Perché l’economia tedesca è in difficoltà – e il governo può risolverla? Si intravede un nuovo disastro politico, sociale ed economico legato al ritorno alle politiche di austerità. Il modello di accumulazione industriale tedesco era basato su un principio semplice: importare materie prime ed energia a basso costo, aggiungervi manodopera (sia quella tedesca sia quella dell’Europa centro-orientale a più basso costo) e tecnologia ed esportare i prodotti risultanti. Tolto il gas russo a basso prezzo dal mix dell’energia, il modello sta crollando e si muove rapidamente verso la deindustrializzazione in molti settori produttivi (specie in quelli energivori). Mentre i lavoratori del trasporto ferroviario, i camionisti, gli agricoltori e altri lavoratori stanno scioperando, esaminiamo le sfide multidimensionali che il Paese si trova ad affrontare.
Da sempre motore economico (a cui l’industria italiana è molto legata attraverso le supply chains) e potenza politica dell’Unione Europea, la Germania è alle prese con un potente mix di problemi strutturali profondi e a breve termine che – insieme a un governo diviso e apparentemente inefficace – hanno spinto gli osservatori e gli economisti a parlare (di nuovo, come alla fine degli anni ’90) di “malato d’Europa”.
I lavoratori ferroviari, i camionisti e gli agricoltori sono tra coloro che sono scesi in strada o in sciopero in tutta la Germania dall’8 gennaio con proteste a livello nazionale per rivendicazioni che vanno dalle retribuzioni e condizioni di lavoro ai tagli ai sussidi agricoli e all’aumento dei pedaggi autostradali per i veicoli pesanti entrato in vigore all’inizio di dicembre. Con elezioni chiave in programma quest’anno negli Stati della Germania orientale, molti osservatori temono che il nuovo spirito di mobilitazione dei lavoratori possa giocare direttamente nelle mani di una vivace estrema destra.
Le proteste di lavoratori autonomi come gli agricoltori e i trasportatori di merci, così come gli scioperi nel settore ferroviario statale, non sono coordinati, concentrandosi su rivendicazioni diverse e in alcuni casi legati a controversie che precedono l’attuale governo. Ma il loro consenso ha dato all’estrema destra un’occasione perfetta per alimentare le fantasie populiste di un colpo di Stato. Sui suoi canali di social media, il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) ha dipinto l’immagine di gente comune “portata alla rovina da una leadership politica irresponsabile come nel Medioevo”, e ha esortato i cittadini a unirsi a quello che ha chiamato uno “sciopero generale”. Lo stesso hanno fatto altre organizzazioni di estrema destra come i Liberi Sassoni (un piccolo partito estremista di destra fondato nel 2021) e La Terza Via (Der Dritte Weg, un partito neonazista formato nel 2013 da ex membri del gruppo estremista di destra NPD)1.
Per diversi decenni, la politica e la società tedesca sono state modellate da due caratteristiche fondamentali – che hanno entrambe contribuito a creare un’invidiabile aura di stabilità. Un sistema elettorale basato sulla rappresentanza proporzionale ha riflesso e promosso una cultura del compromesso sociale e del pragmatismo che ha dato vita a governi stabili, impensabili altrove, di “grande coalizione” che mettevano insieme centrosinistra e centrodestra (per cui le elezioni si vincevano “al centro” e Merkel è stata al potere per 16 anni). Per quanto riguarda la politica economica, un’avversione al debito radicata nell’oscura esperienza storica (la crisi inflazionistica della Repubblica di Weimar) ha privilegiato il pareggio dei conti – incarnato dal 2009 nel “freno al debito”, un limite costituzionale ai deficit di bilancio2.
Nel mezzo di una recessione e di una rinnovata politica di austerità, un’ondata di scioperi e manifestazioni che ha luogo questa settimana indica un Paese che sta diventando sempre più inquieto, ansioso e polarizzato. Proviamo a dare uno sguardo ad alcune delle sfide che deve affrontare lo Stato più popoloso dell’UE (oltre 83 milioni di residenti).
Perché l’economia tedesca sta soffrendo?
Le radicali riforme del welfare e di deregolazione del mercato del lavoro che hanno colpito i lavoratori salariati alla fine degli anni ’90 (blocco salariale, leggi Hartz IV, mini-job e precarietà a vita), seguite dall’aumento della domanda dei prodotti industriali tedeschi in Cina e nei mercati in via di sviluppo, hanno contribuito a creare milioni di posti di lavoro (in Germania e nei Paesi dell’Europa centro-orientale “colonizzati” dalle supply chains delle imprese tedesche) e a stimolare una forte crescita economica in Germania per più di due decenni.
