolvere e trasformarsi delle sue stesse crisi- si sta impattando sempre più violentemente con i limiti dell’ambiente di cui si alimenta, producendo la crisi climatica ed ambientale, che ormai è sottesa a tutti i processi e sottende tutte le scelte più o meno strategiche dei governi e delle classi dirigenti in generale.

Le magnifiche sorti progressive legate allo sviluppo delle tecnologie di Intelligenza Artificiale hanno il loro corrispettivo nel terremoto che è destinato a colpire e rivoluzionare il mercato del lavoro a livello globale, il complesso dei profili professionali e lavorativi. Come evidenziato, tra le molte analisi sull’argomento, da uno studio effettuato da un gruppo di esperti del FMI3.

Nelle economie avanzate, circa il 60% dei posti di lavoro potrebbe essere influenzato dall’IA. Circa la metà dei lavori esposti può trarre vantaggio dall’integrazione dell’intelligenza artificiale, migliorando la produttività. Per l’altra metà, le applicazioni di intelligenza artificiale possono eseguire compiti chiave attualmente svolti dagli esseri umani, il che potrebbe ridurre la domanda di lavoro, portando a salari più bassi e assunzioni ridotte. Nei casi più estremi, alcuni di questi lavori possono scomparire. Nei mercati emergenti e nei paesi a basso reddito, invece, l’esposizione all’IA dovrebbe essere rispettivamente del 40% e del 26%. Questi risultati suggeriscono che i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo devono affrontare meno interruzioni immediate a causa dell’IA. Allo stesso tempo, molti di questi paesi non hanno le infrastrutture o la forza lavoro qualificata per sfruttare i vantaggi dell’IA, aumentando il rischio che nel tempo la tecnologia possa peggiorare le disuguaglianze tra le nazioni.” In buona sostanza l’I.A. è destinata, come e più delle precedenti ondate di innovazione digitale, a modificare la composizione sociale, i rapporti di forza tra le classi, la competizione a livello di imprese e di nazioni, la composizione tecnica dei diversi rami dell’economia.

Oltre alle realizzazioni immediate, le attese riposizionano i diversi attori sulla scena in cui ha fatto irruzione l’I.A.; Microsoft dopo aver di fatto acquisito OpenAI ha fatto un salto in borsa ed ha superato in termini di capitalizzazione Apple4. Microsoft ha superato Apple come capitalizzazione di mercato il 11 gennaio 2024. In quel momento, le azioni di Microsoft avevano raggiunto una capitalizzazione di mercato di 2.888 miliardi di dollari, contro i 2.860 miliardi di dollari di Apple. Le azioni della Mela, la cui capitalizzazione di mercato aveva raggiunto il picco di 3.081 miliardi di dollari il 14 dicembre scorso, hanno terminato il 2023 con un guadagno del 48% contro il +57% registrato da Microsoft. Apple ha superato Microsoft per la prima volta come capitalizzazione il 26 maggio 2010. In quel giorno, Apple ha chiuso in borsa a 222 miliardi di dollari, contro i 219 miliardi di dollari di Microsoft. Da allora la capitalizzazione in borsa delle società è quindi cresciuta di circa quindici volte.

Queste cifre rendono conto del trasferimento di risorse in corso, della creazione di ricchezza a livello finanziario, delle disparità che si vengono a creare tra chi cavalca quelle dinamiche e chi deve vivere invece del proprio stipendio, del proprio salario. Rendono conto anche della diversa dinamicità, velocità di trasformazione tra i diversi paesi e i diversi settori dell’economia.

Nel frattempo, mentre la rivoluzione digitale prendeva la strada, accelerando in modo esponenziale, dell’ecosistema tecnologico dell’I.A., i conflitti latenti si sono esplicitati in forma guerreggiata, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Confederazione Russa, hanno fatto un salto di qualità con l’attacco del 7 ottobre da parte di Hamas e la risposta ancora in corso da parte di Israele nella striscia di Gaza che ad oggi ha fatto oltre 24.000 vittime in gran parte donne e bambini, mentre la spesa militare si impenna5 Nel contempo la COP28 ha sancito il sostanziale fallimento di un qualsiasi progetto di coordinamento globale mirato a ridurre drasticamente le emissioni dei gas climalteranti e fornire risorse ai paesi, alle regioni del globo maggiormente colpite dal cambiamento climatico.  Non c’è nessuna possibilità di paragonare la crescita in termini finanziari delle società definite come  BIG TECH, l’accumulo di ricchezza da parte di una quota infinitesima della popolazione mondiale, la crescita delle militari e la quota destinata al supporto dei paesi meno dotati di risorse e più colpiti dal cambiamento climatico, il cosiddetto ‘loss and damage6, nonostante i toni trionfalistici delle dichiarazioni ufficiali. Come si evidenziava nelle dichiarazioni di Kristalina Georgieva del FMI, il rischio che le differenze in termini di sviluppo economico, sociale e tecnologico amplifichino le diseguaglianze, le distanze tra i diversi paesi e regioni del mondo, è pressoché una certezza; altrettanto accade per quanto riguarda la transizione energetica e climatica.

