articoli

Quaranta anni dopo torna la minaccia degli euromissili atomici

di Stefano
Galieni

La scelta non ha soltanto un valore simbolico. Nella serata del 6 agosto 2024, a 79 anni dall’apocalisse di Hiroshima si è tenuta presso il Comitato per la Pace di Taranto la prima assemblea contro gli “euromissili”. Si tratta del lancio di uno dei tanti nodi che si stanno per costituire una rete nazionale, perché l’allarme è enorme. Già ad inizio luglio, da Washington, il messaggio era stato chiaro, i trattati che limitavano la proliferazione nucleare ad uso militare, non hanno più valore e in Europa, soprattutto nel fianco sud, dovremmo accettare l’ennesima prova di forza, l’installazione di basi missilistiche con le testate rivolte verso la Russia, un passo in avanti verso il rischio di una guerra atomica. «C’è stata già una riunione a livello nazionale in cui erano presenti Alex Zanotelli, Carlo Rovelli ed altre/i – spiega Valentina Basta, Rifondazione Comunista di Taranto e componente del Cpn – che presuppone una campagna nazionale contro la nuova minaccia. A Taranto c’è una base NATO, sul mare, nella base della marina e poi ce ne sono altre nell’area come Gioia del Colle. A mio avviso più che di un’escalation vera e propria, quanto di una partita tattica». Non è ancora chiaro dove dovranno essere installati, comunque vada anche l’Italia è indicato come Paese che deve sottostare a questi vincoli Nato. Da Peacelink è partito un appello che sta girando in queste ore (per sottoscrivere  questo è il link: https://www.peacelink.it/campagne/index.php?id=109&id_topic=2&sfnsn=scwspmo ). Invitiamo a firmarlo con urgenza perché il progetto va fermato ad ogni costo. Inutile dire che, oggi più che mai, da tanti decenni, il rischio di una guerra nucleare è serio, sta bruscamente crescendo e, con l’aumento dei fronti, è difficile prevedere dove potrebbe accadere un incidente che avrebbe proporzioni mai vissute per l’umanità. Il coinvolgimento dei paesi UE, è sì, come in una nuova “guerra fredda”, ha come obbiettivo odierno la Russia ma puntare missili di una potenza devastatrice, infinitamente superiore a quella dei decenni passati, fa pensare che la scelta di impiantare le basi nel cosiddetto, “fronte Sud”, segni la possibilità di giocare un ruolo, di dissuasione se non di offesa diretta, anche nei teatri di conflitto di Medio Oriente, Mar Rosso e Africa del Nord.