Ora, però, il famoso modello economico tedesco sembra vacillare. Il FMI stima che la Germania è stata l’unica economia del G7 che si è contratta nel 2023 (-0,3%).
In parte, i problemi sono circostanziali e quindi, possibilmente, temporanei: un’economia cinese più debole3, per esempio, e l’impatto della guerra della Russia contro l’Ucraina. La domanda per i beni prodotti principalmente dal settore delle esportazioni tedesco – macchinari, automobili, strumenti, prodotti chimici – fluttua a seconda dello stato dell’economia globale nel suo complesso. I dati negativi sulla produzione industriale degli ultimi sei mesi danno un’idea su ciò che di problematico – una stagnazione/recessione – sta accadendo nella spina dorsale manifatturiera del Paese, che comprende case chimico-farmaceutiche e automobilistiche globali come BASF, Bayer, Volkswagen, BMW e Mercedes, nonché la rete di piccole e medie imprese industriali e di servizi, attività note come Mittelstand (tra queste si registra un crescente numero di fallimenti, soprattutto nel settore sanitario, immobiliare, dell’ingegneria meccanica e della componentistica automobilistica).
Ma l’attuale recessione ha anche messo in luce problemi a lungo termine che influiscono sull’efficienza economica del Paese. Gli economisti sottolineano il rapido invecchiamento della popolazione4, la mancanza di grandi investimenti recenti nelle infrastrutture e le elevate aliquote fiscali sulle società. Si prevede che la produzione diminuirà dello 0,5% nel 2024. Le minacce a lungo termine includono la concorrenza cinese nel mercato delle auto elettriche (la cinese BYD ha superato Tesla, che ha aperto anche una grande fabbrica a Berlino, per numero di auto prodotte nel 2023) e il costo per raggiungere lo zero netto di emissioni, più alto in Germania a causa della sua enorme base industriale ad alta intensità energetica e del rifiuto dell’energia nucleare.
Le industrie principali su cui si basa il modello economico tedesco sono minacciate da una rapida obsolescenza: le automobili a carburante (che dovranno essere gradualmente eliminate entro il 2035), l’ingegneria meccanica e la chimica. Il Paese ha eccellenti scienziati e ingegneri, ma il suo tessuto industriale è troppo specializzato nelle tecnologie pre-digitali e non è bravo a trasformare l’innovazione scientifica in successo commerciale. Per cui prevale una sorta di ansietà collegata ai tanti interrogativi sulle prospettive del sistema industriale tedesco ormai in affanno; si pensa tra l’altro, almeno da parte di alcuni, che esso ormai non abbia altra scelta, se vuole sopravvivere, che di vendere le sue imprese migliori al capitale internazionale, o di investire in Cina e negli Stati Uniti (beneficiando dei più bassi costi energetici e delle agevolazioni fiscali previste da Inflation Reduction Act, Chip Act e dalla legislazione di diversi Stati, a cui l’UE non è stata finora in grado di rispondere con politiche e risorse adeguate5).
Lo Stato è all’altezza del compito?
Affrontare rapidi cambiamenti economici, sociali e geopolitici richiede generalmente apertura, adattabilità e un rapido processo decisionale da parte delle istituzioni statali – che difficilmente sono le caratteristiche della burocrazia tedesca. La Germania semplicemente non ha fatto alcuna riforma economica negli ultimi 10-15 anni. È rimasta indietro in tutte le classifiche internazionali quando si tratta di digitalizzazione, infrastrutture, competitività internazionale, e ora si sta svegliando di fronte a questa realtà. Un problema – il costo del gas naturale – è stato ed è particolarmente grave per i suoi produttori ad alto consumo energetico.
La digitalizzazione è in ritardo rispetto a gran parte del resto d’Europa. La Germania fa ancora molto affidamento sul contante, che lo scorso anno ha rappresentato circa il 40% dei pagamenti nei punti vendita contro l’8% della Svezia. La connettività a banda larga veloce sta migliorando, ma è ancora frammentaria. Il capo dell’associazione tedesca delle industrie digitali, Bitkom, ha definito il Paese uno “stato fallito” in termini di servizi governativi digitali. I permessi di costruzione, le licenze di esercizio e le registrazioni delle società richiedono tutti tempi di elaborazione molto più lunghi rispetto alla media dell’UE6.
