Riprendiamo dal sito fondazionedivittorio.it questo Commento alla ricerca scritto dal presidente della Fondazione di Vittorio sulla ricerca svolta in merito a salari e occupaione in Italia —
La Fondazione Di Vittorio ha comparato, sulla base degli ultimi dati disponibili, l’andamento dei
salari in Italia nel 2021 con quelli dell’Eurozona.
Nel 2021 in Italia, il salario lordo annuale medio, pur passando da 27,9 mila euro del 2020 a 29,4
mila euro del 2021, rimane ancora ad un livello inferiore a quello pre-pandemico (-0,6%) nonostante
la crescita del Pil. Nell’Eurozona si attesta a 37,4 mila euro lordi annui (+2,4%) in Francia supera i
40,1 mila euro mentre in Germania arriva ad oltre 44,5 mila euro. La differenza in cifra assoluta fra
i salari medi italiani e quelli di Francia e Germania aumenta così ulteriormente rispetto alla fase prepandemica di circa 1.000 euro lordi annui. Si conferma –quindi- che quando in Europa diminuiscono
salari e occupazione, in Italia calano di più; quando invece aumentano, in Italia crescono meno.
L’andamento dei salari italiani è legato a più fattori; in questa ricerca lo affrontiamo attraverso la
lettura della composizione e della condizione degli occupati dipendenti, frutto di scelte sicuramente
non adeguate del modello di sviluppo e produttivo. Nel 2021 in Italia, per scelta di troppe imprese,
è molto più bassa nei due segmenti professionali più qualificati (dirigenti e professioni intellettuali
e scientifiche): 15% contro il 25% dell’Eurozona. Mentre, invece, è molto più alta la quota di
dipendenti nelle professioni non qualificate: 13% in Italia contro il 9,9% nell’Eurozona. Nel 2021 si
conferma che l’occupazione a termine è superiore a quella dell’Eurozona e che continua a crescere
anche nel 2022, raggiungendo il numero più alto dal 1977. Resta da record il tasso di part-time
involontario: nel 2021 in Italia è il 62,8% a fronte del 23,3% dell’Eurozona. Come sappiamo, i tempi
determinati e i part-time involontari sono caratterizzati da vuoti di attività e orario ridotto,
incidendo moltissimo sull’andamento della media salariale come nel caso dei 5,2 milioni di lavoratori
dipendenti (26,7%) che nella dichiarazione dei redditi del 2021 (redditi 2020) denunciano meno di
10 mila euro annui. Se nessun dipendente ricevesse un salario annuo inferiore ai 10 mila euro lordi
si otterrebbe immediatamente un recupero significativo rispetto alle medie salariali di altri paesi,
dimezzando quasi la distanza con il dato medio dell’eurozona. In ogni caso, ben il 73,2% dei
dipendenti dichiara un reddito inferiore alla media salariale del 2020, si tratta di 14,4 milioni di
persone (su circa 19,7 milioni di dichiaranti).
L’attuale crescita dell’inflazione, che deve essere pienamente recuperata, è una tassa iniqua ed
inversamente proporzionale che grava sui lavoratori dipendenti e ne riduce il potere di acquisto. Ma
non basta, come i dati dimostrano, i salari italiani erano già molto più bassi della media europea in
precedenza, problema che deve essere affrontato come priorità per il futuro del paese: cambiare le
regole del mercato del lavoro, quelle fiscali, applicare la prossima direttiva europea e dare centralità
al ruolo dei CCNL.
Fulvio Fammoni
La ricerca in pdf è consultabile da questo link.