Ma gli scenari della guerra a pezzi, nel mondo multipolare e privo di qualsiasi prospettiva di pace, anzi in cui i venti di crisi economica fanno temere il peggio, hanno punti in comune e punti di rottura con quanto avvenuto nei decenni passati. Intanto le aree di crisi sono aumentate almeno quanto il numero di Paesi che oggi hanno a disposizione più o meno potenti arsenali nucleari. E si tratta di aree di crisi complesse per diverse ragioni: si pensi a quanto sta accadendo nei paesi del Sahel ormai sottratti all’influenza Usa, alla situazione di tensione continua in Tunisia e Libia, oltremodo vicine alle frontiere europee, all’aumento di tensione in Iraq, al fattore Iran, al Golfo Persico, al ruolo complesso che sta giocando la Turchia, alla fragilità del Libano e al caos in Siria. Ovvio che a questo si aggiungono gli scenari di guerra guerreggiata in Ucraina, i problemi in Transnistria, Kosovo e non solo. Non è la geopolitica a dettare la legge ma in contesti dove il diritto internazionale è inesistente e ininfluente al punto da considerare normale il genocidio a Gaza o le stragi nei mercati a Nablus e Ramallah, ogni punto di una parte ampia del pianeta è a rischio al punto che avere le basi da cui far partire. Che siano, come 40 anni fa, Usa (Nato) e Russia, (un tempo era l’Urss) i contendenti attualmente più spinti per la soluzione militare, non li rende unici. Gli altri attori coinvolti hanno alcuni gli ordigni nucleari disponibili, si veda Israele, altri, come Iran, Turchia, Ucraina, una capacità militare impensabile nel ventesimo secolo. Ovvio che in un quadro simile, un po’come per il genocidio gazawi, convivano contemporaneamente la capacità di compiere omicidi mirati verso figure ritenute pericolose in giro per il pianeta, quanto la strage di civili come vera e propria strategia di guerra di sterminio. Di affine, rispetto alla fine degli anni Settanta, c’è la militarizzazione di alcune zone perché prospicienti quelli che si ritenevano i paesi nemici da cui potevano partire attacchi. Fu quasi in contemporanea lo schieramento degli SS20 sovietici e quella, in seguito alla cosiddetta doppia decisione della NATO del 1979, dei missili statunitensi IRBM Pershing-2 e quelli cruise da crociera BGM-109 Tomahawk. Ma allora in Europa, in particolare in Italia, era forte un ampio movimento pacifista che vide uniti il mondo cattolico, l’allora PCI, fino alle frange della sinistra più radicale. Si organizzarono campeggi davanti alla base siciliana di Comiso che, più volte si conclusero, per quanto totalmente pacifici, con una repressione violenta di cui si è persa la memoria. Per sgomberare le donne e gli uomini, giunti da tutt’Europa e seduti davanti alla base militare, si picchiò senza misura alcuna, sotto la guida del governo Craxi e dell’allora ministro dell’Interno Scalfaro. Anche allora la sudditanza alle decisioni Nato metteva in subalternità e in condizioni di sovranità limitata, persino esponenti di governo finora noti per la propria propensione ad una politica estera italiana meno prona agli interessi Usa. Ma la crisi dovuta alla presenza di missili nucleari in territorio europeo obbligò già nel 1987 ad una brusca marcia indietro. Negli anni ‘80, forse consapevoli della gravità rischi, Ronald Reagan e Michail Gorbaciov, firmarono una serie di accordi tra USA e Unione Sovietica, per contenere il rischio. Cruciale fu il trattato sulle forze nucleari a medio raggio (INF). Cruciale è stato il trattato sulle forze nucleari a medio raggio (INF), quelle più rischiose per l’Europa, perché permettono uno scambio nucleare senza la distruzione totale reciproca delle superpotenze. Il trattato ha portato all’eliminazione di 2692 missili e a un abbassamento sostanziale del rischio e delle tensioni internazionali. Il trattato è stato annullato, inizialmente dagli Stati Uniti nel 2018, la data è importante e ora la NATO ha deciso di schierare nuovamente, intanto in Germania missili che erano proibiti dal trattato INF. Il 2018 è da ricordare infatti come l’anno in cui la NATO comincia ad essere considerata costosa, vetusta e inservibile se non agli interessi Usa. È l’anno in cui, con gli accordi di Doha, gli Stati Uniti vedono avvicinarsi anche la sconfitta in Afghanistan e numerose sono le voci, anche per mere ragioni economiche o di ricollocazione delle risorse se non di diversità delle priorità su cui agire, tanto dal punto di vista politico che da quello militare, si comincia a ragionare dell’ipotesi di scioglimento di un organismo nato con la Guerra Fredda e che poco aveva a che fare col presente. Gli stessi investimenti militari si orientano meno sulla potenza nucleare e più sui sistemi di precisione, di controllo dei confini, di competizione per il controllo dello spazio. L’invasione Russa in Ucraina, al di là di numerosi fattori che afferiscono al passato, rioffre nei fatti una ragione di vita alla NATO, impone nuovi e obbligatori investimenti, fa riaccrescere la necessità di militarizzazione dei territori in chiave preventiva / offensiva. Gli Usa colgono la palla al balzo. La scelta di ritornare a schierare euromissili da tempo banditi è di una gravità assoluta Oggi in gioco c’è il rischio di una guerra nucleare sempre più vicina con la decisione della Nato di schierare nuovamente gli euromissili entro il 2026. «Ma ci sono due elementi che rendono tale percorso ancora più complicato. – riprende Basta – Intanto i missili ipersonici non sono stati ancora testati e quindi, almeno formalmente non esistono. Inoltre, fattore importante, nel trattato INF, non era compresa, quando fu ratificato, la Cina che oggi ha un grande potenziale tecnologico. A mio avviso quello che sta avvenendo è in fondo una sorta di test per mettere in campo le proprie differenti potenzialità da poter poi utilizzare nel campo dei rapporti politici. Al di là delle dichiarazioni, però, ci spiega lo storico Francesco Dall’Aglio, esperto di strategia militare in Ucraina, nelle dichiarazioni Nato va notato un senso politico, più che militare, in effetti: “Obbligare anche la futura amministrazione statunitense, di qualsiasi colore essa sia, a mantenere, e anzi ad aumentare, una presenza militare in Germania, per mettere a tacere le voci che vorrebbero la prossima amministrazione statunitense disposta al disimpegno dal teatro europeo per spostare la maggior parte dei propri assetti in altri teatri, quello del pacifico soprattutto”, dice Dall’Aglio. Il pensiero va, ovviamente, a un’eventuale vittoria di Donald Trump alle prossime presidenziali statunitensi». Comunque la decisione contribuisce ad alzare bruscamente le tensioni internazionali, già altissime, e ad avvicinare in maniera sconsiderata il rischio di una catastrofe. Come sempre, dall’una e dall’altra parte, la colpa viene attribuita interamente alla parte avversa. I governanti UE, invece di adoperarsi per risolvere in modo ragionevole e consensuale i problemi del mondo, ci stanno gettando nello stesso avventurismo bellicoso che ha portato in passato alle guerre più catastrofiche. L’opinione pubblica non ha sufficientemente percepito il pericolo che si profila. Con i nuovi missili ipersonici la situazione può sfuggire di mano anche per un semplice errore e le decisioni di rappresaglia nucleare vengono prese in una manciata di secondi. E nell’anniversario che si citava all’inizio, dei primi ordigni atomici sganciati, come prova di potenza in un post dopoguerra già iniziato, ad Hiroshima e Nagasaki, torna alla memoria l’appello per il disarmo nucleare lanciato nel luglio 1955 da Bertrand Russell ed Albert Einstein, che lo aveva firmato ad aprile prima di morire, e che poi venne ripreso da numerosi scienziati di tutto il pianeta 1. Non solo oggi si corre seriamente, più di allora, che il semplice possesso dell’arma finale possa determinare il suo utilizzo, ma, rispetto ad allora, le scienze di morte, hanno fatto passi da gigante foraggiate da grandi e piccole potenze. Il semplice utilizzo di armi tattiche, di piccola gittata, in grado di dimostrare che il tabù è caduto, apre a scenari foschi e imprevedibili. Ragion per cui raccogliere l’impegno di Peacelink, delle compagne e dei compagni che da Taranto come da varie città europee si stanno organizzando, senza cadere in allarmismi inutili ma costruendo una reale capacità di informare su quanto si va realizzando, è fondamentale. Contro le guerre solo i popoli possono imporre la pace

Stefano Galieni

  1. https://senzatomica.it/approfondimenti/manifesto-russell-einstein-9-luglio-1955/.[]
Articolo precedente
Rifondazione Comunista oggi, incontro con Maurizio Acerbo – Prima parte
Articolo successivo
Lontano dal paradiso dell’I.A. tra l’inferno della guerra ed il caos finanziario

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.