Tutto ciò ha un impatto strutturale sulla produttività, così come un’amministrazione spesso criticata come eccessivamente lenta, eccessivamente legalistica, inutilmente cauta e bisognosa di riforme di vasta portata. La burocrazia tedesca, di conseguenza, è leggendaria per la sua lentezza (quasi come quella italiana).
Cosa sta facendo il governo al riguardo?
A più della metà del suo mandato quadriennale, l’82% degli elettori tedeschi è poco o per nulla soddisfatto della performance della coalizione divisa e tormentata di Olaf Scholz, composta dall’SPD di centrosinistra, dai Verdi e dal FDP neoliberista.
L’SPD di Scholz è sceso al terzo posto (14,7%), dietro all’opposizione di centrodestra CDU/CSU (data al 31%) e all’estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD) data al 23% (e data come primo partito in tre Stati dove si vota quest’anno), mentre l’indice di gradimento dei Verdi è al minimo degli ultimi cinque anni (12,6%) e il FDP ha perso due terzi dei suoi voti (dato al 4-5%). Non a caso, la nuova “Alleanza Sahra Wagenknecht – per la ragione e la giustizia” (BSW) è data in rapida crescita e in alcuni sondaggi registra una possibile area di consenso (intorno al 10-15%) molto superiore a quella attribuita alla Linke (ora scesa al 3,7%, si veda qui). Wagenknecht scommette sulla possibilità di beneficiare da sinistra (in alternativa al partito di estrema destra AfD) della crisi del consenso delle forze politiche tradizionali centriste (in particolare dei tre partiti dell’attuale coalizione di governo), anche se le elezioni generali in Germania non si terranno prima dell’ottobre 2025 (quindi la coalizione di governo a tre ha ancora tempo per riprendersi).
La coalizione ha ereditato molti degli attuali problemi del Paese e ha promesso importanti riforme per risolverli, ma il CoVid-19, il sostegno all’Ucraina7 e la crisi energetica (dovuta alla fine delle forniture di gas naturale russo, anche grazie al sabotaggio dei gasdotti Nord Stream) hanno messo a dura prova la sua promessa di modernizzarsi senza danneggiare i singoli settori industriali e sociali.
Già ampiamente considerato inefficace, il governo ha subito un ulteriore duro colpo alla fine dello scorso anno, quando il 15 novembre la Corte costituzionale ha stabilito che il suo bilancio per il 2024 violava le regole fiscali sancite dalla costituzione, innescando una crisi di bilancio multimiliardaria. La decisione ha significato che il governo non è stato in grado di deviare 60 miliardi di euro di prestiti rimasti dal suo fondo di emergenza pandemica in un “fondo per il clima e la trasformazione” (KTF) destinato ad alimentare (i sussidi pubblici per) la transizione verde della Germania e la modernizzazione/ristrutturazione dei settori industriale e agricolo8. Nonostante questa situazione critica, il prolungamento della sospensione del freno all’indebitamento almeno per un altro anno è stato bloccato dal ministro liberale delle finanze Christian Lindner.
Pertanto, mettere insieme un budget 2024 (il Bundestag inizierà a discutere il nuovo bilancio 2024 il 15 gennaio) senza quei soldi sarà difficile9. La sentenza della Corte costituzionale ha lasciato alla coalizione “semaforo” di Scholz (SPD-Verdi-FDP) una serie di opzioni sgradevoli a breve termine – tagli alla spesa e aumenti delle tasse10 -, ciascuna delle quali comporta un costo politico elevato. I Verdi sono riluttanti a scendere a compromessi sull’ambiente e sulla spesa sociale11, la FDP rifiuta di eliminare il freno costituzionale al debito e vuole grandi tagli al bilancio (una politica di austerità)12, e la SPD è bloccata nel mezzo13.
Il compromesso raggiunto faticosamente tra le forze politiche al governo in dicembre tenta di ridurre al minimo i tagli alla politica climatica, ma il controverso fondo per il clima e la transizione sarà tagliato in ogni caso di 45 miliardi di euro tra il 2024 e il 2027. La soluzione porterà comunque ad un ciclo di austerità del tutto inutile nel mezzo di una forte recessione economica. Se le politiche di austerità possono avere origine dagli sforzi delle élite economiche conservatrici (rappresentate da Lindner e FDP) di schiacciare ulteriormente la classe lavoratrice e ridistribuire il reddito verso l’alto, questa torsione potrebbe anche compromettere la transizione climatica ed energetica della Germania – e per estensione dell’Europa – e la sua ripresa e ristrutturazione economica. Infatti, questa non è solo una questione interna: solleva anche interrogativi sull’insistenza della Germania su regole fiscali rigorose all’interno dell’Unione Europea (il ripristino del Patto di Stabilità e Crescita) e sul futuro della politica climatica nell’UE14.
