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Da forza anacronistica a forza di governo: come Vox sta arrivando al potere in Spagna

di Alessandro
Scassellati

Vox è un partito di estrema destra che in base ai risultati delle elezioni municipali e regionali del mese scorso1 potrebbe essere uno dei vincitori delle elezioni generali anticipate del 23 luglio, una data in cui molti spagnoli saranno già in vacanza2.

La campagna elettorale viene condotta dal partito e dai suoi principali candidati nel consueto tono aggressivo e talvolta apertamente xenofobo in cui Vox si è specializzato, agitando una “guerra culturale” contro immigrazione, laicità, famiglie non tradizionali, LGBTQI, violenza contro le donne, aborto ed eutanasia. Vox è ora pronto a entrare in più governi municipali e regionali e potrebbe persino far parte del governo nazionale se, come previsto da molti osservatori, il Partito Popolare non raggiungerà la maggioranza assoluta il 23 luglio e dovrà fare affidamento sul sostegno di Vox per andare al governo. Il PP ha finora rifiutato di escludere qualsiasi accordo nazionale con Vox3. Per il PP, Vox può essere, con l’avvicinarsi del 23 luglio, un compagno di viaggio molto scomodo, un pesante fardello da portare, ma il prezzo da pagare per l’ambizione di “sfrattare il signor Sánchez dal governo”.

Gli ultimi sondaggi danno il PSOE a 106 seggi (28,3%), Sumar a 35 (lo stesso risultato di Unidas Podemos nel 2019), i partiti regionali a 35, mentre il PP sarebbe in vantaggio con 136 seggi (33%) e Vox a 38 (14%) in un Parlamento da 350 seggi. Per cui il centro destra otterrebbe 174 seggi, due in meno della maggioranza assoluta (che però potrebbero arrivare da due deputati della Coalición delle Isole Canarie e dell’Unión del Pueblo Navarro), ma dopo la prima votazione, basterebbe una maggioranza semplice per insediare un nuovo governo. Il successo del PP è favorito anche dall’assorbimento di gran parte degli elettori del partito di centro-destra Ciudadanos, che, dopo l’ultima sconfitta alle elezioni del 28 maggio, ha annunciato che non parteciperà alle elezioni generali di luglio.

Uno scenario del genere – un’alleanza tra il partito conservatore PP e il partito postfranchista Vox – sarebbe stato impensabile anche solo cinque anni fa, così come il fatto che Vox sia ora il terzo partito più grande del parlamento spagnolo. PP e Vox sono uniti dalla loro convinzione che Sánchez abbia svalutato le istituzioni spagnole (creando un sistema di potere definito come il “sanchismo”) e dalla loro ostilità al separatismo catalano e basco. Altre questioni li dividono. Vox ha a lungo criticato il PP come un partito dell’establishment senza spina dorsale e ha sostenuto posizioni antagoniste su immigrazione, femminismo e globalizzazione che sono sgradevoli per molti conservatori tradizionali4.

Inoltre, Vox è un partito nazionalista (affiliato al raggruppamento dei Conservatori Riformisti Europei) che sulla questione della guerra in Ucraina ha mantenuto un profilo basso, a differenza del PP da sempre apertamente filo-atlantista (e associato al Partito Popolare Europeo). Accetta l’accoglienza in Spagna dei profughi ucraini, ma la nega in Andalusia e anche a chi arriva dai paesi africani, mentre pur essendo favorevole al sostegno all’Ucraina, nella prima fase della guerra non è stato d’accordo sull’invio di armi. Ha poi finito per sostanzialmente allinearsi alle posizioni dell’UE e della NATO (seppure sostenendo che “la Spagna non dovrebbe sottomettersi e accettare a tutti i costi e acriticamente tutto ciò che ci viene dettato dall’UE e dalla NATO senza tener conto dei nostri interessi nazionali vitali”). I grandi alleati di Vox in Europa, oltre a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, sono stati l’Ungheria di Orbán e l’Associazione Nazionale di Marine Le Pen, entrambi filo-russi.

