Dopo avere analizzato nella Introduzione il Punto 12, ci si propone ora di esaminare i rimanenti 11 Punti che sono stati sottoscritti dai giovani economisti ad Assisi, attraverso l’analisi di dati che supportano l’urgenza di un cambiamento di rotta nei modelli economici oggi esistenti e che si percepiscono ormai non adeguati alla realtà esistente, alle esigenze dei lavoratori, a quelle della società e della convivenza pacifica delle genti.
Punto 1 – Un’economia di pace e non di guerra
Punto 2 – Un’economia che contrasta la proliferazione delle armi, specie le più distruttive
Nell’Economia auspicata da Papa Francesco ai primi due Punti vi è “Un’ Economia di pace e non di guerra che contrasta la proliferazione delle armi”. Questa asserzione è quanto mai attuale nel presente momento storico. Infatti nel 2022 si potevano contare complessivamente 31 Conflitti armati per Zone geografiche (Tabella 4), intesi in senso lato, comprendendo cioè con tale termine le guerre civili, le insurrezioni terroristiche, la guerra alla droga e le violenze etniche.
I 31 Conflitti numericamente sono preponderanti in Africa (23) e in Asia (5), mentre l’unica vera e propria guerra è in Europa con l’aggressione della Russia all’Ucraina, ma con un impatto molto forte in cui, in cui oltre agli aspetti economico-politici, è costantemente presente il rischio di un allargamento di detto conflitto a livello mondiale.
Ovviamente per sostenere tutti questi conflitti armati è necessario che i Paesi dedichino una parte delle loro risorse alle Spese militari per la produzione di armamenti sia a carattere offensivo che difensivo di terra, di mare e di cielo in cui il ruolo delle tecnologie anche informatiche va assumendo un ruolo sempre maggiore.
Nella Tabella 5 sono riportate le Spese militari in dollari per Zone geografiche sostenute dal 2016 al 2020. Su un valore complessivo di circa 2.000 miliardi di Dollari destinati a tali Spese nel 2020 più del 40% (801 miliardi di euro) sono ad appannaggio del Nord America.
Nel quinquennio si sono registrati aumenti di poco meno di 300 miliardi di dollari (+17,5%) di cui ben 175 dal solo Nord America (+28%).
Analizzando poi quanto i Paesi del Mondo hanno dedicato alle Spese militari negli ultimi 50 anni percentualmente sul PIL (Grafico 7) è possibile notare come nei primi 25 anni si è assistito ad una quasi costante diminuzione mentre nei successivi 25 i valori si sono sostanzialmente stabilizzati restando compresi tra il 2,2% del 2000 e il 2,5% del 2010.
Non è un caso che fra i primi 100 Produttori di armi da guerra (Tabella 6), che fatturano complessivamente circa 531 miliardi di euro, le prime 5 aziende siano statunitensi (l’Italia presenta solo due Imprese, Leonardo e Fincantieri alla 13a e 47a posizione con un fatturato di 13,8 miliardi di dollari).
Se l’Italia non è rappresentata ai primi posti nella graduatoria dei maggiori Produttori, recupera invece nella classifica dei maggiori Esportatori (Grafico 8) posizionandosi al 6° posto nel quinquennio 2017-2021 col 3,1% del totale (sale al 4° posto nel solo 2021). Al primo posto ci sono gli Stati Uniti con ben il 39%, seguiti da Russia, Francia, Cina e Germania.
Ma quali sono i Paesi che invece hanno importato maggiormente armi dal 2017 al 2021 (Grafico 9)? L’India e l’Arabia Saudita si posizionano al 1° posto entrambe con l’11% del totale (la prima però in diminuzione del 21% rispetto al quinquennio precedente, mentre la seconda in aumento del 27%). L’Italia si posizione al 22° posto con l’1,2%.
Questi pochi ma significativi dati danno un quadro sconfortante di quanto possa essere lontana la visione di una Economia di pace e non di guerra auspicata da Papa Francesco. Troppo grandi e distribuiti gli interessi in gioco. Ciononostante cercare di introdurre progressivamente una concezione diversa dei rapporti fra i Paesi che conduca ad una vera Economia di pace sarà la sfida e il compito delle future generazioni.
