editoriali

Da Genova a Campi Bisenzio

di Roberto
Rosso

Voi 8 noi 6 miliardi si diceva a Genova; a Campi Bisenzio 472 lavoratori sono messi in mezzo ad una strada da una multinazionale la GKN gestita da un fondo finanziario, nel contesto della ristrutturazione del ciclo dell’auto, con l’eterna motivazione della riduzione dei costi accentuata dalla riduzione del fatturato in piena pandemia. La logica del capitalismo globalizzato irrompe nella congiuntura tutta italiana segnata dalla conclusione del periodo di blocco dei licenziamenti, che apre alla pratica licenziamenti annunciati via mail che tanto stupore hanno suscitato nei nostri governanti che la chiusura del blocco hanno appena decretato.

Lo stesso accade alla Giletti Ruote, siamo sempre nel settore dell’automotive, gruppo fornitore di Man, Iveco, Volvo e Harley Davidson, 142 lavoratori cui l’annuncio del licenziamento arriva via WhatsApp. Coincidenza, ma non troppo, vuole che ambedue le fabbriche siano dal 2018 proprietà di gruppi finanziari, la GKN acquisita dal fondo di investimento Melrose Industries mentre la Giannetti Ruote è acquistata dal private equity Quantum. Casi concreti ed emblematici del rapporto tra territori, insediamenti produttivi e la gestione finanziarizzata delle filiere produttive globalizzate.

Possiamo aggiungere i casi della ABB di Marostica1 e della Rotork Gears di Cusago(https://www.today.it/economia/rotork-gears-cusago-milano-licenziamenti.html.)) che appartiene alla multinazionale inglese Rotork che opera nel settore ‘oil&gas’.

Infine la Whirpool dove la direzione annuncia il licenzisamento ddei 340 lavoratori, esemplari le parole del mega dirigente: “Dopo lunga riflessione – annuncia Luigi La Morgia, Whirlpool-Emea –  abbiamo deciso di avviare la procedura di licenziamento collettivo. Siamo consapevoli  della nostra scelta, siamo il più grande investitore e produttore di elettrodomestici in Italia”

Le multinazionali sistemano i propri bilanci tra pandemia, ristrutturazioni e riconversioni di interi cicli produttivi, come quello dell’auto coinvolto nel passaggio all’elettrico, e garanzia di rendimento agli azionisti.

La vicenda della GKN è particolarmente significativa. È nel 1994 che GKN acquisisce da Fiat Auto, alla quale forniva all’epoca la quasi totalità del fabbisogno di giunti e semiassi omocinetici, lo stabilimento di Firenze, in viale Guidoni. Nel 1996 il trasferimento nella zona industriale di Capalle, nel nuovo stabilimento costruito da Fiat Auto, costato 120 miliardi e che allora occupava circa 700 persone. Siamo di fronte alla articolazione delle filiere produttive che si scompongono e ricompongono, si dislocano seguendo logiche di economie di scala, di alchimie finanziarie e fiscali, seguendo innovazioni di processo e prodotto, attraversando e regolandosi in base ad andamenti congiunturali sul piano regionale e globale; una dinamica (programmata) che provoca la rapida ed improvvisa obsolescenza di impianti, lavoratori, territori e comunità.

L’andamento in borsa, la produzione di valore per gli azionisti, è l’obiettivo di chiusure, ristrutturazioni e riconversioni, testimonia della ‘buona gestione’ da parte dei gruppi dirigenti che vengono gratificati con lauti emolumenti a pacchetti di opzioni il cui valore è gonfiato dalla crescita degli indici azionari2.

Nulla di nuovo, si dirà giustamente, ma a vent’anni dalle giornate del G8 genovese il quadro si è caricato di contraddizioni ancora più aspre, si sono creati nuovi e più forti poteri sul piano dei soggetti economici e statutali, sono entrati nella fase più verticale di uno sviluppo esponenziale dei settori trainanti delle tecnologie digitali a quelle della vita, in tutte le loro articolazioni3. La pandemia da Sars-Cov-2 ha impresso un colpo di acceleratore a questa evoluzione, testimoniato ancora una volta nell’andamento dei profitti e degli indici azionari. La produzione dei vaccini ampiamente sovvenzionata da fondi pubblici è dovuta passare per i laboratori e le gli stabilimenti di un pugno di multinazionali del biomedicale, impedendo con il dispositivo dei brevetti la diffusione della produzione dei vaccini a livello globale ed escludendo dalla loro somministrazione gran parte della popolazione mondiale con la conseguenza letale della proliferazione delle varianti del virus.