Fondato quasi un decennio fa da una fazione critica del PP che riteneva che i conservatori fossero diventati troppo morbidi e che desiderava lo scioglimento dei governi regionali spagnoli e il ritorno del potere al centro, il partito è stato a lungo liquidato come un gruppo di nostalgici, stravaganti anacronistici e non eleggibili.

Operazioni clamorose come lo srotolamento di un’enorme bandiera spagnola sulla rocca di Gibilterra hanno contribuito a dare quell’impressione, così come i tweet dell’allora leader del partito in Andalusia, Francisco Serrano, sulle “femminazi psicopatiche” (contro il “femminismo suprematista e il totalitarismo di genere“), sulle donne troppo brutte per essere vittime di stupri di gruppo, sulla minaccia che gli immigrati rappresentano per l’identità europea, sul suo orgoglio di essere bollato come sessista, e contro le leggi esistenti sulla violenza domestica ingiustamente ponderate contro gli uomini.

Ma tutto ciò iniziò a cambiare sei anni fa, quando la fallita spinta all’indipendenza catalana fece precipitare la Spagna nella peggiore crisi politica e territoriale degli ultimi decenni. Come afferma Miguel González, un giornalista di El País che copre Vox ed è autore di un libro sul partito intitolato Vox S.A.: el negocio del patriotismo español, con l’esplosione delle tensioni di lunga data tra il governo regionale indipendentista della Catalogna e lo Stato spagnolo si è risvegliato un ceppo di nazionalismo a lungo dormiente. Un nazionalismo vergognoso che si vergognava proprio perché era stato usato da Franco durante l’intera dittatura. Dopo il franchismo, quel nazionalismo si era praticamente manifestato solo durante le partite di calcio quando giocava la Spagna. Ma l’intera questione catalana era molto importante emotivamente oltre che politicamente. Molte persone si sono sentite ferite personalmente per quello che è successo in Catalogna e questo ha risvegliato quel nazionalismo spagnolo che era stato latente per qualche decennio.

Se a questo aggiungiamo alcuni fattori sociali, economici e demografici in gioco in Spagna e in molti altri paesi europei – l’invecchiamento della popolazione, i timori per l’immigrazione, la rivoluzione digitale e la crescita delle disuguaglianze che hanno lasciato molte persone con la sensazione di essere state abbandonate – le condizioni per Vox sono diventate mature.

Si possono tracciare linee rette tra le convulsioni in Catalogna e l’ascesa di Vox. Hanno giocato un ruolo anche le percezioni che il governo del PP di Mariano Rajoy fosse stato troppo debole e troppo lento nel reagire al movimento indipendentista catalano – e che il partito fosse diventato troppo corrotto.

Le elezioni andaluse del dicembre 2018, che si sono svolte sei mesi dopo che il governo di Rajoy (che aveva governato dal 2011) era caduto a seguito di un voto di sfiducia guidato dai socialisti, hanno visto Vox sfondare e conquistare 12 seggi nel parlamento regionale. Un risultato che ha posto fine all’eccezionalismo spagnolo, ossia alla presunta immunità del paese ai partiti di estrema destra che si sono infiltrati nella politica europea tradizionale mainstream. Con quel risultato Vox è stato il primo partito di estrema destra a conquistare seggi in Spagna dal ritorno del paese alla democrazia dopo la dittatura franchista. D’altra parte alla guida del PP arrivò Pablo Casado che ha trascinato il partito molto più a destra nella speranza di vincere la sfida di Vox.

Quattro mesi dopo, nella prima delle due elezioni generali del 2019, Vox ha guadagnato un punto d’appoggio in parlamento dopo aver vinto 24 seggi, prendendo il 10% dei voti, mentre alle elezioni generali del giugno 2016 il partito aveva ottenuto un misero 0,2% dei voti. Nonostante gli istrionici appelli del leader del partito, Santiago Abascal, alla “reconquista” della Spagna – un riferimento alla lunga campagna contro il dominio dei Mori, che si concluse nel 1492 e portò anche all’espulsione degli ebrei spagnoli – il successo del suo partito ha avuto meno a che fare con l’immigrazione e i confini che con la politica interna. Quelle prime elezioni nazionali, infatti, coincisero con il processo a 12 leader del governo regionale e civico catalano per il loro ruolo nella spinta alla secessione dalla Spagna nel 2017. Le successive elezioni generali di novembre, in cui Vox ha più che raddoppiato il numero dei seggi a 52 (con 3,7 milioni di voti, circa il 15%), sono state combattute tra i disordini in Catalogna che hanno portato all’incarcerazione di nove dei 12 leader indipendentisti.

