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Demografia, tra crisi climatica, guerra e rivoluzione tecnologica

di Roberto
Rosso

Le proiezioni sul futuro prossimo ed i prossimi decenni, scontano la complessità dell’intreccio tra i diversi processi che disegnano il contesto in cui viviamo, intreccio tra le diverse crisi, la cosiddetta policrisi, la militarizzazione crescente dei conflitti, l’innovazione tecnologico-digitale che minaccia di travolgere la composizione sociale, e gli equilibri economici come noi li abbiamo conosciuti ed infine l’andamento demografico che nel medio periodo, nei decenni in cui succedono le generazioni, si determina come prodotto dei diversi caratteri delle formazioni sociali e ne costituisce infine un fattore determinante.

Se per un verso disponiamo di proiezioni sulla crescita della popolazione e l’andamento del tasso di fertilità a livello globale, l’andamento continentale, regionale, paese per paese è fortemente differenziato; l’inverno demografico italiano1, è ben diverso dall’andamento del continente africano2 o dal cambio di strategia sul controllo della natalità in atto in Cina, messa di fronte all’invecchiamento della popolazione dopo decenni di limitazione delle nascite, per non parlare dell’India diventata da  poco la nazione più popolosa del globo.

Sviluppo economico diseguale, diseguaglianze sociali all’interno dei singoli paesi, andamenti demografici divergenti provocano flussi migratori crescenti e continui nel tempo, la questione migratoria diventa uno dei punti focali del conflitto politico nei paesi di destinazione. Lo è certamente negli Stati Uniti, dove ipoteca la possibilità di accordo sulle decisioni fondamentali all’interno e all’estero che l’amministrazione deve prendere in quest’anno di competizione elettorale per le presidenziali di novembre; intanto colonne di migliaia di migranti di organizzano nella parte meridionale e centrale del continente americano e procedono verso i confini meridionali degli USA. La questione demografica è inscindibile dalle scelte strategiche sul modello di sviluppo. Nel caso cinese, il processo di urbanizzazione, di allargamento delle classi medie è avvenuto nel contesto di una divisione internazionale del lavoro in cui la Cina era la ‘fabbrica del mondo’  nel quale al contempo si cercava di contenere lo sviluppo demografico con la politica del figlio unico.

Ora il contesto e la strategia hanno subito un completo rivolgimento; la divisione del lavoro della globalizzazione trionfante è completamente saltata, Usa e Cina sono diventati i poli antagonisti di un assetto globale a geometria variabile, dove ognuno dei poli ricerca la totale autonomia dall’altro in termini di sviluppo economico e tecnologico, aprendo una competizione a 360 gradi, compreso quello militare. Il paradosso cinese è dato poi dal fatto che mentre si cerca di invertire il processo di invecchiamento della popolazione3 si pone il problema della disoccupazione giovanile altamente scolarizzata. Il processo di urbanizzazione di centinaia di milioni di persone, provenienti dalle campagne, ha alimentato la crescita abnorme e speculativa del settore immobiliare, il formarsi dei grandi agglomerati immobiliari, ormai in crisi come Evergrande, sostenuto dal parallelo sviluppo del settore bancario informale lo Shadow banking4, che ha seminato quartieri incompiuti in tutte le aree metropolitane cinesi5. Le trasformazioni del profilo demografico del paese, i flussi migratori interni sono stati attratti da e assieme sono il motore dello sviluppo delle metropoli e megalopoli cinesi; trasformazioni profonde degli assetti territoriali e quindi ambientali nel contesto del cambiamento climatico. La risposta entro un processo di intensa e pervasiva innovazione tecnologica è quella della transizione energetica, di cui la Cina vuole esse capofila a livello mondiale.

