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Un esempio di ciò che non si deve fare nel 21° secolo: l’allevamento industriale dei polpi

di Alessandro
Scassellati

Dal 2021 la multinazionale spagnola dell’acquacoltura Nueva Pescanova1 è impegnata nel realizzare un progetto che considera “una pietra miliare globale”, un sistema di allevamento intensivo a terra di polpi comuni (octopus vulgaris) che sarebbe il primo al mondo e che alla fine potrebbe fornire fino a 3.000 tonnellate di carne di polpo all’anno, richiedendo la macellazione di circa 1 milione di polpi. Negli ultimi anni, la domanda per il consumo di carne di polpi, attualmente una merce alimentare di lusso, è aumentata notevolmente in diversi paesi europei del Mediterraneo (Italia, Grecia e Spagna, soprattutto), così come in Asia (Giappone e Corea del Sud), Messico e Stati Uniti. Come diretta conseguenza di questa crescente domanda dei consumatori, le industrie alimentari sono desiderose di allevare polpi in cattività2.

Il progetto di acquacoltura da 65 milioni di euro con circa 1.000 vasche all’interno di un edificio a due piani  che il gruppo Nueva Pescanova vuole realizzare a Las Palmas de Gran Canaria nelle Isole Canarie entro quest’anno è in fase di autorizzazione da parte del governo regionale e sarà anche sovvenzionato dai contribuenti, sta incontrando reazioni più ostili del previsto. Da quando è stata annunciata la richiesta dei necessari permessi nel 2021, l’allevamento pianificato è diventato un punto critico di attenzione del dibattito internazionale che contrappone l’azienda e altri sostenitori dell’allevamento di polpi a coloro che sostengono che questi animali complessi, solitari e intelligenti non sono adatti per essere allevati in modo industriale. Nueva Pescanova insiste sul fatto che “non esiste una conoscenza scientificamente convalidata sulla loro ‘intelligenza’ o se siano più intelligenti di altre specie marine già allevate“.

Da Mumbai a Città del Messico, organizzazioni animaliste e ambientaliste, attivisti e manifestanti si sono mobilitati, aggiungendo la loro voce agli oltre 100 accademici che sostengono che l’allevamento di un animale carnivoro (in mare il polpo si nutre di cozze, altri molluschi, gamberi, pesci e granchi, mentre in cattività occorrono 3 kg di mangimi – basati su farina e olio di pesce – per ottenere 1 kg di carne di polpo) noto per essere curioso, solitario, affettuoso ed esplorativo3 sarebbe immorale e insostenibile dal punto di vista ambientale. Altri stanno cercando di bloccare il settore prima che inizi l’attività; i legislatori nello Stato americano di Washington stanno valutando un divieto dell’allevamento intensivo di polpi, mentre una petizione online che chiede un divieto globale ha ricevuto quasi 1 milione di firme.

Al centro del dibattito c’è la questione se i polpi debbano essere soggetti alla gestione piena di errori e maltrattamenti crudeli da tempo documentati portata avanti negli allevamenti intensivi di altri animali senzienti come maiali, polli e bovini rinchiusi in capannoni di cemento dove sono internati in decine di miliardi, selezionati unicamente in base alla produttività dei loro corpi4.

Non si discute tanto se mangiare o meno il polpo, quanto sulla decisione se inserire o meno il polpo in un sistema di produzione industriale di massa. L’umanità ha bisogno di farlo? Si tratterebbe di produrre industrialmente un bene di lusso, dato che la carne di polpo non viene consumata per garantire la sopravvivenza. Secondo gli scienziati e gli attivisti ambientali, il polpo è un simbolo di ciò che gli esseri umani non dovrebbero fare nel 21° secolo.

Da tempo consumata nel Mediterraneo e in alcune parti dell’Asia, così come in Messico, la carne di polpo è diventata sempre più popolare a livello globale, poiché le popolazioni più ricche del mondo apprezzano sushi, poke e tapas carichi di carne di polpo. Gran parte della domanda è stata finora soddisfatta da polpi selvatici: tra il 1950 e il 2015 le catture di polpi selvatici sono aumentate di oltre dieci volte, arrivando a circa 350-400 mila tonnellate. Secondo la FAO, questo lucroso mercato è passato da 1,30 a 2,72 miliardi di dollari tra il 2010 e il 2019. Di conseguenza, i numero di polpi selvatici sta diminuendo e i prezzi stanno aumentando. Questo anche se, rispetto a molte specie marine, i polpi si stanno adattando rapidamente ai cambiamenti degli oceani (legati al progressivo innalzamento delle temperature e all’inquinamento che porta all’acidificazione dell’acqua5, alla riduzione dell’ossigeno e all’infestazione di microplastiche e altre sostanze chimiche di sintesi) e non sembra esserci alcun rischio immediato di pesca eccessiva.