Ma il più grande colpo del partito fino a prima delle elezioni amministrative del maggio scorso era arrivato nel marzo dello scorso anno, quando il PP ha concluso un accordo con Vox per governare la regione nord-occidentale di Castilla y León, la più grande della Spagna, come coalizione. Il patto potrebbe aver messo a disagio il PP, non da ultimo a causa degli sforzi di Vox per stabilire un’agenda anti-aborto nella regione5, ma ha dato a Vox le chiavi del potere e ha fatto crescere il suo appetito per qualcosa di più.

Mentre il leader di Vox, Santiago Abascal, spera che il suo partito sarà in grado di fare pressione sul suo omologo del PP, Alberto Núñez Feijóo, affinché dia il via libera alla formazione di più governi regionali di coalizione dopo le elezioni del mese scorso, ora il suo sguardo è puntato sul governo nazionale6.

L’obiettivo di Vox è entrare nel governo spagnolo. Abascal vuole essere l’equivalente di Matteo Salvini (anche se il suo alleato politico in Italia è Giorgia Meloni7); vuole essere vice primo ministro in un governo Feijóo. L’intera strategia di Vox è focalizzata su questo risultato. In un governo con il PP, Vox spingerebbe per l’abrogazione della nuova legge sulla Memoria Democratica – che ha lo scopo di portare “giustizia, riparazione e dignità” alle vittime della guerra civile spagnola e della successiva dittatura – e di eliminare la recente legislazione sui diritti delle persone trans. Spingerebbe anche ad un riesame degli aspetti delle nuove leggi spagnole sull’eutanasia e l’aborto.

Uno dei più grandi successi di Vox è stata la normalizzazione di punti di vista che, fino a tempi molto recenti, avrebbero sconvolto l’opinione pubblica in un paese che si è a lungo vantato di essere tollerante, progressista e immune al nazionalismo. Vox è un partito ultranazionalista e al suo interno ci sono settori che provengono dal partito fascista Falange e settori ultracattolici che sono a favore della vita e assolutamente contrari all’aborto e al matrimonio gay.

In Spagna, come nel resto d’Europa, il processo di normalizzazione della destra estrema l’ha fatta diventare parte della quotidianità. Le posizioni di Vox che una volta provocavano orrore e indignazione ora si registrano a malapena. Per anni, dopo il crollo finanziario del 2008-2009, il paese sembrava invertire la tendenza di molti paesi europei a causa della mancanza di un partito di estrema destra in ascesa. I protagonisti del partito di sinistra Podemos avevano una spiegazione: le proteste di massa degli indignados contro l’austerità, scoppiate nel 2011, sembravano garantire che il malcontento fosse diretto contro interessi potenti, piuttosto che contro gruppi vulnerabili come i migranti. Ma ora, dopo le prossime elezioni generali il partito di estrema destra Vox potrebbe presto essere al governo, la prima volta che l’estrema destra spagnola prenderebbe il potere dalla caduta di Franco.

Non c’è dubbio che in tutta Europa le crescenti insicurezze e disuguaglianze economiche abbiano fornito ampio materiale ai partiti di estrema destra che hanno offerto come risposta il capro espiatorio. Se i movimenti di sinistra si fossero dimostrati più efficaci nel reindirizzare quella rabbia verso gli obiettivi giusti – come i politici che tagliano le prestazioni sociali, i datori di lavoro che offrono lavori precari e poco pagati e un sistema finanziario che ha fatto precipitare il mondo nella crisi – allora forse l’estrema destra avrebbe goduto di meno appeal.

