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Vaccini per l’immunità politica di Netanyahu

di Tommaso
Chiti

Che la pandemia non ci trovi tutti sulla stessa barca è evidente dalle crescenti diseguaglianze sociali, che la crisi sanitaria sta accelerando, come i postumi di un virus neoliberista.

Così, c’è chi trova le sue fortune proprio in questo periodo funesto, come cerca di fare alle elezioni presidenziali in Israele – le quarte in due anni – il candidato Benjiamin Netanyahu, dal 2009 primo ministro, con l’ambizioso piano vaccinale in corso.

Proprio il Medio-Oriente e le sorti contrapposte fra palestinesi ed israeliani anche nella diffusione del siero anti-covid19 rappresentano plasticamente quel sistema speculativo e predatorio, causa e a quanto pare decorrenza del virus.

Le popolazioni dei territori occupati illegalmente da Israele e delle due amministrazioni di Gaza e Cisgiordania hanno faticato non poco con la diplomazia internazionale per poter ricevere le prime dosi di siero Sputnik V a fine febbraio, dopo i sequestri dei farmaci da parte delle autorità israeliane.

Le stime parlano di appena 10mila dosi russe, circa la metà di quelle totali a disposizione, di cui poche migliaia del siero Moderna destinate ad operatori sanitari, su una popolazione di oltre cinque milioni.

Il numero totale di infezioni da coronavirus in Palestina, aggiornato al mese di febbraio, ha raggiunto 192 mila persone, con oltre duemila vittime. Gaza ha confermato 53 mila casi e 538 morti. Le infezioni e i decessi sono aumentati costantemente nelle ultime settimane, saturando i reparti di terapia intensiva a Ramallah.

Leggermente diversa è la sorte degli arabi frontalieri, che si recano quotidianamente per lavoro nei territori israeliani e per questo sono stati inclusi fra i beneficiari dei vaccini.

Da più parti si è parlato infatti di vera e propria ‘apartheid sanitaria’, con Tel Aviv che poche settimane fa ha iniziato la distribuzione di centomila dosi a paesi africani, americani ed europei, impendendo però l’avvio di una campagna vaccinale in Palestina.

A quanto pare anche Netanyahu intende esplorare le potenzialità della ‘diplomazia virale’, cercando di persuadere i paesi beneficiari delle donazioni – fra cui Kenya, Etiopia, Ungheria, Repubblica Ceca, Honduras, Guatemala – a seguire l’esempio di Trump, nell’installazione di una propria ambasciata a Gerusalemme, non più città aperta come indicato negli accordi di pace ONU, ma capitale dello stato ebraico secondo il piano nazionalista.

Alla richiesta delle ONG per i diritti umani di porre fine a questa discriminazione, che aggrava penurie annose iniziate con il blocco di forniture a Gaza già dal 2007, il governo israeliano ha scaricato la responsabilità dell’assistenza sanitaria dei palestinesi sull’Autorità Nazionale di Abu Mazen.

Non è un segreto però che alcuni deputati del Likud avrebbero avanzato anche l’ipotesi di uno scambio fra farmaci sequestrata e prigionieri militari israeliani.

Di fatto l’ANP è inserita nel programma Covax dell’OMS per i Paesi in via di sviluppo, che dovrebbe fornire 400mila dosi di AstraZeneca, in tempi non definiti, ma sempre previo lasciapassare dell’amministrazione israeliana. E’ soltanto di pochi giorni fa la notizia della consegna del primo lotto di 50mila dosi, avvenuta nell’ambito di questo programma seguito dall’UNICEF.

Inoltre, la frammentazione territoriale palestinese non agevola certo il coordinamento del piano e non sono irrilevanti neppure le tensioni politiche crescenti, che vedono la fazione di ‘Fatah’ vicina all’implosione, dopo la liquidazione del nipote di Arafat dai vertici, su pressione dello stesso Abu Mazen, prossimo all’avvicendamento.

Intanto, la Corte Internazionale di Giustizia ha decretato ad inizio di marzo l’avvio di un’indagine per crimini di guerra nei territori illegalmente occupati da parte di Israele. Già dal 2014 il lavoro della Corte si è focalizzato sul caso, malgrado le ostilità dell’amministrazione Trump, che ha varato sanzioni nei confronti dei giudici, così come sembra anche l’approccio del neoeletto alla Casa Bianca, Joe Biden.

Dagli europarlamentari della Sinistra Europea (GUE/NGL) e dal portavoce della Delegazione per i Rapporti con la Palestina, Manu Pineda, arriva invece la sollecitazione alle istituzioni UE per un intervento a tutela dell’integrità della Corte e dei suoi componenti, che garantisca un giusto processo per la repressione di popolazioni inermi e la privazione dei loro diritti essenziali.

Se però a livello di politica interna, il “crime minister” – come viene ribattezzato dagli oppositori – può contare sull’esito del piano di vaccinazione, non è indifferente la mobilitazione costante per denunciare gli scandali di corruzione, che lo hanno portato in tribunale. Secondo alcuni osservatori infatti il tentativo di ridefinire la maggioranza parlamentare sarebbe motivato anche dall’intento di garantire a Netanyahu l’immunità politica

Tuttavia, il colpo di coda della campagna “vacci-nation”, con straordinarie consegne di Pfizer Inc, che hanno permesso di immunizzare già metà della popolazione (circa il 53%), congiunta con quella elettorale, secondo le previsioni potrebbe conferire almeno la maggioranza relativa al partito di destra Likud, guidato da Netanyahu, e ai suoi alleati dell’ebraismo ultra-ortodosso.

L’alternativa tutt’altro che semplice, potrebbe portare le restanti compagini dello spettro politico – centro, sinistra e partito arabo – ad una larga coalizione, per interrompere il regno di ‘re Bibi’.

 

NOTE:

https://www.guengl.eu/eu-must-support-investigation-into-israel-war-crimes/

https://www.unicef.org/press-releases/arrival-first-wave-consignment-covax-covid-19-vaccine-doses-state-palestine

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