Mentre i sostenitori dell’allevamento industriale del polpo sostengono che questo sistema potrebbe aiutare ad alleviare la pressione sugli stock selvatici, ci sono pochi precedenti che suggeriscono che ciò accadrà. Uno studio del 2019 che ha analizzato in modo approfondito più di quattro decenni di dati provenienti da tutto il mondo ha suggerito che, nel complesso, l’aumento dell’acquacoltura non si è tradotto in un minor numero di pesci selvatici catturati. Invece, i ricercatori hanno scoperto che l’acquacoltura potrebbe aver contribuito all’aumento della domanda di pesci e altri esseri viventi selvatici marini. L’allevamento intensivo, infatti, fa abbassare il prezzo, creando potenzialmente nuovi mercati. Forse il modo migliore per alleviare la pressione sugli stock selvatici di polpi sarebbe quello di aumentare i prezzi e considerare la loro carne esclusivamente come una prelibatezza.

Inoltre, per allevare specie carnivore come polpi o salmoni6 sono necessari dei mangimi realizzati con ingredienti a base di farina e olio di pesce, il che ovviamente porta a una maggiore pesca per catturare il pesce selvatico di piccole dimensioni – soprattutto sgombri, sardine, sardinelle, acciughe e pesci pelagici – (definito “pesce povero” per il basso valore di mercato, ma edibile da parte degli esseri umani) da cui vengono prodotti questi ingredienti7. Questa dipendenza dell’acquacoltura sta già esacerbando i problemi di sicurezza alimentare nelle regioni del sud del mondo – in particolare in Africa occidentale – che ospitano i principali impianti industriali di farina di pesce (Mauritania, Senegal e Gambia). Nueva Pescanova afferma che il suo mangime include sottoprodotti di pesce già pescato e che sta lavorando per sostituire parte delle proteine animali con fonti vegetali8.

Nel tempo, la spinta per allevare polpi si è svolta parallelamente a un crescente interesse per la ricerca scientifica sui polpi che è arrivata ad offrire una comprensione più profonda di un animale una volta descritto come “probabilmente il più vicino ad un alieno intelligente che arriveremo ad incontrare“.

Il polpo è stato a lungo celebrato per la sua natura curiosa, la propensione per le audaci fughe9 e la capacità di trasformare il colore e la consistenza della sua pelle per imitare l’ambiente circostante. Un recente rapporto della London School of Economics ha trovato “prove molto forti di sensibilità” nei polpi, ossia della capacità di provare fisicamente sensazioni, rispondere emotivamente ad esse e imparare da queste esperienze. La scoperta – che suggerisce che i polpi sono in grado di provare dolore, piacere, paura e angoscia – si è basata su una revisione di oltre 300 studi scientifici, tra cui uno che ha scoperto che i polpi feriti proteggono una ferita avvolgendola con un tentacolo e un altro che ha suggerito che i polpi feriti, se viene data loro l’opportunità, si automedicheranno cercando antidolorifici. I polpi sono anche in grado di catturare e assaggiare toccando le loro prede con le ventose dei loro tentacoli (che quindi agiscono come dei recettori delle sostanze chimiche nell’ambiente). I polpi hanno più neuroni nei tentacoli che nel cervello centrale: una struttura che consente a ciascun tentacolo di funzionare in modo indipendente come se avesse il proprio cervello.