In un’ondata di sconfitte nelle elezioni statali e locali, calo di popolarità e allarmante ascesa dell’AfD (che cavalca da destra l’opposizione al coinvolgimento tedesco nella guerra in Ucraina, alle politiche climatiche/energetiche e alle politiche sull’immigrazione), ogni partito sembra sempre più determinato a distinguersi chiaramente dagli altri, rendendo ancora più difficile trovare un accordo sulle politiche economiche chiave.
Chi sciopera e perché?
L’ufficio nazionale di audit tedesco ha descritto la rete ferroviaria, interamente di proprietà statale, la Deutsche Bahn, come in crisi permanente, con debiti per 30 miliardi di euro e livelli di puntualità ai livelli più bassi degli ultimi otto anni (solo il 65% degli ICE o IC è arrivato in orario lo scorso anno). In un Paese costruito sull’efficienza, il servizio ferroviario un tempo ammirato della Deutsche Bahn è caduto nel caos.
Secondo i sindacati, la colpa è di decenni di investimenti insufficienti. Il sindacato dei macchinisti (GDL) ha dichiarato “scioperi illimitati”15 dal 9 al 12 gennaio (iniziando con il trasporto merci e con un’estensione ai treni passeggeri da oggi), causando gravi disagi (la ripetizione del maxi-sciopero che lo scorso novembre ha paralizzato il Paese, mantenendo solo un treno a lunga percorrenza su cinque, mentre il trasporto regionale è stato quasi tutto bloccato). Le sue richieste includono una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, una settimana di 35 ore, anziché di 38 ore, un aumento del salario di 555 euro al mese e un bonus una tantum di compensazione dell’inflazione di 3mila euro. La Deutsche Bahn ha offerto flessibilità sull’orario di lavoro ma si è rifiutata di ridurlo senza una riduzione del salario. Il ministro dei trasporti Volker Wissing ha invitato la Deutsche Bahn e la GDL a rinegoziare e ad essere più disposte al compromesso. “Bisogna trovare un modo con cui entrambe le parti possono andare d’accordo. Per fare questo dobbiamo parlarci. Chiedo urgentemente ad entrambe le parti di tornare al tavolo dei negoziati“, ha detto alla Bild il politico del FDP.
Nonostante la parziale inversione di marcia del governo negli ultimi giorni, gli agricoltori stanno andando avanti con la loro protesta con i loro trattori (con blocchi stradali e autostradali sui capoluoghi regionali dei singoli Länder e la paralisi dei centri di città come Berlino, Amburgo, Colonia e Brema) contro i piani di riduzione dei sussidi per il diesel e delle agevolazioni fiscali per i veicoli agricoli – sussidi e agevolazioni non sono amate né dagli ambientalisti né dai liberali del libero mercato – come parte dei tagli di 900 milioni di euro previsti al sostegno del settore agricolo. Gli agricoltori hanno duramente contestato il ministro (verde) dell’Economia Robert Habeck il 4 gennaio16 e affermano che i tagli previsti metteranno a rischio i loro mezzi di sussistenza e la competitività dell’agricoltura tedesca, e hanno avvertito che dall’8 gennaio, per almeno otto giorni, saranno “presenti ovunque come il Paese non ha mai sperimentato prima”, nonostante il governo abbia già fatto marcia indietro su parte dei tagli delle agevolazioni fiscali in seguito alle proteste17.
I trasportatori sono in rivolta per l’aumento dei pedaggi, mentre alcuni medici – tra cui, gli specialisti – potrebbero decidere di chiudere gli ambulatori a sostegno delle richieste della professione medica per un maggiore sostegno statale per un sistema sanitario sempre più sovraccarico.
Inoltre, nel corso dell’anno sono previste tornate di contrattazione collettiva per quasi 12 milioni di lavoratori dei settori del commercio al dettaglio, dell’edilizia, del trasporto aereo, delle industrie chimica, dei metalli, dell’elettricità e del lavoro interinale. In un’economia vacillante e mentre la crisi dovuta all’aumento del costo della vita (l’inflazione è tornata a salire) continua, tutto potrebbe rivelarsi un ulteriore punto critico per azioni di mobilitazione e sciopero. Se il governo tedesco si atterrà a un dogma fiscale inappropriato per i tempi, imponendo l’austerità, non farà nulla per abbassare la temperatura delle agitazioni sociali e della polarizzazione politica del Paese. Una “tempesta perfetta” in arrivo, creata ancora una volta dal mantenimento delle classi dirigenti della fede nel paradigma ordoliberista.