Questo anche se, dopo aver dovuto gestire l’emergenza pandemica, negli ultimi due anni il governo spagnolo, soprattutto grazie all’impulso politico della vicepresidente dell’esecutivo e ministro del Lavoro Yolanda Diaz – ora leader del nuovo raggruppamento della sinistra-sinistra, Sumar, che mette insieme 15 diverse organizzazioni politiche – ha gestito un’agenda di diritti sociali, di diritti dei lavoratori (con una riforma delle pensioni concertata con le parti sociali con il Patto di Toledo e una riforma del mercato del lavoro centrata sul primato della contrattazione collettiva e sulla riduzione dei contratti a tempo determinato e precari in favore di quelli a tempo indeterminato, oltre che su un forte aumento del salario minimo; vedi qui e qui), di lotta al carovita (ad esempio, con la legge sulle abitazioni che ha fissato un tetto al costo degli affitti) e di cittadinanza, la più progressista e femminista d’Europa (un’agenda caldeggiata anche dalla controversa ministra per le Parità, Irene Montero, di Unidas Podemos). Pedro Sánchez e Yolanda Diaz chiedono all’elettorato spagnolo di poter continuare ad implementare, consolidare ed ampliare questa agenda “trasformatrice e riformista” per altri quattro anni, segnalando che nell’ultimo anno sono aumentati posti di lavoro e crescita economica (del 2,1%).

Apparentemente, contro la coalizione PSOE-Sumar sta funzionando la campagna di PP e Vox incentrata sull’obiettivo di “abrogare il sanchismo” (inteso come sistema di potere facente capo a Pedro Sànchez) e i “patti con EH Bildu8 e i partiti indipendentisti” sottoscritti dal governo. Quanto meno dal punto di vista dei sondaggi questa linea di attacco sta funzionando molto più efficacemente della paura di un governo con dentro Vox come minaccia per la tenuta del sistema democratico e la difesa dei diritti civili e sociali con cui soprattutto il PSOE cerca di motivare i suoi elettori.

Ma in Spagna come nel resto d’Europa i partiti di destra non sarebbero dove sono senza la complicità dei partiti tradizionali mainstream. In tutto il mondo occidentale, i partiti tradizionali mainstream tendono a non opporsi vigorosamente all’estrema destra e ad offrire una visione alternativa del futuro, ma ne imitano la retorica e le politiche. Tutto ciò che hanno ottenuto è legittimare i fanatici e consentire loro di stabilire i termini del dibattito pubblico. Ora, l’avanzata dell’onda reazionaria potrebbe essere arrivata anche in Spagna e non a caso Pedro Sánchez ritiene che “molto più pericoloso di Vox è che il PP assuma le sue politiche in un governo di coalizione. Un passaggio che potrebbe essere fondamentale anche per favorire uno spostamento a destra dell’intera Unione Europea alle prossime elezioni per il Parlamento Europeo della primavera del 2024.