Alcuni degli scienziati che hanno preso parte allo studio ritengono che solo perché un animale è stato ritenuto senziente, non significa che non possiamo allevarlo. Ma che ci sono alcune pratiche che devono essere messe in atto per poter allevare un animale senziente. Attualmente non esistono norme dell’UE e degli USA che proteggano i polpi d’allevamento, poiché la legislazione esistente sul benessere degli animali non si applica agli invertebrati. Il tipo di protezioni che sarebbero necessarie per allevare il polpo – un animale dal corpo molle che può essere facilmente ferito dalle collisioni contro le pareti di vasche o gabbie o se maneggiato in modo approssimativo e che richiede un ambiente mentalmente stimolante – ha portato il gruppo di ricerca a concludere che “l’allevamento di polpi ad alto benessere è impossibile” e che ucciderli in acqua ghiacciata “non sarebbe un metodo accettabile in un laboratorio“.

Le associazioni animaliste Eurogroup for Animals e Compassion in World Farming chiedono all’Unione Europea di vietare l’allevamento intensivo dei polpi. C’è la possibilità di fermarlo prima che inizi. Sarebbe un segnale molto forte per tutti gli attori del settore che stanno cercando di fare la stessa cosa. Nueva Pescanova, invece, sostiene che il progetto per un allevamento di polpi a Gran Canaria rientra in un mandato dell’UE che spinge a sviluppare l’acquacoltura come elemento fondamentale della cosiddetta “economia blu10.

Se collocato in una vasca, ossia in un ambiente marino chiuso, il polpo può diventare aggressivo o territoriale. Il cannibalismo si verifica comunemente quando i polpi sono messi insieme. Lo stress da sovraffollamento o condizioni di vita non ideali può portare all’autocannibalismo, per cui si mangiano i tentacoli.

Nella struttura di ricerca del gruppo Nueva Pescanova in Galizia ci sono vasche piene di dozzine di octopus vulgaris con circa 15 biologi che passano le loro giornate a condurre test su come leggere variazioni nei livelli di luce, nutrizione e altre condizioni li influenzano. In alcune vasche vengono tenute al buio decine di femmine in fase di deposizione delle uova11 e in altre polpi anziani che i ricercatori sospettano stiano morendo (il ciclo di vita del polpo è di 3-4 anni). In una vasca di 16 metri quadrati, invece, sono raggruppati una cinquantina di polpi adulti (ci vuole circa un anno e mezzo perché il polpo raggiunga la fase adulta), molti dei quali pesano anche 3 kg. I ricercatori dell’azienda sostengono che non osservano alcuna territorialità, o cannibalismo, o attacchi, o qualcosa del genere, perché le condizioni sono giuste, citando parametri che vanno dalla temperatura dell’acqua alla salinità, ai livelli di ossigeno, al PH, alla luce, alla mancanza di predatori e alla pronta disponibilità di cibo. Per questa fascia di età, l’obiettivo è quello di aumentare gradualmente le dimensioni della vasca e la densità degli animali per rendere economicamente redditizio il loro allevamento. Mentre i rapporti di ricerca suggeriscono che la densità potrebbe eventualmente salire tra i 10 ei 15 animali per metro cubo (ossia per ciascuna vasca), la cifra esatta è ancora in fase di elaborazione.

La corsa per scoprire il segreto per allevare i polpi in cattività va avanti da decenni. È difficile perché le larve mangiano solo cibo vivo e hanno bisogno di un ambiente attentamente controllato, ma Nueva Pescanova ha annunciato nel 2019 di aver compiuto, con il sostegno dell’Instituto Español de Oceanografía (un ente pubblico), una svolta scientifica – che è stata brevettata – che le consente di chiudere il ciclo della riproduzione (sarebbe arrivata ad allevare esemplari di quinta generazione), arrivando ad “addomesticare” con successo il polpo. L’azienda ha fatto in modo che il polpo nato in acquacoltura non solo raggiunga la sua età adulta, ma cominci anche a riprodursi in un ambiente al di fuori del suo habitat naturale. Nueva Pescanova stima che ci sarà un tasso di mortalità del 10-15%.

I responsabili dell’azienda descrivono il progetto come ancora in una fase di “sperimentazione“, mentre i ricercatori raccolgono dati che guideranno i piani per l’impianto. L’azienda alla fine immagina una struttura in cui gli animali sarebbero divisi in circa 1.000 vasche (prive di oggetti e flora) in base alle fasi di vita, con le condizioni su misura per promuovere la crescita in ogni fase12 L’azienda nega le accuse secondo cui gli animali sarebbero soggetti a luce costante. Età diverse hanno requisiti di luce diversi, in termini di ore di luce diurna, intensità della luce e lunghezze d’onda.

