Il 24 marzo 2021, in apertura della mini-sessione del Parlamento Europeo si è svolto un dibattito in preparazione del Consiglio Europeo del 25 marzo. La discussione è stata introdotta dalla Segretaria di Stato agli Affari Europei del Portogallo, Ana Paula Zacarias, a nome del Consiglio UE (di cui il Portogallo ha la Presidenza di turno), e dal Vice Presidente della Commissione Europea, Maroš Šefčovič. Il dibattito si è chiuso con la replica del membro della Commissione Johannes Hahn (Commissario per il Bilancio e l’Amministrazione).
Il dibattito ha toccato le varie questioni in discussione alla riunione del Consiglio Europeo, ma, come ci si poteva attendere, si è concentrato molto sul tema dei vaccini e del Certificato verde vaccinale, lasciando in secondo piano il digitale e le relazioni esterne.
Produzione/distribuzione dei vaccini
I rappresentanti del Consiglio e della Commissione hanno sottolineato l’esigenza di far rispettare i contratti con le aziende produttrici di vaccini, ma, da parte loro non è stata avanzata nessuna ipotesi sui mezzi per raggiungere questo obiettivo, e cioè: via legale o tentare la via dell’accordo? La via legale è suggerita da Manfred Weber, Presidente del Gruppo del Partito Popolare Europeo (PPE), il quale ha chiesto alla Commissione di preparare una procedura di violazione di contratto nei confronti di AstraZeneca.
Mentre dai Gruppi di maggioranza arrivano plausi all’operato del Commissario Thierry Breton, forti critiche alla Commissione per la gestione dei vaccini sono state espresse dai Gruppi di opposizione. “Siamo in una crisi storica che richiede responsabilità politica, ma questa manca.”, dice Martin Schirdewan, Copresidente del Gruppo della Sinistra – GUE/NGL, “Il disagio cresce nella popolazione con la sensazione che l’UE stia inciampando in questa pandemia in modo irresponsabile a causa della sua leadership.” Aggiunge, poi, riferendosi all’autocritica della Presidente della Commissione sulla gestione dei vaccini, che non basta ammettere gli errori, bisogna correggerli, liberando i brevetti, in modo che i vaccini possano essere prodotti utilizzando tutte le capacità di produzione disponibili a livello mondiale. Di fronte a una campagna di vaccinazione che in Europa si avvicina al disastro, dice Ernest Urtasun (Verdi/ALE), non serve cercare capri espiatori. Il problema, aggiunge, è che non si osa interferire con gli interessi delle grandi industrie farmaceutiche che hanno esternalizzato tutta la produzione di vaccini. I Verdi chiedono di liberare i brevetti dei vaccini al fine di aumentare la produzione in Europa. Anche i parlamentari del Movimento 5 Stelle (Gruppo dei Non Iscritti) chiedono di sospendere i brevetti e avviare la produzione su larga scala in Europa. Va segnalato che, in occasione della votazione di una Risoluzione d’iniziativa sul Semestre europeo, l’11marzo 2021, il Parlamento Europeo, accogliendo un emendamento presentato dal Gruppo della Sinistra GUE/NGL, si era già espresso per la liberazione dei brevetti dei vaccini.
La Commissione si dice ottimista sul prossimo futuro. Si prevede di ricevere, entro la metà dell’anno, 200 milioni di dosi di vaccino da Pfizer, 55 da Johnson & Johnson, 35 da Moderna. A questi vanno aggiunti i 70 milioni di dosi di AstraZeneca, attualmente previste, ancorché di gran lunga al di sotto dei 180 milioni di dosi su cui l’azienda si era contrattualmente impegnata. Si dovrebbe così raggiungere l’obiettivo di vaccinare completamente il 70% della popolazione adulta europea entro la fine dell’estate.