Alessandro Scassellati

  1. Il Partito Popolare (PP) – che ha utilizzato le votazioni come un referendum de facto sulla coalizione tra PSOE e Unidas Podemos guidata da Pedro Sánchez che ha governato negli ultimi 4 anni – ha ottenuto una rilevante vittoria, superando di gran lunga le aspettative e sfruttando il suo slancio nei sondaggi. Allo stesso tempo, Vox ha raddoppiato la sua quota di voti. Il PP, oltre ad ottenere la maggioranza assoluta nella regione e nel consiglio comunale di Madrid, ha sottratto regioni come l’Aragona, Valencia e le Isole Baleari al PSOE del primo ministro Sánchez (il PSOE è riuscito a mantenere il controllo solo in 3 delle 12 regioni in cui si è votato). L’incapacità del PP di raggiungere le necessarie maggioranze assolute in molte delle regioni conquistate, tuttavia, significa dover stringere accordi con Vox che ha aumentato il suo peso. Ma il PP spera che gli elettori nazionali facciano come quelli di Madrid che hanno dato alla presidente del PP Isabel Díaz Ayuso la maggioranza assoluta. In ogni caso, il PP e Vox stanno accelerando le trattative per chiudere gli accordi in Castilla y León e Castilla-La Mancha, tra gli altri territori. Il PP governerà gli otto capoluoghi andalusi, ma in almeno 26 capoluoghi (su un totale di 51), tra cui città importanti come Burgos, Ciudad Real, Guadalajara, Toledo e Valladolid, lo farà in partnership con Vox, sottoscrivendo dei patti di coalizione. Il 17 maggio, a Barcellona si è avuto un vero colpo di teatro che ha offerto una boccata d’aria fresca al PSOE. Il consiglio comunale ha eletto il socialista Jaume Collboni come sindaco (21 voti su 41) a seguito di un accordo a sorpresa tra PSOE (10 seggi), Barcelona en Comu (9 seggi) del sindaco uscente di sinistra Ada Colau, e il PP (2 seggi), bloccando l’elezione del separatista Xavier Trias (già sindaco dal 2011 al 2015) del partito indipendentista di centro-destra Junts per Catalunya (11 seggi). Collboni ha detto che governerà inizialmente in minoranza, ma non ha chiuso le porte all’incorporazione del partito di Colau nella maggioranza, e ha deciso di mantenere gran parte della struttura dirigenziale ed esecutiva che ha lavorato agli ordini di Colau.[]
  2. La scommessa ad alto rischio di Sánchez, che ha annunciato le elezioni anticipate poche ore dopo l’arrivo dei risultati delle elezioni amministrative, si basa sulla speranza che gli accordi tra PP e Vox per i governi municipali e regionali contribuiranno a galvanizzare e mobilitare gli elettori di sinistra e si dimostreranno sgradevoli ai sostenitori dell’ala moderata del PP. In questo modo, Sánchez ha evitato un logoramento nel corso del resto dell’anno e ha messo le forze di centro-sinistra di fronte alla necessità di mobilitarsi per evitare una vittoria del centro-destra. Per una valutazione delle prospettive dello schieramento di sinistra vedi l’articolo di Franco Ferrari.[]
  3. Mentre il leader del PP, Alberto Núñez Feijóo, si è rifiutato di escludere esplicitamente qualsiasi accordo con Vox il 23 luglio, il suo team è fermamente convinto che il nuovo PP di centrodestra non sarà influenzato dai suoi concorrenti di estrema destra, sottolineando che i conservatori continueranno a difendere le politiche di uguaglianza, a lottare contro il maltrattamento delle donne, garantire il sistema di governo regionale autonomo della Spagna e mantenere la visione ferocemente europeista ed atlantista del paese. “Non rinunceremo ai nostri principi, qualunque cosa ci costi“, ha scritto Feijóo in un tweet. In effetti, i giochi tra PP e Vox non sembrano ancora del tutto fatti come testimonia quanto successo il 20 giugno in Estremadura, dove insieme PP (28 seggi) e Vox (5 seggi) hanno la maggioranza assoluta alla Camera regionale, ma in assenza di un accordo tra i due partiti (per il negazionismo della “violenza sessista” e i pregiudizi anti immigrati e anti LGBTQI da parte di Vox), Blanca Martín, candidata del PSOE alla presidenza della Camera, ha ottenuto la maggioranza semplice nella seconda votazione, raggiungendo 32 voti (28 del PSOE e 4 di Podemos). La candidata per il PP alla presidenza regionale, María Guardiola, ha affermato che se Vox