Le affermazioni dell’azienda vanno contro ciò che si sa sull’octopus vulgaris, sostiene Jennifer Mather, professore all’Università di Lethbridge, in Alberta (Canada), che ha lavorato come consulente scientifico nel film documentario vincitore dell’Oscar My Octopus Teacher. “Se in un modo o nell’altro sono riusciti ad allevare selettivamente polpi calmi, dove sono i loro dati?” lei chiede. La propensione dei polpi a fughe mirabolanti è stata ben documentata: dalla corsa di quattro metri del polpo Inky attraverso il pavimento di un acquario della Nuova Zelanda e il suo scivolamento lungo un tubo di scolo di 50 metri nel 2016 alla storia secolare del polpo nell’acquario di Brighton famoso per sgattaiolare fuori dalla sua vasca nel cuore della notte per banchettare con il lompo. I polpi sono noti per avere personalità forti con enormi differenze tra gli individui, afferma Mather, e l’octopus vulgaris non fa eccezione. “Ho scoperto che i vulgaris sono una specie in gamba. Davvero attivi, davvero esplorativi, molto propensi a scappare.

In definitiva, il dibattito sull’allevamento di polpi si riduce a decidere se siamo disposti a sottoporre i polpi agli stessi tipi di errori, maltrattamenti e privazioni che commettiamo quando si tratta di allevare in modo intensivo animali come maiali, polli o bovini, ridotti allo stato di cose/macchine/merci. Abbiamo messo animali molto intelligenti in allevamenti intensivi e ora stanno soffrendo. Ora che abbiamo una scienza e conoscenza migliore rispetto anche solo a 10 anni fa, dovremmo prendere queste informazioni e usarle nel modo giusto, cercando di imparare dagli errori catastrofici del recente passato.

Ma, alla fine, non dovrebbe essere il nostro pensiero sull’intelligenza animale a favorire quelle specie che troviamo eccezionali o riconoscibili, anche perché ci sono costi reali per il nostro complesso di superiorità anche per noi, come dimostrato dalla recente pandemia13 e dalla minaccia esistenziale della crisi climatica per la quale gli allevamenti industriali hanno un grandissimo peso. La strada da percorrere non è quella di fare eccezioni per i polpi e altre specie che riteniamo meritevoli, ma dare la priorità a una Terra abitabile per tutti gli esseri viventi. Questo significa che multinazionali come Nueva Pescanova si devono assumere la responsabilità per quello che sembra un allevamento industriale crudele e inquinante; governi come le autorità delle Isole Canarie si devono assumere la responsabilità di rifiutare tali allevamenti nel loro territorio; e individui che ancora vogliono mangiare carne dovrebbero mangiare solo carne di qualità superiore (frutto di allevamenti dove viene garantito il benessere animale), e mangiarne sempre meno – e mangiare polpi solo quando sono stati catturati localmente.

Un prerequisito per vivere in modo sostenibile è il senso delle proporzioni e del limite; una comprensione di noi stessi come solo un’altra forma di vita sul pianeta. Abbiamo avuto la fortuna di godere della supremazia dell’homo sapiens per molti milioni di anni, ma se mai questa dovesse finire, c’è da sperare che qualunque essere deterrà il potere possa fare meglio che guardare alla nostra competenza nell’utilizzo di strumenti come test della nostra intelligenza per poi imporci una sofferenza considerata come “accettabile”. I polpi, giudicati secondo gli standard umani, sono animali intelligenti (con i loro otto tentacoli sanno certamente utilizzare degli strumenti), ma tutti gli animali, indipendentemente dalle qualità che troviamo eccezionali e riconoscibili, hanno bisogno di protezione dalle inutili sofferenze e dallo sfruttamento che multinazionali come Nueva Pescanova e gli altri “imperi del cibo” continuano ad infliggere loro.