Esportazione dei vaccini
La scoperta di 29 milioni di dosi stoccate in uno stabilimento di Anagni è stata evocata da più parti. Se per La Sinistra è una prova lampante dell’errore di essersi affidati a una inesistente regolazione da parte del mercato, per il PPE è un argomento a favore di “prima l’Europa”. Quindi, divieto di esportazione per i vaccini AstraZeneca finché l’azienda non avrà rispettato pienamente i suoi impegni contrattuali con l’UE. Dice Weber (PPE): “Il resto del mondo è egoista. Il resto del mondo è freddo. Ed è per questo che noi europei non dovremmo essere ingenui”. Questi propositi bellicosi sono appena temperati da considerazioni pratiche che fanno escludere la scelta del blocco delle esportazioni. Anche per Iratxe García Pérez, Presidente del Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici, il blocco delle esportazioni “non è e non può essere la soluzione, perché, inoltre, è molto imprudente e metteremmo a rischio la catena di approvvigionamento.”
I Gruppi di maggioranza, quindi, si allineano alle nuove regole per l’esportazione dei vaccini, annunciate dalla Commissione e ricordate nell’intervento introduttivo del Vicepresidente Šefčovič, il quale aveva chiaramente detto che il nuovo meccanismo di autorizzazione all’esportazione non è un divieto di esportazione. “con 43 milioni di dosi esportate in 33 paesi dalla fine di gennaio, l’UE è il più grande esportatore mondiale di vaccini. Continueremo ad agire in modo equo e responsabile e ad adempiere al nostro ruolo di leadership globale”.
Le nuove regole si basano su due criteri cardini: reciprocità e proporzionalità.
Il criterio di reciprocità, ovviamente, evoca il rapporto con il Regno Unito, sul cui comportamento i Gruppi del PPE e di S&D hanno manifestato una chiara riprovazione. È stato ricordato che abbiamo inviato 9 milioni di dosi in UK e da loro ne abbiamo ricevuti zero. In questi ultimi tre mesi gliene abbiamo inviati più di quanti non siano andati in Spagna.
La scarsa praticabilità di questo criterio viene messo in evidenza dalla Sinistra: in questo modo ci si espone a ritorsioni che vanno a danneggiare la produzione di vaccini nella stessa UE.
Il criterio di proporzionalità – cioè si esporta solo in base alle effettive necessità dei Paesi – viene ritenuta, dalla Commissione e dal Consiglio, la chiave per ovviare ad anomalie messe in evidenza nel dibattito, come quelle denunciate da Weber (PPE): “Negli ultimi tre mesi, abbiamo inviato all’Arabia Saudita più dosi che ai paesi baltici messi insieme. La Macedonia settentrionale ha il tasso di mortalità pro capite più alto del mondo e riceve zero dosi dall’Unione Europea. Zero, attualmente. Oggi la decisione su chi deve ottenere i vaccini esportati è una questione di affari. È deciso a livello internazionale dalle sedi delle grandi aziende, delle società farmaceutiche, ma non è deciso dalla domanda su quale sia il bisogno maggiore e dalle questioni geopolitiche come dovrebbe essere per la Macedonia del Nord.”
La Commissione assicura che le esportazioni verso i paesi a basso e medio reddito, le forniture tramite COVAX e le esportazioni verso i paesi e territori d’oltremare dell’UE rimangono incondizionatamente esentate dalle restrizioni previste dal nuovo meccanismo. Rassicurazione che non convince La Sinistra che mette in evidenza il fatto che fino a ora l’UE non ha esportato vaccini nei paesi poveri del Sud del mondo. Dubbi che sembrano essere giustificati dall’atteggiamento di scetticismo manifestato dal PPE nei confronti di COVAX.
Secondo Urtasun (Verdi/ALE) “il nazionalismo del vaccino non ci farà uscire da questa situazione. Quello che dobbiamo fare è produrre di più, migliorare le nostre capacità produttive, e per questo dobbiamo costringere le aziende farmaceutiche a fare trasferimenti tecnologici perché molti di questi vaccini sono stati ottenuti con denaro pubblico.”