mantiene le sue posizioni estreme, non concorderà un accordo, aprendo la strada alla possibilità di andare a nuove elezioni. “Non posso entrare nel governo con coloro che negano la violenza contro le donne”, ha detto. Questo anche se lo stesso giorno, invece, il PP ha ceduto la presidenza del Parlamento delle Isole Baleari a un negazionista e xenofobo di Vox, Gabriel Le Senne, noto per aver messo in discussione la violenza di genere, l’esistenza del collettivo LGTBQI, i vaccini e il cambiamento climatico sui suoi social network e per rifiutare l’aborto e l’eutanasia. È anche un sostenitore della teoria cospirativa della “grande sostituzione”. Inoltre, in altre regioni e comuni dove PP e Vox governeranno insieme – come a Burgos, Valladolid, Toledo, Ciudad Real e Orihuela (Alicante) – hanno abolito le cariche dei consiglieri di parità, che saranno sostituiti da “consiglieri familiari“, secondo gli accordi raggiunti tra i due partiti.[]
  4. Indicative, a questo proposito, le recenti controverse osservazioni di José María Llanos, leader di Vox a Valencia, che ha affermato che “la violenza di genere non esiste; la violenza contro le donne non esiste”. Vox, che non ama questi termini, preferisce invece parlare di “violenza intrafamiliare”. Tuttavia, i dati mostrano che il numero delle vittime di violenza di genere in Spagna è aumentato dell’8,3% nel 2022, raggiungendo 32.644, secondo i dati recenti dell’Istituto nazionale di statistica (INE), che include la rilevazione degli atti di violenza fisica o psicologica. Secondo INE, 49 donne sono state uccise a causa del loro genere nel 2022. Le parole di Llanos sono state rapidamente criticate dal leader del PP, Alberto Núñez Feijóo, che sta cercando di dipingere il suo partito come moderato anche se poi dà vita a coalizioni locali e regionali con Vox, che ha nominato un ex torero ministro regionale della Cultura a Valencia. “La violenza di genere esiste e la nostra società è profondamente scossa ogni volta che una donna viene uccisa“, ha detto Feijóo. “Il PP non farà mai un passo indietro nella lotta contro questo flagello. Non abbandoneremo i nostri principi, a qualunque costo”. Llanos in seguito ha tentato di modificare i suoi commenti, dicendo: “Vorrei chiarire che condanno ogni violenza contro le donne, anche da parte degli uomini. Ma nego l’esistenza della violenza di genere”.[]
  5. In Spagna, gli aborti volontari sono legali durante le prime 14 settimane di gestazione o successivamente se la gravidanza rappresenta una minaccia per la salute. Il 28 febbraio è stata approvata la Legge organica 1/2023, che ha modificato la legge organica 2/2010, sulla salute sessuale e riproduttiva e l’interruzione volontaria della gravidanza. La riforma mira a garantire che le interruzioni volontarie di gravidanza avvengano sempre più gratuitamente negli ospedali pubblici, “garantendo l’accessibilità e la qualità dell’intervento nonché la sicurezza degli utenti“. Le risorse e l’attuazione, però, dipendono da come le comunità autonome saranno obbligate ad attuare la legge, da come verrà valutata, da quanto denaro sarà dedicato ad essa e dall’estensione dell’obiezione di coscienza da parte del personale medico e paramedico. Nella regione di Castilla e León, Vox che governa insieme al PP ha presentato a gennaio una proposta di legge che offrirebbe alle donne incinte che stanno considerando di abortire una quarta ecografia (in 4D) durante il primo trimestre di gravidanza, oltre alla possibilità di ascoltare il battito cardiaco del feto, sperando così di impedire loro di prendere la decisione di abortire.[]
