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Legislazione anti-LGBTIQ in Ungheria

Con la Risoluzione sulle “Violazioni del diritto dell’UE e dei diritti dei cittadini LGBTIQ in Ungheria a seguito delle modifiche giuridiche adottate dal parlamento ungherese“ adottata l’8 luglio 2021 (vedi Comunicato stampa), il Parlamento Europeo “condanna con la massima fermezza” la recente legislazione anti-LGBTIQ, ritenendola una “chiara violazione dei valori, dei principi e del diritto dell’UE”, denuncia lo smantellamento della democrazia e dello Stato di diritto in Ungheria.

Il Parlamento “invita la Commissione a intraprendere immediatamente un’azione legale, in particolare avviando una procedura d’infrazione accelerata contro l’Ungheria a norma dell’articolo 258 TFUE in merito alla legge in parola; invita la Commissione ad avvalersi di tutti gli strumenti procedurali della Corte di giustizia, se necessario, tra cui le richieste di procedura accelerata e di misure provvisorie, incluse le sanzioni per il mancato rispetto di queste ultime”.

Di fronte all’inazione del Consiglio, bloccato dalla unanimità che regola la materia, il Parlamento si rivolge agli Stati membri: “ricorda che, a norma dell’articolo 259 TFUE, ciascuno degli Stati membri può̀ adire la Corte di giustizia dell’Unione europea quando reputi che un altro Stato membro ha mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù̀ dei Trattati; invita gli Stati membri ad attivare tale articolo in relazione alla legge in questione in caso di inerzia della Commissione; invita altresì̀ gli Stati membri a presentare un ricorso interstatale alla Corte europea dei diritti dell’uomo per quanto concerne gli aspetti non contemplati dal diritto dell’UE”.

A fronte della mancanza di una normativa europea generale sulla discriminazione, la Risoluzione: “chiede che il Consiglio e la Commissione sblocchino urgentemente la direttiva orizzontale in materia di discriminazione, bloccata in seno al Consiglio da oltre dieci anni; e “ricorda che finora non è stata fornita una risposta adeguata all’iniziativa del Parlamento di istituire un meccanismo dell’UE in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali disciplinato da un accordo interistituzionale tra il Parlamento, la Commissione e il Consiglio”.

La Risoluzione fa anche riferimento all’applicazione del Regolamento, in vigore dal 1° gennaio 2021, sulla condizionalità dello stato di diritto, nei finanziamenti UE, a cominciare da quelli relativi a NextGenerationEU. Su questa materia il Parlamento ha adottato, l’8 luglio 2021, una Risoluzione d’iniziativa nella quale  “si rammarica della decisione della Commissione di elaborare orientamenti per l’applicazione del regolamento; ribadisce ancora una volta che il testo del regolamento è chiaro e non richiede alcuna interpretazione aggiuntiva ai fini dell’applicazione e che i co-legislatori non hanno delegato alla Commissione alcun potere in tal senso”.

La discussione sulla deprecabile situazione in Ungheria, svoltasi il 7 luglio 2021, era stata aperta dagli interventi dal Ministro degli Esteri sloveno, Anže Logar, Presidente in carica del Consiglio UE, e da Věra Jourová, Vicepresidente della Commissione Europea. Il primo si è limitato ad affermazioni di principio sul rispetto dei diritti e la non discriminazione. La seconda si è spinta oltre nel deplorare quanto successo in Ungheria, forte della dura condanna della Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che in un intervento pronunciato la stessa mattina – nella discussione sulle Conclusioni del Consiglio Europeo del 24-25 giugno 2021 – aveva detto: ”Questa legge è una vergogna”. Nessuno dei tre aveva, però, fatto riferimento a impegni precisi sui provvedimenti da adottare nei confronti dell’Ungheria.

A parte gli scontati interventi delle destre, i deputati intervenuti hanno tutti espresso condanna per la legge ungherese. Insolito e diretto l’intervento di Terry Reintke, del Gruppo dei Verdi/ALE: “quando mi sveglio al mattino accanto alla mia ragazza e sono piena di felicità e gratitudine, a volte mi chiedo, come si fa a odiare il fatto che noi due ci amiamo?”.

Un intervento politicamente significativo quello del liberale Guy Verhofstadt, del Gruppo Renew, che ha attaccato duramente la Presidenza slovena e la Commissione Europea per la loro reticenza nell’assumere provvedimenti sanzionatori nei confronti dell’Ungheria, chiedendo anche cosa farà la Commissione a proposito del finanziamento europeo al PNRR ungherese. Sulla stessa questione ha insistito la verde Gwendoline Delbos-Corfield, mentre Konstantinos Arvanitis (Sinistra-GUE/NGL) si è soffermato sulle vittime dell’omofobia.

Da parte dei rappresentanti del Consiglio e della Commissione Europea, repliche difensive che non hanno aggiunto molto agli interventi introduttivi. In risposta alla domanda di Verhofstadt,  –  che ha trovato il modo di tirare in ballo Putin, paragonando la situazione ungherese a quella russa – ha affermato che il PNRR ungherese è ancora in valutazione.

Il Parlamento ha adottato la Risoluzione approvando una Proposta di Risoluzione sottoscritta da tutti i Gruppi politici, ad eccezione di Conservatori e Riformisti Europei (ECR), Identità e Democrazia (ID) e Non Iscritti (NI). Sono stati approvati due emendamenti presentati dai Verdi e dalla Sinistra. La Risoluzione è stata approvata a larga maggioranza: 459 voti a favore, 147 contrari (ECR, ID, una parte di NI e alcuni PPE) e 58 astenuti (in gran parte PPE).

Soddisfazione per la ferma posizione assunta dal Parlamento è stata espressa dal Gruppo della Sinistra-GUE/NGL.

Il Parlamento Europeo si era già pronunciato sull’applicazione del Regolamento sulla condizionalità, durante la mini-sessione di marzo 2021.

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