Punto 3 – Un’economia che si prende cura del creato e non lo depreda
Quando nel 2015 Papa Francesco pubblicò l’Enciclica Laudato si’ aveva l’obiettivo principale di attirare l’attenzione di tutti gli uomini sui grandi problemi della nostra Casa comune, la Terra. Tra questi grande rilevanza avevano i guasti arrecati dall’uomo all’ambiente. Ecco quindi che un’Economia che si prenda cura del Creato e non lo depredi sia fondamentale per contrastare il degrado del nostro Pianeta.
Sono oramai sotto gli occhi di tutti quanto le variazioni del clima, sempre più accentuate, stiano originando una serie di fenomeni che, se non fermati in tempo, potrebbero arrecare danni irreversibili alla Terra.
I dati tra i più significativi che gli scienziati analizzano con attenzione, sono quelli dell’incremento di Anidride carbonica nell’atmosfera e della Temperatura media sulla superficie terrestre. Questi fenomeni, legati fra di loro, stanno determinando l’innalzamento della temperatura dei mari, lo scioglimento dei poli, dei ghiacciai e delle nevi perenni, l’aumento dei livelli degli oceani, la diminuzione delle precipitazioni, e così via, in una catena ininterrotta di conseguenze nefaste sempre più impattanti sulla vita dell’umanità.
Prendendo in considerazione l’andamento delle Emissioni di Anidride carbonica nell’atmosfera negli ultimi 30 anni, Grafico 10, si assiste ad una crescita costante di tali emissioni eccezion fatta nel 2020 a ausa sicuramente dei lockdown effettuati da moltissimi Paesi, specie i più industrializzati, a seguito della Pandemia da Covid-19. Dal 2021 le emissioni hanno ricominciato a salire e questa certo non è una buona notizia.
Bisogna dire che fin dal 1994 è entrata in vigore la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), Convenzione che costituisce il principale trattato internazionale in materia di lotta ai cambiamenti climatici che però ha dato scarsi se non quasi nulli risultati. Comunque proprio in questi giorni si stanno prendendo decisioni importanti, almeno nell’UE nel settore dell’automotive, in cui a partire dal 2035 non dovrebbero essere più immesse sul mercato automobili con motori endotermici, ma solo auto a emissioni 0.
Ma quali sono i Paesi che emettono più Anidride carbonica? Sono quelli più popolosi e/o più industrializzati o con utilizzo di combustibili fossili. La Cina è nettamente al primo posto (Tabella 7) con più di 12.400 milioni di tonnellate nel 2021 con un aumento di circa 3.300 milioni di tonnellate rispetto al 2010. Al secondo posto ci sono gli USA con una emissione pari a 4.752 milioni di tonnellate ma in diminuzione rispetto al 2010 di 816 milioni di tonnellate). Seguono l’India (2.649), la Russia (1.943) e il Giappone (1.085), con valori superiori alle 1.000 milioni di tonnellate nel 2021 con valori in crescita rispetto a quelli riscontrati nel 2010 per i primi due Paesi e in diminuzione per il Giappone.
A fronte di questa enorme massa di Anidride carbonica immessa nell’atmosfera si sta riscontrando una costante crescita della Temperatura media dell’aria sulla superficie terrestre nell’ultimo decennio (Tabella 8).
Tale tipologia di fenomeno richiede tempi lunghi di osservazione, infatti il NOOA (National and Oceanic Atmosphere Administration) che fornisce i dati effettua la comparazione con la Temperatura media dell’arco temporale precedente (1981-2020) pari a 14,05 °C. Nel decennio in esame tutti i valori riscontrati, seppur con un andamento non uniforme, sono superiori a quella del trentennio, anche con punte di quasi un grado di aumento. Sta di fatto che anche piccoli incrementi di Temperatura media complessiva stanno determinando l’estremizzazione dei fenomeni atmosferici con ripercussioni crescenti in ogni parte del Pianeta.
È noto che un fattore che contribuisce a mantenere in equilibrio le condizioni climatiche della Terra è rappresentato dalle Foreste e dalla loro estensione sulle terre emerse. Anche da questo punto di vista le cose non stanno affatto andando bene in quanto, pur se in modo non uniforme nei vari continenti, il saldo complessivo registra una diminuzione in termini assoluti di oltre 47 milioni di ettari nell’ultimo decennio (Tabella 9).
L’Africa e l’America del sud, con il contributo minimo dell’America del nord e centrale, che rappresentano circa il 55% delle Foreste globali, hanno causato la perdita di quasi 68 milioni di ettari di Foresta, solo parzialmente compensata dagli incrementi riscontratisi invece negli altri Continenti (con oltre 19 milioni di ettari di superficie recuperata a Foresta).