Questa distanza crescente non può che accentuare il carattere estrattivo dei rapporti economici che vengono a stabilire tra i paesi che trainano la transizione economica, sociale e tecnologica – comunque più dotati di risorse per affrontarle- e gli ultimi. La logica estrattivista si manifesta anche con il processo di costruzione di infrastrutture, come nel caso dell’Etiopia e di altri paesi africano, i quali sono costretti a dichiarare default per il mancato pagamento di una rata di rimborso di qualche decina di milioni di dollari, mentre si costruiscono infrastrutture, porti, aeroporti, ferrovie per miliardi di dollari. Il tutto avviene senza alcuna strategia di mitigazione e adattamento nei confronti del cambiamento climatico, senza la formazione di una parte della popolazione all’uso delle nuove tecnologie, mentre si incrementa contemporaneamente la vendita di armi. Il carattere estrattivo di queste relazioni si conferma con l’accaparramento di suolo fertile, in paesi nei quali peraltro nei prossimi anni e decenni- parlando di Africa– si concentrerà l’incremento demografico e quindi urge la necessità di sviluppare il settore agro-alimentare, di raggiungere la sovranità alimentare; ciò avviene in un contesto di degrado crescente dei suoli a livello globale7, “Secondo le analisi UNCCD, a livello globale è degradato circa il 40% dei territori. A sperimentare le condizioni peggiori di degrado, secondo l’organismo Onu, sono l’Asia centrale e orientale, l’America Latina e l’area caraibica. E le stesse regioni, oltre all’Africa sub-sahariana, sono anche quelle che hanno sperimentato i tassi più rapidi di degrado.”  Il degrado ambientale si coniuga quindi con il degrado sociale, delle forme di coesistenza, di qualità, autonomia e rappresentatività delle forme governo di quelle società, di qualità e indipendenza delle classi dirigenti.

La logica estrattiva si applica alla composizione stessa delle società, in un rapporto che ormai va ben oltre il neocolonialismo. I processi continui di disgregazione sociale e di riaggregazione in forme nuove delle società, riproducono forme nuove di schiavismo e di lavoro servile, di subordinazione dei minori e delle donne, assieme alla selezione di forza lavoro qualificata da immettere nei cicli di valorizzazione più avanzati. L’importazione di forza lavoro immigrata nei paesi avanzati per un verso si è rivelata negli ultimi decenni assolutamente necessaria allo sviluppo di quegli stessi paesi, mentre si montava la propaganda contro l’invasione la contaminazione etnica, culturale o addirittura razziale. Oggi il contesto della rivoluzione tecnologica e la frattura dei processi organici della globalizzazione neoliberista stanno cambiando le carte in tavola quindi il problema dell’estrarre valore dalla composizione sociale in trasformazione, nei suoi flussi globali diventa un problema ancor più cruciale, se così si può dire.

Non solo. Lo sviluppo demografico delle popolazioni ha andamenti diversi a seconda del livello di sviluppo delle diverse regioni del globo, incremento demografico e composizione sociale hanno effetti, dentro la traiettoria dei diversi modelli di sviluppo, sulla capacità o meno di incidere sul cambiamento climatico in termini di contributo alle emissioni e di adattamento alle conseguenze del cambiamento climatico. L’abbandono delle campagne, la concentrazione nelle aree metropolitane, sino allo sviluppo di vere megalopoli, un modello di sviluppo agricolo industriale, l’abbandono di tecniche di coltivazione adattate da secoli se non millenni al proprio contesto, la deforestazione, sono processi convergenti e interagenti che aumentano a dismisura i processi di contaminazione delle matrici ambientali (aria, acqua, suolo), entro una deriva entropica dei processi sociali e della loro interazione con l’ambiente. Anche la previsione secondo cui la crescita della popolazione mondiale non dovrebbe superare la soglia dei 9 miliardi, secondo uno studio commissionato dal Club di Roma, non sarebbe in grado di impedire il collasso del sistema climatico come oggi noi lo conosciamo8; o meglio, anche senza giungere ad un completo collasso del sistema climatico attuale, le divergenze tra le diverse regioni del globo produrrebbero comunque il collasso sociale, peraltro molte altre previsioni sullo sviluppo demografico sono molto meno ottimiste9

