La riforma del lavoro, che interviene modificandola sulla controriforma voluta a suo tempo dalla destra quando era al governo, è stata rocambolescamente approvata dalle Cortes spagnole. Approvata con un decreto il 28 dicembre scorso, dovevano essere ratificate dal Parlamento per restare in vigore ma l’esito positivo del lungo lavoro di mediazione di Yolanda Diaz, la Ministra competente, ha rischiato di saltare per l’opposizione dei partiti nazionalisti catalani e baschi che normalmente garantiscono l’esistenza della coalizione di governo tra i socialisti e la sinistra di Unidas Podemos. Alla fine è risultato determinante l’errore compiuto da un parlamentare del Partito Popolare (destra conservatrice), nel voto elettronico a distanza, senza il quale sarebbero tornate in vigore le norme volute dalla destra.
Il decreto approvato a dicembre raccoglieva il risultato di un lungo confronto con le parti sociali, l’organizzazione del padronato e i due maggiori sindacati dei lavoratori: le Comisiones Obreras e l’UGT.
Come scrive su Mundo Obrero Ricard Aje, responsabile Area Movimento Operaio del Partito Comunista Spagnolo: “questa importante riforma suppone un drastico cambiamento nelle relazioni del lavoro nel nostro paese in favore della classe lavoratrice, nel fronteggiare la precarietà e la temporalità (del rapporto di lavoro, ndr) tendendo verso un modello di contrattazione stabile e a tempo indefinito e un’occupazione stabile e con diritti.”
Gli effetti positivi della riforma sono stati notati già dal primo mese della sua applicazione con una cifra record di contratti a tempo indeterminato (238.672) che rappresenta il miglior dato di gennaio della serie storica. Nel motivare le ragioni della riforma, nel suo apprezzato intervento in Parlamento, la Ministra del lavoro Yolanda Diaz, comunista e seconda vicepresidente del governo Sanchez in rappresentanza di Unidas Podemos, ha sottolineato che l’obbiettivo di fondo è riportare il contratto a tempo indeterminato ad essere la normalità e quello a termine a dover essere pienamente motivato e giustificato da ragioni oggettive.
Yolanda Diaz ha spiegato che con questa riforma del lavoro 8 milioni di contratti diventeranno stabili e non più precari e “contestando qualche banalizzazione sentita in questi giorni” ha aggiunto “8 milioni di contratti, seṅorias, sono 8 milioni di persone, non sono fumo. Credetemi, questi 8 milioni di persone si meritano di avere un lavoro decente”.
La riforma restringe i contratti a termine a situazioni molto concrete, limitando i contratti di opera e servizio e di formazione, oltre a penalizzare duramente i contratti a breve termine. Altra misura essenziale è il rafforzamento dell’Ispettorato del Lavoro e della Sicurezza Sociale. A questo proposito, Yolanda Diaz ha chiarito che: “molte imprese trovavano conveniente frodare, perché la multa era unica. Adesso chi infrange la legge dovrà subire una multa di 10.000 euro per ogni persona contrattata illegalmente.”
Altro elemento chiave della riforma è il rafforzamento della posizione dei lavoratori e dei sindacati nella negoziazione collettiva per recuperare e garantire diritti, recuperando la ultrattività, la prevalenza dei contratti di settore o dei contratti di impresa e di settore in caso di subcontratti. Questo garantirà in pratica, come già sta succedendo, importanti miglioramenti salariali e delle condizioni di lavoro nei settori della classe operaia più colpiti dalla precarietà e dai bassi salari. Con aumenti salariali che vanno dai 5.300 euro annui per le cameriere del settore della ricezione turistica ai 7.500 euro per i trasportatori.