Certificato verde vaccinale
Come si sa, la Commissione ha proposto di creare un Certificato verde digitale per facilitare la circolazione sicura e libera all’interno dell’UE durante la pandemia COVID-19. Così il Vicepresidente della Commissione Šefčovič: “Sarà disponibile gratuitamente, in formato digitale o cartaceo e i codici QR ne garantiranno la sicurezza e l’autenticità. Il Certificato verde digitale funzionerà in tre modi: offrirà la prova che una persona è stata vaccinata, ha ricevuto un recente risultato negativo del test o si è ripresa da COVID-19 e quindi ha anticorpi. Gli Stati membri stabiliscano la piena libertà di circolazione in modo sicuro, responsabile e affidabile. La Commissione costruirà un gateway per garantire che tutti i certificati possano essere verificati in tutta l’Unione europea e sosterrà gli Stati membri nell’attuazione tecnica dei Certificati.”
La proposta è caldeggiata dalla Presidenza del Consiglio UE, non solo in vista della stagione turistica ma per la ripresa economica dell’Unione.
Il Gruppo del PPE aderisce pienamente alla proposta, ma Weber non perde l’occasione per rivendicarne la paternità alla propria parte politica, rimarcando che non si tratta di una proposta nuova, da tempo avanzata dal Governo greco, e che la Commissione ha perso tempo. Il Gruppo S&D è d’accordo con la proposta della Commissione, ma ritiene che essa possa essere vincente solo se prima si raggiungerà l’obiettivo più urgente che è quello di accelerare le vaccinazioni. Anche il Gruppo Renew Europe e quello dei Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR) ripongono fiducia nel Certificato verde vaccinale ma dicono che bisogna evitare che si creino disparità di trattamento all’interno dell’Unione europea e siano tutelati i dati sensibili. Un tiepido e condizionato consenso viene espresso dai 5 Stelle. La Parlamentare della Lega, Annalisa Tardino (Gruppo ID), afferma che la proposta potrà convincerli solo a condizione della “provvisorietà delle misure e della tutela dei diritti umani, evitando discriminazioni o imposizioni”.
La posizione del Gruppo della Sinistra è incisivamente espressa dalle parole del Copresidente Schirdewan: “Finché tutti gli europei non abbiano avuto la possibilità di essere vaccinati, questo certificato non deve far dipendere l’esercizio di diritti fondamentali dallo stato di vaccinazione. La protezione dei dati sanitari sensibili deve essere garantita e la dipendenza dai big data deve essere prevenuta.”
Il Gruppo dei Verdi/ALE, che ha maggior tempo di parola, ha avuto la possibilità di entrare nel merito della proposta e articolare la propria posizione. Nell’intervento di Philippe Lamberts, Copresidente del Gruppo Verdi/ALE, sono puntualizzate una serie di condizioni per rendere accettabile la proposta del Certificato: 1) Base scientifica. Bisogna essere scientificamente sicuri che una persona vaccinata non sia più contagiosa. 2) Discriminazione. La proposta della Commissione parla di un Certificato che copra sia la vaccinazione che il fatto di essersi ripresi dall’infezione e di essere risultati negativi. Ma il testo non garantisce che gli Stati membri non discrimineranno in base alla situazione in cui si trovi la persona. Non si può, dalla porta di servizio, far diventare un vaccino, che tutti dicono debba essere volontario, un obbligo de facto per i nostri cittadini per avere diritto a una vita normale. 3) Rispetto della vita privata. Se si riconosce che l’autorità pubblica debba essere in grado di verificare l’autenticità di un certificato, non si comprende che si possa dare agli Stati la possibilità, ad esempio, di raccogliere dati su chi, quando e dove abbia utilizzato il Certificato. Non c’è motivo che gli Stati siano in grado di pedinare i cittadini. 4) Temporaneità. Il Certificato deve essere limitato sia nel tempo che nello spazio. Non può essere esteso a utilizzazioni per le quali non è destinato.