Crisi ambientale, sviluppo economico diseguale, diseguale sviluppo demografico, la concentrazione delle popolazioni nelle aree metropolitane costituiscono il contesto e i fattori che forzano le dinamiche del settore agroalimentare a livello globale, come abbiamo già illustrato in diversi articoli della nostra rivista. La crescita della popolazione mondiale è in reciproca relazione con tutti quei processi; crisi climatica, rottura degli ecosistemi e perdita di biodiversità premono sulla agricoltura di sussistenza, sulle tipologie di coltivazione ed allevamento integrate storicamente nelle condizioni ambientali, nel contesto ecologico dei propri territori; la razionalizzazione capitalistica non fa che accentuare la competizione per risorse fondamentali come acqua, suolo fertile legate a specifiche condizioni climatiche. Su ognuna delle crisi, delle faglie che attraversano la formazione sociale globale, da ognuna di queste fratture sgorgano i flussi migratori che producono una dislocazione in senso reazionario nelle pubbliche opinioni dei paesi destinazione. Lo straordinario sviluppo tecnologico, coniugato con l’accumulo diseguale della ricchezza prodotta, si realizza in regime di competizione sostanzialmente inefficace ad interdire efficacemente il processo di riscaldamento globale che innesca le crisi climatiche, tanto quanto a stabilizzare e formazioni sociali da cui originano i flussi migratori.  Ciò nonostante le fratture negli assetti geopolitici, lo sconvolgimento in atto e prossimo venturo nella struttura dei mercati del lavoro, nei profili professionali innestano ulteriori elementi di instabilità negli assetti sociali attuali, nei processi di regolazione sociale; le prime rivendicazioni nel mondo del cinema contro l’uso dell’Intelligenza artificiale in sostituzione di una serie di professioni sono solo una semplice avvisaglia di quanto può e sta per succedere. Le ondate di innovazione tecnologica, in presenza di un assetto oligopolistico dei settori trainanti, possono avere l’effetto di uno tsunami sugli assetti precari appena descritti, scardinando equilibri sociali, politici ed istituzionali.

In un orizzonte distopico, minoranze di popolazione anziana ed agiata possono ridurre al minimo l’utilizzo di manodopera, grazie a processi spinti di automazione e uso dell’intelligenza artificiale. Un orizzonte iscritto nel processo di selezione sociale neodarwiniana delle possibilità e condizioni di vita delle diverse popolazioni, una distopia che richiederebbe l’asservimento di una quota di popolazione altamente qualificata delle capacità di produrre innovazione, assieme ad un uso crescente di risorse energetiche da  parte dei sistemi cloud su cui ‘girano’ gli algoritmi dell’I.A. Quell’orizzonte distopico è un’estremizzazione delle tendenze in atto, ma certamente contiene elementi di una realtà, nella quale l’innovazione tecnologica-digitale, mentre produce una concertazione di posizioni di mercato e valori finanziari nella ristretta oligarchia delle Big Tech, riproduce ed incrementa le diseguaglianze economiche e sociali; l’attuale forma e struttura del mercato del lavoro, nelle diverse regioni del globo, non è destinata a sopravvivere6.

Negli Stati Uniti che si avviano alle elezioni presidenziali di novembre non incombe la figura di Sanders come portato di un diffuso conflitto sociale, ma quella di Trump come portato del coalizzarsi di un blocco sociale reazionario, di una risposta reazionaria alle trasformazioni in atto che nel suo cuore l’odio e la ripulsa verso i migranti, che nella storia degli USA hanno costituito il motore della loro crescita. In Cina la necessità di controllare e guidare i contraddittori processi transizione in atto genera la concentrazione di potere nelle mani di una ancor più ristretta oligarchia sotto la direzione di  Xi Jinping. In India il consenso attorno alla classe di governo al potere è ricercato con l’emarginazione sempre più dura e violenta della minoranza mussulmana, costruendo attorno ad antichi valori la guida di un processo di transizione di una società che non ha certo i meccanismi strutturati di controllo sociale propri del regime politico cinese e mantiene nelle campagne una quota rilevante della sua popolazione, assieme alla sterminata platea di  lavoratori precari nelle aree metropolitane, quella popolazione precaria che abbiamo visto fare il percorso al contrario, morendo lungo le strade, fuggendo dalle città desertificate dallo scoppio della pandemia. Pandemia, ricordiamo, che a sua volta attraverso la zoonosi, come altre pandemie è il prodotto della devastazione degli ecosistemi, a sua volta indotta dalle logiche estrattive verso risorse minerali, energetiche ed agroalimentari.

La transizione climatica, ecologica energetica trainata dall’innovazione digitale sembra produrre una logica autoritaria dominante, incarnata da diversi regimi politici che si configurano secondo le tradizioni dei paesi in cui si instaurano. È il corrispettivo del processo di militarizzazione della competizione e dei conflitti a livello globale. La rottura, le fratture indotte nella complessità dei processi di riproduzione, tra loro correlati, della vita, dell’ambiente del clima sul nostro pianeta, sono correlati all’innesto di processi artificiali dentro il corpo disconnesso dei processi riproduzione organica, senza che questo sia in grado di ricomporre le dinamiche di quella complessità perduta. Lo sviluppo ipertrofico degli apparati militari, a cui si dedicano quote crescenti della spesa pubblica globale, incarna lo spirito necrofilo dei processi trasformativi che investono la formazione sociale globale; risorse dedicate a strutturare la dinamica dei rapporti di forza, quella logica competitiva che è nemica di ogni processo cooperativo che pur sarebbe necessario per realizzare una efficace transizione solidale.

