Pubblichiamo integralmente il testo della ricerca The economy of Francesco. “I 12 punti del patto di Assisi”, di Eleonora Farneti, Mariano Ferrazzano e Franco Vespignani –
Noi non ereditiamo la Terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli
(proverbio dei Nativi americani)
Prefazione di Giovanni Russo Spena
La “Economy of Francesco” e il Patto in 12 punti del 24 settembre 2022 ci parlano di un allarme forte: siamo di fronte ad una mutazione antropologica. La “insostenibilità” sociale, ambientale e spirituale dell’attuale modello di sviluppo.
Papa Francesco disvela, rompendo la gabbia dell’ipocrisia, la legge economica del movimento della società contemporanea; la sua è una critica complessiva del modo di produzione capitalistico.
Francesco allude alle condizioni umane; rifiuta ogni ideologismo, evita di proporre la configurazione di un futuro modello universale di società, teoricamente inutile e politicamente controproducente.
Ricordando la famosa frase di Marx (“non prescrivo ricette per l’osteria dell’avvenire”) Francesco ci ammonisce che la nostra azione futura dipende in tutto e per tutto dalle reali condizioni storiche in cui ci troveremo ad agire.
Francesco ci spiega che l’unica lotta di classe la fanno, oggi, i padroni “dall’alto”. La “mano invisibile” del mercato del lavoro precarizzato trova il proprio complemento istituzionale, la propria protesi disciplinare nel “pugno di ferro” dello Stato che tende a stroncare il conflitto generato dalla diffusione dell’incertezza, dello spaesamento, della “paura” da cui la società è dominata. Il “pensiero unico” del mercato diventa, quindi, anche emergenzialismo, Stato di eccezione, Stato penale.
Francesco, inoltre, con sobrietà scientifica, senza retorica alcuna, allude alla necessità del passaggio dal modo di produzione capitalistico ad una produzione fondata sul lavoro associato di libere persone che lavorano con mezzi di produzione comuni come fossero una sola forza/lavoro sociale. E disegna, nei fatti, una società cooperativa che esalta il pieno e libero sviluppo di ogni individuo.
È proprio in questa ottica che Francesco critica, con parole aspre, i governi dell’economia che finiscono con il costruire un sistema imperiale che opprime il “governo dei produttori”. Quest’ultimo dovrebbe caratterizzarsi, invece, proprio per la funzione del lavoro del singolo che smette di avere una funzione privatistica diventando “lavoro sociale”.
Francesco parla di “insostenibilità” anche ambientale perché è alta la sua sensibilità culturale nei confronti di un modo di produzione che rapina non solo l’operaio ma anche il suolo e colpisce, quindi, entrambe le fonti della ricchezza umana: la terra e l’operaio.
La dignità umana e spirituale è asservita ai processi di accumulazione. Non a caso le Encicliche papali, anche sul tema ambientale, sono permeate di alta scientificità e profonda politicità. Per Francesco la vera discriminante è il “camminare da soli”, il perseguire diritti e doveri uguali per tutte e tutti. “La carità, senza giustizia, equivale ad una truffa”.
Anche la pace, per Francesco, non è solo un ideale. È collegata al sistema strutturale: le tante guerre in corso, a partire dal conflitto in Ucraina, vanno inquadrate in una linea di tendenza della storia; e, cioè, del funzionamento del capitale. I profitti dei complessi militar/industriali sono centrali, oggi, nella costruzione delle catene del valore del capitale.
L’attuale “legge di tendenza” del funzionamento del capitale è, infatti, la “centralizzazione dei capitali”, in sostanza la tendenza del capitale a concentrarsi in pochissime mani padronali. La competitività tra capitali diventa, quindi, massima e letale.
Le guerre, apparentemente ottocentesche, sono, invece, generate dai meccanismi strutturali contemporanei. Gli USA, la Nato, l’Unione Europea rispondono con processi di militarizzazione e di superiore “tecnologia di rete” ad una caduta di competitività sul piano economico nei confronti della Cina e di altre potenti autocrazie.
Gli Usa hanno anche il problema competitivo del pesante debito verso l’estero. Giustamente Francesco spiega che nazionalismi, sovranismi, imperialismi nascono proprio come patologie in questo passaggio d’epoca. Si verifica, nello stesso contesto, un ritorno ai protezionismi territoriali. In definitiva, le “guerre commerciali e finanziarie” diventano, purtroppo, “militari”.
E si militarizzano anche i popoli. Crescono gli egoismi nazionali e le paure nei confronti dei flussi migratori, che sono, comunque, inarrestabili e che sono percepiti come un pericolo. Francesco è l’unico importante leader politico mondiale che, invece di cavalcare nazionalismi, denunzia questi pericolosi meccanismi regressivi di massa.
Francesco percepisce che democrazia partecipata e legalità internazionale sono spazzate via dalle autocrazie. Teme, giustamente, che si profili la fase, distruttiva, di una nuova “guerra fredda”. In base a queste considerazioni Francesco mostra, anche nei suoi Angelus domenicali, una sorta di “ostinazione anticapitalista”, alludendo al percorso “per un altro mondo possibile”. Con una saggia ed unificante cultura “di frontiera”: di classe, di specie, di genere, di colore.
Nelle sue riflessioni è centrale la “critica del prodotto” (che cosa produciamo? per chi produciamo? come e dove produciamo?) che suona come ribellione scientifica al consumismo, allo spreco, all’opulenza, ai modi di produzione del capitale.
Francesco ci dice, profeticamente, che stiamo andando oltre la contraddizione capitale/lavoro; perché lo sfruttamento pervade tutta la nostra vita, ogni ora del giorno e della notte; stiamo andando verso lo sfruttamento integrale, verso la contraddizione primaria capitale/vita. Alienazione, mercificazione sono le chiavi principali della critica contemporanea all’attuale fase del capitale come compimento storico della società mercantile.
Occorre inoltrarsi nel “mare in subbuglio del capitalismo in via di mutazione” perché il capitale, da “modo di produzione” diventa “modo di distruzione”. La competitività totale del capitale contemporaneo non è un “residuo” dell’arretratezza capitalistica, ma proprio il frutto della “modernità” distorta.
Perciò Francesco critica aspramente l’individualismo competitivo, che ritiene fondamento delle diseguaglianze e dei drammi sociali; ed esalta il carattere irriducibilmente sociale che l’individuo deve avere nel privato e nelle relazioni sociali. Francesco è un federatore di popoli, un tessitore di rapporti di cooperazione. Per raggiungere la “felicità”.
Ringrazio per la competenza, la passione e l’amore mostrato gli autori di questo importante lavoro statistico/politico.
Giovanni Russo Spena