Alessandro Scassellati
- Sui canali di messaggistica di Telegram, alcuni manifestanti hanno condiviso immagini generate dall’intelligenza artificiale di un Reichstag in fiamme circondato da trattori, con le parole: “Vieni a Berlino e scaccia il semaforo! La Germania sta diventando blu”, un riferimento ai colori dell’AfD. Fondata da un gruppo di economisti liberisti ma anti-euro, l’AfD nel suo manifesto di partito del 2023 chiede ancora di “ripulire la giungla da […] sussidi e fondi speciali”. Il leader dell’associazione dei contadini DBV Joachim Rukwied è preoccupato per la reputazione degli agricoltori dopo gli ultimi avvenimenti. Preferirebbe tenere lontani dalla destra e dai nemici della democrazia le proteste di questa settimana. “Non vogliamo gruppi di destra e altri radicali con un desiderio di sovversione alle nostre manifestazioni. Siamo democratici e il cambiamento politico è in atto – se così sarà, avverrà attraverso il voto nella cabina elettorale”.[↩]
- La norma sul freno al debito – il Schuldenbremse che limita il deficit strutturale del governo federale e dei Länder allo 0,35% del PIL –, sancita nella Costituzione nel 2009 per portare stabilità e rafforzare la fiducia nelle finanze pubbliche durante la crisi finanziaria globale, è stata salutata come una vittoria della prudenza economica dell’epoca, raramente praticata altrove. Ora gli economisti e i politici la definiscono una vera e propria camicia di forza, che la Germania è riuscita a mettersi addosso. Il freno all’indebitamento era stato sospeso durante le crisi degli ultimi tre anni, ma ora è stato ripristinato. Alcuni accusano FDP e CDU di un attaccamento feticistico al mantenimento del pareggio di bilancio, il cosiddetto Schwarze Null o “zero nero”, che era comune durante i 16 anni di governo di Angela Merkel. Un obiettivo sempre esaltato dal ministro delle Finanze (2009-2017) Wolfgang Schäuble, morto di recente. Nonostante gli appelli a una riforma del freno all’indebitamento, un sondaggio dello Spiegel mostra che due terzi dei tedeschi sono a favore e ci vorrà del tempo per convincerli che è necessario intervenire.[↩]
- La Cina è il quarto mercato di esportazione della Germania, ma si trova ad affrontare un insieme di problemi economici – tra cui il rallentamento della crescita e la disoccupazione giovanile record – che hanno ridotto la domanda di beni tedeschi. La Cina era il secondo mercato di esportazione della Germania fino al 2021. Il cambiamento è anche il risultato di cambiamenti più fondamentali nell’economia cinese dato che le imprese cinesi sono diventate dei concorrenti e semplicemente la Cina non ha più bisogno di tanti beni prodotti dalla Germania come in passato. In ogni caso, la Cina rimane lo sbocco di importanti insediamenti industriali tedeschi nei settori dell’auto e della componentistica, della chimica, della meccanica e dell’impiantistica.[↩]
- Uno dei problemi cruciali riguarda la carenza di manodopera, acuta in Germania e nell’Europa centro-orientale. Secondo stime recenti, la Germania avrebbe bisogno di un saldo migratorio netto stabile di quattrocentomila persone all’anno (vale a dire, più persone in arrivo che in partenza) per arginare la carenza di manodopera nel proprio Paese. Spopolamento, invecchiamento demografico e bassi salari sono oggi il profilo tipico dei Paesi dell’Europa centro-orientale, che funzionano come l’hinterland dell’industria tedesca. Una conseguenza dello spopolamento nell’Europa centro-orientale è stato un aumento secolare dei salari, che mina uno dei principali vantaggi comparativi della regione. In teoria, ciò dovrebbe significare una migliore leva finanziaria per il lavoro organizzato; in pratica, tuttavia, l’Europa centro-orientale è invece diventata un laboratorio per misure disperate per bloccare la fuoriuscita del capitale tedesco, raddoppiando lo sfruttamento del lavoro e delle risorse naturali: legislazione anti-lavoro/sindacato radicalizzata, una corsa alla riduzione al minimo delle aliquote fiscali sulle imprese e la proliferazione di trattati bilaterali per importare manodopera docile e sottopagata da paesi extra-UE.[↩]
- La UE ha solo approvato un allentamento del regime degli aiuti di Stato che rende possibili iniziative nazionali, ma rischia di frammentare il mercato unico europeo e penalizza gli Stati membri, come l’Italia, con minori spazi di bilancio.[↩]