Strategia comune
Dal Consiglio, dalla Commissione e dalla maggior parte dei Gruppi parlamentari non son mancati gli appelli all’unità per affrontare i problemi della vaccinazione e, più in generale della pandemia. “unità tra gli Stati membri e la capacità di lavorare insieme tra la Commissione europea, il Consiglio e questo Parlamento” ha auspicato la rappresentante del Consiglio UE.
Anche per il Copresidente del Gruppo della Sinistra, Schirdewan, è necessario “Sviluppare una strategia europea comune su come affrontare il virus, come coordinare la protezione della salute e come contenere le conseguenze sociali ed economiche per la popolazione.” Ma questo non significa condivisione di come sia stata gestita sinora la pandemia. Per questo La Sinistra fa un appello a tutti i parlamentari di unirsi alla propria richiesta di una Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strategia di vaccinazione. Si tratta di una richiesta avanzata nell’intervento pronunciato, a nome del Gruppo della Sinistra, da Manon Aubry, il 10 febbraio 2021, nel confronto che la plenaria del Parlamento ha avuto con la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
Relazioni esterne dell’UE
Benché in minor misura che sulle questioni della pandemia, il dibattito ha affrontate i vari temi di politica estera all’ordine del giorno del Consiglio Europeo.
Turchia
La Commissione, insieme all’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, ha adottato una Relazione congiunta sullo stato di avanzamento delle relazioni politiche, economiche e commerciali tra l’UE e la Turchia, che costituisce la base della discussione nel Consiglio Europeo. Come ha ricordato la rappresentante del Consiglio UE, quest’ultimo ha ripetutamente espresso la sua preoccupazione per la continua battuta d’arresto allo Stato di diritto e le carenze nel rispetto dei diritti fondamentali in Turchia. La Commissione, dal canto suo, si rammarica profondamente per la decisione della Turchia di ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul e chiede che essa venga revocata. Ma per il Vicepresidente Šefčovič “è chiaro che dobbiamo risolvere le nostre divergenze attraverso il dialogo e passi costruttivi credibili sul campo.”
Si fa riferimento anche al tentativo di Erdogan di mettere fuori legge il Partito Democratico dei Popoli (HDP). In generale, nella discussione non si va oltre il rammarico, la riprovazione, la fermezza, la richiesta di cambio di passo nei confronti della Turchia. Posizioni più puntuali e incisive vengono dal Gruppo della Sinistra. Martin Schirdewan chiede di porre fine all’Accordo UE-Turchia e mettere in atto una politica migratoria umana basata sulla solidarietà. Özlem Demirel (GUE/NGL) riferisce che tra i parlamentari dell’HDP c’è grande preoccupazione per le posizioni remissive dell’UE: “mentre il regime di Erdoğan sta rafforzando la sua posizione e aumenta la repressione contro coloro che la pensano diversamente, l’UE è fiduciosa, si sta allontanando dalle sanzioni pianificate, negoziando l’agevolazione dei visti e intensificando la cooperazione economica. Sanzioni per la Cina e guanti bianchi per Erdoğan.” In questo modo, non solo l’UE perde la propria credibilità ma si incoraggia “l’autocrate di Ankara” a intraprendere un’azione ancora più repressiva nei confronti dell’opposizione.
Stati Uniti e Russia
La discussione si è focalizzata sulla partecipazione del Presidente Biden al Consiglio europeo. Molti interventi, in primo luogo la rappresentante del Consiglio UE, hanno sottolineato l’importanza delle relazioni transatlantiche e la necessità di costruire le sinergie necessarie in questi tempi difficili.
