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Diritti delle persone LGBTIQ

Il 14 settembre 2020 è stata approvata dal Parlamento Europeo una Risoluzione sulla libera circolazione e il diritto di ricongiungimento familiare delle persone LGBTIQ nell’UE. La Risoluzione del Parlamento ha condannato il mancato rispetto dei diritti delle famiglie arcobaleno e delle coppie dello stesso sesso nell’UE, criticando la politica a “macchia di leopardo” venutasi a creare nell’Unione, poiché alcuni Paesi membri ignorano le recenti sentenze della Corte di Giustizia Europea.

Il Parlamento Europeo aveva già proclamato l’Unione Europea zona di libertà per le persone LGBTIQ, con una Risoluzione dell’11 marzo 2021.

Con quest’ultima Risoluzione, il Parlamento Europeo ha condannato il continuo fallimento dei Governi dell’UE nel rispettare i diritti di residenza e i benefici (in termini di accesso a protezione sociale, sicurezza sociale, assistenza sanitaria, istruzione, e di accesso e fornitura di beni e altri servizi che sono disponibili al pubblico, compresi gli alloggi) dei partner dello stesso sesso quando si spostano tra i Paesi europei. I matrimoni celebrati e le unioni registrate in uno Stato membro devono essere riconosciuti in tutti gli altri, con coniugi e partner dello stesso sesso trattati allo stesso modo delle coppie eterosessuali.

La Risoluzione è stata presentata in risposta al confuso mosaico di politiche applicate alle persone nei matrimoni tra persone dello stesso sesso e al mancato rispetto da parte di alcuni Stati membri delle recenti sentenze della Corte di Giustizia Europea (CGUE).

I 27 Stati membri dell’UE conservano la libertà di non autorizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso, come avviene in Bulgaria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia. Ma, a seguito di una sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2018, in una causa intentata contro le autorità rumene da Adrian Coman e suo marito, Claibourn Robert Hamilton, i governi dell’UE sono obbligati a rispettare almeno i diritti di residenza dei coniugi dello stesso sesso che sono stati sposati altrove nel blocco. Tuttavia, secondo uno studio commissionato dal Parlamento Europeo, la sentenza non ha portato a un cambiamento di politica da parte delle autorità rumene, che devono ancora rilasciare un permesso di soggiorno a Hamilton, tre anni dopo la sentenza. E sono stati trovati ben 12 Stati membri che concedono il diritto di soggiorno a un coniuge omosessuale, ma senza allegare il termine “coniuge”.

Il mancato riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso ha creato ostacoli alle persone che chiedono la pensione, la concessione di un’assicurazione sanitaria congiunta e la successione negli affitti.

Le difficoltà sono ancora maggiori per le coppie dello stesso sesso che sono genitori legali in uno Stato membro, ma che scoprono che la loro posizione cambia all’attraversamento di un confine. Possono cessare di essere legalmente una coppia, diventando invece due individui non imparentati. Il loro figlio o i loro figli possono passare dall’avere due genitori legali a un solo genitore legale o, in alcuni casi di maternità surrogata, a nessun genitore legale, secondo lo studio del Parlamento, portando alla negazione dei diritti alla genitorialità e dei benefici che la legge riserva alle “famiglie ”.

Nell’Unione il diritto alla parità di trattamento e alla non discriminazione è un diritto fondamentale sancito dai Trattati e dalla Carta e dovrebbe essere pienamente rispettato, e il rispetto dei diritti è il fondamento giuridico sui cui si poggia l’Unione Europea. A questo proposito, nel settembre 2020 la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, nel suo discorso sullo stato dell’Unione, aveva sottolineato che “se sei genitore in un Paese, sei genitore in ogni Paese”, riferendosi alla necessità di un riconoscimento reciproco delle relazioni familiari nell’UE.

Il rispetto di questi valori in realtà in alcuni Stati dell’Unione è venuto meno (Romania, Polonia e Ungheria). Sono pendenti dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo due cause in cui coppie omosessuali sposate all’estero hanno dovuto affrontare il rifiuto delle autorità polacche di registrare il loro matrimonio nel registro matrimoniale del Paese, sulla base del fatto che ciò sarebbe contrario ai “principi di base del diritto polacco”. I matrimoni tra persone dello stesso sesso non sono riconosciuti in Polonia “per qualsiasi scopo legale”, il che significa che i diritti riservati alle coppie sposate vengono rifiutati alle coppie dello stesso sesso.

Per questo il Parlamento Europeo chiede che siano adottate misure contro la Polonia per aver violato i principi di non discriminazione, uguaglianza e libertà di espressione, anche in relazione alle “Carte regionali dei diritti della famiglia” e alle risoluzioni che proclamano comuni e regioni “libere dall’ideologia LGBTI” (le cosiddette “zone libere da LGBTI”). Per quanto riguarda l’Ungheria, il Parlamento Europeo aveva già condannato le violazioni dei diritti dei cittadini LGGBTIQ, nonchè del diritto dell’UE, con una Risoluzione dell’8 luglio 2021.

A questo proposito, la Risoluzione del Parlamento Europeo ricorda che il diritto dell’UE prevale su qualsiasi tipo di diritto nazionale, anche rispetto alle disposizioni costituzionali contrastanti, e che pertanto gli Stati membri non possono invocare un divieto costituzionale sul matrimonio tra persone dello stesso sesso o la tutela costituzionale della “morale” o dell'”ordine pubblico” per ostacolare il diritto fondamentale alla libera circolazione delle persone all’interno dell’UE, in violazione dei diritti delle famiglie arcobaleno che si spostano nel loro territorio. Pertanto, il Parlamento Europeo chiede alla Commissione Europea azioni nei confronti di Romania, Polonia e Ungheria con varie misure UE (procedure di infrazione, misure giudiziarie e strumenti di bilancio).

La Risoluzione, infine, ha invitato la Commissione Europea a “garantire che tutti gli Stati membri dell’UE rispettino la continuità del diritto per quanto riguarda i legami familiari dei membri delle famiglie arcobaleno che si trasferiscono nel loro territorio da un altro Stato membro”.

La Risoluzione è stata approvata con 387 voti a favore (Socialisti, Renew, Verdi, Sinistra, Non Iscritti di 5 Stelle e una parte dei Popolari), 161 contrari (le destre di ECR e ID, compresi tutti gli italiani; tra gli sparuti voti contrari dei Popolari si nota quello di Massimiliano Salini di Forza Italia) e 123 astensioni (la gran parte dei Popolari, ma anche i portoghesi Pereira e Pimenta Lopes della Sinistra).

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