Si manifesta una distanza abissale tra le situazioni particolari dei siti produttivi, dei lavoratori e i processi decisionali e organizzativi dei gruppi multinazionali, tra la condizione della persona che richiede le cure mediche e le multinazionali del farmaco, tra chi utilizza i media digitali la loro potenza globale di acquisizione, trattamento utilizzo delle informazioni.

Lo strapotere delle corporation del digitale in Cina come negli USA ed in Europa -nel cosiddetto mondo occidentale parliamo delle multinazionali unificate nell’acronimo GAFAM – confliggi con l’autorità ed il potere regolatorio, la stessa base di legittimazione degli stati o di autorità regionali come nel caso dell’Unione Europea; a quel livello si esprime lo scontro di potere che comunque non vede protagonisti movimenti sociali, una trasformazione della democrazia o quantomeno una rivendicazione dal basso di partecipazione ed eguaglianza, di limitazione di poteri spropositati. Di questo conflitto e del contesto di trasformazione sociale in cui opera si è parlato ampiamente negli articoli, soprattutto di quest’ultimo anno, pubblicati si questo sito4.

Tornando alle vicende italiane alle chiusure delle fabbriche, le rassicuranti chiacchiere sul roseo futuro garantito dall’arrivo dei finanziamenti europei al PNRR, si infrangono contro la più dura realtà: del resto la gestione delle ristrutturazioni aziendali, le possibilità di intervento pubblico , la logica delle ‘grandi riforme’, debbono seguire le direttive degli accordi europei fondati sulla sacralità del dio mercato finalizzati a garantire la libera iniziativa che stiamo giusto vedendo all’opera. La capacità della politica di cogliere la posta in gioco è drammaticamente nulla, la capacità delle classi dirigenti in tutte le loro articolazioni -politiche amministrative e padronali- di produrre una qualsiasi strategia di trasformazione che abbia come obiettivo la coesione sociale, la riduzione delle diseguaglianze, la valorizzazione delle capacità di cooperazione sociale e produttiva che i territori esprimono è risibile, nulla. Non stiamo lottando per un orizzonte di trasformazione radicale contro una qualsiasi forma di compromesso sociale e politico -cosa d’altri tempi- stiamo lottando, stiamo cercando forme e contenuti di un conflitto sociale generalizzato e pervasivo contro una pura e semplice devastazione sociale, dove lo specifico italiano è quello di una selezione darwiniana quale esito della grande trasformazione capitalistica che la pandemia sta accelerando; il contesto è quello della stagnazione pluridecennale italiana, aggravata dalla crisi del 2008-2011 e da quella attuale.

L’intervento del Next Generation EU interessa un periodo di tempo che arriva al 2026, tuttavia c’è la possibilità concreta di un ritorno ad una logica più restrittiva all’interno dell’Unione Europea a fronte della crescita del debito pubblico in tutti i paesi, tra quali svetta quello italiano, con gli esiti che possiamo immaginare. La possibilità più che probabile di questa svolta ha spinto il segretario del tesoro Usa Janet Yellen a fare una raccomandazione all’UE affinché non reimponga a stretto giro le solite rigide regole alla spesa pubblica5 evidentemente preoccupata sull’effetto che ciò potrebbe avere non solo sulla situazione economica e sociale europea, ma anche su quella globale, dove la relazione USA-EU è di particolare importanza nel confronto con la Cina e la rete di alleanze economiche che questa sta tessendo.

In questo contesto di fronte a questi orizzonti, nel pieno di un confronto politico e culturale sugli esiti di questi vent’anni che ci separano dal Genova 2001 sulla validità dei contenuti, dei programmi, delle parole d’ordine delle mobilitazioni di quei giorni dei movimenti di quegli anni, la lotta degli operai, delle fabbriche e dei territori contro la chiusura degli stabilimenti assume un significato che va oltre il particolare, ma che è ben radicato nelle loro esistenze concrete.

