Mentre qualche giornalista di peso si spinge a ipotizzare governi militari, il banchiere Draghi si appresta a prorogare ulteriormente lo stato di emergenza da epidemia arrivando al record mondiale di due anni. Durante i quali si decide per Dpcm o, se va bene, per decreto. Mentre invece si “discute” a livelli da bar, da tifo, da pessima campagna elettorale.
Eppure è evidente che la pandemia ha un carattere epocale che chiede di rafforzare la democrazia e non di commissariarla.
Democrazia non è non decidere ma decidere secondo le procedure costituzionali partecipate e rappresentative.
Poi qui c’è di mezzo una questione scientificamente e socialmente complessa.
Io ho fatto l’esperienza al Parlamento europeo della discussione sul pacchetto clima. Ero vicepresidente della Commissione speciale a tempo istituita per facilitare, fornendo il contesto, le norme che venivano discusse in commissione ordinaria. Dunque audizioni scientifiche ad alto livello che discutevano anche dei paradigmi oltreché dei dati. Con domande che si possono rapportare a quelle di oggi sulla pandemia. Esiste il cambio climatico? C’è sempre stato o ora è colpa dell’uomo? Si possono imporre misure e quali?
Sul negazionismo il Parlamento europeo ha discusso, non ha fatto crociate via FB. Ha apparecchiato tavole di conferenze pubbliche con la scienza e poi si è assunto la responsabilità di decidere votando. Il contesto e le leggi, sei. Un pacchetto che era precisamente climatico e in attuazione del protocollo di Kyoto. Cioè obblighi per il clima e non, come è stato dopo, dalla fine di Kyoto ad oggi, misure di mercato per lo sviluppo verde che di risulta migliorano il clima.
L’esperienza che ho fatto mi dice che questo si fa in democrazia, in società complesse che devono affrontare crisi sindemiche o climatiche.
Sulla pandemia invece stiamo andando avanti con gli esperti in televisione, i politici a cercare voti, l’opinione pubblica su FB, i parlamenti silenti e i governi che fanno decreti.
Così non funziona.
Se guardo all’esperienza del clima io farei una discussione istituzionale con la comunità scientifica. Per definire un quadro e le norme necessarie. Quelle cogenti da fare con legge.
In questo quadro è lecito discutere anche sui “negazionismi scientifici”. Io e la maggioranza del PE votammo contro.
Va esplicitato lo stato dell’arte sull’obiettivo da perseguire. L’immunità di gregge è praticabile? Come ci si arriva?
I vaccini sono uno strumento imprescindibile senza i quali la gestione della pandemia è impossibile?
Se così è la mia posizione parlamentare sarebbe favorevole alla obbligatorietà. Per i singoli ma ancora prima per la loro disponibilità produttiva e distributiva. Preferirei questa obbligatorietà, che poi per me è diritto così come ad avere le cose che servono socialmente, ai surrogati che sembrano preservare una sorta di scelta di autogestione del rischio e poi però creano circuiti separati praticamente su tutto. Questa mia posizione non nega e non demonizza quelle espresse in nome della “libertà” o della “incertezza scientifica”. Decide un prevalente motivato. Che è dato dal carattere della pandemia che non mi sembra consenta una autogestione individuale o anche sociale del rischio da mancata vaccinazione. Non siamo come col fumo o con l’alcool, che producono danni gravi ma non tutti insieme e tracimanti. I rischi di pressione sanitaria e di spazio al moltiplicarsi delle varianti mi appaiono non sostenibili. Umanamente, socialmente, economicamente (parametro che contesto ma che c’è). Infatti la “separazione” che si pensa per “rispettare” l’obiezione vaccinale è molto (troppo) estrema. La UE cerca di contenerla equiparando tampone continuo a vaccino e guarigione. Ma il rischio di tracimare c’è, eccome. Molto meglio per me la via diretta del vaccino “obbligatorio” come per polio e vaiolo. Naturalmente per legge e dopo confronto di dati ed opinioni. E la mia lo è.
C’è da riflettere su come l’abuso fatto della scienza a fini commerciali abbia seminato più diffidenze, motivate, di quante ne creava quella pionieristica ma non contaminata. Per questo serve la discussione pubblica, democratica, la legge e non il decreto. Ma serve anche la “bonifica” dall’inquinamento mercantile della scienza stessa. Via brevetti e profitti dalla pandemia, e dalla scienza tutta. Ma poi la scienza stessa ci dovrebbe dire che serve per una società della cura un altro paradigma. Complesso e democratico. Di altra economia e società. Di prevenzione. Vaccini per tutti, subito, in tutto il Mondo. Cosa che non sta succedendo e pregiudica qualsiasi scelta si faccia. Un nuovo Mondo della cura che guarisca dalla pandemia mercantile.
Che invece sembra non voler aver fine. Apprendiamo infatti che i nuovi contratti che la UE avrebbe fatto con Pfizer e Moderna avrebbero una maggiorazione di circa il 30%, pari a circa 6 euro a dose. E che sarebbero state prenotate 2,1 miliardi di dosi. Il che significherebbe che si andrebbe verso nuovi richiami vaccinali. Chi informa? Chi decide? Le ragioni per firmare l’ICE contro i brevetti sono sempre più attuali.