Alessandro Scassellati

  1. Nueva Pescanova è una multinazionale spagnola del settore ittico, pioniera nell’acquacoltura, con allevamenti di gamberi e rombi che si estendono su una superficie di oltre 10.000 campi da calcio.[]
  2. Il polpo è offerto in molti menu e nei negozi di alimentari di tutto il mondo e i ricercatori stimano che ogni anno vengano catturate circa 350-400 mila tonnellate di polpo. Eppure attualmente non ci sono leggi in Europa, Stati Uniti, Messico o Giappone per proteggere i polpi d’allevamento dalla sofferenza, in particolare da metodi di uccisione abominevoli. Nueva Pescanova si è rifiutata di spiegare come verranno allevati o uccisi i polpi. Tuttavia, i polpi catturati in natura vengono generalmente uccisi bastonando la testa, tagliando il cervello senza anestesia, asfissiandoli o raffreddandoli in acqua ghiacciata (a meno 3 gradi). Quest’ultima sarebbe la soluzione che adotterebbe il gruppo Nueva Pescanova. Tuttavia, gli studi scientifici hanno dimostrato che questo metodo di macellazione del pesce provoca una morte lenta e stressante. L’Organizzazione mondiale per la salute animale afferma che “si traduce in uno scarso benessere dei pesci” e l’Aquaculture Stewardship Council (ASC) – il principale sistema di certificazione dei prodotti ittici d’allevamento – propone un divieto a meno che i pesci non vengano storditi in anticipo. Gli scienziati hanno anche studiato tre nuovi metodi di macellazione, tra cui metodi chimici (un’overdose di cloruro di magnesio, etanale e olio di chiodi di garofano), meccanici (la distruzione del cervello tagliandolo tra gli occhi o con la decapitazione), elettrici (elettrocuzione facendo passare corrente elettrica attraverso il loro corpo.[]
  3. I polpi sono molti milioni di anni più vecchi di noi e con loro, di tutte le specie sulla Terra, condividiamo un occhio fotografico ad alta risoluzione. I polpi hanno cervelli grandi e complessi: hanno 180 milioni di neuroni nel cervello e 320 milioni di neuroni divisi tra gli otto tentacoli. Sono animali intelligenti e senzienti in grado di provare emozioni come gioia, dolore e paura. La ricerca scientifica ha evidenziato che i polpi sperimentano una vasta gamma di stati d’animo, dal burbero al giocoso, proprio come fanno gli esseri umani, e mostrano una notevole curiosità e capacità di risoluzione dei problemi. La loro intelligenza è stata dimostrata in numerosi esperimenti scientifici. Sono stati osservati mentre usano noci di cocco e conchiglie per nascondersi e difendersi e hanno dimostrato di poter imparare rapidamente compiti prestabiliti, di essere in grado di aprire barattoli con tappo a vite e sollevare pesanti coperchi di serbatoi. I polpi usano strumenti, pianificano in anticipo, fanno persino amicizia con altre specie, possono cambiare il colore e la consistenza della loro pelle, camuffarsi. Il governo del Regno Unito ha riconosciuto polpi, granchi e aragoste come esseri senzienti nel novembre 2021, ma senza modifiche alle pratiche di pesca o nelle cucine dei ristoranti. La legge riconosce che le aragoste possono provare dolore, ma non è ancora un crimine bollirle vive.[]
  4. Si stima che siano circa 80 miliardi gli animali allevati in modo intensivo e si tratta di un numero assai limitato di varietà. Nel caso del pollame la varietà Livornese per le galline ovaiole e quella Cornish per i polli da carne (broiler), cioè per un tipo di pollo a rapido accrescimento selezionato attraverso incroci per la sua capacità di sviluppare un petto ipertrofico e fornire un paio di chili di carne particolarmente morbida in soli 50-60 giorni negli allevamenti intensivi. Per i maiali ci sono la Duroc, Landrace e Yorkshire. Per i bovini da latte e da carne le tipologie principali si sono ridotte a non più di 20, mentre tra il 2000 e il 2014, quasi 100 razze indigene di bovini si sono estinte in tutto il mondo. L’intera vita di questi animali avviene sotto il completo controllo umano, organizzata per ottenere il massimo profitto in tempi sempre più contenuti. Sono state standardizzate genetica, dimensioni, fasi e funzioni della vita degli animali. Anche l’accoppiamento, come ogni fase della loro vita, è controllato dall’uomo, per cui è bandito l’incontro diretto tra animali. I tempi, i fluidi scambiati, la loro quantità, il loro