editoriali

Il primo di Maggio

di Roberto
Morea

di Roberto Morea – La festa dei lavoratori ha rappresentato e rappresenta tante e diverse cose. Del resto tante e diverse sono le espressioni del lavoro oggi e l’elenco delle nuove professioni rischia di allungarsi ancora di più a causa della crisi economica e sociale che si trascina dietro la pandemia. Così come rischia di vedersi modificata la qualità e le modalità con cui si lavora.

Lo smart working sembra per molti la modalità a cui adattarsi per un lungo tempo, accelerando la fusione tra tempo di vita e di lavoro anche per chi, fin ora, non ha dovuto subire quella stessa condizione della piccola partita IVA.

Molti oggi, chiusi nelle proprie stanze e affacciati alle finestre, battono le mani a medici, infermieri personale medico. Sono gli eroi in battaglia, come chi produce il cibo che i negozi alimentari distribuiscono e i delivery ci portano a casa. Nella Pandemia anche i media main stream si sono accorti che la fine del lavoro è ancora al di là da venire e la nostra vita conta ancora e molto sulla fatica reale, che persone in carne ed ossa fanno quotidianamente, non come un hobby o una passione, ma come servizio e per campare. Oggi li chiamiamo eroi, eppure fino a ieri gli stessi eroi di oggi erano sottovalutati e inascoltati quando chiedevano maggiore attenzione per loro e per la loro professione.

La pandemia ci ha scoperto fragili e indifesi, e solo la consapevolezza di questa fragilità ha fatto modo che l’isolamento sia stata una risposta accettata e messa in atto da tutti e tutte. O meglio tutte e tutti quelli che potevano. Non da chi, anche nel pieno della crisi sanitaria e nel suo epicentro, ha visto la sua fabbrica tenuta aperta, magari per produrre tubature per oleodotti o materiali bellici.

Il rischio che la pandemia si trascini dietro il disastro è sotto gli occhi di tutti e tutte. La scelta di riaprire e di riprendere, anche se cautamente, è certo una scelta necessaria, ma questa scelta non può essere gestita e governata per riportarci al “business as usual” da chi ha gestito i disastri che ci hanno portato fin qui.

Non ci serve un o una “working class hero” da incensare nelle pagine fb, ci serve che la classe operaia possa imparare da questa esperienza, che solo se riprende in mano il proprio ruolo e la consapevolezza di essere, nelle diversità e nella articolazione delle forme in cui oggi si lavora, un solo ed unico punto di vista, capace di cambiare le cose.

Forse per questo il 1 maggio continua ad essere una gran bella data!

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