Il quadro che ci si presenta dunque è quello di una deriva entropica del sistema globale, della formazione sociale globale in tutte le sue dimensioni, in tutta la sua complessità che si proietta quindi in una sua traiettoria del tutto imprevedibile. Il paradosso è che quand’anche le straordinarie capacità analitiche dei nuovi dispositivi digitali permettessero di costruire modelli e sempre più raffinati dei processi di cui si discute, l’uso di queste capacità analitiche non sarebbero certo utilizzate entro uno concorde sforzo di cooperazione globale, ma -allo stato attuale delle cose- sarebbero strumenti al servizio di una proiezione strategica secondo una logica di competizione e conflitto, sino al confronto militare diretto. Alcuni aspetti del confronto tra Cina e Stati Uniti sembrano far emergere, dietro la pratica della competizione a 360 gradi, il tentativo di tenere sotto controllo il livello e le forme dello scontro, una qualche consapevolezza dei rischi globali a cui si sta andando incontro. Non possiamo certo dubitare dello sforzo di analisi strategica situazione da parte dei due principali contendenti, tuttavia l’evoluzione delle forme di governo e potere nei due paesi non sembra adeguata alla posta in gioco. Da una parte l’evidente acuirsi crisi in prospettiva dell’assetto istituzionale e costituzionale negli USA, cominciato non da oggi, manifestatosi nell’assalto al campidoglio, evidenziato nell’incapacità del Partito Democratico  di operare un ricambio nella sua classe dirigente e nella deriva reazionaria del Partito Repubblicano con l’egemonia del blocco trumpista, questa crisi è il prodotto del venire meno della capacità di egemonia e di governo dei processi globali, in cui il suprematismo bianco, per dirne una, viene a giocare un ruolo del tutto diverso dal passato. Crisi di un ruolo egemonico, nonostante il mantenimento di molti primati, sul piano economico, tecnologico, finanziario e militare, che si esprime nella incapacità di determinare l’andamento dei principali due conflitti in corso quello russo-ucraino e quello israelo-palestinese. Internamente, l’emergere dei nuovi potentati tecnologici e finanziari, rende arduo definire una direzione di sviluppo strategico al paese, nonostante la gigantesca iniezione di risorse finanziarie dopo la pandemia e lo sforzo di mettere le briglie alla crescita esplosiva del sistema tecnologico dell’I.A. con l’ultimo ordine esecutivo presidenziale.

La Cina a sua volta, giunta ad un punto critico della sua crescita, messa di fronte all’urgenza di una transizione energetica, ambientale, climatica, tecnologica ed anche demografica, sconta tutte le contraddizioni del modello sin qui costruito con il crollo del settore immobiliare e di quello finanziario ad esso collegato, l’emergere in contemporanea delle istanze di nuove generazioni iper-scolarizzate e di un invecchiamento della popolazione, dopo decenni di controllo delle nascite. La soluzione appare quella di una ulteriore centralizzazione del potere per fare fronte, da quel che si capisce, ad una inadeguatezza delle classi dirigenti, quando non si tratti di una corruzione endemica.

Non da oggi si parla di crisi della democrazia, ma forse più in generale si può parlare di crisi delle forme di governo delle società entro quella che prospetta come un processo di transizione dalla traiettoria tutta da definire e del tutto imprevedibile, nonostante gli straordinari strumenti di analisi sempre più potenti oggi a disposizione di chi detiene il potere, in tutte le sue forme.

