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Ricostruire il futuro

Il 21 ottobre si è costituita a Roma l’Associazione di cultura politica “Ricostruire il futuro”. L’Associazione si propone di contribuire alla elaborazione di una nuova cultura politica che vive nelle esperienze dei movimenti in atto per la pace, l’ambiente, il lavoro, la dignità umana, la libertà delle donne e il riconoscimento della parità di genere, e che va sviluppata collegando queste esperienze per stabilire sinergie, produrre nuove sintesi in grado di moltiplicare le capacità di intervento dei movimenti e delle organizzazioni sui diversi aspetti della crisi globale. Questo intendimento è sviluppato nel Documento politico che si allega.

Si sta avviando una campagna di adesioni che si concluderà con l’elezione degli organismi dirigenti a termini di Statuto, che pure si allega. Nell’attesa, come previsto nell’ Atto costitutivo, le funzioni di Presidente saranno assolte da Maurizio Roberto Fabbri e quelle di Segretario da Rosa Filomena Barletta. Inoltre, le funzioni del Consiglio direttivo verranno esercitate dal Comitato promotore, composto da Giovanni Principe, Rosa Filomena Barletta, Veralisa Massari, Rita Castellani, Rodolfo Cilloco, Pietro Bevilacqua, Enrico Chiavini, Franco Lufrani, Luca Fontana, Renza Bertuzzi, Roberta Fantozzi, Marco Cacciatore, Maurizio Roberto Fabbri, Stefano Ciccone,  Fabio Perrone,  Antonio Zucaro, Giulia Rodano, Giuseppina Montanari, Salvatore Di Cesare, Sandra Iuliano, Luciano Boldorini.

Nel Comitato promotore è iniziata una prima discussione sulle tematiche da affrontare con priorità, come la pace, il lavoro, le città, le questioni di genere, anche in un’ottica di trasversalità. Intanto, in previsione delle elezioni europee, si è deciso di procedere ad una prima iniziativa pubblica sull’ Europa e la crisi, che verrà preparata da un apposito gruppo di lavoro.

Ricostruire il futuro

La nostra associazione, fondata da donne e uomini impegnati nella lotta politica, nasce per perseguire delimitati ma precisi fini. Le consapevolezze che ci accomunano si fondano sull’analisi di quanto è accaduto nel mondo negli ultimi 40 anni. Il capitalismo ha vinto la battaglia contro la classe operaia e i ceti popolari. Il crollo dell’URSS ha contribuito a mettere in crisi i partiti comunisti e socialisti dell’Occidente, ha tolto di scena il competitore globale degli USA, ha fatto apparire il socialismo come un progetto fallimentare. La rivoluzione informatica, la ristrutturazione delle imprese, la delocalizzazione, la deregolamentazione dei mercati e il loro libero scatenamento, mentre lasciano irrisolta la contraddizione fondamentale insita in un modello di sviluppo basato sulla crescita infinita, hanno avuto però l’effetto di indebolire i lavoratori e i sindacati, confinati nei territori nazionali mentre il capitale agisce su scala globale. Senza tener conto di tali processi non si comprende il dissolvimento delle organizzazioni politiche della sinistra in Occidente, che hanno perso/abbandonato ogni ancoraggio con le masse subalterne per trasformarsi in agenzie di marketing elettorale. Nel frattempo gli USA, chiusa la fase del bipolarismo, si sono sentiti investiti del ruolo di gendarme globale intervenendo unilateralmente, da soli o come NATO, in varie aree del pianeta alimentando o innescando conflitti armati che hanno sconvolto il mondo negli ultimi decenni: Jugoslavia, Iraq, Libia, Afghanistan, Ucraina, Gaza. Mentre l’Unione Europea, retta da una élite debole e subordinata al ruolo guida degli USA, rinunciava a svolgere il ruolo autonomo, a favore della pace e di un nuovo ordine internazionale, che era alla base del progetto che aveva portato alla sua stessa fondazione. A questo quadro di conflitti si aggiunge il progressivo collasso della biosfera, di cui il COVID e la Conferenza Glasgow sono stati i più recenti segnali di un inesorabile peggioramento. Si dimostra così la fragilità di fondo del modello di sviluppo su cui l’Occidente pretende di legittimare la sua supremazia e i pericoli che la vittoria del capitalismo porta con sé, tanto più nel momento in cui si inasprisce la contesa (vedi il processo di allargamento dei Brics) per la spartizione non solo di risorse e mercati, ma degli effetti della crisi climatica.  La sinistra sarebbe pertanto chiamata a dare una risposta alle incognite che gravano sul futuro dell’umanità e a trarre nuove ragioni e orizzonti nuovi di impegno per assolvere a questo compito: non mostra però di aver ancora acquisito una piena consapevolezza delle enormi difficoltà che comporta la ricostruzione di una prospettiva, attorno a cui esercitare un’egemonia e un ruolo protagonista e, dunque, della forte radicalità che dovrà caratterizzare la svolta richiesta. Un impegno in questa direzione è in atto, da parte di varie espressioni della sinistra nel mondo, e sta portando a un rinnovamento della sua cultura politica, per rispondere alle sfide di un contesto profondamente cambiato senza perdere l’ancoraggio alle sue radici storiche. La sinistra italiana deve essere parte attiva in questo sforzo collettivo, unendosi in primo luogo all’impegno che anima la sinistra europea nelle sue varie articolazioni con l’intento di contribuire alla ricerca di un più solido, unitario, progetto politico: facendo leva sulla forza d’urto e sulla capacità di elaborazione e di innovazione dei movimenti in atto – delle donne, per l’ambiente, per la pace – le cui lotte si aggiungono a quelle storiche per la difesa delle libertà democratiche e della dignità del lavoro. La nostra associazione, pertanto, aperta alla collaborazione con le altre espressioni della sinistra, che siano costituite in partito o in altre forme associative, nel reciproco rispetto e nel comune interesse a una crescita collettiva, vuole dare un apporto teso a elaborare e diffondere una nuova cultura politica – come già fa attraverso la Scuola interdisciplinare e cosmopolita – promuovendo analisi e ricerche e dando vita a eventi, come convegni e dibattiti, di più larga risonanza generale. A tal fine ritiene centrale l’apporto e la partecipazione delle generazioni più giovani cui deve essere restituita la possibilità di progettare un futuro, che nel quadro attuale sta venendo meno, ricercando i tratti del nuovo mondo possibile, individuando gli strumenti di lotta e gli obiettivi ravvicinati e di prospettiva, in modo da ricostruire e alimentare un nuovo immaginario collettivo. Vorremmo realizzare tali impegni contribuendo a creare un nuovo linguaggio, che restituisca alle parole cordialità, reciproco rispetto, senso di concordia, sforzo di unità nel perseguimento dei fini comuni. Troppo individualismo, narcisismo e rancore intossicano il linguaggio e alimentano la frammentazione di cui si giova, in Italia e nel resto del mondo, un potere capitalistico sempre più distruttivo e insostenibile.

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