La mia settimana è passata guardando M il figlio del secolo, serie che Sky ha realizzato con la regia di Wright dal libro di Scurati, interrogandomi sulle mosse di Trump tra decreti e dazi, seguendo la politica tedesca che si avvia alle elezioni e ha vissuto giorni caldi sulle questioni migranti e dei rapporti con la destra radicale dell’Afd.
Parto dalla serie televisiva. Lo faccio perché mi ha colpito più del libro. Perché? Perché leggere quel tipo di storia, quella che ci ha portato al fascismo, è importante ma la straordinarietà della resa visiva è di farti vivere quella dimensione. Le scelte di regia, fatte di un mix tra filmati d’epoca e una finzione scenica a cavallo tra teatro brechtiano e cinema di Eisenstein con una full immersion nel magma degli anni ‘20, lo rendono possibile. Così facendo la nascita del fascismo ti trovi a viverla e ti colpisce come un pugno allo stomaco. Ne vivi la violenza, la sopraffazione, l’irrazionalità, la visione esasperata e disperata del futurismo fascista. Vedere fa capire che è la messa in scena, e in atto, della violenza il fondamento stesso di quella realtà. Nulla di più lontano dalla razionalità del pensiero marxista, socialista e comunista, che nasce dal pensiero e non dall’azione per sé stessa. La bestia rossa di cui parla il fu socialista Mussolini, passato dall’interventismo nella prima guerra mondiale a fondare i fasci di combattimento, è il modo di dire con cui non solo si vende ai poteri forti ma anche esorcizza la sua, del fascismo, inferiorità culturale strutturale e giustificare il proprio, questo sì reale, comportamento bestiale. L’anticomunismo come bisogno della irrazionalità capitalistica di combattere la razionalità che potrebbe portare ad una nuova umanità.
La ricorrenza dei nuovi anni ‘20, colpisce. Fa pensare ad un secolo lunghissimo in cui la razionalità che abbiamo conosciuto si richiude come breve parentesi. Razionalità della lettura e dell’agire storici. Della democrazia. Della politica.
La forza della politica, breve parentesi, in un lungo secolo di politica della forza, aperta dalla cosiddetta politica delle cannoniere. In cui, non a caso, la guerra è tornata dominante. Quella militare. Ma anche quelle economiche. E quella di classe, ma rovesciata, che è esattamente il rovesciamento dal razionale all’irrazionale.
Chi è Trump? Che fa Trump? Se lo pensiamo come politica della forza queste domande ce le poniamo sapendo che non avranno risposta nella previsione ma nella constatazione degli atti. Il lungo interregno dei neocon, suprematisti occidentali ed anticomunisti, si è infranto sulla irrazionalità del capitalismo ed ha aperto il varco alla nuova era della politica della forza. Capitalismo finanziario globalizzato e dazi sono i due corni della nuova irrazionalità capitalista. Non a caso definita tecno-feudale, perché feudale è la relazione tra le forze in campo e la tecnica si occupa di dominio e non di razionalità.
Non dunque che farà Trump ma che fare noi è la domanda, angosciosa, da porsi. Noi chi? Noi la razionalità della forza della politica storicamente scesa in campo col movimento operaio.
La UE ha provato, e prova, a dare un posto al sole alla propria postdemocrazia in cui la funzione ha sostituito il modello sociale condiviso per Costituzione, cercando di costruirsi come forza a sé. In questo reincrociando un passato fatto di nazionalismi e corti feudali. Per ridare tutto il potere alle borghesie ha rinnegato la consapevolezza razionale che ciò da cui aveva tratto forza era stata, dopo la catastrofe delle guerre mondiali, la forza della politica, fatta di democrazia, pubblico, lavoro, welfare.
E ora ciò che non accadde nei primi anni ‘20, l’incontro delle crisi e delle modernizzazioni delle due sponde atlantiche (e non accadde perché c’era il movimento operaio e il nazifascismo contro di esso) rischia di diventare possibile.
Ciò che accade in Germania peserà molto. La vicenda di questi giorni che si è giocata sulla pelle dei migranti è significativa. Nessuno ha la coscienza pulita sulle politiche migratorie. Ma il vulnus profondo sta nell’aver perso la dimensione generale della lotta di classe e la prospettiva del socialismo come nuova umanità. L’irrazionalità capitalista fa sì che rinneghi il suo moto originale che lo fa nascere dall’abbattimento della servitù della gleba. È nuovamente modernamente feudale perché abbatte ogni vincolo alla finanza ma nega il diritto di mobilità al lavoro. E gli nega di chiamarsi tale. Questa irrazionalità che alimenta la politica della forza richiede che si vada oltre i limiti novecenteschi del compromesso sociale sancito negli Stati. E si torni all’impulso originale per cui il socialismo è la fine degli ordinamenti borghesi. Certo migrare non deve essere una costrizione. Ma non sarà negarne il diritto, con una costrizione, a rendere più forte il soggetto debole. La settimana tedesca mi parla di una posizione doppiamente sbagliata. Quella di far cadere la discriminante a non votare con l’estrema destra e insieme di pensare a un recupero di democrazia e forza di classe grazie ai confini. Certo non è Merkel, colei che ha voluto l’ordoliberalismo, la soluzione. Come non lo fu Giolitti. Ma se non lotti contro il tecno-feudalesimo e le nuove destre perché preferivi il nemico precedente, che certo c’è ancora, non stai al passo con la storia. E la storia non perdona.
Roberto Musacchio
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Coincidentemente, anch’io ho assistito dall’inizio di questo mese alle puntate della prima serie di “M. Il figlio del secolo”. E l’effetto sulla mia consapevolezza è stato simile. Non avrei mai saputo esprimere meglio di questo articolo le considerazioni scaturite dall’intersezione della rivisitazione storica del secolo scorso con le vicende che viviamo in questo inizio di 2025.
La differenza fondamentale tra lo scontro che avvenne 100 anni fa tra Socialismo e Barbarie (qui indicato come “forza della politica versus politica della forza”) sta nella forma, più che nei contenuti. E probabilmente ciò è un bene, per superare definitivamente la dicotomia diabolica bellicista e restare umani, ora e sempre resistenti. Allora al capitalismo – provvisoriamente diviso al suo interno – era contrapposto un mondo sovietico rivoluzionario, abbastanza monolitico e sicuro di sé. Oggi, il capitalismo – surrettiziamente ricomposto nella sua accezione ontologica prevaricatrice – non trova di fronte un blocco antitetico compiuto che lo sfida sui contenuti, ma piuttosto un’articolazione di stati e di popoli che traccia un percorso basato su una nuova forma di relazioni, un metodo alternativo e libertario di cooperazione, sperimentato dai BRICS+. I cui contenuti – l’Etica – sono ancora imprecisi, differenziati, a volte contraddittori. Ma la capacità di mantenere e coltivare la forma, l’Estetica, cioè i principi a la maniera di discutere, dibattere e arrivare a decisioni condivise sembrano sicuramente più efficaci e – speriamo – rivoluzionari e vincenti a lungo termine: tracciare le fondamenta di un nuovo ordine internazionale globale, che ripudi veramente la guerra, la sopraffazione e la violenza tra i popoli. E che l’umanità superi una buona volta la politica della forza con la forza della politica. Che il Socialismo superi la Barbarie.