Nell’articolo sul numero precedente della rivista10 annotavamo che “Da queste brevi considerazioni si apre una riflessione, si pongono domande per ora senza risposta -a parere di chi scrive- sulla natura della democrazia, sulla sua possibilità di esistere come regime di partecipazione sociale, profonda allargata ovvero quanto oggi parlare di democrazia implichi sostanzialmente un discorso rivoluzionario in dinamiche e forme tutte da innovare, partendo in realtà da interrogativi che scavano a fondo in termini antropologici sulla natura dell’essere umano, della società umane a fronte e nel contesto della dinamiche trasformative che stiamo vivendo.”

Nello stesso numero molto si è scritto sul ruolo, la crisi e le prospettive della sinistra radicale, questa e quelle riflessioni assumono un particolare significato nell’anniversario il 15 gennaio della morte, dell’uccisione di Rosa Luxemburg, pensando al suo scritto Riforma sociale o rivoluzione11 in cui polemizzava con le posizioni di Bernstein e dei suoi compagni di strada, in particolare con la posizione di quest’ultimo che negava la possibilità di un crollo del sistema capitalistico in conseguenza delle sue contraddizioni e quindi la necessità, ma anche la possibilità di una sua riforma attraverso la lotta politica e sindacale.

La ristrutturazione radicale del sistema capitalistico con l’abbandono del sistema fordista, della forma del processo di riproduzione del rapporto di capitale a livello globale, con ondate di innovazione e rottura degli equilibri esistenti che si sono succedute dai primi anni ’70 del secolo scorso sino i giorni nostri, ha di fatto ha distrutto ogni illusione che qualsiasi conquista sul piano economico e sociale, delle libertà e dei diritti sia per sempre, ma anche che le crisi del sistema siano eventi rari come la collisione catastrofica con un meteorite. Viceversa se le crisi si succedono e gli equilibri, la configurazione della formazione sociale globale mutano radicalmente nel giro di pochi anni, alle crisi non corrisponde il crollo del sistema.

Il confronto tra Rosa Luxemburg e Bernstein può apparire oggi troppo elementare nei suoi termini essenziali, in particolare sulla diatriba crollo sì/crollo no, tuttavia la domanda di cosa sia oggi una politica rivoluzionaria si pone nella sua interezza, attualità e complessità, poiché di questo si tratta a fronte delle derive che la formazione globale e le singole società regionali, continentali e nazionali stanno vivendo, dell’instabilità e precarietà sostanziale di ogni assetto, nonostante la corposità dei processi in corso. La necessità di un processo rivoluzionario è del tutto evidente e non si gioca certo sulle forme che la tradizione rivoluzionaria, comunista e non ha consegnato alla storia, ma sull’arrivare a concepire questa necessità a partire dalle forme del conflitto sociale oggi possibili e conosciute e domani da inventare, introiettando, elaborando e facendo propria la consapevolezza di essere ai primi passi di un percorso che trova una sua ragione nel rovesciare lo stato delle cose presenti.

In questo secolo diversi movimenti, più o meno radicale nel loro comportamento, ma radicali nelle proprie ragioni hanno prodotto questa consapevolezza e non possono essere sottovalutati quei movimenti e comportamenti soggettivi che certo non arrivano a proporre una strategia complessiva, ma indubbiamente nella comprensione del carattere globali, definitivo e totalizzante della crisi climatica hanno individuato la necessità di una rottura radicale con i rapporti sociali esistenti.

Detto questo guardandoci attorno, la diatriba sul primato o meno delle forme di soggettività politica di una classe o meglio di una composizione di classe, oggi frammentata  e in costante trasformazione,  di contro al primato dell’organizzazione politica con tutto il suo patrimonio organizzativo ed intellettuale, della cui crisi oggi non si smette di discettare, ebbene questa diatriba pare essere ormai un residuo di un’epoca da cui i più vecchi di noi hanno imparato tutto quello che sanno, ma che poco o nulla ci può insegnare, se la riproduciamo pedissequamente. Forse essa è anche uno dei prodotti di una sorta iperfetazione del lavoro di analisi, che non matura mai in una pratica sociale e politica capace di mettere a rischio tutto quanto il proprio patrimonio per maturare e far nascere qualcosa di nuovo, accettando l’imperfezione, l’approssimazione, l’incertezza, il rischio per l’appunto, in luogo delle certezze prodotte da un passato glorioso o da un lavoro analitico senza fine, laddove le certezze si configurano come il patrimonio intellettuale discriminante di minoranze delle minoranze, raffinato non per sperimentare nuove forme di cooperazione e aggregazione, verificare, innovare nello scontro sociale e politico, ma per dimostrare il proprio presunto primato teorico e politico. Il re è nudo, i principini sono in mutande.