  6. Feijóo ha tentato di riportare il PP verso il centro politico dopo che il partito si era spostato a destra sotto il suo predecessore, Pablo Casado, che aveva abbracciato una linea più dura nel tentativo di impedire al partito di essere aggirato da Vox. Nonostante il fatto che Casado una volta abbia notoriamente attaccato il partito di estrema destra per aver praticato una politica basata su “paura, rabbia, risentimento e vendetta“, il PP ha formato lo scorso anno un governo di coalizione con Vox nella regione di Castilla y León. Feijóo è un punto di riferimento dell’ala più progressista del centrodestra. Tanto che ha persino ammesso di aver votato per Felipe González del PSOE nelle elezioni del 1982 che segnarono la fine della transizione della Spagna post-franchista alla democrazia. Viene descritto come un individuo riflessivo e “un paio di mani sicure” che potrebbe essere visto come un prodotto della sua regione d’origine, la Galizia, di cui è stato presidente tra il 2009 e l’anno scorso. Secondo l’antico ma duraturo cliché, i galiziani sono molto, molto difficili da leggere. Nonostante la sua immagine discreta, Feijóo non è sempre riuscito a evitare lo scandalo. La pubblicazione 10 anni fa di fotografie che lo ritraevano in vacanza a metà degli anni ’90 con un amico poi condannato per traffico di droga ha portato alla richiesta di dimissioni dalla carica di presidente della Galizia. Ma è sopravvissuto allo scandalo, insistendo sul fatto che non aveva motivo di sospettare che il suo amico, Marcial Dorado, fosse coinvolto in qualcosa di illegale, e affermando di aver interrotto i contatti con Dorado non appena è stato accusato di reati. Le prossime settimane riveleranno se Feijóo è il moderato che afferma di essere o se è un animale politico più pragmatico e opportunista. Per il PP attualmente dato in crescita, tuttavia, è decisamente il leader giusto al momento giusto.[]
  7. Abascal ammira la Meloni e la considera il leader europeo di una moderna destra radicale, che cerca di allontanarsi dall’enfasi occidentale del dopoguerra sui diritti universali e sulla protezione delle minoranze. Parlando a giugno 2022 a una manifestazione elettorale organizzata a Marbella da Vox, la Meloni ha chiarito quali sono le guerre culturali che il suo partito e Vox porteranno avanti (seppure con una maggiore moderazione sul piano retorico e una nuova fedeltà atlantista) una volta al governo: «Questo è il momento delle scelte di campo nette. 530 anni fa la resa di Granada pose fine alla Reconquista, l’Andalusia tornò spagnola e l’Europa tornò cristiana. Oggi, la sinistra laica e il radicalismo islamico minacciano le nostre radici. E 530 anni fa Cristoforo Colombo partiva da un porto andaluso per andare alla scoperta delle Americhe. Oggi, c’è chi vuole abbattere le statue dedicate a lui per cancellare la nostra storia di europei, di cristiani, di occidentali. Di fronte a questa sfida non ci sono mediazioni possibili, o si dice sì o si dice no: sì alla famiglia naturale, no alle lobby LGBT, sì all’identità sessuale, no all’ideologia di genere, sì alla cultura della vita, no all’abisso della morte, sì all’universalità della croce, no alla violenza dell’islamismo, sì alla sicurezza delle frontiere, no all’immigrazione di massa, sì al lavoro dei nostri cittadini, no alla grande finanza internazionale, sì alla sovranità dei popoli, no ai burocrati di Bruxelles, sì alla nostra civiltà, no a chi la vuole distruggere». Vedi il discorso qui. I suoi ragionamenti articolano le politiche etnocentriche che sono alla base della «democrazia illiberale» – che attinge alla teoria della sostituzione bianca, al cristianesimo culturale e all’odio per la diversità – che è stata sperimentata da Viktor Orbán in Ungheria, da Joroslaw Kaczyński e dal suo partito Prawo i Sprawiedliwość – PIS in Polonia, ma anche dalla destra americana e da Vladmir Putin in Russia.[]
  8. EH Bildu, abbreviazione di Euskal Herria Bildu (Paesi Baschi Uniti), è un partito basco di sinistra frutto di una coalizione politica nazionalista indipendentista attiva nelle comunità autonome spagnole dei Paesi Baschi, della Navarra e della provincia di Burgos. Nella presente legislatura, i 5 deputati nazionali di EH Bildu hanno votato a favore di alcuni dei provvedimenti del governo PSOE-Unidas Podemos. Il PP ha dato i suoi voti al PSOE nella città di Vitoria, e in altri cinque consigli comunali li ha offerti al Partito Nazionalista Basco (PNV) per impedire a EH Bildu di arrivare al governo. In effetti, EH Bildu ha recentemente suscitato aspre polemiche per aver aggiunto 44 ex membri dell’ex gruppo terroristico dei Paesi Baschi e della Libertà (ETA) alle sue liste elettorali locali.[]
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