- Affinché la transizione energetica possa progredire seriamente, non è solo sulla produzione e sul consumo di elettricità che il governo deve agire. È necessario espandere drasticamente la rete di trasmissione di energia, per consentirle di distribuire senza problemi la produzione di energia rinnovabile in tutto il Paese. Secondo le stime ufficiali entro il 2045 la Germania dovrà spendere 310 miliardi di euro per quasi raddoppiare la propria rete di trasmissione da 37.000 a 71.000 chilometri. Ciò implicherebbe una costruzione annuale di circa 1600 km. Nel primo semestre del 2023, però, sono stati messi in esercizio solo 127 km di nuove linee. La buona notizia è che le nuove richieste di autorizzazione nella prima metà del 2023 sono state pari a 1.950 Km rispetto ai 114 Km del semestre precedente. Ma il ritmo di accelerazione di cui ora ha bisogno è drammatico.[↩]
- Secondo il Kiel Institute, che ha calcolato gli aiuti militari all’Ucraina di dominio pubblico, la Germania è stata il secondo donatore più importante lo scorso anno dopo gli Stati Uniti, con 17,1 miliardi di euro; è seguita dal Regno Unito con 6,6 miliardi di euro e dai Paesi nordici e dell’Est dell’UE. La Francia, in confronto, ha contribuito solo con 0,54 miliardi di euro, l’Italia con 0,69 miliardi di euro e la Spagna con 0,34 miliardi di euro. Un recente sondaggio ha rilevato che circa il 54% dei tedeschi sosterrebbe eventuali tagli agli aiuti militari all’Ucraina. La sensazione diffusa tra la maggioranza della popolazione tedesca è che Berlino abbia sacrificato gli interessi tedeschi vitali alla strategia dell’Occidente, con una perdita eccessiva di sovranità e le conseguenze della recessione e del declino economico. L’AfD ha attaccato le importazioni di grano esenti da dazi dall’Ucraina, dicendo agli agricoltori che il governo sta cercando di salvare il mondo, ma non di prendersi cura del proprio popolo.[↩]
- Individuando un’opportunità politica, la CDU all’opposizione ha messo in discussione la legalità costituzionale del fondo per il clima nel 2022. Aveva intentato un ricorso legale, sperando di minare la coalizione di Scholz e forzare il ritorno a una politica fiscale più rigorosa. La sentenza della Corte ha superato le aspettative della CDU, anche se ora minaccia di ritorcersi contro il partito dato che alcuni Stati guidati dalla CDU si trovano ad affrontare gravi sfide di bilancio se non possono più accedere ai finanziamenti per il clima. In una precedente sentenza storica del 2021, la Corte costituzionale ha ritenuto che la legge tedesca sul clima non stava facendo abbastanza per le generazioni future e stava potenzialmente violando i loro diritti fondamentali. Cresce quindi la contraddizione: da un lato la Corte afferma che la Germania deve essere più ambiziosa nell’azione per il clima, dall’altro afferma che il nuovo fondo per il clima è incostituzionale. Non è colpa della Corte: sta leggendo correttamente le regole create dalla camicia di forza fiscale. In ogni caso, la distruzione dei posti di lavoro legata alla ristrutturazione dei settori industriali è già iniziata: da studi della Confindustria tedesca arriva la previsione che circa il 40% dei posti del settore metalmeccanico (in cui opera nella logica della codeterminazione il forte sindacato IG Metall) sarebbe a rischio e che, complessivamente, la forza lavoro impiegata nel settore meccanico potrebbe subire tagli superiori alle 300 mila unità. Del resto, già fra il 2022 e il 2023 sono andate perdute, anche grazie agli incentivi all’esodo, alcune migliaia di posti di lavoro nelle aziende produttrici di macchine e della componentistica, mentre rispetto agli anni antecedenti la pandemia oggi si registrano 60mila unità in meno, a conferma di una tendenza che dal settore meccanico ora si è estesa a tutta la manifattura industriale.[↩]
- Dopo l’arrivo del CoVid-19 nel 2020, il freno all’indebitamento era stato sospeso, giustamente secondo le regole, come emergenza nazionale. Ciò ha portato alla creazione di un fondo consistente al di fuori del bilancio del governo federale, ed è dal denaro non speso in questo fondo di emergenza che si sarebbero dovuti attingere i nuovi finanziamenti per il clima e la transizione energetica. Il freno è stato nuovamente aggirato a causa della guerra in Ucraina, per consentire lo Zeitenwende , il grande cambiamento di paradigma promesso dal cancelliere Olaf Scholz, e la creazione di un fondo per la difesa di 100 miliardi di euro. Il 14 giugno scorso, il governo tedesco ha presentato il primo ambizioso piano militare e di politica estera (una strategia di sicurezza nazionale), anche se non è ancora chiaro cosa farà per metterlo in pratica. Una proliferazione di tali veicoli finanziari eccezionali fa sì che ora ci siano circa 29 fondi, che insieme hanno creato una notevole quantità di spazio fiscale per aggirare la costituzione.[↩]
