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Uruguay: il Fronte Ampio punta a tornare al potere

di Franco
Ferrari

Domenica 27 ottobre gli uruguayani hanno votato per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica e, contemporaneamente, rinnovare la Camera dei Deputati e il Senato. Il primo dato che attira l’attenzione, considerate le tendenze in atto in Europa e non solo, è la partecipazione al voto che si è assestata sull’89,60% con un limitatissimo calo dello 0,5%. Va detto che il voto in Uruguay è obbligatorio e questo ovviamente influisce sull’alta partecipazione.

Nel voto per la Presidenza della Repubblica, la carica politica più importante in un sistema istituzionale in parte modellato su quello degli Stati Uniti, come in molti paesi dell’America Latina, ha prevalso nettamente il candidato del Fronte Ampio, Yamandù Orsi, già Intendente (ovvero capo del governo dipartimentale) di Canelones.

Orsi ha ottenuto il 43,94% dei voti, seguito dal principale partito della destra, il Partito Nazionale, il cui candidato Alvaro Delgado ha ottenuto il 26,77%. Non avendo raggiunto la metà più uno dei voti, si dovrà andare al ballottaggio che si terrà il prossimo 24 novembre.

L’esito del confronto non è per nulla scontato, in quanto i quattro partiti di destra che hanno composto la coalizione di governo del Presidente uscente, Luis Lacalle Pou, il Partido Nacional, il Partito Colorado, Cabildo Abierto e il Partido Independiente, hanno raccolto complessivamente il 46,96% dei voti. Tra la base frenteamplista era diffusa l’aspettativa per un successo già al primo turno che però non si è realizzata. Si tiene però conto del fatto che nelle elezioni del 2019, al primo turno, il candidato dell’FA raccolse il 39,01% e nel ballottaggio il 49,21 con oltre 200.000 voti in più. Venne sconfitto per meno di 40.000 voti. Questa volta parte con una base elettorale di 100.000 voti in più rispetto a 5 anni fa.

La votazione ottenuta dal Fronte Ampio ha consentito di eleggere 16 dei 30 membri del Senato, contro i 14 dei due maggiori partiti di destra. Più complicata la situazione alla Camera, composta da 99 deputati, perché l’FA ha ottenuto 48 seggi, contro i 49 della coalizione di destra, mentre 2 seggi sono andati a Identidad Soberana che interpreta un sovranismo di matrice cospirazionista e “no vax”. Il voto ha registrato la netta sconfitta di Cabildo Abierto, una formazione di estrema destra guidata dall’ex generale Guido Manini Rios, che già da militare aveva espresso l’opposizione ai procedimenti che coinvolgono coloro che nell’esercito commisero crimini durante la dittatura e per questo era stato allontanato dal governo di sinistra. Nel 2019 Cabildo Abierto era balzato all’attenzione per aver ottenuto, dal nulla, l’11,46% ed era sembrato ridisegnare l’intero sistema politico uruguayano. Queste elezioni hanno sancito il suo netto ridimensionamento e gran parte del suo elettorato è rifluito verso le formazioni politiche tradizionali. Principalmente i due partiti storici della destra, Nacional e Colorado, che hanno dominato la politica uruguayana fino alla nascita del Fronte Ampio, ma anche verso la sinistra.

I sondaggi hanno indicato che i problemi più sentiti dagli elettori sono l’economia e la disoccupazione, soprattutto nelle zone interne del paese, e l’insicurezza. Problema quest’ultimo che è emerso con più forza nella capitale Montevideo che negli ultimi anni è diventato un centro importante di smistamento della cocaina. Gli elettori sono stati chiamati anche a pronunciarsi su un referendum sulla sicurezza sociale promosso dalla centrale sindacale PIT-CNT. Si trattava di introdurre una riforma costituzionale che garantisse il pensionamento a 60 anni, l’allineamento delle pensioni minime al salario minimo nazionale e l’eliminazione del sistema di accantonamento individuale per le pensioni. La proposta si è scontrata con l’opposizione della destra, ma non ha trovato concorde nemmeno tutto il Fronte Ampio e non ha ottenuto i consensi necessari. In particolare il candidato del Fronte, Yamandù Orsi, ha sostenuto in una intervista che non tutti arrivano a 60 anni nelle stesse condizioni di lavoro e che la soppressione dei versamenti individuali dovrebbe essere considerata con un processo graduale.

Il Fronte Ampio è una coalizione politica, sorta nel 1971 e che si è via via allargata raccogliendo quasi tutte le formazioni e le correnti ideologiche di centro-sinistra e sinistra fino a settori dell’estrema sinistra. I due maggiori partiti promotori erano il Partito Comunista e il Partito Socialista che in Uruguay mantenne a lungo un profilo marxista. Dopo il periodo della dittatura militare che ha esercitato una durissima repressione nei confronti della sinistra, il Fronte è tornato ad operare legalmente e dal 1999 è diventato la prima forza politica del paese. Dopo la leadership di Liber Seregni, imprigionato dai militari, scomparso alla fine degli anni ’80, la figura di maggior carisma è stato il socialista Tabaré Vasquez. Dopo essere stato il popolare sindaco di Montevideo, Vasquez ha portato il Fronte a conquistare la Presidenza della Repubblica nel 2004. Dato che la Costituzione uruguayana non prevede la possibilità di un’immediata rielezione, nel 2009 è diventato Presidente l’ex Tupamaro José “Pepe” Mujica, diventato molto noto anche al di fuori dell’Uruguay per il suo stile di vita estremamente sobrio mantenuto durante gli anni della Presidenza. Nel 2014 si ripresentò e vinse Tabaré Vasquez.

