editoriali

Sfiduciamo von der Leyen

di Roberto
Musacchio

Dopo quelli dei Cinquestelle anche i parlamentari europei di Avs fanno sapere di essere impegnati a raccogliere le firme per una mozione di sfiducia “da sinistra” a von der Leyen. 

Chi, come me e come noi di transform, e mi permetto di dire come Rifondazione Comunista, non l’avrebbe mai voluta e da tempo la considera il peggio che va a braccetto col più peggio, si augura che le firme necessarie alla presentazione, che vanno oltre i numeri del gruppo The Left, ci siano. Il capo delegazione dei Cinquestelle, Tridico, in un’intervista si è rivolto direttamente al Pd. Avs è a cavallo tra The Left e Verdi. Sarebbe molto importante comunque che tutto il gruppo The Left e il Partito della Sinistra europea convergessero su questa necessità.
Sulla risoluzione di sfiducia recentemente presentata da parlamentari di destra solo la metà dei componenti del Parlamento ha votato no. L’altra metà o ha detto si o si è astenuta o assentata esprimendo disagio verso una mozione “da destra” ma anche verso la Presidente. Che, chiamata in causa per le vicende dei rapporti con le multinazionali in occasione dei contratti sui vaccini, osservate anche dagli enti proposti al controllo, ha dato dei putiniani ai presentatori. Ricevendo la richiesta di presentare prove o di scusarsi. Ho già scritto che neanche nel maccartismo si attaccavano così parti del Congresso. Ora la vicenda è però quella dell’accordo sui dazi fatto con Trump. Non so se von der Leyen accuserebbe, se si arrivasse al numero necessario, i presentatori di agire anche in questo caso per Putin. Viste le relazioni che Trump intrattiene con il leader russo l’arrampicata sugli specchi sarebbe ancora più scivolosa. Infatti la Presidente ha fatto diffondere un video in cui difende il presunto buon accordo fatto con il Presidente Usa. Un accordo venduto come necessario per la stabilità, perché di questo l’economia Ue avrebbe bisogno. Cosa ci sia di stabile in un accordo che da un lato rimane opaco come non mai, dall’altro paga dazi pesanti e in alcuni casi pesantissimi, e da un altro versante ancora impegna la Ue a fare acquisti assurdi dagli Usa in materia di armi ed energia, è difficile capirlo. Tanto è vero che la Germania si affretta a riaprire un tavolo in proprio sul punto dirimente delle produzioni siderurgiche, che poi sono auto ed armi. Punto, quello siderurgico, che per altro pesa molto anche per l’Italia, che è il secondo produttore siderurgico d’Europa ed ha appena venduto la Iveco.
Meloni non batte ciglio, stando al rimorchio di Trump e von der Leyen e fidando in qualche favore dai due. Sarebbe un’altra da sfiduciare ma non per richiamare Draghi come vorrebbe Renzi che gli affiderebbe Commissione e Presidenza del Consiglio insieme, alla faccia delle sue performance in era di austerità quando la Ue, o meglio i suoi sudditi, hanno pagato i conti della finanza globale inciampata nella crisi Usa. Sta di fatto che una mozione di sfiducia a von der Leyen sarebbe quanto mai necessaria. Non solo per provare a cacciarla ma almeno per fare una discussione pubblica su cosa sta succedendo. Chi scrive pensa che i vari settori delle borghesie (uso questo termine in modi classicamente marxisti) stanno faticosamente cercando di trasformare tutte le potenziali situazioni di conflitto tra loro in accordi fondati sull’idea che comunque a pagare devono essere le classi sociali proletarie (anche qui in senso marxista). Diciamo che hanno imparato la lezione e cercano, una volta riusciti a rovesciare la lotta di classe a proprio favore, di mantenerla così.
Certo, le crisi e le contraddizioni il capitalismo le produce. Loro cercano di surfare sopra. Si avvalgono della forza della globalizzazione finanziaria e del nuovo asse post-democratico tra tecnocrazie e populisti. Non facile.
I suprematismi restano tanti e le rotte di collisione anche. La Storia dice che chi ha saputo leggerle e volgere a proprio verso ha fatto la Rivoluzione. Una Rivoluzione socialista però manca da tempo. E allora, se non ora quando? Ma intanto una bella discussione su dove va la Ue tra dazi, riarmo in generale e riarmo tedesco in particolare, guerra permanente con la Russia, Palestina servirebbe eccome. Potrebbero essere quattro punti, cinque aggiungendo il tradimento sul clima, anche di un appello convergenza di forze europee, compreso il nuovo partito di Corbyn, di movimenti e intellettuali. E servirebbe moltissimo all’Italia dove è evidente che la lotta al riarmo è tutt’uno con quella economica e sociale.

 

Roberto Musacchio

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