Un ulteriore aspetto che ha a che fare con il “prendersi cura del Creato” è quello della relativamente recente introduzione di Coltivazioni OGM. Per OGM si intendono quegli organismi non umani modificati attraverso l’ingegneria genetica che ne ha mutato il patrimonio e pertanto che non rispettano le leggi naturali del “Creato”. I dati a disposizione si riferiscono al quadriennio 2014-2018 (Tabella 10). In tale periodo si è registrato un aumento di circa 10 milioni di ettari, passando da circa 182 milioni a 192 milioni quasi tutti a carico del Brasile che si colloca, con oltre 51 milioni di ettari e col 26,8% del totale, al secondo posto fra i Paesi che hanno le maggiori estensioni di Coltivazioni OGM. Al vertice vi sono gli USA con 75 milioni di ettari che rappresentano quasi il 40% del totale di coltivazioni OGM.
Da questi pochi dati è facile intuire come i cambiamenti in atto stanno mettendo a rischio quello che Papa Francesco ha definito “la Casa comune”. È sempre più urgente quindi far assumere a tutti i Paesi piena consapevolezza sulle responsabilità delle azioni che essi compiono al fine di porre rimedio ai gravi guasti finora prodotti all’ambiente che ci circonda e di conseguenza alla sopravvivenza stessa dell’Umanità.
Punto 4 – Un’economia a servizio della persona, della famiglia e della vita, rispettosa di ogni donna, uomo, bambino, anziano e soprattutto dei più fragili e vulnerabili
Papa Francesco, in ogni suo discorso o messaggio, ricorda sempre che bisogna rispettare l’integrità e la dignità dell’essere umano a cominciare dai più deboli e fragili.
In un Mondo pervaso dall’egoismo, dalle disuguaglianze e orientato a salvaguardare gli interessi individuali a scapito di quelli collettivi, l‘Economia gioca un ruolo fondamentale. Così è indispensabile fare una inversione di rotta verso un’Economia che, non solo rispetti ogni persona, ma sia addirittura al suo servizio.
I Bambini e gli Adolescenti appaiono, in quest’ottica, tra le figure più fragili da tutelare. I dati, invece, ci mostrano situazioni ancora preoccupanti anche se il trend degli ultimi 20 anni evidenzia una forte contrazione del numero di Bambini e Adolescenti costretti a lavorare (160 milioni nel 2020 – di cui circa la metà in lavori pericolosi – contro i 245,5 milioni del 2000 pur con una leggera ripresa nell’ultimo quadriennio (Tabella 11).
Se mediamente il valore del 2020 corrisponde al 9,6% del totale di riferimento, il dato disaggregato per Aree geografiche, così come suddivise dall’agenzia delle Nazioni Unite OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro), evidenzia un elevatissimo picco nell’Africa subsahariana dove quasi un Bambino/Adolescente su quattro è costretto a lavorare per poter sopravvivere (Grafico 11). I Paesi occidentali e più industrializzati (Europa e America del Nord) presentano i valori più contenuti (2,3%) comunque troppo elevati per una società civile.
Non è un caso, infatti, che se si analizza (Tabella 12) l’Indice di Protezione dell’infanzia (Indice che tiene conto di una molteplicità di fattori e variabile tra 1, minima protezione, e 1.000, massima protezione), i dieci Paesi coi valori più bassi, compresi tra 392 e 568, sono tutti africani (Niger e Repubblica centrafricana in ultima e penultima posizione), mentre i primi dieci coi valori più elevati, compresi tra 980 e 990, sono invece 8 europei e due asiatici (con Singapore e Slovenia a pari merito al primo posto).
Un altro elemento fondamentale per valutare l’attenzione di uno Stato verso le persone, è la Quota di risorse finanziarie utilizzate per la c.d. “protezione sociale” sul totale delle spese sostenute. Le enormi differenze di PIL delle varie Nazioni (dato presente in Tabella 13 per fornire un ulteriore elemento di chiave di lettura dei dati ivi inseriti) influenzano non poco le graduatorie dei Paesi.
Comunque i primi dieci Paesi che dedicano la maggior quota sono sette europei, due sudamericani e uno asiatico (l’Argentina figura al primo posto con il 47,14% e l’Italia al quinto con 43,50%). Dalla parte opposta si trovano 5 Paesi asiatici, 2 africani, 2 centroamericani e 1 dell’Oceania (con all’ultimo posto l’Uganda e al penultimo il Kiribati). C’è da considerare però che sono inseriti in questa seconda graduatoria Stati piccolissimi o molto ricchi che, evidentemente, necessitano meno di spesa sociale.