“Oggi è un giorno importante per la classe operaia – scrive ancora Ricardo Aje –. Come vediamo dalle misure e dalle cifre inequivocabili, è dimostrato che la riforma del lavoro non risponde ad alcun ‘progetto personale’ e non è ‘fumo’ o ‘maquillage’ o ‘una norma insignificante’, si tratta invece di un chiaro miglioramento dei diritti della classe lavoratrice. La dimensione di questa riforma è trascendentale per il presente e il futuro della classe operaia e per il rafforzamento del movimento sindacale. Per quelle forze politiche che si richiamano alla sinistra e hanno votato contro sarà molto difficile spiegare se la loro posizione, contraria alla riforma del lavoro, corrisponde alla difesa degli interessi della classe operaia o ad altro tipo di interesse più vincolato ai propri progetti politici e sindacali”.
Quest’ultimo riferimento è certamente rivolto alle forze politiche nazionaliste di sinistra che come i baschi di EH Bildu contestano il fatto che resti la valenza statale dei contratti anziché riconoscere l’autonomia dei contratti territoriali e autonomi nei paesi baschi.
Ora salario minimo e riforma fiscale
Raggiunto, con un po’ di fortuna, l’obbiettivo di una riforma del lavoro che va in direzione opposta a quella voluta dalla destra, non solo spagnola, che puntava sulla precarietà e la frammentazione del mondo del lavoro come condizione per aumentare i livelli di sfruttamento, ora l’impegno di Yolanda Diaz si è spostato sul terreno dell’aumento del salario minimo interprofessionale (SMI).
Dopo aver avviato il primo confronto tra le parti sociali, il ministero del lavoro ha fatto trapelare ai mezzi di informazione l’auspicio della ministra di portare il salario minimo a 1.000 euro mensili per 14 mensilità. Attualmente è collocato a 965 euro. Nella graduatoria europea dei salari minimi, la Spagna si colloca al sesto posto, mentre al primo si trova un, per ora irraggiungibile, Lussemburgo con quasi 2.000 euro. Mentre dalla parte sindacale, ovviamente, si sostiene questo obbiettivo, le organizzazioni padronali hanno sollevato, come era inevitabile, delle obiezioni soprattutto alla luce delle difficoltà ancora persistenti per effetto della pandemia. Il quadro economico complessivo della Spagna è comunque in deciso miglioramento. In questo caso il governo, che ha già favorito un significativo incremento del salario minimo negli scorsi anni, può decidere anche senza il consenso delle parti. Anche se non si può sottovalutare l’attenzione con la quale i socialisti del PSOE e in particolare la prima vicepresidente Nadia Calvino guardano agli interessi delle imprese frenando a volte le scelte più coraggiose del governo.
Altro terreno di confronto per i prossimi mesi sarà la riforma fiscale. In proposito, Podemos ha organizzato un’assemblea pubblica per presentare le proprie proposte, con l’intervento del leader britannico Jeremy Corbyn (espulso dal Partito Laburista riconquistato dalla destra interna).
La formazione di sinistra (che è parte di Unidas Podemos), ora guidata da Ione Belarra dopo il ritiro dalle prime file dell’azione politica di Pablo Iglesias, ritiene di poter incrementare gli introiti fiscali di circa 30 miliardi di euro. Questo risultato dovrebbe essere il prodotto di un incremento del prelievo fiscale sui grandi redditi, fino al 52% sulla parte superiore ai 300.000 euro, un aumento della tassazione fiscale sulle rendite da capitale fino al 33% per chi superi i 200.000 euro e una imposta patrimoniale che graverà su coloro che hanno oltre un milione di euro di patrimonio con una esenzione per la casa di abitazione fino al valore di 400.000.
Dall’altra parte, Podemos propone una riduzione dell’imposta dal 25 al 23% per le piccole e medie imprese. Contemporaneamente propone di ridurre l’IVA al 10% per servizi basilari come l’elettricità e al 4% per alimenti di base, prodotti per l’igiene femminile e per l’alimentazione animale. Inoltre, senza entrare in dettagli si avanza la proposta di introdurre un’imposta aggiuntiva per quei prodotti alimentari che danneggiano la salute.