albero genealogico, la temperatura e la luce sono tutti stabiliti in base a parametri scientifici, mentre mucche e scrofe sono obbligate a continue gravidanze, finché la loro funzione riproduttiva non cessa. La connessione tra allevamenti animali industriali ed emissioni di CO2 e altri gas serra (il 23% del totale, superiore a quelle di tutti i sistemi di trasporto messi assieme) è stata evidenziata per la prima volta come una delle principali cause della crisi climatica con il rapporto di H. Steinfeld et alter, Livestock’s long shadow: environmental issues and options, FAO, Rome 2006. Se l’agricoltura nel suo complesso si stima che emette il 18% della CO2, il 37% delle emissioni di metano e il 65% di protossido di azoto (entrambi gas più insidiosi della CO2) sono riconducibili all’allevamento animale. Secondo le stime della FAO, i tre gas a effetto serra principali sono collegabili agli allevamenti intensivi per il 45% attraverso la produzione ed elaborazione del mangime, per il 39% attraverso la fermentazione enterica e per la restante parte con la gestione del letame (che adeguatamente trattato può diventare fertilizzante organico, ma di per sé contiene anche antibiotici, ammoniaca, metano, acido solfidrico, monossido di carbonio, cianuro, fosforo, nitrati e metalli pesanti).[]
  5. L’acidificazione degli oceani si verifica quando l’anidride carbonica si dissolve nell’oceano, il più grande serbatoio di anidride carbonica del mondo. In uno studio del Pacific Marine Environmental Laboratory (2018) si sostiene che “i livelli di anidride carbonica disciolta stanno influenzando in modo sproporzionato il benessere dei pesci nelle acque settentrionali più fredde” e con livelli aumentati di anidride carbonica saturata sono stati riscontrati “il disorientamento e problemi cognitivi in alcune specie di pesci marini“, nonché maggiori livelli di stress, in particolare nel salmone, negli squali e nel merluzzo. L’acidificazione dei mari, ma anche degli estuari marini e dei fiumi, dovuta all’assorbimento di carbonio (che in gran parte avviene attraverso il moto ondoso) sta indebolendo i pesci selvatici (ma anche quelli d’allevamento), contribuendo al rapido aumento dei tassi di estinzione delle specie marine, allo sbiancamento e morte delle barriere coralline e alla “desertificazione” della vita marina di fiumi e laghi (un terzo dei pesci d’acqua dolce sono in pericolo di estinzione, secondo una recente valutazione condotta da 16 organizzazioni conservazioniste globali).[]
  6. L’allevamento intensivo del salmone è un’industria multimiliardaria che ha assunto un crescente peso economico e politico. Lo sviluppo di questo settore industriale ha consentito di trasformare il salmone in una commodity e di far diventare quotidiano un cibo un tempo consumato solo nelle grandi occasioni. Ma, come per tutte le merci che alimentano consumi di massa globali, ci sono anche alti prezzi ambientali, culturali, sociali ed economici da pagare, e la prima vittima di questa trasformazione è senz’altro stato il salmone selvatico che in poco più di 40 anni ha subito la domesticazione e la mutazione in una merce globale esposta sugli scaffali dei supermercati. Il salmone atlantico si trova comunemente sugli scaffali dei supermercati, ma in realtà questi salmoni non hanno mai nuotato liberamente attraverso l’oceano, perché sono stati allevati in cattività, all’interno di gabbie metalliche ancorate a largo delle coste. Di salmoni atlantici d’allevamento ce ne sono molti di più di quelli selvatici nell’Atlantico. Secondo l’Istituto norvegese per la Ricerca sulla Natura nel mondo sono rimasti solo circa 1,5 milioni di salmoni selvatici dell’Atlantico, circa 500 mila dei quali in Norvegia. Su questi temi si veda il nostro articolo qui.[]