Nella sua struttura interna il Fronte punta a mantenere una radicata base di massa e comprende sia partiti organizzati che correnti politico-ideologiche più fluide nonché indipendenti che si considerano a pieno titolo “frenteamplisti” senza altra connotazione.

Tutti i partiti scelgono i propri candidati a Presidente attraverso delle primarie che si sono tenute il 30 giugno di quest’anno. Per il Fronte Ampio si sono presentate tre precandidature. Quella vincente di Yamandù Orsi era sostenuta da 29 raggruppamenti interni. Quello dominante, da cui proviene Orsi, è il Movimento di Partecipazione Popolare, aggregazione formata dal Movimento di Liberazione Nazionale – Tupamaros nel 1989 quando gli ex guerriglieri vennero accettati nel Fronte. Dal 2004 sono diventati il settore più votato all’interno dell’FA, un risultato al quale ha contribuito molto la popolarità di José Mujica.

La principale candidatura alternativa alle primarie era quella di Carolina Cosse, ex sindaca di Montevideo, sostenuta in particolare dal Partito Comunista e da altri 25 raggruppamenti di vario orientamento ideologico. I comunisti, che avevano attraversato una grave crisi all’inizio degli anni ’90, quando la maggioranza del gruppo dirigente aveva proposto la trasformazione in Partito del Socialismo Democratico, venendo però sconfitto da una iniziativa partita dal basso, è riuscito a riorganizzarsi e a ricostruire i propri legami di massa, in particolare attraverso la presenza nella centrale sindacale unica PIT-CNT. Una sua esponente, Ana Olivera, è stata sindaca di Montevideo. Un terzo candidato, Andrés Lima, era a sua volta sostenuto da altre 12 raggruppamenti.

Alle primarie hanno partecipato oltre 400.000 elettori, ovvero circa il 40% del totale di coloro che hanno votato Frente alle elezioni di fine ottobre. Orsi ha ottenuto il 59,1%, contro il 37,6% della Cosse e il 3,1% di Lima. Carolina Cosse è stata scelta come candidata vicepresidente e in caso di vittoria presiederà il Senato, anche in questo caso seguendo il modello statunitense.

Il sistema elettorale per Camera e Senato è invece proporzionale ed è basato sulle cosiddette sublemas, ovvero la possibilità di presentare liste separate che però tutte concorrono al risultato complessivo. Dei 48 deputati ottenuti dall’FA, ben 35 sono andati a Espacio 609 la lista guidata dagli ex Tupamaros. Il Partito Comunista è la seconda forza con 5 deputati (Ana Olivera, Bruno Giometti, Tatiana Nunez, Daniel Diverio, Aidemar Gonzales). Un altro seggio è andato a “La Amplia”, raggruppamento alleato dei comunisti e di cui fa parte Carolina Cosse. I comunisti hanno ottenuto anche due dei 16 senatori (Oscar Andrade e Costanza Moreira).

L’esperienza di governo del Fronte Ampio, ininterrotta per 15 anni prima della sconfitta del 2019, ha consentito di attuare politiche economiche e sociali più favorevoli alle classi popolari, di introdurre nuovi diritti civili e di mantenere una politica estera autonoma dai desiderata degli Stati Uniti. Non sono mancate critiche per un’eccessiva timidezza nel realizzare le promesse sociali di cui il Fronte Ampio si è fatto interprete. Questo ha portato alla separazione di alcuni piccoli gruppi che si sono collocati all’estrema sinistra in polemica con quella che hanno ritenuto essere la “svolta centrista” del Fronte Ampio. La loro influenza elettorale e sociale è però marginale. Presentandosi come Assemblea Popolare – Unità Popolare hanno raccolto solo lo 0,22%, dimezzando il già scarso consenso di 5 anni fa. Di Unità Popolare fanno parte alcuni gruppi fuoriusciti dal Fronte come il Movimento 26 marzo e la Corrente di Sinistra, insieme ad altre formazioni di estrema sinistra come il Partito Comunista Rivoluzionario, maoista, e il Partito Umanista nonché altri piccolissimi gruppi dal nome particolarmente roboante come il Partito Bolscevico dell’Uruguay e il Partito Operaio e Contadino dell’Uruguay.

Un’eventuale vittoria del Fronte Ampio potrebbe rafforzare il lato sinistro dei governi dell’America Latina che se pure ha ripreso forza con la vittoria in Cile, Brasile e Colombia è alle prese con un quadro politico e sociale difficile, sia per la forza delle spinte di destra, sia per le difficoltà che incontra nel realizzare politiche effettivamente popolari e orientate al cambiamento.

Franco Ferrari

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1 Commento. Nuovo commento

  • Roberto Salvi
    30/10/2024 21:11

    Grazie per l’esauriente informazione su un paese pressoché sconosciuto ai nostri commentatori di politica estera

    Rispondi

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