Ed allora quelle lotte devono essere al cuore di Genova 2021 per il senso che acquistano per tutti noi, per le ragioni che sono state appena sinteticamente descritte: un punto di applicazione per ricostruire e ritrovare le ragioni e le forme di conflitto sociale generalizzato. Ancora una volta a situazioni concreta tocca applicarsi, nelle poste in gioco particolari tocca riconsocere poste in gioco generali e condivise.

Per questo possiamo partire dalle dichiarazioni degli operai della GKN, portare la GKN a Genova e tutti noi, assieme alle altre situazioni di lotta, alla GKN come il Collettivo di fabbrica dei lavoratori GKN Firenze ci richiede col suo comunicato.

Permetteteci di puntualizzare alcune cose:

  1. I lavoratori GKN non sono 422. Sono oltre 500 perché noi siamo tutti colleghi sotto lo stesso tetto: interni e ditte in appalto.
  2. Siamo stati licenziati con una modalità atroce e con una violenza psicologica importante. Questo aiuta a farvi capire che abbiamo a che fare con persone senza scrupoli. Tuttavia chi si concentra solo sulla modalità con cui siamo stati licenziati, si concentra sulla forma e non sulla sostanza.
  3. Chi parla di “caso specifico” Gkn si mette quasi sullo stesso piano di chi ci vuole chiudere. Ma soprattutto mette in pericolo tutti i lavoratori di questo paese. Perché nega implicitamente che siamo gli ultimi di una lunga serie e i primi di una ulteriore serie di chiusure e delocalizzazioni.
  4. Se sfondano qua, sfondano da tutte le parti. Perché siamo una grossa azienda e siamo organizzati. Immaginatevi aziende piccole e meno organizzate.
  5. Chi parla di indennizzi e di ammortizzatori si mette quasi sullo stesso piano di chi ci vuole chiudere. Noi siamo in fabbrica, questa è casa nostra, da qua non ce ne andiamo. Qualsiasi altra cosa che verrà, sarà il risultato della nostra disperazione economica, non di certo della lotta. Ma l’obiettivo della nostra lotta è solo e soltanto bloccare i licenziamenti. Qua e ovunque.
  6. Il Mise venga qua a incontrarci. Le multinazionali delocalizzano, noi invece chiediamo di localizzare la trattativa. Sempre che il Mise abbia il coraggio di reggere lo sguardo di una comunità orgogliosa e non piegata.
  7. La nostra vicenda si lega indissolubilmente a quella di FCA Stellantis. Cosa dobbiamo aspettare per una mobilitazione del settore?
  8. A tutti coloro che ci portano solidarietà (circoli Arci, categorie sindacali, singoli lavoratori, ecc) diciamo grazie, grazie, grazie. Non riusciamo a rispondervi né a citarvi tutti senza fare torto a qualcuno. Sarà lunga. Non dimenticateci quando l’attenzione mediatica calerà.
  9. Proprio per avere un canale di solidarietà più puntuale, nascerà una pagina di solidarietà alla vertenza. Avrete notizie a breve.

10. Sciopero generale e corteo nazionale: è quello che stiamo valutando. Avrete nostre notizie.

Abbiamo le lacrime agli occhi, mille storie umane da raccontare ma oggi non è questo il punto. Non siamo i poveri operai che vanno a casa. Siamo dignità, orgoglio e resistenza.

Fate un favore a voi stessi unendovi alla nostra lotta.
Insorgiamo.

  1. https://www.repubblica.it/economia/2021/06/30/news/abb_fa_la_prima_mossa_chiude_la_fabbrica_vicentina_e_manda_a_casa_60_persone-308377975/.[]
  2. Il dio mercato esige sacrifici umani. Vaccino anti-idoli cercasi. E politica – Blog: L’Ambrosiano (radiopopolare.it).[]
  3. https://transform-italia.it/genova-2001-critica-appropriazione-e-condivisione-della-conoscenza/.[]
  4. recuperabili tramite la ricerca per autore https://transform-italia.it/autori/ inserendo Rosso Roberto.[]
  5. https://www.politico.eu/article/janet-yellen-warns-eu-coronavirus-recovery-spending-rules/.[]
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