- Ad esempio, per il settore del trasporto aereo, mentre sono stati mantenuti gli sconti/sussidi sul carburante, da gennaio è aumentata l’imposta sui biglietti aerei. Significa in media pagare il 20% in più il ticket attuale che aumenta in base alla lunghezza del volo: da un minimo di 15,50 euro per i low-cost a corto-raggio fino a 70,80 euro per i voli a lungo-raggio.[↩]
- All’interno della coalizione i Verdi erano visti come il partito che avrebbe potuto trasformarsi in un nuovo Volkspartei, un nuovo partito popolare, unendo il centro riformista. Mentre i litigi interni guidati soprattutto dal conservatorismo del FDP liberale hanno contribuito a rallentare e talvolta a paralizzare il governo, i Verdi, invece di emergere come forza politica unificante, hanno trovato forze populiste provenienti da tutto lo spettro politico unite contro di loro. Inoltre, i compromessi dei Verdi con la lobby energetica (ad esempio, sulla questione del carbone) hanno alienato parte della loro base, mentre il loro disprezzo per gli effetti della transizione sulla classe operaia tedesca è riuscito anche ad alienare strati più ampi della popolazione preoccupati di dover pagare il conto della decarbonizzazione.[↩]
- Il partito pro-business dei Democratici Liberi (FDP) avrebbe sicuramente lasciato la coalizione, innescando elezioni anticipate, se Scholz avesse invocato un’emergenza per sospendere nuovamente la regola fiscale del freno del debito. Lindner, il cui partito è il membro più impopolare di un governo sempre meno amato, spera di proteggere la propria reputazione di difensore del rigore di bilancio. Il 52% dei membri del FDP hanno votato per rimanere parte dell’alleanza tripartitica in dicembre. Secondo il compromesso che è stato concordato, la norma rimarrà in vigore fino al 2024, anche se, se necessario, potrebbe essere invocata un’altra emergenza, quindi i rischi politici legati alla questione rimarranno.[↩]
- Sotto la vacillante leadership di Scholz, l’SPD è rimasto investito nello status quo ereditato da Merkel, oscillando schizofrenicamente tra la necessità di una politica industriale verde dirompente per mantenere competitivi i settori di esportazione tedeschi e le concessioni all’ortodossia del rigore fiscale.[↩]
- Inutile dire che i piani per reintrodurre la camicia di forza delle regole fiscali, in un momento in cui l’Unione Europea si trova ad affrontare sfide eccezionali, sono un grave errore. Sarebbe tempo per un nuovo pensiero economico che vada al di là dell’ortodossia ordoliberista, in favore di un approccio molto più espansivo, dato che l’Unione Europea dovrà affrontare sfide enormi e costose negli anni a venire in relazione al percorso di transizione energetica, alla ristrutturazione industriale, alla digitalizzazione e all’allargamento (all’Ucraina e ai Balcani). La spinta sbagliata a tornare agli austeri principi dello status quo ante è guidata dal ministro delle finanze tedesco, Christian Lindner, sostenuto da altri Stati membri “frugali”. La nuova versione delle regole fiscali in discussione potrebbe consentire una maggiore flessibilità nelle discussioni sul debito e sui deficit nazionali. Ma mentre le economie lottano per la crescita, l’UE rischia di ripetere l’errore disastroso dei primi anni del 2010, quando l’austerità imposta da Bruxelles in seguito al crollo peggiorò significativamente una situazione già grave. Uno studio, condotto dalla New Economics Foundation, ha ritenuto che il ripristino del limite del deficit del 3% lascerebbe solo quattro Stati membri dell’UE con il margine finanziario per raggiungere obiettivi verdi in linea con il tetto del riscaldamento globale di 1,5°C. Presentando programmi innovativi come il Recovery Fund dal CoVid-19, Bruxelles ha dimostrato il ruolo galvanizzante della finanza pubblica in tempi eccezionali. Un futuro profondamente impegnativo richiederà di più, non di