Interessante è allora indagare quanta parte della Popolazione è tutelata da almeno una prestazione di “Protezione sociale” e quanto ciò avvenga per le categorie citate direttamente dal Papa. I dati dell’ILO riferiti al 2020, ci forniscono una Disaggregazione per raggruppamenti di Zone geografiche e per categorie di Popolazione (Tabella 14).
Il primo dato che salta agli occhi è che poco più della metà della Popolazione mondiale, pari al 53,1%, non usufruisce di alcun tipo di tutela (a fronte di un 46,9% che usufruisce di almeno un tipo di prestazione di protezione sociale). L’Europa è di gran lunga il continente che offre la più alta tutela a tutta la Popolazione (84,6% nell’Europa dell’Est e il 90,4% nel resto dell’Europa). L’Africa Subsahariana e l’Asia Meridionale, all’opposto, sono ai livelli minimi di Protezione sociale, rispettivamente con il 13,7% e il 22,8% di Popolazione tutelata, e ciò accade oltretutto anche in Paesi poverissimi in cui le condizioni di vita sono poco sopra la sopravvivenza. L’Africa nel complesso è il continente con i valori più bassi (17,4%).
L’Analisi estesa alle categorie di Popolazione evidenzia che quella dei “Disoccupati” (18,6%) e quella dei “Bambini” (26,4%) sono quelle meno tutelate a livello mondiale anche se non in modo totalmente uniforme nelle diverse Aree territoriali. Comunque entrambe presentano i loro valori minimi in Africa e in particolare nell’area Subsahariana (rispettivamente 4,9% e 10,5%).
Gli Anziani, invece, con l’eccezione dell’Africa specie nella zona Subsahariana, degli Stati arabi e dell’Asia meridionale sembrano godere di una maggiore tutela specie nell’America del Nord, in Europa e nell’Asia centro-occidentale.
Precaria anche la situazione delle Persone con gravi disabilità e vulnerabili in buona parte del Mondo. L’Europa dell’Est, che tutela tutta questa categoria di persone, l’America del Nord e il resto dell’Europa hanno valori pari o prossimi al 100%. Nettamente distanziate tutte le altre Zone geografiche con i minimi nell’Africa Subsahariana (6,7%), l’Asia meridionale (6,8%) e gli Stati arabi (7,2%) che lasciano questa categoria di Persone quasi priva di Protezione. Si ricorda che tutti questi dati fanno riferimento alla somministrazione di almeno una Prestazione di protezione sociale e non si riferiscono quindi ad una copertura complessiva di interventi.
Un dato significativo per descrivere la Protezione sociale data alla Popolazione è quello descritto nel Grafico 12. Qui sono riportate le Persone al di sopra dell’età del pensionamento che ricevono la pensione sul totale della Popolazione con la suddivisione territoriale fornita dall’OIL. L’Africa Subsahariana (19,8% e gli Stati arabi hanno quote di copertura molto contenute. Leggermente migliori le situazioni dell’Asia meridionale (39,2%) e dell’Africa del Nord (43,8%).
Dai dati risulta estremamente difficile desumere, quindi, che l’Economia oggi sia al servizio e rispettosa delle persone come auspicato dal Pontefice e che, quindi, ancora molto si deve fare su questo fronte.
Punto 5 – Un’economia dove la cura sostituisce lo scarto e l’indifferenza
Uno dei fenomeni più preoccupanti che coinvolgono tantissimi Paesi, la cui soluzione e gestione risulta sempre più difficoltosa a causa del suo aumento continuo e della sua variabilità, è quello dei Flussi migratori e delle Risposte di accoglienza dei Paesi destinatari di tali flussi.
Un punto che Papa Francesco stigmatizza costantemente è l’indifferenza o l’ostracismo verso gli Scarti “umani”, quali i Migranti e i loro tentativi di raggiungere un posto dove poter vivere dignitosamente lontano da guerre e carestie o alla ricerca di un posto di lavoro per poter sopravvivere.
Il fenomeno delle Migrazioni, a livello mondiale, sta oramai crescendo costantemente da 50 anni (Grafico 13) più che triplicatosi in termini di valori assoluti. Si è passati da 84,5 milioni nel 1970 ai 280,6 milioni nel 2020. Nell’anno successivo, il 2021, i Migranti hanno raggiunto i 281 milioni pari al 3,6% della Popolazione mondiale. In tale anno si sono superati i 100 milioni di Migranti forzati.
