di Franco Ferrari – Il prossimo 6 ottobre si concluderà la settimana di ricordo della strage nazista di Marzabotto. Alla cerimonia finale è chiamato ad intervenire il Presidente del Parlamento Europeo ed esponente del PD David Sassoli. L’appuntamento cade sotto il segno del documento “revisionista” approvato dal Parlamento europeo nel quale oltre ad equiparare nazismo e comunismo si ricostruisce, falsificandola, la storia della seconda guerra mondiale, presentandola come uno scontro per la conquista del mondo da parte di Germania e Unione Sovietica.
Il documento ha sollevato numerose proteste di cui Transform Italia si è fatta giustamente eco. All’interno del PD che, come il gruppo socialdemocratico nel suo complesso, ha votato a favore del documento all’interno di uno schieramento, non proprio raccomandabile, che include Lega e Fratelli d’Italia come i sovranisti del Gruppo di Visegrad, si sono invece elevate poche voci di dissenso. Lo stesso Presidente del Parlamento Europeo Sassoli prima ha difeso la risoluzione facendo riferimento all’invasione di Praga del ’68 che in realtà non c’entrava granché. Ha poi cercato di correggere il tiro parlando di “rischio” di mettere sullo stesso piano “vittime e carnefici”. Leggendo la mozione risulta evidente che ben più che di un “rischio” siamo in presenza di una deliberata volontà di riscrittura della storia.
A Marzabotto, la Sindaca e l’ANPI hanno duramente denunciato il documento europeo «nella consapevolezza che buona parte dell’impegno bellico per raggiungere tale risultato venne sostenuto dall’ esercito dell’Armata Rossa e da migliaia di partigiani in tutti i paesi occupati, moltissimi dei quali Comunisti». Da Marzabotto, viene sottolineato «il ruolo fondamentale dei militanti e dei dirigenti Comunisti, prima nella Lotta di Liberazione Italiana, poi nella costruzione dello Stato democratico e nella difesa dei diritti». Ai parlamentari del gruppo socialdemocratico al Parlamento europeo si chiede di «rivedere la loro decisione e revocare il loro voto, proponendo un’ampia e approfondita analisi e revisione del documento, nel rispetto della Storia e dei milioni di vittime che la follia nazista ha causato in Europa e nel mondo».
Va ricordato che il Gruppo della Sinistra Unitaria Europea-Sinistra Rosso Verde (GUE/NGL) ha invece duramente condannato questo documento che “in modo selettivo e deliberato mette sotto falsa luce i fatti storici (…) equiparando falsamente il comunismo con i mali del fascismo”. Il documento, approvato da quella che viene definita una maggioranza asimmetrica, “rappresenta un altro insulto alla nostra comune memoria storica europea ed ha come reale conseguenza la repressione di cittadini europei che esercitano i loro diritti democratici”.
Questa mozione europea deve essere analizzata non solo per le sue ragioni politiche immediate e per ciò che fa emergere sugli equilibri di forze nel parlamento europeo, nel quale la destra sciovinista di alcuni paesi dell’est ha imposto il proprio punto di vista (con buona pace del presunto duello pre-elettorale tra “progressisti” e “sovrabnisti”), ma anche come distillato di un’opera di revisionismo storico che procede da diversi anni e che riporta in auge paradossalmente, dato il mutamento di situazione, categorie concettuali proprie della guerra fredda, come quella di totalitarismo.
Scriveva in proposito lo storico Claudio Natoli qualche anno fa che il revisionismo “isola e decontestualizza determinati aspetti della storia dell’Urss e dell’ideologica comunista per ricondurli a uno schema interpretativo monocasuale e autoreferenziale e a un codice narrativo ed argomentativo che approdano a una ‘storia virtuale’ eternamente uguale a se stessa, e soprattutto depurata da tutti gli elementi che possano contraddirla. “ L’intera vicenda del comunismo viene “svuotata di ogni spessore storicamente determinato e ridotta a una sorta di astrazione logica o a una dimensione cospiratoria e criminale, in una catena di sillogismi che pretenderebbero di dimostrare non già l’ambivalenza, bensì l’incompatibilità assoluta nel rapporto tra comunismo e democrazia”.
In questa lettura dogmatica della storia, aggiunge Natoli, con evidente riferimento all’opera di François Furet (“Il passato di un’illusione”), l’antifascismo diventa una “menzogna” e viene “depurato della sua dimensione storica reale e del suo carattere plurale derivante dall’incontro di forze diverse e viene rappresentato tout court come una ‘invenzione del comunismo’ e come un mero ‘strumento di un programma al servizio di una strategia totalitaria di conquista e di monopolio del potere’” (“Il movimento comunista e il fascismo nell’Europa tra le due guerre” in “Novant’anni dopo Livorno”, Editori Riuniti, 2014).
E proprio di “Fine dell’antifascismo” parla un altro storico, David Broder, analizzando sulla rivista socialista americana Jacobin la mozione del Parlamento Europeo. Un documento che risulta “basato su una fantasiosa lettura della storia”. L’equiparazione del comunismo al nazismo relativizza un’ideologia “che apertamente promuove la guerra razziale, la conquista e la sottomissione e schiavizzazione di donne e minoranze”. Un altro effetto della interpretazione della storia prodotta dalla mozione è di “ritrarre anche il più duro nazionalismo polacco o ungherese come vittima” e quindi meritevole di riabilitazione, come sta avvenendo in alcuni Paesi dell’Est Europa.
In sostanza, possiamo aggiungere in conclusione, la necessità di ricostruire (ma sarebbe più esatto dire di falsare) la storia della seconda guerra mondiale, operata dalla maggioranza del Parlamento europeo, deriva dalla necessità di cancellare la partecipazione dei comunisti, da protagonisti, alla sconfitta del nazismo e alla liberazione dei popoli europei. Riconoscere questo ruolo risulta incompatibile con l’equiparazione tra nazismo e comunismo, che lungi dall’essere due fenomeni storici speculari e sovrapponibili come vorrebbero le tesi “revisioniste”, si sono combattuti aspramente per quasi un secolo, perché ispirati a valori e ideali totalmente contrapposti.