meno, e il riconoscimento che gli investimenti statali a livello nazionale sono fondamentali per la prosperità futura. Per quanto riguarda la sicurezza, la transizione verde e il ripristino della crescita, i prossimi anni saranno decisivi. Affrontarli con la screditata economia dell’austerità sarebbe un passo disastroso nella direzione sbagliata. Tra l’altro, l’Unione Europea si trova ad affrontare il collasso delle idee e delle coalizioni politiche che hanno sostenuto la fase neoliberista dell’integrazione europea negli ultimi quarant’anni. I dogmi politici che incarnavano il neoliberismo europeo – la politica della concorrenza ridotta a “benessere del consumatore”, l’austerità fiscale, il controllo dell’inflazione, la deregolamentazione e, più fondamentalmente, una fede religiosa nell’efficienza dei mercati nell’allocazione delle risorse – sono stati tutti messi in discussione negli ultimi dieci anni. Mentre i quadri ideologici si stanno disintegrando, anche la coalizione politica tra capitale organizzato, governi nazionali e istituzioni dell’UE (la Commissione, ma soprattutto il Consiglio Europeo) che a lungo ha sostenuto la modalità depoliticizzata (intergovernativa) di integrazione europea, si sta sgretolando con l’avanzata generalizzata delle destre nazionaliste conservatrici. Una restaurazione neoliberista non basterà a superare le sfide economico-politiche esistenti: da Budapest a Berlino, da Parigi a Roma, l’attuale normalizzazione dei nuovi quadri giuridici per l’importazione di masse di lavoratori temporanei a breve termine e desindacalizzati dal Sud del mondo con salari bassi, diritti lavorativi minimi ed esplicita esclusione dai diritti di cittadinanza, è solo un esempio delle innovazioni distopiche che saranno necessarie per rivitalizzare il modello economico euro-tedesco basato sulle esportazioni.[↩]
- A dicembre, il sindacato ha fatto votare i suoi membri sugli scioperi a tempo indeterminato. Circa il 97% dei votanti si è detto favorevole. Da allora sono stati possibili scioperi più lunghi.[↩]
- Circa 250-300 agricoltori hanno impedito al vicecancelliere e ministro dell’Economia Robert Habeck di sbarcare da un traghetto nel nord della Germania, costringendolo a tornare sull’isola dove aveva trascorso le vacanze. Secondo quanto riferito, il politico verde avrebbe invitato alcuni manifestanti a esprimere le loro preoccupazioni sul traghetto, cosa che questi avrebbero rifiutato. “Mi rende pensieroso, sì, anche preoccupato, che l’umore nel Paese si stia riscaldando a tal punto“, ha detto Habeck in una dichiarazione.[↩]
- Composto da circa 256mila imprese che impiegano circa il 2% della forza lavoro nazionale, il settore agricolo tedesco può sembrare piccolo. Ma gli agricoltori si occupano di circa la metà della massa terrestre della Germania, e i portavoce del settore sottolineano che la posizione geografica del Paese e la qualità del suolo dovrebbero significare che il loro settore ha un futuro anche in tempi di surriscaldamento globale. Il presidente della DBV Rukwied ha dichiarato che: “la Germania ha bisogno di un’agricoltura competitiva affinché il cibo locale possa continuare a essere prodotto per la popolazione. Vogliamo che sia chiaro di cosa abbiamo bisogno noi agricoltori.” Alla Bild Rukwied, ha detto: “Chiediamo il ritiro completo di questi aumenti fiscali, senza condizioni o restrizioni“. Gli agricoltori sono scontenti perché credono che “la politica agricola sia fatta a partire da una bolla urbana, non globale, e contro le famiglie contadine e le aree rurali“, ha aggiunto. Il taglio ai sussidi per il gasolio, che il governo prevede ora di introdurre gradualmente fino al 2026, colpirà probabilmente le aziende agricole più piccole piuttosto che le grandi aziende dell’agricoltura intensiva industriale, e potrebbe rivelarsi particolarmente doloroso per gli agricoltori biologici, che utilizzano più benzina per ettaro rispetto all’agricoltura convenzionale. Alcuni agricoltori propongono invece che il governo potrebbe aumentare le tasse sulla paraffina e sui fertilizzanti. Gli agricoltori si sentono di essere eccessivamente regolamentati da zelanti burocrati. Ad esempio, c’è il nuovo monitoraggio satellitare a livello europeo dei campi agricoli e c’è l’obbligo per gli agricoltori di protocollare i loro metodi tramite un’app.[↩]
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