Anche Yolanda Diaz, nel corso di un dibattito con Thomas Piketty (che abbiamo ripreso anche su Tranform! Italia), aveva dichiarato che: “la legislazione tributaria spagnola ed europea è pensata per una realtà del XX secolo e dobbiamo andare verso politiche pubbliche che accordino le entrate pubbliche con la realtà attuale. C’è un’anomalia fiscale e un progetto trasformatore deve porre l’accento su questo”.
Si vota in Castilla e Leon dove emergono le liste della “Spagna vuota”
Intanto la scena politica spagnola sta seguendo con attenzione la campagna elettorale della comunità autonoma di Castilla e Leon. Governata dalla destra da 35 anni, nelle elezioni del 2019 il PSOE si era affermato come primo partito ma il Partito Popolare era riuscito a mantenere la guida della regione grazie all’accordo con Ciudadanos. Negli ultimi mesi la coalizione aveva cominciato a mostrare qualche crepa e Alfonso Fernandez Manueco, presidente della Comunità e leader locale del PP, ha utilizzato il proprio potere di indire elezioni anticipate. Aveva sperato di intercettare la fase di ascesa dei consensi del PP a livello nazionale seguita alle elezioni della comunità madrilena, ma gli ultimi sondaggi forniscono un quadro molto più incerto.
I Popolari vengono dati in calo o al massimo in stagnazione mentre è in forte crescita l’estrema destra di Vox. I socialisti competono con i Popolari per essere il primo partito, attorno al 30% dei consensi, ma in calo rispetto al 2019. La sinistra, che tre anni fa si era presentata divisa tra la lista di Podemos e quella di Izquierda Unida, alleata a qualche altra piccola formazione come i trotskisti di Anticapitalistas, stavolta si presenta unita coinvolgendo anche una componente ecologista (Alianza Verde). I sondaggi attribuiscono a Unidas Podemos tra il 7 e l’8%, mentre nel 2019 Podemos aveva ottenuto il 5,0% e due seggi e Izquierda Unida il 2,3% e nessun seggio. Unendo le forze sarà possibile, probabilmente, conquistare in seggio in più.
Ciudadanos, il partito liberista-modernista che si era proposto come l’alternativa moderata a Podemos, è in forte crisi a livello nazionale ma in Castilla e Leon manterrebbe un 5% dei consensi. Un dato che non gli garantirebbe più di un seggio. L’elemento emergente del panorama politico della regione è dato dalle nuove liste locali, espressione di quella che viene chiamata come la “Espana vacia” (Spagna vuota) la parte interna e più spopolata del paese. Con meno di otto abitanti per chilometro quadrato spesso i suoi centri vengono ripopolati solo dagli immigrati. Sentendosi dimenticata dalle politiche pubbliche si sta aggregando attorno a liste locali, disponibili ad allearsi con chiunque in cambio di qualche finanziamento in più per i servizi sanitari o educativi o per qualche infrastruttura. Dopo il successo di una lista fondata nella città di Teurel che è riuscita ad eleggere alle Cortes nazionali, ora listi simili si formano anche in altre località.
Nelle Cortes della comunità di Castilla e Leon è già rappresentata la lista “Per Avila” e ora si presentano, con possibilità di successo, anche “Soria adesso”, “Burgos si radica” e altre minori. Queste liste potrebbero raccogliere voti soprattutto da Ciudadanos e dal PSOE e solo in misura minore dal PP. La presenza di queste liste potrebbe rendere impossibile un nuovo governo di destra che richiederebbe necessariamente il sostegno di Vox ed aprire la possibilità di uno scenario diverso.
Intanto a livello nazionale le indagini demoscopiche indicano una certa ripresa del consenso ad Unidas Podemos. Vedremo se l’azione efficace di Yolanda Diaz, dalla sua posizione di Governo, avrà un effetto benefico anche nella prospettiva elettorale, contribuendo a bloccare un possibile ritorno della destra al potere in Spagna e a mantenere aperta la possibilità di mettere in discussione i fondamenti delle politiche liberiste sui quali, per una lunga fase, vi era stata la convergenza sia del PP che del PSOE.
Franco Ferrari