Per Weber (PPE), bisogna affrontare con gli Stati Uniti la questione del Nord Stream 2 che “danneggia i nostri vicini come l’Ucraina, come i nostri amici ucraini; il gas sta finanziando il sistema Putin, il che non è nell’interesse dell’Unione europea. Ecco perché Nord Stream 2 non è affatto un caso aziendale”. Anche altri parlamentari dello stesso Gruppo hanno voluto ribadire la loro contrarietà al Nord Stream 2. Più sfumato, a questo proposito, l’intervento di Raffaele Fitto, a nome del Gruppo ECR: è necessario discutere in modo chiaro e definitivo del progetto Nord Stream 2 in questo Parlamento.
Per La Sinistra, è ragionevole immaginare che, dopo Trump, si possa ora pensare di nuovo a una politica comune. Ma questo non deve portare il mondo a essere spinto in un nuovo blocco di confronto con una nuova guerra fredda. Sovranità europea significa certamente sviluppare una politica indipendente verso Russia e Cina, ma anche verso gli stessi Stati Uniti. Dai Verdi viene l’auspicio che gli Stati Uniti comprendano che l’esigenza dell’alleanza tra le democrazie ha bisogno di una partnership e non di una sola leadership.
Cina
Alcuni parlamentari hanno colto l’occasione di questo dibattito per stigmatizzare, come aveva fatto il Presidente Sassoli in apertura di seduta, le sanzioni del Governo cinese ai membri di una delegazione europea (con anche parlamentari europei), sanzioni, a loro volta, imposte in ritorsione alle sanzioni su quattro funzionari e una entità cinese, decise dal Consiglio UE per segnalare la propria contrarietà agli abusi del Governo cinese nei confronti della minoranza musulmana uigura.
Il gruppo Renew Europe chiede uno stop all’Accordo di investimento globale UE – Cina, finché non si vedano progressi significativi nel campo dei diritti umani. La stessa cosa è chiesta dal Gruppo del PPE, che si spinge a sollecitare il rafforzamento dei legami dell’UE con i Paesi della regione che resistono alla pressione della Cina, in primo luogo Taiwan.
Transizione digitale
La Commissione ha ricordato di aver recentemente definito la propria visione digitale e gli obiettivi per il 2030. Ha proposto una bussola digitale (Digital Compass) che fissa obiettivi ambiziosi per le competenze digitali, l’infrastruttura digitale, la trasformazione digitale delle imprese e la digitalizzazione della pubblica amministrazione[1]. Entro la fine dell’anno saranno presentate ulteriori proposte sull’intelligenza artificiale, l’identità digitale europea e il mercato unico dei dati. Anche la terza tassazione dell’economia digitale è una priorità della Commissione, che rimane impegnata a trovare con i nostri partner dell’OCSE una soluzione globale sulla riforma del quadro di tassazione delle società entro la metà del 2021. Ma qualunque sia il risultato di questo processo con l’OCSE, la Commissione si è impegnata ad adottare una proposta su un prelievo digitale entro la fine del semestre, affinché questo diventi una nuova risorsa propria.
Il Presidente della sottocommissione per le questioni fiscali (FISC), Paul Tang (S&D), si è detto orgoglioso che il 23 marzo la prima Relazione d’iniziativa FISC sulla tassazione digitale sia stata adottata dalla Commissione parlamentare per i problemi economici e monetari, a stragrande maggioranza e con un messaggio molto chiaro al Consiglio. Un prelievo digitale europeo dovrebbe contribuire alla soluzione della questione OCSE; dovrebbe, preferibilmente, ricadere sui profitti e aumentare le entrate sostanziali, anche per pagare le spese del Recovery Fund. Il Consiglio deve fare in modo che le multinazionali digitalizzate paghino i loro giusti tributi e contribuiscano alla ripresa del dopo pandemia, in modo che non siano solo le piccole imprese e gli altri contribuenti a pagarne il prezzo.
[1] Su questi temi vedi anche Horizon Europe e Digital Decade