Torna sempre utile ricordare quel passaggio delle “Tesi di filosofia della storia” di Walter Benjamin in cui la sua attenzione alla “frammentarietà” come carattere specifico della modernità si ritrova nella sua analisi del quadro di Paul Klee Angelus Novus. In quest’opera l’angelo della Storia ha il viso rivolto in modo angosciato a un passato di rovine ed errori ma una tempesta spira nelle sue ali e lo spinge nel futuro. Per Benjamin la redenzione sta nel “fare memoria”. E forse ripartire da alcuni esempi di buone pratiche che la Sinistra radicale ha saputo esprimere nel passato, può essere d’ausilio per comprendere l’attuale perdita di “egemonia culturale” della Sinistra in Italia (come accade anche in tante altre parti del mondo) e d’auspicio per mettere in campo una strategia diversa, più creativa, coraggiosamente trasformativa, che vada realmente alla radice dei problemi, cioè radicale.
Il processo europeo avviatosi l’8 ottobre del 2005 col Congresso di Atene e la nascita del partito della Sinistra europea (European Left) con la Presidenza di Fausto Bertinotti – che faceva dell’ unità dei partiti anticapitalisti (suddivisi tra membri e osservatori) del vecchio continente la sua matrice costitutiva – vide realizzarsi da noi in Italia, nel 2006 (con Rifondazione voce critica nel Governo Prodi), qualcosa di inedito ovvero la sperimentazione della Liberassociazione degli aderenti individuali alla Sezione italiana della Sinistra europea: si apriva cioè alla possibilità che donne e uomini legate alla Cultura, allo Spettacolo, all’Università e Ricerca potessero aderire al processo costituente a pieno titolo in modo spurio e non esclusivo, arricchendo i mondi spesso asfittici della politica con nuove idee e nuova linfa. In un contesto stimolante rappresentato da tante voci e quindi già di per sé plurale (oltre la Liberassociazione c’erano tra le altre Uniti a Sinistra, Sinistra romana, Punto rosso, Rosso-Verde, Associazione per il rinnovamento della Sinistra, Sinistra euromediterranea, Riva Sinistra, Psichiatria Democratica) con attività politiche e culturali concrete che andavano da Roma a Milano passando per Napoli, Perugia, Macerata, Crotone, Massa e tanti altri luoghi della penisola. Tanti politici e intellettuali di grande spessore politico e umano diedero il loro contributo (evito di citarli per non fare torto a nessuno, che certamente finirei per dimenticare).
La frammentarietà degli apporti non era un limite e ci si sforzava sempre di trovare sintesi, nell’unità d’intenti di produrre un nuovo modo di fare politica e saper tradurre i bisogni in diritti. Il collage di “azioni ristrette” come le chiama il filosofo argentino Benasayag, diventava una sommatoria vitale ed efficace. “L’azione ristretta non può essere giudicata in base alla sua estensività. Il suo valore non dipende dal fatto che raggruppi tre o milioni di persone. Parla a tutti perchè non pretende di parlare a tutti…Solo le pratiche in cui ciascuno sviluppa le sue attività permetteranno la costruzione di una base comune. Nel nostro mondo in serie mondo in serie bisogna imparare uno strano radicalismo, agire diversamente in una estrema singolarità, per disegnare una nuova base comune“, dice Benasayag nel suo testo “Contro il niente”. Azioni ristrette sono oggi ad esempio quelle, simboliche ed efficaci, che attuano realtà come Extintion Rebellion e Ultima Generazione sui temi dell’Ambiente e cambiamento climatico, con la richiesta di un fondo di solidarietà contro le calamità degli eventi estremi.
Catalizzatore del processo è stato il portale web che chiamai “La Fabbrica delle idee”, nel quale confluivano tutti i contributi, sia teorici che di agire politico “destrutturato”, che andavano a definire una originale mappa, anche operativa, per il cambiamento. Questa formula trovò poi nel “Villaggio della Sinistra Europea”, alla Festa di Liberazione, un momento di confronto diretto, che suscitò sorprendenti riscontri di partecipazione e interesse. Dibattiti su Europa, movimento GLBTQ (allora si chiamava così), lavoro e tanti altri temi intorno a un bicchiere di vino bianco. Furono diciannove giornate d’estate per 25 aperitivi politico-conviviali, con una grande affluenza di pubblico di tutte le età, che interveniva e forniva apporti preziosi. Il microfono era sempre aperto, la politica dal “basso” non era solo una evocazione ma la praticavamo. C’era confronto di opinioni reale, con l’obiettivo condiviso di dare le gambe, far prendere il volo, superare i ritardi, le pigrizie, le difficoltà, la tentazione di ognuno di chiudersi nei propri spazi. E’ stato un percorso, purtroppo interrotto, che voleva coniugare esperienze molteplici, plurali e trans-culturali.
Voglio concludere questo ricordo, che non vuole essere nostalgico ma intende fornire spunti di riflessione magari germinativi – in questa attuale fase di impasse in cui persino un soggetto/movimento per la Pace stenta a prendere il volo – ricordando la compianta compagna Graziella Mascia, che con perseveranza lavorò a questo progetto, con tutta la sua intelligenza e generosità, mettendo sempre a disposizione il suo bagaglio politico prezioso e denso, vicino alle lotte per i diritti, per lo Stato sociale, l’internazionalismo e i Social Forum mondiali, le lotte antagoniste e antimilitariste.
Leonardo Ragozzino