Innanzitutto un abbraccio a Sumar. I suoi tre milioni di voti sono decisivi nel dire a Vox: no pasaran.
Prendere milioni di voti non è cosa facile e scontata. Per altro Sumar ha gestito il passaggio dalla fase di rottura del sistema politico tradizionale, in crisi, che caratterizzò Podemos a questa in cui quel sistema fondato sul bipartitismo di popolari e socialisti è in ripresa.
Poteva esserci una diaspora, come quella che ha caratterizzato la sinistra radicale italiana dopo la sconfitta del ciclo del rapporto conflittuale col centrosinistra, incapace di costruirne insieme un altro. Non è stato così. Sia pure nelle grandi differenze culturali e politiche, da Iglesias a Diaz si è scelto di evitare la diaspora. Anzi si è anche ricucito qualcosa. Naturalmente i problemi sono grandi e noti. Ma questo passaggio politico, diciamo dall’ipotesi di populismo di sinistra capace di correre per primeggiare a quello di una più mano rata costruzione di una soggettività di sinistra, è stato affrontato senza fracassi. Mentre la sinistra radicale italiana si è frammentata tra subalternità, generoso velleitarismo e identitarismi tutti e tre agiti senza spessore e leadership adeguati, in Spagna si è avuto un “senso della Storia”, una “responsabilità”. Forse non è un caso che sia toccato a Yolanda Diaz, di formazione comunista. Ma Iglesias, che l’ha scelta, non ha remato contro pur alzando l’asticella della riflessione critica sulla fase.
Ho scritto “ha mantenuto il senso della Storia” perché questo motiva l’esistenza di una forza politica. Tanto più se coalizionale come Sumar. Che ora vuole essere decisiva nell’affrontare il rapporto indispensabile con le forze catalane e indipendentiste. Che è il tallone d’Achille del PPE. Ma anche il vulnus del governo progressista. Ha fatto cose importanti sul sociale e sui diritti. Qui è mancato. E si è visto dal voto catalano più scarso quantitativamente e con problemi politici.
Battere il ritorno del franchismo, battere Vox non era una copertura politicista all’accordo col Psoe ma stare dentro la Storia. E cambiare ciò che sembrava scritto: in questa UE dopo Meloni anche gli eredi di Franco.
Tutto il percorso che va da Podemos a Unidos e poi Unidas Podemos a Sumar è fatto di durissimi bracci di ferro col Psoe. Per portarlo alle elezioni invece che astenersi sul governo del PPE. A non andare con Ciudadanos. A fare cose sociali. Braccio di ferro passato per più elezioni e riuscendo a resistere. Pur non essendo in grado di fare quel sorpasso sui socialisti. Che aveva tentato anche Izquierda Unida di Anguita. Poi Podemos di Iglesias. Che è riuscita in Grecia a Syriza, però poi sconfitta al governo e anche all’opposizione. Che è riuscito a Mélenchon che però al governo non ci è arrivato. Parlo di situazioni tutte importanti e “gloriose” per la sinistra radicale in Europa.
In Spagna si è visto che anche un vecchio sistema politico che però non ha abdicato come in Italia può contenere il farsi maggioranza delle vecchie destre radicali. Il Psoe ha molti tratti del socialismo liberale. Il PPE ha introiettato molto Vox. Ma Meloni sfonda. Vox arretra. E questo conta. E dice del PD e del partito personale di Berlusconi.
C’è un macigno, e si chiama guerra. La sinistra radicale spagnola ha fatto cose buone contro la guerra. Il governo progressista ha seguito l’onda, senza eccedere ma senza chiamarsi fuori. La guerra è cominciata dopo che c’era il governo. Si può dire che bisognava rompere e consegnare il Paese a Vox. Toccava agli spagnoli decidere e si sono assunti le responsabilità politiche. Per altro la crescita della partecipazione al voto dice che non ci sono masse in attesa del messianesimo ma della politica.
Chi può però deve mettere la pace al primo posto. È il caso dell’Italia dove la frammentazione può essere affrontata intorno ad un grande tema che appare maggioritario tra gli italiani ma senza rappresentanza politica. Si darebbe così anche un importante contributo all’Europa. Si può fare a patto di provare a mettere al centro la Storia e non le proprie auto rappresentazioni.
Roberto Musacchio