Le elezioni portoghesi del 10 marzo hanno registrato un incontestabile vincitore nel partito “Chega” (Basta!), dell’estrema destra populista, guidato da Andrea Ventura. Con il 18,06% dei voti si è conquistato il posto di terzo partito non lontanissimo dai due maggiori, tra i quali si gioca comunque il posto di futuro capo del governo.
La destra tradizionale raggruppata in Alleanza Democratica, composta dal Partito Socialdemocratico (in realtà di centro-destra), dal Centro Democratico Sociale (cattolico conservatore) e da una piccola formazione monarchica, ha ottenuto il 29,49% e 80 seggi. Ha sopravanzato, ma meno del previsto, il Partito Socialista che ha governato negli ultimi otto anni e che ha subito un vero tracollo di consensi fermandosi al 28,66% con 76 seggi. Un calo di ben 13 punti percentuali.
Questa minima differenza non consente ancora di proclamare il vincitore definitivo dato che devono essere conteggiati i voti dei portoghesi che vivono all’estero. A questi sono destinati 4 seggi complessivi, 2 per chi vive in Europa e 2 per tutto il resto del mondo. Nelle precedenti elezioni il Partito Socialista aveva conquistato 3 seggi e 1 era andato al centro-destra. In teoria il Partito Socialista potrebbe ancora diventare il primo partito, anche se è una ipotesi improbabile. Non si può escludere che Chega riesca a conquistare almeno uno dei due seggi extraeuropei, data la forte mobilitazione in suo favore dei bolsonaristi brasiliani.
L’estrema destra, che ha più che raddoppiato i propri voti, si è avvantaggiata della confluenza tra il tradizionale voto conservatore e nostalgico che negli anni si era andato confinando nell’astensione, con la protesta anti-corruzione visto che numerosi indagini hanno colpito pesantemente il governo socialista uscente. A questi elementi si sono aggiunti quelli tipici del populismo di destra come la demagogia xenofoba contro gli immigrati e la protesta anti-tasse.
Il Partito Socialista aveva riconquistato consenso grazie allo spostamento a sinistra che lo aveva distaccato dalla precedente politiche di austerità che avevano colpito pesantemente le classi popolari e i giovani. Ma questa correzione era stata decisamente favorita dall’alleanza con i partiti della sinistra, Bloco de Esquerda e Partito Comunista Portoghese. In una prima legislatura (2015-2019) si trattò di una alleanza programmatica con un governo monocolore socialista, che venne sprezzantemente definita dall’opposizione come “gerinconça”. Termine che poi venne assunto dagli stessi protagonisti e che assunse una valenza positiva.
Dopo le elezioni del 2019 si passò ad una più precaria intesa sui singoli provvedimenti e quando il Bloco si oppose al Progetto di Bilancio i socialisti di Antonio Costa colsero al volo l’occasione per andare al voto anticipato, certi di poterne trarre vantaggi elettorali. Effettivamente il voto del 2022 diede loro la maggioranza assoluta a discapito della sinistra che ne uscì indebolita.
Il governo solitario del Partito Socialista ha dissolto il consenso elettorale conquistato nelle due tornate precedenti. I socialisti hanno mantenuto una politica rigida di bilancio pur senza tornare agli anni dell’austerità. Nel frattempo però l’inflazione ha colpito i redditi fissi, la disinvolta gestione della cosa pubblica ha prodotto discutibili intrecci tra governo e interessi privati e il tema del costo delle abitazioni è esploso con effetti negativi molto pesanti soprattutto sulle nuove generazioni.
Il modello di sviluppo economico dei governi socialisti ha dato per un certo periodi buoni risultati economici per poi mostrare rapidamente la corda. Gli scarsi investimenti pubblici sono stati compensati con la crescita del turismo e con i privilegi offerti ai pensionati benestanti di altri paesi affinché scegliessero di stabilirsi in Portogallo. Tutto questo ha avuto come effetto di rendere drammatico il problema dell’abitazione per molti portoghesi e contemporaneamente di offrire solo lavori precari e di bassa qualificazione per i giovani.
Le formazioni della sinistra radicale hanno registrato risultati diversi nel voto del 10 marzo ma non sono riuscite comunque a tornare ai livelli precedenti, quando complessivamente viaggiavano attorno al 20%. Dati i rapporti di forza e la loro divisione in più partiti, ciò che potevano offrire era un ritorno ad una riedizione della “geringonça”, troppo poco per rispondere al malessere diffuso nel paese e soprattutto troppo condizionato alle politiche di un Partito Socialista considerato da molti il principale responsabile dei problemi sociali e della “questione morale”.
Il Bloco de Esquerda è uscito parzialmente soddisfatto dal risultato ottenuto. Il 4,46% rappresenta un incremento anche se minuscolo rispetto al dato precedente (+0,1%), corrispondente a circa 30.000 voti in più. Soprattutto ha potuto mantenere i suoi 5 seggi, 2 a Porto, tra cui l’attuale europarlamentare Marisa Matias, 2 a Lisbona, inclusa la leader del partito Mariana Mortagua, e 1 a Setubal assegnato a Joana Mortagua sorella gemella di Mariana.
