Cecilia Sala è libera. Questa è una buona cosa. I distinguo, le dietrologie, i doppipesismi sulla vita delle persone non li ho mai condivisi. Quando andammo alle elezioni europee con l’altra Europa con Tsipras contribuii a scegliere lo slogan centrale della campagna che fu “Prima le persone”. Rispetto ad una UE fatta di ideologie neo liberali e neo conservatrici era giusto partire rovesciando il paradigma imposto.
Così quando Cecilia Sala è stata arrestata in Iran ho condiviso la frase semplice e immediata “Cecilia Sala libera”.
Non è che non sappia cosa ci sia dietro le quinte di poteri sempre più torbidi e schiaccianti. Ma proprio per questo la semplicità che dice che viene prima la libertà di una persona a me pare forte come la voce del bimbo che grida “Il re è nudo”. So che molte voci che chiedevano libertà per la giornalista non avevano chiesto nemmeno di non uccidere i giornalisti in Palestina. So che c’è chi a quella parola libertà aggiungeva “anche facendo la guerra all’Iran”. So che chi si mobilitava per l’una aveva taciuto per Assange. So che Sala non è Assange. So che Meloni è andata da Trump. Ma il mio dire libertà è puro come colomba e prudente come serpente, per citare Matteo.
Da anni dico, diciamo e chiediamo, pace. Ecco, se la guerra finisse adesso, in un attimo come la liberazione di Sala, in Ucraina e Palestina sarebbe bello. Si smetterebbe di morire. Almeno con le armi. Ci sarebbe una “Intermittenza della morte”, per citare il magnifico libro di Saramago, che, come narra il libro, ha i suoi problemi se il potere resta cattivo ma è magica nell’amore.
C’è ormai una realtà che è andata oltre ogni distopia, irridendo le stesse distopie dei grandi immaginatori. Orwell pensava che “la guerra è pace” fosse un portato dello stalinismo e la realtà lo spiazza consegnando questa sua profezia al capitalismo rimasto solo e in preda ai demoni. Dai Neoconservatori, dove sono transitati molti, troppi “di sinistra”, ai tecno fascismi, passando per autocrazie e democrature il Mondo ci soffoca.
La Groenlandia è la metafora di oggi. Contiene una percentuale importante dell’acqua disponibile sulla Terra ed è il luogo dove ci sono tanti scienziati ad osservare gli effetti, drammatici, del cambio climatico. Per il resto è simbolo del voler vivere con i suoi piccoli centri abitati costruiti su palafitte condivisi con i cani da slitta che ne occupano delle parti. Ci andai in missione con il mio gruppo del Parlamento europeo. Ricordo che restammo bloccati da uno sciopero del personale di volo, con gli aerei che li atterrano tra i ghiacci. Ecco, lo considero un evento simbolico. Mi ricorda che contro le guerre dei padroni ci sta innanzitutto la lotta di classe.
Roberto Musacchio