  7. L’allevamento di animali carnivori per fornire cibo umano è logicamente inefficiente e minaccia la biodiversità, la sicurezza alimentare e l’uguaglianza alimentare. Più la catena alimentare diventa lunga, meno efficiente diventa con circa il 90% dell’energia sprecata a ogni livello trofico. Lunghe catene alimentari significano più fasi agricole che sprecano la biodiversità. Più ci avviciniamo a mangiare “produttori“, più semplice ed efficiente dal punto di vista energetico diventa la nostra catena alimentare. A parte l’inefficienza di mangiare carnivori, allevarli aggiunge un altro livello di minaccia. Stiamo già utilizzando il 20-30% del pesce che catturiamo in farina di pesce che nutre i carnivori in cattività (soprattutto salmoni). Il polpo si aggiungerà a questo fardello con un rapporto di conversione del cibo di 3:1. Con il 90% dei nostri stock ittici sovrasfruttati, completamente sfruttati o esauriti (overfishing), possiamo davvero permetterci di minacciare ulteriormente la nostra biodiversità? Secondo la FAO, il 90% delle aree di pesca del mondo è sovrasfruttato o sta per esaurirsi (un terzo delle specie ittiche commerciali è sovrapescato), mentre un pesce su tre che viene catturato in tutto il mondo non arriva mai al piatto perché viene trasformato in farina o olio per nutrire altri pesci e animali o viene gettato in mare (perché troppo piccolo o di specie con basso valore commerciale) o marcisce prima che possa essere mangiato, soprattutto per mancanza di una corretta refrigerazione.[]
  8. Le linee guida strategiche per l’acquacoltura della Commissione Europea e promuovono la diversificazione verso specie a basso contenuto trofico, come i molluschi, che non richiedono mangimi per animali, mentre devono essere garantiti sistemi di alimentazione sostenibili per l’acquacoltura alimentata. Questo significa una riduzione dell’utilizzo di ingredienti per mangimi basati su stock ittici selvatici. Fonti alternative di proteine per i mangimi sono già disponibili sul mercato, come alghe e insetti.[]
  9. I polpi sono noti per la loro capacità di smontare le cose e spremersi per passare attraverso aperture delle dimensioni di una moneta.[]
  10. L’acquacoltura è il modo di produzione alimentare in più rapida crescita al mondo e varie condizioni ne favoriscono l’ulteriore diffusione La crescita della popolazione e la crescita economica hanno portato ad un aumento della domanda globale di pesci e crostacei. Per questo l’acquacoltura è stata salutata come il driver di una “blu revolution” ittica del XXI secolo, analoga alla “green revolution” agricola della seconda metà del XX secolo. Negli ultimi due decenni, l’acquacoltura è diventata un’importante fonte di cibo a base di pesce, molluschi e crostacei per compensare la stagnazione o riduzione delle catture globali di pesce e quindi l’offerta limitata di pesce selvatico. La globalizzazione del commercio alimentare ha ridotto i costi di conservazione e spedizione dei prodotti ittici e la concentrazione nel commercio al dettaglio, realizzata dalla grande distribuzione organizzata, favorisce catene di fornitura competitive e fortemente strutturate che ha hanno la capacità di controllare e assicurare forniture stabili e una logistica efficiente just in time. Ben oltre la metà dei pesci e crostacei consumati nel mondo ora vengono allevati industrialmente, ossia provengono dall’acquacoltura intensiva, per un valore stimato in circa 300 miliardi di dollari, con una crescita annuale del 6%.[]
  11. I polpi sono semelpari, il che significa che si riproducono solo una volta nella vita. E la riproduzione per questa specie significa anche che stanno per morire.[]
  12. Nueva Pescanova afferma di aver fornito al governo regionale delle Isole Canarie piani dettagliati su come disinfettare e filtrare tutta l’acqua che esce dalla struttura, in modo da eliminare il potenziale impatto ambientale dell’allevamento, dal deflusso di rifiuti che verrebbe creato dalla massa di polpi.[]
  13. Nonostante le affermazioni di Nueva Pescanova secondo cui non sono note patologie rilevanti, in una pubblicazione di 234 pagine, realizzata in collaborazione con la Commissione Europea, sono state trovate infezioni batteriche e parassiti nell’octopus vulgaris che possono infettare l’uomo. Mentre Nueva Pescanova ha affermato che “l’uso di antibiotici non è contemplato per nessuna delle fasi del processo produttivo dell’allevamento del polpo“, gli impianti di acquacoltura sono terreno fertile per batteri patogeni che devono essere trattati con antibiotici, in particolare in caso di insorgenza di malattie . I residui di antibiotici provenienti dall’allevamento possono diffondersi nell’ambiente marino, il che potrebbe contribuire alla resistenza agli antibiotici negli esseri umani.[]
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