Roberto Rosso

  1. https://www.oxfamitalia.org/ https://www.oxfam.org/en/research/inequality-inc  []
  2. Se la ricchezza dei 5 miliardari più ricchi continuasse a crescere allo stesso ritmo osservato nel corso degli ultimi cinque anni, entro un decennio avremmo il primo trilionario della storia dell’umanità. Ai ritmi attuali, ci vorrebbero invece più di due secoli (230 anni) per portare l’incidenza della povertà globale sotto l’1%. Se i 5 uomini più ricchi al mondo spendessero 1 milione di dollari al giorno, ci vorrebbero 476 anni per esaurire la loro ricchezza complessiva. A livello globale gli uomini detengono una ricchezza superiore di 105.000 miliardi dollari a quella delle donne. Tale differenza è equivalente a 4 volte la dimensione dell’economia statunitense. Per una donna che lavora nella sanità o nel sociale ci vogliono 1.200 anni per guadagnare quanto in un anno percepisce, in media, l’AD di una delle 100 imprese più grandi della lista Fortune. Sette tra le dieci più grandi multinazionali al mondo hanno un AD miliardario o un miliardario tra i propri azionisti di riferimento. 148 tra le più grandi società al mondo (di cui si dispongono i dati) hanno realizzato profitti per circa 1.800 miliardi di dollari in 12 mesi fino a giugno 2023, registrando un incremento del 52,5% rispetto al profitto medio nel quadriennio 2018-21. Tra luglio 2022 e giugno 2023, per ogni 100 dollari di profitto generati da 96 tra le imprese più grandi al mondo 82 dollari sono fluiti agli azionisti sotto forma di dividendi o buyback azionari. Per quasi 800 milioni di lavoratori occupati in 52 Paesi i salari non hanno tenuto il passo dell’inflazione. Il relativo monte salari ha visto un calo in termini reali di 1.500 miliardi di dollari nel biennio 2021-2022, una perdita equivalente a quasi uno stipendio mensile (25 giorni) per ciascun lavoratore.[]
  3.   https://www.imf.org/en/Blogs/Articles/2024/01/14/ai-will-transform-the-global-economy-lets-make-sure-it-benefits-humanity  https://www.imf.org/en/Publications/Staff-Discussion-Notes/Issues/2024/01/14/Gen-AI-Artificial-Intelligence-and-the-Future-of-Work-542379?cid=bl-com-SDNEA2024001  []
  4. https://www.infodata.ilsole24ore.com/2024/01/14/microsoft-supera-apple-e-diventa-la-societa-piu-ricca-del-mondo-tre-date-da-ricordare/ []
  5. https://www.sipri.org/media/press-release/2023/world-military-expenditure-reaches-new-record-high-european-spending-surges   []
  6. https://unfccc.int/news/cop28-agreement-signals-beginning-of-the-end-of-the-fossil-fuel-era []
  7. https://resoilfoundation.org/ambiente/convertire-uso-suolo-desertificazione/?utm_source=facebook&utm_medium=mofu&utm_campaign=desertificazione&fbclid=IwAR2IiBbWvrWFir6lW6p6WxjNRg-E1GwxJnju3p-QSPQso6QZRttwz82opKU []
  8. https://www.theguardian.com/world/2023/mar/27/world-population-bomb-may-never-go-off-as-feared-finds-study []
  9. Previous studies have painted a grimmer picture. Last year, the UN estimated the world population would hit 9.7 billion by the middle of the century and continue to rise for several decades afterwards. The new projection, released on Monday, was carried out by the Earth4All collective of leading environmental science and economic institutions, including the Potsdam Institute for Climate Impact Research, Stockholm Resilience Centre and the BI Norwegian Business School. They were commissioned by the Club of Rome for a followup to its seminal Limits to Growth study more than 50 years ago. []
  10.   https://transform-italia.it/policrisi-2024-grande-e-il-disordine-sotto-il-cielo-la-situazione-non-e-eccellente-e-tragica/ []
  11.   https://www.marxists.org/italiano/luxembur/1899/rif-riv/riforiv2.htm []
Articolo precedente
Tendenze politico-ideologiche nella sinistra radicale europea
Articolo successivo
Unità

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.