La crescita demografica, che nei prossimi decenni troverà l’acme in termini assoluti e di percentuali della natalità, è il prodotto delle dinamiche dello sviluppo capitalistico ed insiste su una scarsità crescente delle risorse fondamentali per la riproduzione della vita, suolo fertile, acqua ed in generale matrici ambientali -aria, acqua, suolo- disponibili e non contaminate. La pandemia da Sars-Cov-2 ci ha mostrato le correlazioni strettissime tra crisi climatica, crisi degli ecosistemi, condizioni di vita delle popolazioni e processi di globalizzazione, questi ultimi soggetti ad una evoluzione accelerata. Ci ha mostrato altresì il ruolo di Big Pharma che concentra la capacità di ricerca in campo biomedico, con un supporto fondamentale di risorse pubbliche. Nella crescita demografica, non solo i tassi di crescita, ma le speranze di vita e la sua qualità sono differenziate in maniera drammatica, compresa la disponibilità di tutte le risorse e strutture medico- sanitarie, della ricerca biomedicale; il processo di concentrazione della produzione e della ricerca biomedicale, che si evoluto nell’attuale posizione dominate delle società che vanno sotto la denominazione di Big Pharma -sorelle del Big Tech digitale- agisce quindi, prospera e accumula profitti in quel paesaggio governato da straordinarie condizioni di diseguaglianze rispetto a speranza e qualità di vita che di fatto contribuisce a incrementare con le proprie logiche discriminanti tra popolazioni, territori, patologie e classi sociali; laddove il diritto alla salute non si afferma certo come diritto umano fondamentale attraverso i diversi sistemi sanitari nazionali, laddove esistono.

Se queste note indicano le tendenze, lo stato dell’arte, la complessità e le contraddizioni, le soglie di rottura dei processi di riproduzione della vita, della popolazione umana in particolare, la situazione italiana nel contesto europeo, richiede un approccio fortemente analitico per essere affrontata. Nella situazione in cui si coniuga la stagnazione economico sociale e il crollo demografico, le conseguenze dello stato di cose, delle dinamiche in atto sono determinanti rispetto allo sviluppo prossimo del paese ad ogni livello, dove – è bene sottolinearlo- il crollo demografico si coniuga con i flussi migratori interni e l’emigrazione di forza lavoro giovane qualificata7. Ciò nonostante la lotta nei confronti dei processi migratori verso l’Italia si conferma come un elemento essenziale per la raccolta di consenso da parte delle forze politiche, supportando il successo di quelle più reazionarie.

Lo stato e le prospettive della spesa pubblica, al di là delle retoriche di volta in volta esibite nello scontro politico, nel contesto dei processi di regolazione dell’Unione europea, offrono poche speranze di per un supporto da parte delle politiche pubbliche ai processi di riproduzione umana e sociale in ogni loro aspetto. Di questo dovremmo ragionare, producendo analisi, conflitto e iniziativa politica all’altezza delle straordinarie contraddizioni che attraversano il nostro paese, l’Europa e la formazione sociale globale.

Roberto Rosso

  1. https://ec.europa.eu/eurostat/en/web/products-eurostat-news/w/ddn-20240307-1  []
  2. https://www.nytimes.com/interactive/2023/10/28/world/africa/africa-youth-population.html  []
  3. https://www.theguardian.com/world/2023/sep/25/beijings-demographic-crisis-means-china-could-get-old-before-it-gets-rich https://www.economist.com/china/2023/06/01/new-research-helps-explain-why-chinas-low-birth-rates-are-stuck []
  4. https://www.theguardian.com/business/2024/feb/18/anger-grows-at-china-struggling-shadow-banks    []
  5. https://asia.nikkei.com/Spotlight/The-age-of-Great-China/Concrete-ghost-towns-make-China-s-real-estate-bubble-visible []
  6. https://www.oecd-ilibrary.org/economics/fiscal-challenges-and-inclusive-growth-in-ageing-societies_c553d8d2-en   https://www.researchgate.net/publication/378776096_Demographic_Dynamics_and_Artificial_Intelligence_Challenges_and_Opportunities_in_Europe_and_Africa_for_2050[]
  7. https://ilmanifesto.it/laureate-in-fuga-allestero-oltre-138-mila-hanno-lasciato-il-paese  []
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