Mariana Mortagua ha fatto una buona campagna elettorale centrata sulle questioni sociali ed economiche, in particolare sul problema della casa, e il partito mantiene un discreto seguito nei settori del nuovo precariato e dell’economia prodotta dall’evoluzione digitale. A livello europeo fa parte di “The Left” (ex GUE/NGL), del Partito della Sinistra Europea e del raggruppamento informale “Ora il popolo” con France Insoumise e Podemos.
Il Partito Comunista, che si è presentato anche questa volta come parte della Coalizione Democratica Unitaria (CDU), alleato di un piccolo partito ecologista (PEV), ha subito una sconfitta anche se non così pesante come si temeva sulla base dei sondaggi elettorali. Ha ottenuto il 3,3% contro il 4,3% delle elezioni precedenti. Una flessione che è costata la perdita di due seggi, tra cui quello del distretto di Beja. Un seggio questo che gli è stato strappato dall’estrema destra. Per la prima volta dal ritorno della democrazia, il PCP non ha eletti nell’Alentejo, una sua tradizionale zona di forza e dove ancora raccoglie percentuali superiori alla media nazionale col 10,93% a Evora, il 15,03% a Beja. Ma si tratta di collegi elettorali che assegnano pochi seggi e il sistema proporzionale non prevede un recupero dei consensi a livello nazionale.
Alcuni dei fattori di difficoltà del PCP sono strutturali e di lungo periodo, altri legati al cambio di leadership. Questa era la prima campagna elettorale guidata da Paulo Raimundo che si è dimostrato meno efficace dell’uscente Jeronimo de Sousa. I comunisti si sono affidati soprattutto alla difesa dei loro insediamenti tradizionali nella cintura industriale di Lisbona e nelle vecchie aree della riforma agraria. Ancora guidano 19 amministrazioni comunali e hanno una importante influenza su uno dei due sindacati maggiori la CGTP, ma non sono riusciti ad agganciare le nuove generazioni meno attratte da un discorso considerato troppo “ortodosso” e legato all’imaginario del socialismo reale, soprattutto durante la guida di Alvaro Cunhal. Questo elettorato si è rivolto maggiormente al Bloco de Esquerda guidato da una generazione più giovane e con una forte presenza femminile. Inoltre molti dei vecchi insediamenti industriali sono ormai scomparsi dal paesaggio economico e sociale del Portogallo.
Le elezioni del 10 marzo hanno rappresentato un successo per il terzo partito della sinistra, Livre, guidato dall’ex europarlamentare del Bloco, Rui Tavares. Col 3,26% ha praticamente triplicato i voti ed è passato da 1 a 4 seggi, il che gli consentirà per la prima volta di formare un proprio gruppo parlamentare. Livre si definisce come formazione di “sinistra verde e progressista” e nel suo sito, tra i concetti fondamentali ai quali si richiama, vi è anche quello del “socialismo”. Tavares ha rotto con il Bloco soprattutto sul tema dell’europeismo. Nelle elezioni europee del 2019 aveva aderito alla “Primavera europea” la coalizione promossa dal DIEM25 di Varoufakis. Non avendo avuto eletti nell’europarlamento, “Primavera europea” questa aggregazione si è dispersa e Livre si è avvicinato ai Verdi europei, rispetto ai quali mantiene però un profilo più spostato a sinistra e conferma una vicinanza con molti temi sostenuti dal DIEM25.
In attesa che si completi il quadro parlamentare coi voti dei portoghesi all’estero, iniziano i posizionamenti tattici in vista della formazione del nuovo governo. Luis Montenegro, leader di Alleanza Democratica ha sempre escluso accordi con Chega. “No, è no”, ha ripetuto durante la campagna elettorale e almeno per ora sembra orientato a tenere fede alla promessa. All’interno della coalizione emerge però qualche voce, come quella del leader del piccolo partito monarchico, che non esclude un’intesa su quel versante.
AD potrà contare sulla convergenza con i liberisti di Iniziativa Liberale che hanno mantenuto i loro 8 seggi, ma soprattutto su un sistema istituzionale che consente di reggere anche a governi di minoranza purché non si trovino di fronte un’opposizione coalizzata. I socialisti, che per ora si attestano sulla prospettiva dell’opposizione, escludono un governo comune che lascerebbe a Chega la guida dell’opposizione. Ma non faranno nulla, almeno in questa prima fase, per far cadere il governo. La componente più moderata del partito ha già espresso una certa disponibilità a trovare convergenze in sede parlamentare.
Lo scoglio maggiore resta l’approvazione del bilancio preventivo dello Stato, l’unica misura che richiede una approvazione parlamentare decisiva per la sopravvivenza del governo. Andrea Ventura, leader di Chega, cercando di entrare nel gioco politico, ha già dichiarato che non voterà il bilancio senza un vero accordo con Alleanza Democratica. Ma di questo se ne parlerà a ottobre.
In Parlamento l’insieme delle forze che si collocano nel centro sinistra (comprendendo in questo anche l’unica parlamentare degli oscillanti animalisti) conta 90 seggi, contro gli 88 della destra senza Chega. Questo limitato vantaggio potrebbe accrescersi con il conteggio dei voti nei consolati, ma si tratterebbe di una maggioranza precaria e fortemente condizionata a destra. Una strada che il leader socialista Pedro Nuno Santos, che pure nella geografia interna del partito è sempre stato collocato a sinistra, non sembra intenzionato a percorrere.
Franco Ferrari