Andrea Amato (Presidente IMED-Istituto per il Mediterraneo) –
Il Governo tunisino, su impulso del Presidente della Repubblica, ma anche perché sollecitato dalle recenti manifestazioni delle donne, ha approvato una proposta di legge per la parità di diritti tra uomini e donne nella successione, che modifica le norme d’impianto coranico, attualmente in vigore, che nemmeno l’illuminato governo di Bourghiba aveva osato scalzare. Ora, la proposta passa all’Assemblea Nazionale. Se questa dovesse approvarla – e, in principio, non potrebbe non farlo, nel rispetto della Costituzione e delle Convenzioni Internazionali sulla parità di diritti e sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione, ratificate, senza più riserve, dallo Stato tunisino – sarebbe la prima volta dell’adozione di una norma del genere in un paese arabo. L’uso del condizionale è, purtroppo, d’obbligo, non solo perché il partito di Ennahda, nonostante i tentativi di mostrare all’opinione pubblica un cambiamento di pelle rispetto al duro integralismo islamico degli anni passati, ha già dichiarato la sua opposizione, ma anche perché i voti necessari a bocciare la proposta potrebbero , in modo più o meno esplicito, venire in soccorso dalle fila di altri partiti, soprattutto da deputati maschi che, pur non essendo integralisti islamici e, talvolta, nemmeno musulmani praticanti, non riescono a scrollarsi di dosso i retaggi di una cultura arcaica e patriarcale.