Occorre fare un po’ di chiarezza sulle terminologie utilizzate al fine di comprendere meglio i fenomeni descritti.
I Migranti forzati, che non hanno un riconoscimento internazionale, sono “Persone soggette a un movimento migratorio caratterizzato da elementi di coercizione derivati da calamità naturali o da cause umane, comprese le minacce alla vita e al sostentamento” secondo la definizione data dall’European Migration Network (EMN). Con il termine Rifugiato ci si riferisce, invece, ad una precisa definizione legale e a specifiche misure di protezione stabilite dal Diritto internazionale. In termini generici il Rifugiato è una persona che è scappata dal proprio Paese per cercare protezione in un altro. È la prima e più importante forma di Protezione internazionale. I Richiedenti asilo sono persone che hanno richiesto di essere riconosciuti come Rifugiati (o altra forma di Protezione) e che sono in attesa del responso.
La Tabella 15 descrive l’andamento negli ultimi 10 anni dei “Rifugiati internazionali e dei Richiedenti asilo”. Questi si sono più che raddoppiati nel periodo esaminato passando da 16,3 milioni di rifugiati nel 2012 a 36,1 milioni nel 2021 quindi una netta minoranza rispetto al totale dei Migranti.
Ma da quali Paesi provengono? I dati relativi sono contenuti nella Tabella 16 e dicono che nei primi 10 Paesi di provenienza 6 sono africani, 2 asiatici e 1 sudamericano. Al primo posto con 6,7 milioni c’è la Siria, martoriata da anni di guerra, al secondo posto il Venezuela (4,0 milioni), Paese con un livello di criminalità e di violenza giunti oramai a livelli elevatissimi (Caracas, la Capitale, è considerata la città in cui è più pericoloso vivere), al terzo l’Afghanistan con 2,6 milioni, Paese sottoposto ad un regime totalitario e opprimente. 8 dei 10 Paesi presentano un Indice di sviluppo umano (ISU) “molto basso” o “basso”. Questo Indice tiene conto di diversi Tassi: aspettativa di vita, istruzione e reddito nazionale pro-capite. La Siria e il Venezuela che come detto occupano i primi due posti della graduatoria di “Rifugiati internazionali e Richiedenti asilo” hanno invece un ISU medio a riprova ulteriore che non sono solo le condizioni economiche a determinare i Flussi migratori.
Nella graduatoria dei Paesi che accolgono questi Migranti vi sono generalmente o Paesi confinanti, o Paesi ad alto tenore di vita o con stili di vita simili (Tabella 17). Infatti al primo posto troviamo la Turchia con 3,7 milioni (Paese che peraltro riceve cospicui contributi dall’Unione europea per ospitare questi Migranti), al secondo e al settimo posto la Colombia e il Perù che presumibilmente accolgono i rifugiati dal Venezuela, al quinto e al sesto gli USA e la Germania che presentano un ISU molto alto. Nei primi dieci Paesi vi sono 4 asiatici, 2 africani, 2 sudamericani, 1 europeo e 1 nordamericano.
Il fenomeno delle Migrazioni, che ha attraversato da sempre la storia dell’Umanità, viene oggi vissuto a livello mediatico in tempo reale mostrando a tutti i drammi e le tragedie che spesso si accompagnano a tali spostamenti di uomini, donne e bambini. Campi profughi al limite della vivibilità, naufragi, sfruttamento della criminalità dei Migranti, ecc. vengono messi sotto gli occhi di tutti, fatto che dovrebbe contribuire ad una presa di coscienza sempre più piena. Nella prospettiva di ulteriori crisi dovute alla scarsità crescente di cibo e delle risorse idriche causate dalla siccità avanzante, a nuovi conflitti che possono nascere all’improvviso in ogni parte del Mondo, è impellente riuscire a considerare il Migrante non più come un peso o un nemico da combattere, ma un’opportunità da integrare per poter contribuire insieme al benessere di ciascuno. Gestendo i flussi compatibilmente con le capacità e possibilità di inclusione degli Stati ospitanti. Andare allo scontro potrebbe significare la sconfitta di tutti.
Punto 6 – Un’economia che non lascia indietro nessuno, per costruire una società in cui le pietre scartate dalla mentalità dominante diventano pietre angolari
In una Società civile è un dovere cercare, non solo di dare a ognuno le medesime opportunità di studio, di lavoro e di riuscita sociale, ma anche di non lasciarlo in una condizione di emarginazione sociale qualora ne fosse vittima per salvaguardarne la dignità in primis come persona. D’altra parte c’è sempre bisogno del contributo di tutti e, nel caso qualcuno avesse “sbagliato”, lo si deve recuperare e dargli una seconda opportunità. Comunque la si guardi, conviene anche dal punto di vista strettamente economico alla Società stessa utilizzare al massimo le risorse disponibili e non isolarle facendole diventare un puro costo. Ovviamente Papa Francesco non vede esclusivamente il primo punto ma, anzi, si spinge oltre. Infatti gli “Scarti” diventano per lui una possibile “Pietra angolare” di riferimento. Tra gli Emarginati e gli “Scarti” d’oggi, i Detenuti occupano evidentemente un posto di assoluto rilievo. Ecco, quindi, come si presenta la situazione nel Mondo e nei vari Continenti.
La Tabella 18 e il Grafico 14 danno alcune informazioni al riguardo. Nel 2021 risultano nel Mondo quasi 11 milioni di detenuti, pari allo 0,14% della Popolazione cioè 140 Detenuti ogni 100.000 abitanti. Se in termini assoluti le Americhe e l’Asia presentano valori abbastanza simili, cioè intorno ai 4 milioni, percentualmente le cose sono molto diverse. Infatti, a causa della numerosità della Popolazione asiatica, la quota di Detenuti qui non raggiunge lo 0,1% della Popolazione, mentre nelle Americhe questa è pari a quasi lo 0,4% cioè 176 Detenuti per 100.000 abitanti in Asia contro 376 nelle Americhe. Il dato reale del 2021 per la verità si riferisce ai soli primi 9 mesi.
Da un confronto col dato stimato e riferito all’intero 2020 (Grafico 14) si riscontrano situazioni diverse per i Continenti. Infatti solo in Europa si verifica una contrazione rispetto ai dati stimati per il 2020 come era presumibile aspettarsi visto che il dato 2021 si riferisce solo a nove mesi. Negli altri Continenti i valori sono tutti più elevati. O i dati del 2020 sono stati sottostimati oppure si assiste ad un balzo in avanti delle Detenzioni di oltre 2 milioni di individui.
Una informazione che evidenzi la Popolazione emarginata per povertà la fornisce la Tabella 19 che riporta i Paesi con il più alto Indice di povertà. Tale Indice dà la percentuale di Popolazione che vive con meno di 2,15 $ al giorno. I primi 10 Paesi con le più elevate quote di Popolazione povera sono tutti africani ad eccezione del primo, cioè l’Uzbekistan asiatico con un valore pari a 82,2 % (dato però risalente a ben 20 anni fa, 2003). Al secondo posto c’è il Madagascar con l’80,7 % (dato del 2012) e via via gli altri Paesi africani. Chiude questa triste graduatoria al decimo posto lo Zambia con 61,4 % (dato del 2015).
Bisogna però sottolineare che gli anni di riferimento dei dieci Paesi sono differenti anche in modo significativo compresi tra il 2003 e il 2019 e di conseguenza la situazione potrebbe differire se ci fossero dati temporalmente allineati. Resta comunque il fatto che le Quote di Popolazione povera sono tutte notevolmente superiori al 50% della Popolazione per ogni Stato in graduatoria e questo, al netto del gap temporale, evidenzia in modo incontrovertibile l’estrema povertà di gran parte della Popolazione appartenente a tali Paesi.
Come detto in precedenza, dovrebbe essere obiettivo di ogni Paese, che si vuole definire civile, dare pari opportunità a ciascuno dei propri abitanti. Per perseguirlo, tuttavia, bisognerebbe destinare risorse a tale lodevole scopo. È un fatto peraltro che oggi esistono Nazioni in cui i diritti umani non vengono rispettati per l’oppressione di Stati totalitari, anche di natura teocratica, e la legalità è venuta meno per gli altissimi livelli di criminalità, per la corruzione diffusa, per una distribuzione delle ricchezze iniqua, ecc. Risulta quindi difficile immaginare una Società così come ipotizzata da Papa Francesco, in cui l’Economia si faccia carico di recuperare le c.d. “Pietre scartate” e le valorizzi. La realtà di oggi, purtroppo, è ancora molto distante da questa visione del Mondo.
Eleonora Farneti, Mariano Ferrazzano, Franco Vespignani